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Dino

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29/01/2023
Bravo Crosetto!

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Dobbiamo delle scuse al ministro Guido Crosetto. Altro che Cicciobomba Cannoniere, Crosetto-Moschetto, ministro della Guerra. È un “pacifinto” come noi del “Fatto Putiniano”. Anzi, per i nostri gusti esagera un po’, perché noi Putin l’abbiamo sempre duramente combattuto, mentre lui vuole “rapporti con la Russia di collaborazione industriale” e perfino militare, con “una joint venture tra Iveco e un’azienda russa” per fabbricare i blindati “Lince” perché siano “adottati dalle forze russe”, essendo “il mezzo migliore al mondo nella sua categoria”. Invece concordiamo toto corde col suo coraggioso tweet sull’ennesima provocazione americana contro Mosca: “Assurdo e gratuito atto ostile della Nato nei confronti della Russia: non si schierano centinaia di carri armati su un confine all’improvviso”. Sante parole, cui replica il solito troll yankee: “Ma se la Russia è anni che sconfina con i suoi aerei nello spazio Nato”. E Crosetto, sferzante: “Ah, allora hanno fatto benissimo. Ma mi faccia il piacere!”. L’altro però insiste: “Forse le è sfuggito anche che hanno invaso uno stato sovrano. Se mandassero i tank a Tallin con la scusa di minoranze russe?”. E Crosetto, impeccabile: “Non penso siano così pazzi da scatenare la terza guerra mondiale”. Ma quello incalza: “Perché la Nato lo è? Sta spostando forze sul suo territorio. Dobbiamo chiedere il permesso anche per muoverci a casa nostra?”. E Crosetto, tetragono: “È evidente che sto parlando con un commentatore da bar sport”. Ma l’altro ribatte: “Noi persone normali non capiamo nulla… i politici sanno cosa è giusto o sbagliato”. E Crosetto, inflessibile: “La Nato che sposta 3.600 carri armati (3.600!!) è una stupidaggine spaventosa spiegabile solo con il delirio attuale di Obama”.

Alla parola Obama, mentre già stiamo digitando il numero di Crosetto per invitarlo a scrivere sul Fatto, ci sorge un dubbio: il ministro non sa che ora c’è Biden? E controlliamo la data della dichiarazione sui Lince in joint venture con la Russia e dei tweet anti-Nato. Quella è del 27 ottobre 2010, quando Crosetto era sottosegretario alla Difesa del governo B.. E questi sono del 9 e 10 gennaio 2017, quando Obama inviò in Polonia per la prima volta nella storia 3.500 soldati, 87 carri armati e 141 mezzi corazzati in funzione anti-russa. A quell’epoca Crosetto, pur confondendo 3.500 militari con “3.600 carri armati”, aveva le idee chiare sulla complessità del concetto di “aggressore e aggredito”. Poi capì che non gli conveniva averle, quindi purtroppo non potrà collaborare al Fatto. Ma è bello scoprire che, quando si applica, ragiona anche lui. La differenza fra Crosetto e un orologio rotto è che l’orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno: lui una volta nella vita.




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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editorialedi Marco Travaglio

30 gennaio 2023

Nando Mericoni. “All’Italia serve un consiglio per la sicurezza nazionale” (Maurizio Molinari, direttore Repubblica, 29.1). Prima però bisogna spostare la capitale da Roma a Washington. Pronto Amerega me senti?

Doppia personalità. “La Repubblica siamo tutti noi e sono tutti coloro che con senso civico pagano le tasse per far funzionare il Paese” (Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, 31.12). “Agnelli, l’ostinata attualità d un grande italiano” (Mattarella, Repubblica, 23.1). Quindi la Repubblica sono anche quelli che non pagano le tasse.

Schiena dritta. “Zelensky a Sanremo? Surreale pensare di chiedere il permesso al governo” (Bruno Vespa, Corriere della sera, 29.1). Non sarebbe da te.

Li sniffa tutti lui. “L’anno scorso la Guardia di finanza ha fatto complessivamente sequestri per 50 milioni di tonnellate di cocaina” (Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, 20.1). Pagella Politica stima che in tutto il 2020 la droga sequestrata nel mondo è stata di circa 29.400 t: la GdF, da sola, ne ha sequestrato un quantitativo 1.700 volte superiore. Ci facciamo sempre riconoscere.

Lo zerDino. “Pd e Pdl si confermano partiti pieni di corrotti e corruttori… Un presidente di partito che fa una conferenza stampa accusando un altro partito, come ha fatto ieri Orfini col M5S, è un tale obbrobrio, una schifezza puzzolente talmente evidente, che i primi a volerlo prendere a calci nel c**o dovrebbero essere proprio gli iscritti e i militanti del Pd. Invece, i poveracci in attesa di prebende… stanno tutti zitti, e anzi rilanciano le vomitevoli porcate di Orfini. La m**da, in confronto a voi, profuma” (Dino Giarrusso, inviato delle Iene, Facebook, 5.6.2015). “Non ho ben capito, del nuovo organigramma Pd, chi han messo al dipartimento tangenti” (Giarrusso, Twitter, luglio 2017). “Il Pd è quello dello scandalo Mose, dello scandalo Expo, del sistema De Luca in Campania dove si vede con molta serenità che un signore offre soldi sotto banco a rappresentanti del Pd…” (Giarrusso, Quinta
Colonna, Rete4, 25.2.2018). “Di certo non farò lo zerbino al Pd, come oggi purtroppo molti miei colleghi” (Dino Giarrusso, eurodeputato M5S, Giornale, 4.6.2022). “L’alleanza col Pd è una scelta suicida… È la ragione che mi ha fatto guardare con interesse a Cateno De Luca con il quale stiamo facendo un ragionamento assieme” (Ansa, 15.6.2022). “Da due anni a questa parte Conte ha trasformato il M5S in uno zerbino del Pd” (Giarrusso, 1.8.2022).

“Annuncio il mio ingresso nel Pd con grande gioia ed orgoglio. Entro in punta di piedi in questa grande casa con rispetto per chi l’ha costruita e l’ha fatta grande per farla diventare ancora più grande. Io credo nel progetto di Stefano Bonaccini” (Dino Giarrusso, 28.1.2023). Serviva un nuovo zerbino.

Bingo! “Giarrusso si iscrive al Pd che aveva attaccato per anni. Non è il primo 5stelle a farlo. Legittimo cambiare idea ma ce ne fosse uno che dicesse che si era sbagliato e spiegasse perché ha cambiato idea! Invece cambiano idea come si cambia poltrona… ah ecco… effetto poltrona…” (Carlo Cottarelli, senatore Pd,Twitter, 28.1). “Quindi sta nel partito giusto” (Chiara Geloni, Twitter, 28.1).

Non esageriamo. “Giarrusso nel Pd? Qualcuno vuole salire sul carro dei vincitori” (Dario Nardella, sindaco Pd di Firenze, 28.1). Quindi sta nel partito sbagliato.

Furbi, loro. “Il colonnello dell’intelligence militare Giorgio Orio Stirpe racconta l’operazione russa a Bergamo: ‘Il Covid una scusa per provare a spiare la base Nato a Ghedi’. Il ruolo di Conte” (Libero, 29.1). In effetti, se vuoi spiare una base a Brescia e hai la vista aguzza, dove vai? A Bergamo.

A edicole unificate. “John Elkann: ‘Io, l’Avvocato, mia madre e la Juve’” (Massimo Giannini, Stampa, 24.1). “John Elkann: ‘La lezione di mio nonno’” (Ezio Mauro, Repubblica, 24.1). Chissà la fatica dei due giornali di John Elkann per strappare due interviste, esclusive ma identiche, a John Elkann.

Lo Stratega. “Crosetto: se i tank russi arrivano a Kiev scoppia la terza guerra mondiale” (Stampa, 28.1). Qualcuno lo avverta che ci erano già arrivati dieci mesi fa.

Delitto di onestà. “Assente ad Hammamet, questa sinistra ha perso un’altra occasione. Ha scelto il giustizialismo e ormai è succube dei 5S. Il loro atto fondativo è Mani Pulite” (Stefania Craxi, senatrice FI, Giornale, 23.1). E il bello è che pensa di insultarli.

Il titolo della settimana/1. “I 100 giorni della Meloni. Altri 1.725 di questi giorni” (Alessandro Sallusti, Libero, 29.1). Quindi siamo alle minacce.

Il titolo della settimana/2. “Tracolla la fiducia nelle toghe: ‘Ora gli italiani hanno paura’” (Giornale, 24.2). Soprattutto i delinquenti.

I titoli della settimana/3. “Perché Zelensky non stona sul palco del teatro Ariston” (Messaggero, 28.1). Ah, quindi canta pure?

I titoli della settimana/4. “Siamo ai titoli di coda, il Covid si sta endemizzando” (Matteo Bassetti, virologo, 22.1). “Berlusconi: ‘Siamo ancora qui dopo 29 anni. Noi azzurri insostituibili per l’Italia’” (Giornale, 27.1). Si stanno endemizzando.

IL Fatto Quotidiano
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31/01/2023
Cercansi sovranisti

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Mai come oggi che (così almeno dicono) abbiamo la prima premier “sovranista”, si avverte un gran bisogno di “sovranismo”. Servirebbe un governo che andasse su Google, cercasse “interesse nazionale” e “sovranità nazionale”, poi li confrontasse con la nostra politica estera. Che, negli ultimi 50 anni, non è mai stata meno sovranista, cioè meno attenta all’interesse e alla sovranità nazionale, di oggi. Da quando ci è capitata la sciagura del draghismo, siamo finiti su un nastro trasportatore pilotato da Washington che ci trascina verso orizzonti sempre più nefasti, inimmaginabili solo un anno fa. Li scopriamo ogni giorno con crescente angoscia, perché non ci riguardano, non ci convengono, calpestano la nostra sovranità e danneggiano i nostri interessi. Prima le auto-sanzioni a Mosca, che colpiscono più i sanzionatori che il sanzionato, e le armi all’Ucraina (paese aggredito come centinaia di altri negli anni e non alleato), prima difensive, poi offensive ma leggere, ora pesanti, domani i cacciabombardieri e magari pure le truppe. Il tutto in nome dell’“euro-atlantismo”, che è come dire “cannibalismo vegano”, perché mai come oggi gli interessi europei sono opposti a quelli anglo-americani: un pietoso eufemismo per nascondere il più bieco servilismo agli Usa. Che, nella storia, ha un solo precedente: quello tra il 1948 e gli anni 50, che però coincideva col nostro interesse nazionale. Gli Usa, oltre ad averci liberati dal nazifascismo (insieme all’Urss, peraltro), destinarono il 2% del loro Pil al Piano Marshall per ricostruire l’Europa. Oggi ci chiedono di destinare il 2% del nostro Pil alle spese militari di una Nato che non ci protegge dai veri pericoli, quelli sul fianco Sud, ma si concentra sul fronte Est perché gli Usa hanno la fissa di Russia e Cina, che non minacciano né l’Italia né la Ue. Quindi dobbiamo svenarci, sì, per l’interesse nazionale: ma americano.

E ora, incollati sul tapis roulant teleguidato dalla Casa Bianca, scopriamo di essere in guerra non solo con la Russia, ma pure con l’Iran e la Cina. L’altroieri qualche squilibrato seduto a Washington, o a Gerusalemme, o in entrambe le capitali ha deciso di bombardare una fabbrica di Teheran; e il generale dell’Aeronautica Usa Michael Minihan ha avvertito i suoi uomini di prepararsi alla guerra con Pechino nel 2025. Ove mai vi sopravvivesse un grammo di sovranismo, il governo italiano dovrebbe avvertire gli “alleati” che a noi l’Iran e la Cina non hanno fatto nulla e che l’articolo 11 della nostra Costituzione ci vieta di risolvere le controversie internazionali a mano armata. Quindi bombardino pure chi pare a loro, ma lascino in pace la Nato, cioè anche noi. Quelle sono le loro guerre, non le nostre. Noi abbiamo già dato.




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01/02/2023
Dal dramma alla farsa

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – E così i politici sono riusciti a trasformare anche il dramma di Cospito in una farsa: la rissa da ballatoio fra il capogruppo FdI Donzelli che accusa il Pd di stare coi terroristi che parlano coi mafiosi senza crederci nemmeno lui, e il Pd che si scatena perché Donzelli l’ha saputo dal suo governo e improvvidamente l’ha detto (ma la notizia, senza i nomi, era già su Repubblica di ieri). Nella caciara generale, si perdono i fondamentali di una vicenda che comunque la si pensi, è drammatica. Cospito è un terrorista anarco-insurrezionalista (gli anarchici storici erano altra cosa) che teorizza, pratica e rivendica la lotta armata: ha gambizzato un dirigente Ansaldo e s’è preso 10 anni e 8 mesi; ha messo una bomba alla caserma di Fossano per fare una strage di carabinieri, fortunatamente fallita, e s’è beccato 20 anni in appello, poi la Cassazione ha disposto un nuovo appello per aumentargli la pena. Tipico curriculum da 41-bis: chi altri se non i gambizzatori e gli stragisti – mafiosi o ideologizzati che siano – va sigillato in cella per evitare contatti con le rispettive organizzazioni? Spetta poi ai giudici valutare eventuali ravvedimenti o dissociazioni (possibili solo collaborando con la giustizia) e l’attualità del pericolo. Il governo e il Parlamento possono sempre decidere di abolire il 41-bis, però assumendosene la responsabilità senza ipocrisie né sotterfugi. Cioè per tutti, non per uno.

E qui casca l’asino del Pd, che chiede di lasciare al 41-bis mafiosi e terroristi, ma vorrebbe esentarne Cospito senza neppure avere il coraggio di dirlo, ma sottolineando che sta malissimo e “non bisogna farne un martire”. Cospito sta malissimo (ha perso 40 chili in 100 giorni), ma non perché lo Stato lo stia torturando: perché fa lo sciopero della fame per abolire il 41-bis. E chiunque – anche il peggiore dei criminali – mette in gioco la propria vita per una causa – anche la più sbagliata – merita rispetto. Ma rispettarlo non significa esaudirlo. Altrimenti domani Messina Denaro e gli altri mafiosi e terroristi al 41-bis potrebbero iniziare il digiuno (ne hanno già fatti diversi, invano) e chi usa l’argomento della salute da tutelare e del martirio da evitare dovrebbe battersi anche per loro. È ciò che fa Cospito contestando la legge sul 41-bis: il che rende perfettamente credibili i suoi contatti in carcere con un mafioso nel suo stesso stato. E rende ancor più ipocrita la battaglia dei politici e intellettuali favorevoli al carcere duro per tutti fuorché per lui. Anche perché, malgrado il trasferimento da Sassari a Opera, dove le strutture terapeutiche e nutrizionali sono più all’avanguardia, Cospito ha già annunciato che continuerà a rifiutare il cibo finché il 41-bis non sarà abolito. E questo ricatto, per quanto rispettabile, nessuno Stato lo può accettare.




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02/02/2023
Elly, ti presento Renzi

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Le notizie vere sono sempre censurate. Infatti oggi l’intera stampa mondiale ignorerà il mega-scoop di Maria Teresa Meli, uscito ieri sul Corriere, che peraltro l’ha colpevolmente confinato a pagina 11 e nascosto sotto il titolo depistante “Franceschini, Zingaretti e gli altri. Il ‘vecchio’ Pd che sta con Schlein” (diversamente da quello nuovo dei Fassino, Marcucci, Nardella, Emiliano, De Luca padre e figlio, Serracchiani, Malpezzi, Picierno ecc. che sta con Bonaccini). Bisogna munirsi di microscopio elettronico e inoltrarsi nella lettura della nostra renziana preferita per scoprire, alla quinta colonna, queste poche righe di pura dinamite che dovrebbero far sobbalzare chiunque e provocare, come minimo, la cancellazione delle primarie Pd: “’L’idea di Zingaretti, Orlando e Articolo 1 – commenta un autorevole dirigente dem sponsor di Bonaccini – è quella di utilizzare Elly Schlein per fare del Pd un partito della sinistra’. Una cattiveria? Fino a un certo punto”. Non so, cari lettori, se vi è chiara la gravità della situazione: nel partito della sinistra, erede della sinistra Pci e della sinistra Dc, c’è un dirigente autorevole – infatti per parlare chiede l’anonimato – che denuncia una congiura per fare del partito della sinistra un partito di sinistra. E potrebbe non essere “una cattiveria”: potrebbe essere addirittura vero.

Per tutta la giornata di ieri abbiamo atteso una smentita dai tre presunti congiurati: Zingaretti, Orlando e Articolo 1. Che so: una nota, magari attribuita a generiche “fonti vicine a”, che escludesse nel modo più reciso l’intenzione di trasformare un partito di sinistra in un partito di sinistra. Se, per dire, un autorevole dirigente di Fratelli d’Italia avesse soffiato al Corriere una congiura per trasformare il partito della destra in un partito di destra, i congiurati avrebbero smentito eccome. Invece Zingaretti, Orlando e Articolo 1 niente: zitti. L’imbarazzante e imbarazzato silenzio può avere due sole spiegazioni. 1) I tre congiurati pensano che il Pd, a dispetto delle apparenze, sia già un partito di sinistra e non trovano nulla di strano se rimane così. 2) I tre congiurati sanno che il Pd, pur spacciandosi per partito di sinistra, è un partito di centro tendente a destra e attribuiscono a questa pec**iarità unica nella politica (ma non della psichiatria) i suoi continui rovesci elettorali: ergo nutrono davvero la prava intenzione di portarlo a sinistra con una segretaria di sinistra (Schlein). C’è poi da indagare sulle ragioni di un altro silenzio: quello del renziano Bonaccini. Il quale dovrebbe insorgere con la proverbiale irruenza emiliana dinanzi al pericolo mortale che corre il partito nel caso in cui la congiura andasse in porto: perdere, dopo i voti di sinistra, anche quelli di centro e di destra.




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03/02/2023
Vergogna Man

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Ricapitolando. Donzelli (FdI) finisce al Giurì della Camera per aver detto una cosa vera, cioè che Cospito al 41-bis parlava del 41-bis con alcuni boss al 41-bis; e una fesseria, cioè che il Pd sta coi terroristi che parlano coi boss (mission impossible: i terroristi e i mafiosi sono persone serie). Il Pd giustamente s’incazza, ma non può negare di aver parlato del 41-bis con Cospito al 41-bis e allora respinge l’accusa di averne parlato coi mafiosi. Ma Verini, membro della delegazione Pd in visita a Cospito per parlare del 41-bis, rivela che Cospito disse a lui e agli altri di parlarne prima con tre boss vicini di cella, e lui e gli altri lo fecero. Allora Serracchiani del Pd, anche lei in missione da Cospito, dice alla Camera: “Non abbiamo mai chiesto la revoca del 41-bis a Cospito”. Ma purtroppo Orlando del Pd, anche lui in missione con Verini e Serracchiani da Cospito, ha chiesto tre volte di revocargli il 41-bis, l’ultima il 30.1: “È urgente trasferire Cospito e revocare il 41-bis”, “Ho detto in tutti i modi che il 41-bis va revocato in ossequio allo Stato di diritto”. E lo stesso giorno Provenzano, vicesegretario Pd, ha trittato: “La revoca del 41-bis a Cospito è invocata non in nome delle sue idee, o delle proteste degli anarchici. Ma dello Stato di diritto, della Costituzione”.

Renzi, approfittando del casino generale, se la prende non con Cospito, non col Pd, non col governo, ma con Scarpinato, che ha il doppio torto di essere un ex magistrato antimafia e un senatore 5Stelle. Due i capi d’accusa. 1) “Ha costruito una carriera in magistratura e in politica in nome di una fantomatica trattativa Stato-mafia, smentita dalla Cassazione”. Purtroppo Scarpinato non ha mai seguito né l’inchiesta né il processo Trattativa (era pg di Caltanissetta e poi di Palermo); e il processo non è ancora giunto alla Cassazione, che dunque non può avere smentito nulla. Ma, se anche in futuro confermasse la sentenza d’appello, confermerebbe la Trattativa, che anche i giudici di secondo grado hanno accertato, pur assolvendo politici e Ros perché trattarono coi boss per il nostro bene. 2) “Scarpinato dovrebbe spiegare le sue strane frequentazioni con Palamara e il suo atteggiamento folle nei confronti delle Istituzioni, come sa bene Napolitano. Scarpinato si deve vergognare”. Nelle migliaia di chat fra Palamara e centinaia di magistrati, non ne risulta neppure una con Scarpinato, di cui Palamara (con altri) parlava malissimo. Napolitano sa bene che a intercettare doverosamente Mancino, allora indagato per falsa testimonianza, anche quando parlava con lui e col suo consigliere D’Ambrosio, fu la Procura di Palermo mentre Scarpinato era a Caltanissetta. Quindi è Renzi che si dovrebbe vergognare, se sapesse cos’è la vergogna.




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SUL CARRO DI CARRA

l'editoriale di Marco Travaglio

04 febbraio 2023

La scomparsa di Enzo Carra a 79 anni e i coccodrilli della stampa italiana che lo dipinge come un martire della malagiustizia, addirittura un “assolto”, sono un’ottima cartina al tornasole del “Paese di Sottosopra” (Giorgio Bocca). Nel 1993 Graziano Moro, manager dc dell’Eni, racconta a Di Pietro che il suo amico Carra, portavoce del segretario Forlani, gli ha raccontato una stecca di 5 miliardi della maxitangente Enimont alla Dc. Di Pietro lo sente come teste. Lui nega sotto giuramento. Di Pietro lo mette a confronto con Moro, che arricchisce il racconto con altri dettagli. Carra nega ancora. Davigo gli ricorda l’obbligo di dire la verità. Carra si contraddice, cambiando due o tre versioni. L’articolo 371 bis del Codice penale, voluto da Falcone e approvato nel 1992 solo dopo la sua morte, prevede l’arresto in flagranza dei falsi testimoni. Carra viene arrestato e processato per direttissima.

Il mattino dell’udienza viene tradotto dal carcere al tribunale in fila con altri 50 detenuti, tutti ammanettati e legati a una catena: i famosi “schiavettoni”, previsti dalla legge (voluta tre mesi prima dai socialisti) per evitare evasioni. L’aula è gremita e i carabinieri lo sistemano nella gabbia degli imputati. Di Pietro e Davigo lo fanno uscire e sedere accanto agli avvocati. Carra stringe la mano a Di Pietro e a Moro. Ma la sua foto in manette scatena la bagarre in Parlamento con urla e strepiti contro gli aguzzini di Mani Pulite: le manette si addicono agli imputati comuni, non ai signori. L’indomani alcuni detenuti del carcere di Asti scrivono alla Stampa: “Siamo tutti ladri di galline, eppure in tutti i trasferimenti veniamo incatenati ben stretti, per farci male, e restiamo incatenati in treno, in ospedale, al gabinetto, sempre. Anche noi appariamo in catene sui giornali prima di essere processati, ma nessuno ha mai aperto un dibattito su di noi. Oggi ci siamo domandati quali differenze esistano fra noi e il signor Carra. Al quale, in ogni caso, esprimiamo solidarietà”. Carra viene condannato a 2 anni per false dichiarazioni al pm, poi ridotti in appello a 1 anno e 4 mesi per lo sconto del rito abbreviato e confermati in Cassazione. Il Tribunale ritiene che, avendo depistato le indagini sulla più grande tangente mai vista in Europa, “furono quantomai opportuni il suo arresto, la direttissima e la pena non confinata ai minimi di legge”. I giudici d’appello censurano il suo “poco apprezzabile sentimento di omertà”. Nel 1995 destra, centro e sinistra cancellano la legge Falcone sull’arresto dei falsi testimoni. Carra, che da incensurato non era deputato, lo diventa da pregiudicato nel 2001 con la Margherita. E, oggi come trent’anni fa, la legge uguale per tutti fa scandalo: meglio la vecchia, lurida giustizia di classe.

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05/02/2023
Atterraggio sulla realtà

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La settimana dei casi Cospito e Zelensky-Sanremo la chiude un sondaggio di Termometro Politico: solo il 16,1% degli italiani vuole togliere il 41-bis a Cospito e solo il 3,7 vuole abolirlo per tutti; invece il 73,1% non vuole Zelensky a Sanremo. Conosciamo l’obiezione: la democrazia non può dipendere dai sondaggi. Vero. Ma ogni tanto i rappresentanti del popolo (i politici) e dell’opinione pubblica (i giornalisti) dovrebbero buttare un occhio fuori dalle loro stanze. Non per seguire sempre la maggioranza, ma per farsi un’idea di ciò che accade nel mondo reale e, se l’orientamento ultramaggioritario non li soddisfa, impegnarsi a convincere la gente, anziché ignorarla o demonizzarla. Negli ultimi giorni il Pd e i suoi house organ si sono illusi di aver finalmente incastrato Meloni&C. con due battaglie popolarissime: quella per levare il 41-bis a un terrorista anarco-insurrezionalista condannato per aver gambizzato un dirigente d’azienda e tentato di ammazzare decine di allievi carabinieri in una caserma; e quella per far dimettere il sottosegretario Delmastro che ha svelato al deputato Donzelli le conversazioni sul 41-bis fra Cospito e alcuni boss, usate dai due per accusare il Pd di colludere con terroristi e mafiosi. Questa è un’assurda calunnia. Ma il fatto che i quattro pidini che visitarono Cospito in cella non avessero detto subito di aver salutato anche tre boss e l’abbiano ammesso solo dopo la bagarre, ha coperto le sgangheratezze dei due fratellini d’Italia. Un conto sono le doverose ispezioni dei parlamentari nelle carceri per verificare la salute e il trattamento dei detenuti, un altro sono i conciliaboli coi boss sul 41-bis, al centro delle trattative Stato-mafia da 31 anni.

La prossima volta, se volesse prendere davvero in castagna questa destra, il Pd dovrebbe attaccare La Russa, che fa il pesce in barile sul vitalizio all’ex senatore forzista D’Alì, condannato e detenuto per avere stretto patti con la mafia di Messina Denaro&C.. Così dimostrerebbe che questa destra non è affatto “legge e ordine”, ma illegalità e disordine. Il guaio è che il Pd e la stampa al seguito sono così avulsi dalla realtà da non accorgersi che chi dipinge il governo come “legge e ordine” non gli fa un dispetto, ma un favore. Perché è “legge e ordine” anche la stragrande maggioranza degli italiani. Il fatto poi che i giornaloni nelle pagine pari pubblichino i colloqui fra Cospito e i boss e in quelle dispari attacchino Delmastro e Donzelli per averli divulgati violando il segreto, rafforza la convinzione generale già maturata con le fregole dei grandi media per l’ospitata di Zelensky a Sanremo (mentre la gente normale si domanda che senso abbia): che certi giornali sono buoni per incartare il pesce.




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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

06 febbraio 2023

Uno studioso Nato. “Studia, Chiara! Se Putin, seguendo la strategia dei 5Stelle, non viene fermato, quello che succederà la prossima volta sarà un Paese Nato: Kaliningrad, Transnistria, Moldavia” (Carlo Calenda, leader di Azione, dà lezioni di geopolitica a Chiara Appendino, deputata M5S, Piazzapulita, La7, 2.2). Kaliningrad non né è un Paese né Nato, ma una provincia della Russia dal 1945. La Transnistria non è né un Paese né Nato, ma un territorio indipendente dal 1990, protetto dalla Russia e rivendicato dalla Moldavia. La Moldavia o Moldova è un Paese, ma non è Nato: ha chiesto di entrare nella Ue, ma non nella Nato. Si vede che Calenda ha studiato: en plein.
Lo Scopritore. “Purtroppo, e i dati parlano chiaro!, i percettori di reddito di cittadinanza si trovano largamente e in modo superiore nelle aree più povere del Paese” (Alessandro Cattaneo, capogruppo FI alla Camera, Zona Bianca, Rete4, 29.1). A questo, Cristoforo Colombo gli fa una pippa.
42.000 piani di morbidezza. “Renzi perde la causa della ‘carta igienica’ contro Travaglio: dovrà pagare 42 mila euro, era satira” (Corriere.it, 4.2). E non gli è ancora arrivata la denuncia della carta igienica.
Il Giureconsulto. “Travaglio insulta Renzi e si pappa 42mila euro. Il giornalista amico delle procure la sfanga, la ‘vittima’ paga salato” (Paolo Ferrari, Libero, 5.2). Le famose Procure del Tribunale Civile di Firenze.
Più serio di loro. “La sfida infinita di Cospito: ‘Lo sciopero della fame va avanti, i politici qui non li voglio’” (Stampa, 4.2). Con la fame che hanno, gli mettono appetito.
Bomba o non bomba. “Zelensky a Sanremo? Escludere la guerra sarebbe una forzatura” (Carlo Fuortes, ad della Rai, Repubblica, 4.2). Le bombe le porta lui?
L’Estraneo. “Carra, arrestato per un delitto mai commesso…” (Marco Follini, Stampa, 3.2). “Carra era stato chiamato a testimoniare sulla maxitangente Enimont, era stato accusato per ‘dichiarazioni reticenti’ dal pm Di Pietro, processato per direttissima e tradotto in aula in catene. Ovviamente sarebbe risultato estraneo a ogni accusa” (Mario Ajello, Messaggero, 3.2). Talmente estraneo che fu condannato in Tribunale, in Appello e in Cassazione.
Già, Giarrusso. “Giarrusso, prima di Bonaccini, aveva cercato Schlein” (Repubblica, 1.2). Ora gli restano la De Micheli e Cuperlo.
Nordio Pilato. “Carlo Nordio è il migliore che c’è… Non ha sbagliato niente. Non ha detto una parola fuori posto. I problemi con Giorgia Meloni sono una totale invenzione. Lo è ancora di più una pretesa questione di sue dimissioni – roba di chi di invenzioni se ne intende, tipo Il Fatto Quotidiano – sognata da gente che considera Augusto Bonafede il miglior ministro della Giustizia” (F.F., Libero, 25.1). Noi veramente consideriamo il miglior ministro della Giustizia quell’altro Bonafede: Alfonso.
Incassese. “(Giorgia Meloni) è amata da quanti sostengono che l’Italia dovrebbe avere più giovani al governo… Piace a chi ama la gestione ordinata… È apprezzata dagli amanti della musica classica, perché sa governare i tempi e guidare gli orchestrali, alternando voce e silenzio… È ammirata da chi sa che vuol dire lavorare sodo e crescere una figlia piccola” (Sabino Cassese, Foglio, 30.1). Eddài, Giorgia, trovagli una poltroncina!
La lingua del Merlo. “Giuliano Amato è il leader che all’Italia dei senza misura diede una solidità di bilancio della quale il Paese dovrebbe ancora essergli grato… È un grande italiano che, senza più incarichi di responsabilità, trasmette, con le competenze e l’autorevolezza evidenti, un peso di saggezza e una malinconia di calore: esperienza e spleen di rimpianto… È oggi una delle nostre coscienze più lucide” (Francesco Merlo, Repubblica, 25 e 26.1). Quando gli passano il Sidol.
Signora maestra! “Conte vuole distruggerci. Proprio come Renzi” (Gianni Cuperlo, Corriere della Sera, 5.2). Come se non ci riuscissero benissimo da soli.
Il titolo della settimana/1. “La Camera in difesa del vino. Passa in commissione la risoluzione bipartisan” (Libero, 1.2). In plateale conflitto d’interessi.
Il titolo della settimana/2. “Meloni è pronta a lasciar morire in carcere l’anarchico Cospito” (Domani, 31.1). È lei che lo tiene a digiuno.
Il titolo della settimana/3. “Draghi ha parlato a Davos. Ha voglia di lavorare con il privato” (Foglio, 25.1). Perché, finora che ha fatto?
Il titolo della settimana/4. “Djokovic campione con la c minuscola: sul Covid doveva dare l’esempio” (Roberto Burioni, Stampa, 1.2). Ma va’ a ciapà i ratt.

IL Fatto Quotidiano
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07/02/2023
Il dito e la luna

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il sondaggio di Alessandra Ghisleri per la Stampa conferma ciò che pensavamo del caso Cospito: gli italiani giudicano più severamente la linea del Pd contro il 41-bis al terrorista che le fughe di notizie del duo Donzelli-Delmastro. Spetterà alla magistratura accertare se il sottosegretario e il deputato FdI abbiano commesso reati, mentre è giusto visitare detenuti al 41-bis ed è lecito chiederne la revoca per tizio o caio (sempreché il Pd l’abbia chiesta, visto che lancia il sasso e poi ritira la mano). Ma che sulla visita del 12 gennaio al carcere di Sassari la delegazione Pd non la contasse giusta era una sensazione diffusa, a giudicare dai suoi balbettii, ammissioni a rate e contraddizioni. Ora la relazione del Gom (polizia penitenziaria), giustamente pubblicata dai media (altro che segreto), purtroppo lo conferma. Verini, con notevole ritardo, aveva ammesso un “saluto” ai tre boss vicini di cella di Cospito, dopo che questo aveva detto a lui, Lai, Orlando e Serracchiani: “Io non ho niente da dire se prima non parlate con gli altri detenuti”. Ma dalla relazione si scopre che fu ben più di un saluto.

Il casalese Francesco Di Maio disse all’ex ministro della Giustizia Orlando: “Ora siamo inguaiati”. Frase che il Gom interpreta così: “Probabilmente intendeva dire che prima, nel periodo in cui Orlando era ministro, si stava meglio, mentre ora si sta peggio”. Ma il “saluto” fu in realtà una conversazione di diversi minuti, proprio sul 41-bis: “Di Maio riferiva alla delegazione che il regime del 41 bis equivale alla condanna a morte in quanto non c’è la possibilità di difendersi, essendo giudicati dal Tribunale di Sorveglianza di Roma e non da quello del posto ove si è detenuti, che a suo dire conosce i detenuti… L’unico modo per uscire dal 41 bis è collaborare con la giustizia, ma lui non ha più nulla da dire e quindi non può collaborare” perché, dice Di Maio, il suo clan non esiste più. Parole che, unite a quelle scambiate fra Cospito e Di Maio nell’ora d’aria e svelate da Donzelli alla Camera (“Deve essere una lotta contro il regime, noi al 41-bis siamo tutti uguali”, “Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato”), fanno sospettare una strategia per scardinare il 41-bis. Che ha usato anche la visita del quartetto Pd. A quel punto, i parlamentari si spostano davanti alle celle dei mafiosi siciliani Pino Cammarata e Pietro Rampulla (l’artificiere neofascista di Capaci). Cammarata lamenta le “motivazioni fotocopia” per i rinnovi del 41-bis e la penuria di cure e visite esterne. Rampulla dice solo di essere al carcere duro da 30 anni. Domanda, forse ingenua o forse no: perché i quattro dem non dissero subito cos’era successo, ma hanno atteso le fughe di notizie di Donzelli e Delmastro per svelare i saluti ai mafiosi che saluti non erano?




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08/02/2023
Vespensky

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Bruno Vespa fa il modesto. Dice che lui, con Zelensky, ha fatto “solo il postino”. Il presidente ucraino voleva partecipare al Festival di Sanremo e a chi s’è rivolto? All’ambasciata italiana? A Meloni o Crosetto o Tajani, membri del governo padrone della Rai, che sono sempre lì al telefono con lui o i suoi? No, a un conduttore pensionato, per quanto “artista” da contratto e molto più comico di lui: un collega. Poi non devono essersi capiti (sarà la lingua, che peraltro Vespa ha piuttosto sviluppata). L’insetto portaportese parlava di un collegamento col teatro Ariston, al massimo un video registrato, mobilitando le migliori menti del Paese a disquisire sui pro e sui contro. Invece poi l’Ad Rai, Fuortes, è stato incaricato di visionare il prezioso manufatto, necessariamente precotto, a mezzadria col direttore Intrattenimento, Coletta. E lì non si sa più cosa sia successo: paura del crollo di ascolti, terrore per la concorrente De Filippi, proteste degli inserzionisti pubblicitari, timore che Zelensky profittasse della diretta per tornare alle origini mettendosi a ballare sui tacchi a spillo e a suonare il piano col pisello? Mistero. Fatto sta che è venuta fuori l’ideona della letterina che Zelensky invierà a Fuortes, che dovrà esaminarla, magari emendarla, girarla a Coletta, che a sua volta la compulserà e forse la ritoccherà per trasmetterla ad Amadeus, che ne darà pubblica lettura con la solennità del caso fra una canzonetta e uno sketch. Con tanti auguri al cantante o comico o soubrette che si esibirà subito dopo e dovrà fare poco il simpatico, anzi sarà meglio che assuma l’espressione compunta che si conviene ai funerali: quella che assume Fabio Fazio quando Frassica e la Littizzetto si allontanano.

Il risultato finale scontenta sia chi voleva a tutti i costi Zelensky a Sanremo, sia chi non lo voleva per niente al mondo. Se la vista del presidente ucraino che “chiede cose” in t-shirt verde militare poteva provocare un lievissimo effetto déjà-vu e indurre qualche milione di telespettatori a cambiare canale, lo spettacolo di Amadeus che legge la sua letterina in contumacia con alle spalle la gigantografia del mittente potrebbe totalizzare lo share del vecchio monoscopio o della coppia De Gregorio-Parenzo. Sia come sia, dopo il bacio della morte, anzi della Vespa, non poteva che finire così: una tragedia come quella ucraina, con almeno 200 mila morti e 10 milioni di profughi in meno di un anno, trascinata in una farsa degli equivoci da Dopofestival, masticata, digerita e banalizzata come se la guerra fosse una puntata di Porta a Porta col gong e il maggiordomo che introduce il politico, il giornalista e la Valeria Marini di turno. A proposito: a quando un videomessaggio di Vespa al popolo ucraino?




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I PRESTANOME

l'editoriale di Marco Travaglio

09 febbraio 2023

Giuro che l’altra sera, per un attimo, ho avuto il dubbio che anche Mattarella e la figlia fossero entrati nella premiata scuderia Presta, buoni ultimi dopo Benigni, Amadeus, Morandi, Bonolis, Clerici, Cuccarini, Ventura, Isoardi, Belén, Perego e naturalmente Bin Rignan. Poi però ho capito che il Capo dello Stato non era al Festival di Sanremo in carne e ossa per quel prosaico motivo, ma per una ben più elevata missione: salvare la Nazione da un incidente diplomatico con l’Ucraina aggredita e, più modestamente, salvare quel gran genio di Carlo Fuortes, el tanguero de Avenida Mazzini, che grazie all’Operazione Vespensky rischiava los dientes y tambien el c**o dopo la monumental figura de mierda del videomessaggio di Zelensky declassato a letterina ad Amadeus. Ma persino Mattarella nulla ha potuto contro altre due immani catastrofi: il pistolotto diabetico di Benigni sulla Costituzione che prima era la più bella del mondo, poi nel 2016 quando Renzi voleva sfracellarla divenne orrenda e ora è tornata bellissima, infatti armiamo quello che scrive la letterina come se non ci fosse un domani e un articolo 11; e i pensierini da terza elementare della pikkola Kiara Ferragni, che insieme al resto hanno sortito l’effetto collaterale di resuscitare Salvini nella sua veste più consona: quella di critico musicale di Sanremo. Ma non è colpa sua.

Nessuno lo ricorda, ma ci fu un momento, prima che i giornaloni virassero le lingue sulla Meloni, in cui il Cazzaro Verde era il loro idolo: fu nel febbraio del 2019, quando si mise a difendere la prescrizione, il Tav Torino-Lione, gli inceneritori, le trivelle, persino i Benetton e a bombardare i 5Stelle e il primo governo dell’odiato Conte. Sambuca Molinari, allora direttore della Stampa, lo promosse a esperto di Festival con ben due ficcanti interviste, modello watchdog anglosassone. Domande da ko: “Ma lo sa di aver vinto a suo modo il festival? Si parlava molto di lei…”. “Pio e Amedeo parlavano di lei. Le sono piaciuti?”. “Ma allora Baglioni le piace?”. “Sentendo E tu con chi avrebbe voluto stare accoccolato ad ascoltare il mare?”. “Ma la sua vita è più spericolata oggi o quando ha preso la Lega morente ed è partito in tour?”. “Cantanti preferiti?”. “La canzone che ha segnato un momento della sua vita?”. “Va ai concerti con suo figlio?”. “Baglioni si è detto lusingato per avere una persona tanto illustre come spettatore. Bisio ha detto che lei è simpatico… Non starà diventando troppo popolare?”. Mancava il classico “Ma come fa a essere così bello e così bravo?”. Ma solo perché Salvini, nel frattempo, era annegato nella saliva.

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10/02/2023
Il Festival degli ex comici

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Fra le mille cose da cui la Rai poteva dissociarsi (le censure al Papa anti-guerra, i tank show pro-guerra, gli orrori dei palinsesti “h 23” esclusi Report, Fiorello, il meteo, il segnale orario e poco altro), ha deciso di farlo da Fedez. Cioè da un rapper che, diversamente da Benigni, capisce la Costituzione e la usa per il verso giusto: per dissacrare il potere in base all’articolo 21, anche se l’aveva fatto molto meglio al concertone del 1° maggio (sparare su uno sfigato viceministro che da ragazzo si travestì da nazi, con tutto quel che sta facendo il governo, è come armarsi di bazooka e poi caricarlo a supposte di glicerina). Nessuna dissociazione invece da Lucio Presta, indagato col cliente Renzi per 700 mila euro di finanziamenti illeciti: anzi a lui fanno organizzare direttamente Sanremo, da cui volevano cacciare Madame, l’artista migliore. Così questo si conferma il festival degli ex comici: Zelensky, Benigni e il futuro ex comico Angelo Duro, che Amadeus annunciava così scomodo da invitare ai telespettatori più impressionabili a cambiare canale: manco fosse tornato Luttazzi, o Grillo. Invece è arrivato uno che parlava di tatuaggi, mogli, mignotte e, siccome non rideva nessuno e nessuno aveva pregato il pubblico di ridere (come i claqueur per Benigni) s’è calato i pantaloni.

Invece fa molto ridere la notizia diramata dai quirinalisti ispirati dall’ermo Colle e sprezzanti del ridicolo: la presenza di Mattarella a Sanremo per applaudire il pistolotto di Benigni sulla Costituzione tornata bella avrebbe un profondo significato politico. Corriere: “All’Ariston il profilo autentico del presidente. Con un 2023 dedicato alla Carta”. Rep: “Il caso Benigni. La musica della Costituzione”. Merlo (sempre su Rep): “Su quel palco la nuova resistenza”, “Benigni e il mite presentatore eroi della Nuova Resistenza nell’era della politica fragile. Stampa: “Lo scudo del Quirinale. Nelle intenzioni del Colle l’incursione al festival è solo l’inizio: altri eventi pubblici seguiranno con al centro la difesa della Carta” contro le oscene riforme delle destre sull’autonomia e il presidenzialismo. Ma tu pensa: Mattarella, che non fece un plissé nel 2001 da ministro della Difesa quando il centrosinistra cambiò (in peggio) il Titolo V a colpi di maggioranza e nel 2016 appoggiò pubblicamente il Sì alla schiforma (in)costituzionale Renzi-Boschi-Verdini, ora non vuole che gli si tocchi la Carta perché gli piace di nuovo. Come a Benigni. E, intendiamoci, meglio tardi che mai. Solo che quella stessa Costituzione gli assegna il potere di non firmare e rinviare alle Camere le leggi sbagliate, oltre al diritto di parlare contro quella norma pericolosa. In quale articolo c’è scritto che, se non gli piace una legge, manda avanti Benigni?




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11/02/2023
Hanno tutti torto

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Le porte e i pesci in faccia alla Meloni nel vertice Ue fanno godere gli avversari e anche gli alleati, che però dimenticano quando le porte e i pesci in faccia li prendevano loro. Tutti rimuovono l’ultimo ventennio della cosiddetta Europa, quando a scontrarsi e scornarsi con i tecnocrati di Bruxelles erano B. e poi Renzi. L’Europa è esistita davvero una sola volta, e solo grazie allo choc del Covid: è stato nel 2019, con il Recovery Plan finanziato dagli eurobond, proposto da Conte a Macron il 27 febbraio, condiviso da altri sette governi sud-europei, sposato da Von der Leyen e Lagarde, osteggiato da Visegrad e dai “frugali” del Nord, a cui inizialmente si associò la Merkel. In Italia poteri marci e giornaloni tifavano per il Mes, cioè contro l’Italia, e facevano macumbe perché Conte e il Recovery fallissero. Invece, nei tre giorni e tre notti di battaglia a luglio, la Merkel mollò i frugali e il via libera fu unanime. Conte tornò a casa con la fetta più grande: 209 miliardi, 36 in più di quelli previsti dal piano Ursula.

FdI e Lega si astennero più volte sul Pnrr, quindi ora ben gli sta. Ma da allora l’Unione tornò la Disunione di sempre e ripartirono i giochetti franco-tedeschi, tedesco-frugali, addirittura euro-polacchi: in nome del bellicismo atlantista è stato graziato persino il regime di Varsavia, mentre il neutralista Orbán rimane nella lista dei cattivi. Sulla guerra ogni Stato membro va per conto suo: sì alle sanzioni ma non alle armi, no alle sanzioni e alle armi, sì alle sanzioni e alle armi per negoziare con Mosca, sì alle sanzioni e alle armi per abbattere Putin e pure la Russia. Ora sui giornaloni si leggono ridicole celebrazioni di “quando c’era Draghi”. Ma il Migliore non ha mai toccato palla. Decine di eurovertici sul price cap, da cui tornava regolarmente senza tetto, cabriolet. Poi la strombazzata photo opportunity sul treno per Kiev con Macron e Scholz: una passerella auto-promozionale che non portò nulla all’Ucraina né all’Italia né all’Ue. E se ora Zelensky nega il bilaterale alla Meloni (sai che perdita) per strusciarsi su Macron, Scholz e prossimamente Duda, per noi cambia poco o nulla. Era così anche con Draghi, anche se tutti lo dimenticano. Il secondo giorno di guerra Zelensky, sotto le bombe a Kiev, chiamò Palazzo Chigi e si sentì rispondere dal consigliere diplomatico di Draghi: “Siamo molto impegnati, a più tardi”. Allora twittò sarcastico: “Vedrò di modificare il calendario delle bombe”. E qualche giorno dopo Palazzo Chigi annunciò che Draghi sarebbe volato all’Eliseo per una cena con Macron, Scholz e Ursula; poi precisò che avrebbe partecipato in video (a una cena); infine fece sapere che aveva avuto un “problema tecnico”. Sapete quale? Non l’avevano invitato.




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12/02/2023
Promemoria per il voto

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Tutto mi sarei aspettato, tranne che un giorno avrei pensato di difendere Draghi dalla damnatio memoriae. Ora quel giorno è arrivato. E non perché mi sia ricreduto sul bilancio del suo governo, che anzi ogni giorno ci fa assaggiare i suoi balsamici effluvi: dalla Cartabia allo smantellamento del Superbonus al bellicismo beato e beota. No, è che nei talk incontro sempre più spesso commentatori che fino a qualche mese fa, al nome Draghi, scattavano sull’attenti con un’aria tra l’estasiato e l’arrapato e ora lo liquidano come un errore di gioventù del Pd. Dimenticano che, se al governo c’è il bar di Guerre Stellari, è soprattutto grazie a lui, anzi a chi nel 2021 lo piazzò a Palazzo Chigi e a chi gli votò la fiducia. Da allora la Meloni, data dai sondaggi al 12%, guadagnò un punto al mese: 18 mesi dopo era al 26. Caduto Draghi, il Pd pensò bene di scomunicare Conte per averne profanato l’Agenda su ordine di Putin, regalando definitivamente l’Italia a Meloni&C.. Evitò persino la desistenza in una ventina di collegi uninominali del Sud, che avrebbe levato alle destre la maggioranza in Senato.

Il 25 settembre gli italiani depositarono nelle urne una mega-scheda con su scritto “Draghi chi?”. E i geni che fino al giorno prima spingevano Letta al suicidio lo ca**iarono per aver seguito i loro consigli. Poi, con agile piroetta, ripresero a dire che mai il Pd avrebbe dovuto tornare con Conte, critico sull’escalation bellicista e fautore del negoziato russo-ucraino, dunque putiniano. E fu in quel clima di festoso harakiri che il Pd decise astutamente di correre da solo (cioè con Calenda e Renzi) nel Lazio col candidato scelto da Ollio&Ollio: il famoso D’Amato. A Milano invece, siccome i centristi avevano ingaggiato la Moratti, il Pd non se la sentì e scelse Majorino, sempre senza consultare il M5S. Fu poi Majorino a cercare l’intesa con Conte e a trovarla su un programma progressista e green. Allora pure D’Amato fece una timida avance, ma fu subito stoppato da Calenda, il cui programma è semplice: “Radere al suolo i 5Stelle”. Ora qualche buontempone si porta avanti: “Se il Pd perde il Lazio è colpa di Conte”. Il quale dovrebbe perdonare il Pd per l’“errore su Draghi” e regalargli il voto disgiunto (come se gli elettori fossero sua proprietà). Noi abbiamo sempre sostenuto che l’unica alternativa a queste destre indecenti è l’alleanza M5S-Pd, quella del Conte2: e dal 2018, cioè da prima che il Conte2 nascesse. Ma quell’alleanza è stata cancellata dal Pd nel nome di Draghi. E potrà rinascere solo se il nuovo segretario Pd seguirà l’esempio di Zingaretti e Majorino, non di Letta e D’Amato. L’ha scritto Luciana Castellina sul Manifesto: “Il mio voto disgiunto è Majorino in Lombardia e Bianchi nel Lazio”.




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