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Dino

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14/01/2023
Abracartabia

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – 8 luglio 2021: Draghi & Cartabia, profittando degli Europei di calcio, portano in Cdm la “riforma della giustizia”. Il Fatto la legge e parla di “schiforma Salvaladri e Salvamafiosi”, in beata solitudine. Alla festa di LeU dico che “di giustizia Draghi non capisce un c***o e la Cartabia non distingue un tribunale da un paracarro”: segue lapidazione. Per Repubblica la Cartabia è “una sfida per tutti”, “scardina l’idea securitaria”, è “benemerita”, un salutare “cambio di stagione”, “addio a Conte-Bonafede” e “il presunto favoritismo alle cosche è forzatura propagandistica”. Per il Corriere “ce la assegna l’Europa” e addio “repubblica delle toghe” e “ossessione giudiziaria (Polito). Stampa: “Giustizia: l’Italia volta pagina”, “riforma garantista”. Sul Messaggero Nordio ne esalta “i meriti e i pregi”. “Draghi arresta Bonafede a Travaglio” (Libero), “Ora tutti garantisti” (Giornale). Pisapia tripudia “Ora sì che è giustizia!” e Fiandaca si bagna: “Più efficienza, più garanzie” (Foglio). Violante elenca “i vantaggi” (Rep). Gli ex pm Spataro e Gustavo Zagrebelsky lodano “il giusto equilibrio fra processi rapidi e garanzie” e la “fine dei processi lumaca” (Stampa). Per Musolino (leader di Md) “l’impianto garantista coglie nel segno” (manifesto). . Conte s’impunta tentando di limitare i danni? “Frigna” (Libero), “pianta bandierine”, “cerca pretesti per la resa dei conti” (Franco, Corriere). Il Fatto, Davigo, Caselli, Gratteri, Scarpinato, Di Matteo e altri prevedono i disastri della schiforma? “Fascisti” (Riformista), “oltranzisti” (Folli, Rep), “ricatti di incompetenti” (Sallusti, Libero), “crociate manettare” (Giornale) e “contro la Costituzione” (Foglio). E giù agiografie di Santa Marta, “la Guardasigilli scalatrice che sfida le toghe con studio e granitica pazienza” (Farina-Betulla, Libero), “ha il vantaggio della competenza” (Di Feo, Rep), “la donna giusta” (Libero), “la tecnica perfetta” (Domani), “solo lei può salvare la giustizia” (Senaldi, Libero) perché “Non è Fofò” (Maiolo, Riformista), anzi “Dj Fofò” (Roncone, Sette). Infatti è perfetta per il Colle.

Ora che ogni giorno qualche criminale la fa franca perché le vittime hanno paura a querelarlo, gli stessi giornali copiano ciò che scrivevamo 18 mesi fa. Rep: “Cartabia: a Palermo salvi tre boss, nessuno denuncia”. Corriere: “Manca la firma della vittima, ladri presi e già liberi”, “Nessuna vittima querela i tre boss: ‘Rischiano la scarcerazione’”. Stampa: “Cartabia, i buchi della riforma”, “Favore ai boss”. Domani: “La riforma sottovaluta all’aggravante mafiosa”. Giornale: “Boss e ladruncoli in libertà. Cartabia, altre accuse”. Delenda Cartabia! Dài che ce la fanno a dire che Draghi e Cartabia erano due pippe e aveva ragione il Fatto: basta aspettare altri 18 mesi. Forse.




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Dino

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15/01/2023
Il Sommo Vate

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La notizia che Nordio prepara un decreto per cancellare un bel pezzo di schiforma Cartabia, quello che manda liberi e impuniti i delinquenti che non vengono denunciati, ci riempie di gioia. Il 31 ottobre, appena planato in via Arenula, Nordio aveva rinviato di due mesi l’entrata in vigore della Cartabia perché era scritta coi piedi e avrebbe partorito un’ondata di scarcerazioni. Ora annuncia “interventi urgenti che la recentissima segnalazione di talune criticità sembra rendere senz’altro opportuni” per “riconsiderare alcune scelte di rendere procedibili a querela reati contro il patrimonio in contesti mafiosi e altre ipotesi di reato che rendono indispensabili provvedimenti cautelari di urgenza”. Noi quelle “criticità” le avevamo segnalate in beata solitudine fin da quando (8 luglio 2021) Draghi portò la schiforma in Cdm, ospitando vari giuristi e magistrati che le spiegavano con dovizia di particolari. Ma allora non si poteva dirlo senza venire insultati da chi, il 26 luglio 2021 in stereo su Messaggero, Mattino e Gazzettino, irrideva “la rapsodia di critiche” di chi “agita lo spettro dell’impunità per i mafiosi” ed esaltava Mattarella che “giustamente bacchetta… la parte più vociferante delle toghe” critica sulla mirabile riforma. Ma che dico riforma: “colpo di genio”, “minimo sindacale per ottenere gli aiuti dall’Europa”, rimediare alla “lentezza della giustizia” e neutralizzare il “mostro” della “sciagurata legge Bonafede” che bloccava la prescrizione dopo il primo grado e che “l’Europa non avrebbe tollerato” (infatti l’Ue l’aveva elogiata e promossa, ma lui non lo sapeva). L’aedo chiudeva con un peana di pura saliva: “È un importante esempio di coraggio innovativo. Come quello di Neil Armstrong sulla Luna: un piccolo passo verso una giustizia giusta, ma un balzo enorme nella giusta direzione”. E chi era questo Vate Cartabiano? Carlo Nordio, lo stesso che ora da ministro smantella la schiforma che esaltava perché, con comodo, l’ha capita. O gliel’hanno spiegata

Un ingenuo domanderà: ma come può fare il ministro della Giustizia uno che ignora i rudimenti basilari del diritto penale e deve aspettare di vedere decine di criminali impuniti a piede libero per accorgersi delle voragini di una riforma e correre ai ripari? Ottima domanda, che vale anche per la sua incompetentissima predecessora. Ma, se è per questo, vien da chiedersi come abbia potuto Nordio fare il magistrato per 40 anni. Nello stesso articolo proponeva per i suoi ex colleghi un “esame psichiatrico o almeno psicoattitudinale”. L’idea (peraltro copiata dal Piano di Rinascita di Gelli) allora non ci convinse, ma la stiamo rivalutando. Purché valga anche per i magistrati che vanno in pensione e poi diventano ministri della Giustizia.




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16/01/2023
Ma mi faccia il piacere

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Come dice coso. “Adele ed io abbiamo trovato un modo nostro di stare insieme. Ed è un modo che funziona” (Matteo Renzi, leader Iv, Venerdì di Repubblica, 23.12). Siccome la moglie si chiama Agnese, il modo loro di stare insieme dev’essere cambiarsi i nomi. Chissà lei come chiama lui.

Ginnastica posturale. “È vero, la maggioranza ha sostenuto in modo compatto il provvedimento (nuove armi a Kiev, ndr). Ma quando si affronta un tema così delicato come la guerra non basta votare: serve avere anche una postura, un tono di voce e soprattutto un linguaggio convincente” (Francesco Verderami, Corriere della Sera, 13.1). Non basta dissanguarti per pagare armi e sanzioni: devi pure metterti a 90 gradi.

La nuova Senofonte. “Mi viene in mente una frase attribuita a Garibaldi: ‘Qui o si fa l’Italia o si muore’” (Giorgia Meloni, premier FdI, 14.1). Accisa.

Il nuovo Tucidide. “Senza fare lezioni di storia, non ho questa presunzione come altri, però qualche libro è bene leggerlo, ogni tanto. Il caso più recente è la guerra di Crimea, che nel 1861-’63 vide impegnato il Regno di Piemonte, non c’era ancora l’Italia unita” (Maurizio Gasparri, FI, vicepresidente Senato, 13.1). A parte il fatto che il Regno di Piemonte si chiamava Regno di Sardegna e nel 1861-’63 non c’era più perché l’Italia era già unita, e la guerra di Crimea fu nel 1853-’56, tutto giusto. Resta da capire quali libri legge Gasparri, ogni tanto.

Il nuovo De Sanctis. “So di dire una cosa molto forte, ma penso che il fondatore del pensiero di destra e conservatore in Italia sia Dante Alighieri” (Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, 14.1). Ma infatti. Boccaccio invece fondò Le Ore e Petrarca vinse Sanremo con Laura non c’è.

Il nuovo Vanzina. “Conte ha fatto le vacanze da cinepanettone a Cortina” (Massimo Giannini, Otto e mezzo, La7, 13.1). La trama, Massimo: vogliamo la trama!

Sòla che Sorgi. “Bisogna ricordare che nel Conte 1 uno dei provvedimenti identitari fu quello delle ispezioni terribili a Cortina, come se Cortina fosse solo un luogo di evasori fiscali. Gli albergatori protestarono… Da premier ti vanti perché hai mandato le ispezioni a Cortina e poi ci vai in vacanza… Qualche problema nasce” (Marcello Sorgi, Stasera Italia, Rete4, 9.1). Purtroppo le ispezioni della Guardia di Finanza a Cortina furono nel 2012, col governo Monti, sei anni prima del Conte 1. Però è vero: bisogna ricordare.

Le avventure di Sambuca/1. “Berlusconi con il suo modo di comunicare ha posto le basi del populismo in Italia e oggi Marco Travaglio ne è il continuatore, c’è un legame tra i due” (Maurizio Molinari, direttore Repubblica, L’aria che tira, La7, 10.1). In effetti il legame fra me e B. è che B. mi ha fatto una raffica di cause civili milionarie e ha sempre perso. Il legame fra Sambuca e B. è che Sambuca s’è battuto come un leone per riportare B. al governo nel 2021 e hanno vinto entrambi: sono gli italiani che hanno perso.

Le avventure di Sambuca/2. “Cento giorni di governo”, “I 100 giorni di governo della destra” (Repubblica, 15.1). Però, precoce questa Meloni: ha giurato il 22 ottobre e dopo 85 giorni ne compie già 100.

Le imprese di Sambuca/3. “FdI, vertice d’emergenza. La premier convoca un summit lunedì per serrare le fila” (Repubblica, 14.1). Oggi non si terrà nessun vertice né summit, e si dice serrare le file, ma per il resto tutto ok.

Consecutio temporum. “Open Arms, la vera storia dello sbarco. L’approdo in Spagna vanificato da Giuseppi. Il governo gialloverde era agli sgoccioli… e Conte stava lavorando da tempo all’accordo con Enrico Letta e il Pd… per imbullonarsi a Palazzo Chigi” (Libero, 14.1). A parte il fatto che era l’agosto 2019 e Letta divenne segretario Pd nel marzo 2021, per il resto tutto bene.

Poveri Bocca, Pansa e Rinaldi. “Resterà intatta l’anima de L’Espresso… nuovo, coraggioso, visionario… Aumenteranno i commentatori: da Maurizio Costanzo a…” (Alessandro Mauro Rossi, neodirettore Espresso, 15.1). Beh, coraggioso è coraggioso: in effetti ci vuole un bel coraggio.

Il titolo della settimana/1. “Smascherare l’orbanismo di Conte” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 14.1). Mo’ me lo segno.

Il titolo della settimana/2. “Maria Elena Boschi: ‘Il Pd è ossessionato dall’antirenzismo. Non hanno più idee’” (Giornale, 14.1). Beh, quella sarebbe già qualcosa.

Il titolo della settimana/3. “Invalida uccisa per incassare il reddito di cittadinanza… Coppia di conoscenti le avrebbe sottratto i risparmi in casa” (Giornale, 14.1). Ecco perché va abolito: la miseria ti salva la vita.

Il titolo della settimana/5. “È ora di abolire la parola ‘partito’” (Roberto Morassut, deputato Pd, Repubblica, 11.1). Ricorda troppo il participio passato.

Il titolo della settimana/4. “L’omaggio a Sassoli un anno dopo. Letta: era il nostro candidato premier” (Messaggero, 10.1). “Ho pensato di candidarlo pure da morto, ma non è possibile: ci vuole una riforma, per questo” (Corrado Guzzanti nei panni di Walter Veltroni, L’Ottavo nano, Rai2, 2001).




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17/01/2023
Ma il bello viene ora

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La cattura di Matteo Messina Denaro è un’ottima notizia, anche se ce ne ricorda una pessima: i 30 anni di latitanza, con le complicità istituzionali che possiamo immaginare. E che inevitabilmente, visti i precedenti, suscitano domande sul suo arresto: l’hanno davvero colto di sorpresa, o si (è o l’hanno) consegnato, o semplicemente aveva abbassato la guardia? Lo capiremo nelle prossime ore, quando si saprà di più del covo dove verosimilmente teneva la “roba”: le sue armi di ricatto, ereditate da Riina, Bagarella e Provenzano (il papello e le altre carte del covo di Riina, non perquisito né sorvegliato dal Ros). E nei prossimi mesi, quando, dalle sue risposte ai pm e dalle politiche del governo su 41-bis ed ergastolo ostativo, si capirà se la sua cattura è stata preceduta da trattative con chi ha più interesse al suo silenzio: i referenti istituzionali. La profezia di Baiardo, legatissimo ai Graviano, nell’intervista a Giletti di due mesi fa somiglia a un avviso ai naviganti, interno ed esterno a Cosa Nostra. Del tipo: “Non pensate di farvi belli con l’ennesimo arresto eccellente e dimenticare in galera chi, come i Graviano, è lì sepolto da 30 anni”. Fa riflettere anche l’uscita di Piantedosi che una settimana fa auspicava (o annunciava?) la cattura del superlatitante. Vaticinio che ricorda quello del predecessore Mancino su Riina quattro giorni prima del suo arresto.

Ora il rischio peggiore è il relax perché, preso “l’ultimo boss”, “la mafia è sconfitta” e “la guerra è finita”. In realtà l’ultimo boss è sempre il penultimo: a quell’età e in quelle condizioni (con un arresto sempre più probabile), ogni capomafia si premunisce per tempo nominando il successore e passando tutte le consegne per garantire continuità all’organizzazione. Ma quel clima di irresponsabile rilassamento lo sta già alimentando il cosiddetto ministro della Giustizia Nordio, dichiarando guerra alle intercettazioni perché “costano troppo” (160 milioni l’anno: un quinto del costo dell’ultimo condono fiscale) e perché “un mafioso vero non parla al telefono, né al cellulare perché sa che dentro c’è un trojan, non parla neanche in aperta campagna perché sa che ci sono i direzionali”, e “il trojan va tolto, è una porcheria”. Ma non ha fatto in tempo: ieri gli inquirenti hanno spiegato che Messina Denaro è stato preso grazie alle intercettazioni di una miriade di parenti e fiancheggiatori del boss. Evidentemente i “mafiosi veri” non danno ascolto a Nordio e continuano a telefonarsi e a parlarsi. O magari non sono “mafiosi veri”. In un paese civile Nordio si scuserebbe scusa per quegli sproloqui da incompetente e non parlerebbe più di intercettazioni per il resto dei suoi giorni. Ma è pur vero che, in un paese civile, Nordio non farebbe il ministro della Giustizia.




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18/01/2023
L’album di famiglia

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Fanno molto ribrezzo e un po’ di tenerezza i giornali di destra che spacciano una coincidenza – l’arresto di Messina Denaro sotto un governo di destra – per la prova che questa destra è antimafia. Saviano sbaglia a dire il governo Meloni è il meno antimafia della storia repubblicana: siamo stati sgovernati per tre volte e dieci anni da B., che Cosa Nostra la ospitò in casa sua, la finanziò per vent’anni, la mise a capo di Forza Italia, la candidò al Parlamento e alla Regione Siciliana. Ma Giorgia Meloni, la cui fede antimafia pare sincera, sa bene chi ha come alleati: infatti evita le appropriazioni indebite. Una destra che nel suo Gotha vanta Dell’Utri e D’Alì (condannati per mafia), Cuffaro (favoreggiamento al boss Guttadauro, fedelissimo di Messina Denaro), Matacena (’ndrangheta) e Cosentino (camorra) può solo tacere. E ringraziare i media che sorvolano sul suo album di famiglia per dedicarsi all’orologio, al viagra, ai preservativi e alle mise di Messina Denaro. Il 25 settembre scorso, Noi Moderati di Maurizio Lupi (alleato di FdI, Lega e FI) ha candidato al secondo posto in Sicilia per il Senato la moglie di D’Alì, uomo di Messina Denaro e per 26 anni senatore FI: Antonia Postorivo, avvocatessa dello studio Previti e ora dello studio Volo. Poi la lista lupesca ha mancato il quorum e non ha eletto nessuno. Ora si scopre che il medico mazarese Alfonso Tumbarello che curava il vero Andrea Bonafede e quello falso, cioè Messina Denaro, era in politica col centrodestra: consigliere provinciale Udc, poi (2006) candidato a consigliere regionale con Cuffaro, infine (2011) aspirante sindaco del Pdl a Campobello.

Al di là dei casi singoli, vale il detto di Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Qui gli indizi sono legione. E sollevano una gigantesca questione politica di selezione delle candidature, finora nascosta dai gargarismi finto-garantisti. Ancora ieri FdI ha tentato di piazzare al Csm (e per la vicepresidenza!) l’ex sottosegretario di An Giuseppe Valentino, indagato in Calabria in un fascicolo collegato al processo Gotha, dunque presunto innocente, ma in sicuri rapporti col neofascista Paolo Romeo, ex Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, favoreggiatore della latitanza di Freda, condannato in primo grado a 25 anni per ’ndrangheta. Solo il no fermo dei 5Stelle l’ha indotto a ritirarsi. Giorgia Meloni, di ritorno da Palermo, farebbe bene a riascoltarsi il discorso del senatore ed ex Pg di Palermo Roberto Scarpinato per la fiducia al governo, a proposito dei fili neri che la destra deve recidere: non quelli (inesistenti) del fascismo, ma quelli (sempre vivi) del neofascismo che, nella stagione delle stragi, andava a braccetto con le mafie.




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19/01/2023
Chissà chi è Stato

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – I Don Ferrante della mafia, come li chiama Caselli, non si danno pace: l’arresto di MMD è la smentita più plateale di tutte le loro fandonie. Dicevano che le intercettazioni non servono, invece sono decisive. Dicevano che la mafia è finita, invece si scoprono centinaia di complici del boss nei salotti buoni della politica e degli affari. Dicevano che nel 1992-’94 non ci fu trattativa Stato-mafia, ignorando tonnellate di sentenze, e ora non trovano le parole per spiegare un boss che latita per 30 anni quasi sempre sotto casa. Infatti si appigliano disperatamente all’excusatio non petita del governo: “Niente trattative”. Come se chi le fa venisse a raccontarlo a noi, o a loro. Noi non pensiamo affatto che Meloni&C. abbiano trattato con MMD. E neppure i pm e il Ros, che non è più quello deviato di Mori&C. che nel 1992 trattò con Ciancimino e Riina prima e dopo via D’Amelio, nel ’93 non perquisì né sorvegliò il covo di Riina lasciandolo svuotare dai boss, non arrestò Santapaola pur avendolo scovato a Terme di Vigliatore e nel ’95 non catturò Provenzano nella masseria di Mezzojuso indicata dal boss confidente Ilardo, poi ucciso da Cosa Nostra appena comunicò (a Mori e ai pm, non a Cosa Nostra) l’intenzione di collaborare.

Molti lettori che conoscono quella storia ci scrivono i loro dubbi sulla cattura di MMD. Ma quella storia (come quella di tutte le stragi, da Portella della Ginestra in poi) insegna che esistono due Stati. Quello palese dei suoi servitori: pm e investigatori che indagano sugli stragisti, totalmente ignari di ciò che accade alle loro spalle. E quello occulto dei traditori dello Stato, che gli stragisti li frequentano, li consigliano, li indirizzano, li favoreggiano con depistaggi e protezioni, e infine, quando la cattura si avvicina per motivi di età e/o di salute, contrattano con loro la merce più preziosa: il silenzio. Persino la sentenza d’appello che assolve Mori&C. riconosce che la trattativa ci fu e il vecchio Ros di Mori&C. non perquisì il covo di Riina e non arrestò Provenzano per fargli un favore (ma a fin di bene!). E che la trattativa ci fu lo sappiamo dai pentiti di mafia, non di Stato: fu Brusca a svelarla nel ’96, costringendo Mori e De Donno a sputare il rospo e a parlare anch’essi di “trattativa” con Ciancimino e, tramite lui, con Riina. Peccato che, in procura e nelle caserme, centinaia di pm, carabinieri e poliziotti continuassero a combattere la mafia senza sapere che l’altro Stato trattava con essa, trasformandoli in bersagli mobili. Fra qualche anno forse sapremo se è accaduto anche per MMD. Nel qual caso le parole di Baiardo non sarebbero la profezia su una trattativa in corso per un arresto eccellente: ma un messaggio di Cosa Nostra all’“altro Stato” per trattare dopo l’arresto eccellente.




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20/01/2023
I complessi

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Per dire com’è cambiato il vento dopo l’arresto di Messina Denaro e la momentanea ritirata dei finti garantisti (tranne quel genio di Nordio, che insiste a prendere a cornate i muri), ieri abbiamo ricevuto due furibonde richieste di rettifica: una dallo studio Previti, l’altra da Totò Cuffaro. Gli avvocati Cesare, Stefano e Carla Previti si dolgono perché abbiamo scritto che l’avvocata Antonia Postorivo, moglie dell’ex senatore FI Antonio D’Alì (ora in carcere per scontare 6 anni definitivi per mafia, come referente di Messina Denaro), ha lavorato in passato nel loro studio. Precisano che la notizia “è radicalmente falsa”, ne chiedono la rettifica e la rimozione dal web. Ne prendiamo atto e li accontentiamo subito. Ma ci saremmo aspettati che a smentirla con sdegno fosse la Postorivo che, essendo incensurata, potrebbe dolersi dell’accostamento a Previti, pregiudicato (8 anni e 6 mesi) per corruzione giudiziaria per aver comprato un giudice e due sentenze (Imi-Sir e Mondadori) e radiato dall’Ordine. Invece è il pregiudicato che s’offende per l’accostamento all’incensurata (nonché moglie di uno che sedette con lui in Parlamento nei banchi di Forza Italia dal 1994 al 2007).

Poi c’è Cuffaro, offesissimo perché abbiamo scritto che il medico di Messina Denaro, Alfonso Tumbarello, ora indagato, fu consigliere provinciale Udc e nel 2006 si candidò alla Regione per sostenere Cuffaro. Siccome è tutto vero, Totò Vasa Vasa giura di non aver “mai conosciuto o incontrato il dott. Tamburello”. Infatti noi parlavamo di Tumbarello. Ma ci aspettavamo che, se proprio qualcuno doveva offendersi, fosse l’incensurato Tumbarello per l’accostamento a Cuffaro, pregiudicato (7 anni) per favoreggiamento al boss Guttadauro, fedelissimo di Messina Denaro. Invece, nell’Italia alla rovescia post-MMD, è il pregiudicato Cuffaro che s’incazza se lo accostano all’incensurato Tumbarello (che lui chiama Tamburello).

Sembra il sequel dell’episodio de I complessi, con Ugo Tognazzi nei panni di Gildo Beozi, un boiardo di Stato molto bigotto che moraleggia a destra e manca. Ed, essendo quasi omonimo del playboy Guido Beozi che impazza sulle cronache mondane, a ogni sua impresa scrive ai giornali per precisare di non avere nulla a che fare con il noto libertino. Un giorno però, per un tragicomico equivoco, viene coinvolto in una retata della Buoncostume in un gay- party. L’indomani i giornali lo immortalano avvinghiato a un gruppo di giovanotti discinti, con una breve nota a piè di pagina: “Riceviamo e pubblichiamo: ‘Il noto playboy Ing. Guido Beozi tiene a precisare di non avere niente a che fare con il Prof. Gildo Beozi e di non essergli parente né in linea retta né in linea collaterale’”.




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21/01/2023
Il ministro umarell

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il cosiddetto ministro della Giustizia Carlo Nordio può dirsi soddisfatto. Un mese fa abbiamo lanciato un sondaggio online per eleggere il peggior Guardasigilli di sempre e ha vinto lui, scavalcando impiastri di tutto rispetto come Biondi, Castelli, Alfano e Cartabia. Ieri la raccolta di firme per cacciarlo ha superato le 40 mila in mezza giornata. Del resto, ci voleva del talento per trasformare un colpo di fortuna per il governo come l’arresto di MMD in un suicidio di massa, dichiarando guerra ai pm e agl’investigatori che l’hanno messo a segno. Chissà cosa ci ha trovato in lui la Meloni per strapparlo al suo habitat naturale – Forza Italia – e candidarlo al Quirinale, poi alla Camera, infine alla Giustizia. Perché di Nordio tutto si può rimproverare fuorché di nascondere le sue pessime intenzioni. È da quando, nel 1995, Craxi latitante ad Hammamet fu intercettato al telefono con un certo Salvatore (poi risultato essere l’avvocato Lo Giudice, che definiva Nordio “uno fidato con cui stiamo lavorando assieme” contro il pool Mani Pulite), che detesta le intercettazioni e i magistrati più bravi di lui (cioè quasi tutti).

Se FdI voleva accreditarsi come una destra nuova e diversa, legalitaria, devota a Borsellino e alla “certezza della pena”, l’ultimo da ingaggiare era lui. Anche perché è talmente pieno di sé da ignorare il consiglio di starsene zitto e buono per un po’, lasciare che gli italiani si scordino la cattura di MMD, e poi infilare la schiforma delle intercettazioni in qualche leggina sulla foca monaca fra luglio e agosto, quando la gente è al mare. Mentre Meloni&C. gongolavano perché l’arresto eccellente distraeva l’attenzione dalle loro figure di palta su condoni, rave, cash, pos e accise, lui si precipitava ad aggiungerne un’altra. E col solito stile dell’orecchiante che parla per sentito dire di cose che non sa, ma con gran prosopopea, come gli umarell ai cantieri. Uso ai salotti di Cortina e alle terrazze romane più che alle aule giudiziarie, s’è infilato in chiacchiere da bar sulle intercettazioni che rovinano i galantuomini (tipico cruccio dei riccastri e delle damazze che temono per l’argenteria), i pm che intercettano a casaccio, i marescialli che poi chissà cosa trascrivono, signora mia dove andremo a finire. Ha spacciato condannati e prescritti per innocenti perseguitati e tizi mai intercettati per vittime delle intercettazioni. E ha paventato un altro Parlamento “supino ai pm”, quando gli ultimi otto parlamenti hanno varato un centinaio di leggi anti pm e pro delinquenti. Senz’accorgersi che, specie nel post-MMD, all’ipotesi di un Parlamento supino ai pm antimafia, la gente risponde: magari! Quando Meloni&C. lo restituiranno alla sua vera vocazione, quella di umarell, sarà sempre troppo tardi.




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22/01/2023
Bavagli intermittenti

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Le cartelle cliniche e le interviste ai medici sul percorso esatto delle metastasi su per le budella del boss. Tutta la chemio minuto per minuto nel carcere dell’Aquila. L’armadio di casa con vestiti e mutande, si spera pulite. I video del Gico che perquisisce il “covo” in presa diretta. I preservativi e il Viagra nei cassetti e i poster del Padrino e del Joker alle pareti. I testi dei pizzini a tizio e caio. I selfie, gli sms e i vocali a complici, sanitari e pazienti. I nomi e le foto di “favoreggiatori” indagati e di parenti e amici non indagati. Vespa che domanda al colonnello del Ros: “Le donne andavano a letto con Bonafede o con Messina Denaro?”. Perfino la conferenza stampa dei procuratori col nome dell’arrestato e i dettagli dell’arresto, per non parlare del filmato del défilé sulla scala della clinica, dell’audio dell’arrestato che declina le sue generalità, delle altre frasi dette agli inquirenti e ai compagni di cella.

Tutto ciò che avete saputo dai media (incluso il Fatto) della cattura di MMD è proibito dalle leggi: quella sulla Privacy (vietate le notizie sulla salute), il Codice di procedura penale che tutela il segreto investigativo (vietate le notizie penalmente rilevanti e a maggior ragione i video dei blitz), il bavaglino Orlando (vietato divulgare e pure trascrivere intercettazioni e altri elementi penalmente non rilevanti), il bavaglio Cartabia (vietato agli inquirenti dire i nomi degli arrestati e i motivi per cui sono finiti dentro). Se al posto di MMD&C. ci fosse un qualsiasi politico o imprenditore, oggi non assisteremmo ai festeggiamenti per lo storico successo dello Stato, ma a un bombardamento a tappeto contro i pm, le forze dell’ordine e i giornalisti che violano più leggi che l’arrestato, esponendolo alla gogna e rovinandogli la reputazione. Perché nessuno protesta? Perché l’arrestato è un mafioso. I politici si pavoneggiano per i meriti di pm e forze dell’ordine, ben felici che siano prodighi di notizie e immagini (vietate). E i giornali devono soddisfare le curiosità dei lettori, quelle lecite e pure quelle morbose. Tanto, almeno finora, non è uscito nessun nuovo politico colluso e quelli vecchi già condannati (Dell’Utri, Cuffaro, D’Alì ecc.) si finge che colludessero con un’altra mafia. Noi abbiamo sempre combattuto tutti i bavagli – di B., di Orlando, di Draghi e Cartabia – e rivendicato l’obiezione di coscienza per dare ai lettori tutte le notizie di pubblico interesse, penalmente rilevanti o irrilevanti che siano. Su mafiosi, criminali comuni e colletti bianchi. Ma contro i bavagli Orlando e Cartabia eravamo soli e tacciati di “voyerismo giustizialista”. E ora siamo curiosi di sapere perché i giornaloni che li esaltavano se li strappano, e solo su MMD: il vostro “garantismo” è uguale per tutti, o vale solo per lorsignori?




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23/01/2023
Ma mi faccia il piacere

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il Nordio alla rovescia/1. “Giustizia, l’ira di Nordio: io vado avanti” (Stampa, 22.1). Ah, quindi è pure incazzato.

Il Nordio alla rovescia/2. “Nordio tira dritto e incassa il sostegno del Terzo Polo” (Libero, 19.1). “Una standing ovation per Nordio” (Foglio, 20.1). Sono soddisfazioni.

Il Nordio alla rovescia/3. “Nordio confida: ‘Posso benissimo lasciare e tornare alle mie letture’” (Foglio, 21.1). Ecco, bravo.

Per esempio. “Schifani: ‘La Regione non è impermeabile alla mafia. Ma Cuffaro e Dell’Utri possono fare politica’” (Repubblica, 18.1). Tutto perfetto, ma quel “ma” vuol dire “infatti”.

La nipote di Alighieri. “Sicuramente Dante non era di sinistra” (Silvio Berlusconi, Ansa, 16.1). Glielo disse lui a una cena elegante con Beatrice.

Lo storico. “A chi dice che Dante non esprime un pensiero di destra chiedo se il Poeta approverebbe utero in affitto, ‘genitore 1 e genitore 2’, porte aperte a chiunque voglia entrare in Italia, tendine nei cimiteri per coprire simboli cristiani ecc” (Lucio Malan, capogruppo FdI al Senato, Twitter, 15.1). Era talmente di destra che non andava al bar, detestava discoteche e rave party, non mangiava pomodori (sono rossi) e non ha mai pagato col Pos.

Ma quanto rosicano/1. “C’è un giornale, la gazzetta dei magistrati nota come Fatto Quotidiano, che dall’alto delle ventimila copie che vende lancia una raccolta di firme per far dimettere il ministro della Giustizia Nordio” (Alessandro Sallusti, Libero, 22.1). A parte che le copie vendute sono il triplo, il motto di Montanelli era “un solo padrone: il lettore”. Quello di Sallusti è “un solo lettore: il padrone”.

Ma quanto rosicano/2. “100mila firme in un giorno e mezzo per cacciare Nordio” (Fatto, 22.1). “Perchè la democrazia digitale alla fine ci rende meno liberi. Si possono attivare sondaggi, petizioni online per chiedere di sostituire un ministro. Ma è solo un’illusione” (Concita De Gregorio, Repubblica, 22.1). Disse quella che ha firmato carrettate di appelli, l’ultimo il 7 dicembre sulla Stampa per chiedere all’Iran di rispettare i diritti umani, non condannare a morte e non arrestare le donne che protestano. Ma quello non era un’illusione: da allora gli ayatollah dormono con la luce accesa.

Comma 22.0. “Questo non è un governo antimafia, l’ergastolo ostativo non ha più senso” (Roberto Saviano, Stampa, 17.1). Per essere un governo antimafia, dovrebbe metter fuori i mafiosi.

La verticale. “Quello che si può fare è un eliporto e un aeroporto verticale di sicuro. Sull’aeroporto non desisto, magari non a Cortina ma vicino” (Daniela Santanchè, ministra FdI del Turismo, Radio 24, 12.1). Sulla Tofana di Mezzo sarebbe perfetto.

Tonno Palamara. “Marco Travaglio diceva le stesse cose di Nordio a proposito dell’abuso delle intercettazioni” (Luca Palamara, ex pm radiato dalla magistratura e imputato per corruzione, Libero, 22.1). No, ciccio, dicevo l’opposto: per Nordio l’abuso è quando il trojan viene acceso, per me è quando viene spento.

Lecta. “E Letta cita San Paolo: ‘Ho combattuto la buona battaglia’” (Corriere della sera, 22.1). “Pd, l’ultimo atto di Letta tra orgoglio e lacrime: ‘Non mi sono pentito’” (Repubblica, 22.1). Ha solo regalato il governo a Meloni&C., che sarà mai.

Quello che non sa nulla/1. “Intercettiamo i magistrati e poi si ride…” (Alessandro Sallusti, Libero, 21.1). Infatti i magistrati hanno intercettato i colleghi Squillante, Palamara e indirettamente D’Ambrosio, Misiani, Coiro, ma Sallusti non rideva: era troppo occupato a difendere gli intercettati.

Quello che non sa nulla/2. “A nessuno piace che la propria vita privata finisca sui giornali, ma che goduria quando ci finisce quella degli altri, si tratti di… Fabrizio Corona… o di Piero Fassino” (Francesco Merlo, Repubblica, 21.1). Corona è finito sui giornali per le sue estorsioni, Fassino perchè chiedeva al capo di Unipol: “Siamo padroni di una banca?”. Ma queste cose le sanno i giornalisti, quindi Merlo no.

Quello che non sa nulla/3. “Poi ci meravigliamo se il 17% crede che il M5S sia un partito di sinistra” (Sebastiano Messina, Repubblica, 18.1). Disse quello che da 15 anni crede che il Pd sia un partito di sinistra.

L’oracolo di Delfi. “Avremo un governo Draghi e non Meloni” (Matteo Renzi, leader Iv, 9.9.2022). “Questo governo non supera il 2024” (Renzi, Stampa, 16.1). Altrimenti lui abbandona la politica.

Il titolo della settimana/1. “Meloni, viaggio in Algeria per arginare Russia e Cina” (Corriere della sera, 22.1). Con la sola imposizione delle mani.

Il titolo della settimana/2. “FdI: ‘Commissione parlamentare sugli anni di piombo’” (Repubblica, 10.1). E sulle Idi di marzo niente?

Il titolo della settimana/3. “La sinistra tradì Craxi e così perse l’anima” (Fabrizio Cicchitto, Libero, 20.1). Quindi Berlusconi, che fondò un partito e non candidò Craxi ma Cicchitto, è di sinistra.

Il titolo della settimana/4. “Infamia-belga (sic, ndr). Torturata Eva Kaili. L’inchiesta Qatar è Medioevo” (Piero Sansonetti, Riformista, 20.1). Uahahahahahah.




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24/01/2023
Il sinistro della Giustizia

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – In uno strepitoso articolo sul Corriere, Luigi Ferrarella racconta tre storie di ordinaria “giustizia” che dovrebbero far riflettere un governo e un ministro seri, quindi non quelli attuali. C’è il procuratore capo di Piacenza che da due anni scrive al ministero perché copra i vuoti d’organico amministrativo (vicini al 50%) e, in mancanza di risposte, chiede a un’associazione di volontariato convenzionata col Comune “l’inserimento del nuovo pensionato L. B. che ha dato disponibilità a prestare attività presso questa Procura 2 o 3 giorni a settimana” per controllare le notifiche degli “avvisi di conclusione delle indagini” al posto di cancellieri e segretari mancanti. C’è la Procura di Milano che ha visto dirottare gli uffici della polizia giudiziaria dal palazzo di giustizia a uno stabile in periferia e, siccome i collegamenti telematici non sono sicuri, sono gli stessi pm a caricarsi in macchina montagne di fascicoli per portarli a destinazione. E c’è la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che, a corto di personale, si improvvisa centralinista.

Ma il cosiddetto ministro della Giustizia Nordio non bada a queste faccenduole, cioè dell’unico compito che gli assegna la Costituzione (“l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”)? Lui vola alto. Lui vuole separare le carriere dei magistrati perché non se ne può più di tutti questi pm che diventano giudici e viceversa: ben 21 toghe su 9 mila in un anno, una vera emergenza nazionale. Lui vuole salvare le legioni di italiani messi alla gogna e rovinati dai media con intercettazioni penalmente irrilevanti: il Garante della Privacy ha contato ben 20 casi in 27 anni, di cui quasi nessuno ha rovinato nessuno. Lui vuol tagliare le intercettazioni perché ci costano ben “200 milioni all’anno”. Cioè, per avere un’idea: un ottavo di quanto ci costano i 12 condoni del suo governo (gli unici della storia che, anziché portare soldi allo Stato, lo rapinano); poco più della metà della sola frode fiscale da 368 milioni di dollari dello scandalo Mediaset, costato la condanna definitiva a B.; lo zero-virgola-zero-qualcosa di tutti i miliardi recuperati dallo Stato grazie alle intercettazioni su reati mafiosi, finanziari, fiscali e contro la Pa (solo quelle per Messina Denaro hanno portato a sequestri per 200 milioni, ripagando le intercettazioni di tutte le Procure per un anno intero). Forse il costo delle intercettazioni è fuori controllo? Al contrario: il costo è sceso dai 255 milioni l’anno del 2009 ai 218 milioni del 2021, con un trend in calo costante. Nel 2005 lo Stato spendeva 2.297 euro per “bersaglio”: oggi 1.364. Per questo chiediamo, insieme a già 140 mila lettori, le dimissioni del ministro della Giustizia: per averne uno.




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25/01/2023
Nordio Belushi

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Carlo Nordio pensa che raccogliamo firme (quasi 150 mila ormai) per farlo dimettere perché ce l’abbiamo con lui. Nulla di più sbagliato: noi siamo solidali con lui e vorremmo liberarlo di un peso che neppure il suo proverbiale stomaco moquettato è in grado di digerire. Quando B. cancellava i suoi reati dal Codice penale, si dimezzava la prescrizione, tentava di trasferire i suoi giudici e i suoi processi, aboliva l’appello del pm perché un pm aveva appellato una sua assoluzione, non si faceva scrupoli di inventare pietose scuse né si nascondeva dietro i sacri valori, il garantismo, la privacy, la presunzione d’innocenza, l’eredità di Cesare Beccaria (che tendeva a confondere con Cesare Previti): diceva che i magistrati sono matti, un cancro da estirpare, peggio delle Br; rivendicava il diritto di evadere alla festa della Guardia di Finanza; rievocava i tempi in cui andava per assessori “con l’assegno in bocca”; chiedeva di oscurare La Piovra perché danneggia l’Italia; si presentava in tribunale sotto la scritta “La legge è uguale per tutti” per dirsi “più uguale degli altri perché ho preso i voti”. Se Nordio si fosse candidato con FI, che poi è proprio il suo habitat naturale, potrebbe dirlo papale papale: “Signori, mi han fatto ministro per distruggere definitivamente la Giustizia e impedire che corrotti, corruttori, truffatori, peculatori, frodatori, evasori, abusatori d’ufficio, trafficanti d’influenze, truccatori di appalti, mafiosi col colletto bianco siano intercettati, scoperti, processati, condannati, arrestati ed espulsi dalla vita pubblica. Quindi non rompetemi le palle: è una vita che sogno di vendicarmi dei colleghi che, diversamente da me, ce l’hanno fatta”.

Invece non può, perché s’è incomprensibilmente candidato con FdI (che incomprensibilmente l’ha candidato e fatto ministro): un partito che dice (e sottolineo dice) di battersi contro mafia e corruzione, per la legalità e financo per la certezza della pena. Quindi è lì che si arrabatta da mane a sera per escogitare scuse tipo Blues Brothers (“Ero senza benzina, avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per il taxi, la tintoria non mi aveva portato il tight, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, e le cavallette!”). La più esilarante è che lui attacca le intercettazioni per evitare abusi mediatici: come se il ministro della Salute attaccasse il bisturi perché si può usarlo per sgozzare qualcuno. In ogni caso ieri il Garante della Privacy ha seppellito il suo alibi: dal 2020, dopo le riforme Orlando e Bonafede, gli abusi mediatici – già risibili prima – sono scesi a zero. E ora gli tocca inventarsene un’altra. Ma è vita, questa? Dia retta, torni a casetta. Alla sua età, il free climbing sugli specchi può essere letale.




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25/01/2023
Aspetta e spara

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La situazione in Ucraina è così scandalosamente chiara che nemmeno l’atlantista più ottuso osa ripetere la barzelletta “mandiamo armi per favorire la pace”. Preferiscono l’altra, un filo meno spudorata: “Negoziare non si può perché Putin non vuole”. Strano, perché è Zelensky ad aver proibito per decreto agli ucraini, dunque anche a se stesso, di negoziare con la Russia di Putin. Strano, perché il principe dei negoziatori, Kissinger, che a cent’anni è più lucido di chi potrebbe essere suo pronipote, continua a dire che negoziare con Putin è l’unica cosa che si può, anzi si deve fare per evitare la catastrofe nucleare. Tantopiù in una fase di stallo militare sul campo congelato dal Generale Inverno. Invece, per far dimenticare le carte top secret nel suo garage, Biden arruola in call Scholz, Macron, Sunak e Meloni, ma “non contro la Russia”, per carità: tanto, almeno in Italia, è tutto segretato e ci siamo già assuefatti a 250mila morti in 11 mesi. Fortuna che a informarci provvede il vicecapo dell’intelligence ucraina, Vadym Skibitsky: “Ora possiamo colpire il Cremlino”. Cioè fare, anche con le nostre armi, ciò che la nostra Costituzione “ripudia”: la guerra per risolvere le controversie internazionali.

Il ministro della Guerra Crosetto-Moschetto, previa telefonata yankee con la lista della spesa, manda lo scudo anti-aereo Samp-T, che costa 800 milioni (l’intero bottino rapinato ai disoccupati col taglio del Rdc), ma ovviamente andrà rimpiazzato con nuove spese militari, sennò si resta “senza scorte”. E giù nuove commesse ai suoi ex soci, clienti e committenti della lobby armata. Intanto a Kiev salta mezzo governo perché è uno dei più corrotti d’Europa – infatti lo vogliono tutti nell’Ue – e ruba a man bassa sui nostri “aiuti” (un giorno scopriremo dove finiscono le armi, ma già si intuisce). Però Zelensky sarà al Festival di Sanremo, fra un amore e un cuore, col celebre tormentone “Armi armi armi”. E i giornaloni sono tutti eccitati per gli Abrams e i Leopard. Repubblica: “Svolta nella guerra”, “Il patto dei panzer”, “Escalation”. Evvai! Corriere: “Così il G7 affiancherà la Nato. Adesso Biden vuole guidare un largo fronte unificato contro Russia e Cina”. Hurrah! Stampa: “Arrivano i carri armati”: Slurp! Finché c’è guerra c’è speranza. E giù botte a quei disertori di Scotto, Boldrini, Camusso e il pericoloso cattolico del Pd Paolo Ciani che votano finalmente contro le armi con 5Stelle e Sinistra. Una Spectre subito smascherata dall’agente segreto Paolo Mieli: “Tra i parlamentari recalcitranti alle armi all’Ucraina c’è Paolo Ciani in rappresentanza di Sant’Egidio, si forma così un crogiolo con i dalemiani, quelli di Sant’Egidio e i 5Stelle. Questo nucleo d’acciaio sarà quello che comanderà sulla sinistra italiana”. Ma magari.




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26/01/2023
La nostra unica arma

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Sembra un secolo che ci siamo ritrovati in oltre 100 mila in piazza San Giovanni a Roma per un’iniziativa italiana sul cessate il fuoco e il negoziato in Ucraina. Invece era solo il 5 novembre. Speravamo che quella marea umana scalfisse il monolite della lobby delle armi che soffia sul fuoco attraverso i suoi camerieri infiltrati nei governi europei, compreso il nostro. Ma ci vuol altro per intaccarlo. A questo serve l’ossessiva e tragicomica caccia a giornalisti, spie, hacker, troll, influencer e hater putiniani che s’infilano pure nelle urne, ribaltando le elezioni dell’intero orbe terracqueo: a nascondere le asfissianti e scandalose ingerenze americane in Europa. Non solo in Italia dove, sotto il duo Draghi-Meloni, si obbedisce agli ordini yankee ancor prima di riceverli. Ma anche in Germania, dove il saggio cancelliere Scholz ha dovuto rinunciare alla saggia ministra della Difesa Christine Lambrecht perché osava difendere l’interesse nazionale ed europeo dalle pressioni Usa sui Leopard. Scholz ha resistito fino all’altroieri. Poi Biden, di nuovo in mano ai falchi, ha ignorato gli inviti alla prudenza del Pentagono e del generale Milley (anche lì le teste più lucide sono i militari) e annunciato l’invio di 21 Abrams per piegare Berlino, salvo poi precisare che – pur avendone migliaia in giro – quei 21 tank gli Usa devono ancora costruirli. Invece i Leopard tedeschi arrivano a marzo.

Quando si scoprirà che non bastano neppure quelli, l’escalation salirà ancora. Fino all’invio di truppe, che poi è l’unica mossa in grado di fare la differenza sul campo, dove la controffensiva ucraina s’è fermata e si attende quella russa. Sarebbe l’ufficializzazione della terza guerra mondiale che, nella dottrina militare di Mosca (ma anche della Nato), prevede l’atomica tattica. Qua e là, nei talk, le Sturmtruppen da divano già ne parlano: “Eh certo, se ci verrà chiesto anche questo sacrificio, dovremo pensarci…”. Non sanno, gli idioti, che una guerra atomica non ti dà neppure il tempo di telefonargli, alle truppe. Ma a questo siamo. Giorgia Meloni l’aveva detto il 26 ottobre alla Camera in un passaggio, da tutti sottovalutato, della sua replica prima della fiducia: “A una pace giusta non si arriva sventolando bandiere arcobaleno nelle manifestazioni… L’unica possibilità di favorire un negoziato nei conflitti è che ci sia un equilibrio tra le forze in campo”. Quindi, siccome la Russia possiede 5.977 testate nucleari e l’Ucraina zero, per garantire “l’equilibrio delle forze in campo” invieremo a Kiev anche 5.977 testate nucleari e fino ad allora non sosterremo alcun negoziato? In attesa di risposte, è l’ora di tornare in piazza a sventolare bandiere arcobaleno: l’unica arma che abbiamo contro questa banda di squilibrati.




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28/01/2023
Begli amici

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – L’abbiamo scritto e detto non so quante volte ai governanti e ai media dominanti: attenzione, a furia di dissanguarci con le auto-sanzioni, con invii di armi sempre più potenti e costose, con spese militari sempre più imponenti mentre le bollette e l’inflazione si impennano e si taglia sul Welfare, sulla scuola, sulla sanità, persino sul Reddito di cittadinanza agli ultimi fra gli ultimi, con una retorica bellicista totalmente stonata rispetto al comune sentire di un popolo pacifico e in gran parte pacifista, finirete per danneggiare coloro che dite di voler aiutare. E cioè il popolo ucraino, principale vittima di questa guerra per procura fra Russia e Nato. Perché lo sdegno per gli orrori bellici non dura in eterno, ben presto finisce e sfinisce. E cede il passo all’assuefazione per la contabilità dei morti, dei feriti, dei profughi e delle devastazioni, che diventano aridi numeri senza più carne né sangue né cuore. Dài e dài, quel momento, terribile ma inevitabile, è arrivato. E toccherà l’acme con l’ospitata di Zelensky alla serata finale di Sanremo, da lui chiesta a Bruno Vespa e prontamente concessa da Amadeus (non si sa se perché è più furbo o è più fesso) e da quei geni che guidano la Rai. Qualcuno spegnerà la tv, qualcuno non l’accenderà neppure, qualcuno ne approfitterà per andare al bagno in attesa del vincitore, qualcun altro guarderà il presidente ucraino in t-shirt verdeoliva e si domanderà che diavolo ci faccia in quel contesto di sorrisi, canzoni e c***oni, col terrore di vederselo spuntare l’indomani dall’oblò della lavatrice. Faceva quasi tenerezza l’altra sera il suo paraninfo Vespa che, affranto per l’ennesimo sondaggio sugli italiani contrari al riarmo dell’Italia e dell’Ucraina, domandava agli ospiti (tutti bellicisti, ci mancherebbe) perché il popolo bue si ostina a non capire quanto è bella la guerra, specie se atomica. E nessuno osava dirgli che gli basterebbe guardarsi allo specchio.

Poco dopo la Liberazione, Leo Longanesi progettava di fondare la sua casa editrice e, da gran conoscitore degli italiani, spiegò a Montanelli che si doveva partire con un’apologia di Mussolini: “Vedrai, da qui a tre mesi saremo sommersi di patacche sulla Resistenza. E da qui a un anno il pubblico comincerà, giustamente, a vomitarli. Voglio un’apologia del Duce coglione”. A furia di retorica resistenziale, spesso in bocca a chi era stato fascista fino al 24 luglio ’43 o addirittura al 24 aprile ’45, Longanesi sentiva avvicinarsi l’urlo Aridatece er Puzzone. Lo stesso effetto boomerang sortirà a lungo andare la petulante retorica zelenskiana, se i presunti amici degli ucraini non li aiuteranno a evitarla. Possibilmente prima che qualcuno organizzi una manifestazione per inviare le armi a Putin. E riempia la piazza.




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