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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l"editoria di Marco Travaglio

13 febbraio 2023

L’Ideologo. “Se mi manderanno via, sarà per le mie idee” (Amadeus, 12.2). Sì, ma quali?

Smemorina. “Il referendum sull’autonomia è stato votato dal 96% dei lombardi nel 2017. Bisogna rispettare la volontà dei lombardi e portare a casa l’autonomia. Fontana e Salvini dov’erano in questi 5 anni?” (Letizia Moratti, candidata Azione-Iv a presidente della Lombardia, Twitter, 2.2). In giunta con te.

Buri(o)ni. “Il plurale di ‘valigia’ è ‘valige’ e non ‘valigie’. Ma non ce n’è uno di voi che non sia stato bocciato alle elementari?” (Roberto Burioni, Twitter, 31.1). Ha parlato quello bocciato all’asilo.

Lady Etruria. “Ricevo insulti antisemiti per il mio naso. Il naso è senza dubbio una parte importante del mio corpo. E da quando mi sono candidata è diventato due cose insieme: prima un simbolo. E subito dopo un bersaglio. Ma la cosa più folle è il dibattito sul mio naso. Perché non è un ‘naso ebreo Schlein’ che ho ereditato da mio padre, come scrivono i razzisti nella rete. È un naso tipicamente etrusco” (Elly Schlein, candidata a segretaria Pd, 3.2). Strano: la Boschi ce l’ha diverso.

Il Lecca-Presta. “Benigni e il mite presentatore eroi della Nuova Resistenza nell’era della politica fragile” (Francesco Merlo, Repubblica, 9.2). “Lucio Presta ha fatto un lavoro efficace e vincente. E magari gli stessi che applaudono le imbarazzanti finzioni autocelebrative di Call my agent ora fischiano i successi del vero agent” (Merlo, ibidem, 9.2). Ma va a ciapà i ratt.

Lo chiamavano Editto. “Dal Festival alle urne. La verità di Berlusconi: ‘All’Ariston provocazioni di parte, ma no a censure’” (Giornale, 12.2). Non sarebbero da lui.

Allergie di stagione. “Io allergica alla Germania? Francamente non ne ho memoria, non so quando avrei detto questa cosa” (Giorgia Meloni, FdI, presidente del Consiglio, 3.2.) “Sono allergica alla Germania anche sui libri” (Giorgia Meloni, leader FdI, intervista a Libero, 1.4.2019).

Com’è umano, lui. “Mario Moretti, l’uomo che uccise Moro, fa il volontario in una Rsa: ‘È sempre molto gentile’” (Messaggero, 11.2). Saluta sempre.

Verdi, ma a strisce. “No agli inceneritori. Su quello di Roma deciderà Gualtieri” (Angelo Bonelli, segretario dei Verdi, Repubblica, 11.2). No all’inceneritore, ma anche sì.

AstraRenzeca. “Firenze, il circolo di Renzi ora vota in massa per Schlein” (Repubblica, 6.2). Questo si che è un vero vaccino.

La Stratega. “La disastrata armata russa si ritira da Kherson, gli ucraini escono in strada a festeggiare e uno pensa ah, vedi. Allora non era vero quel che diceva il superesperto conteso da tutti i programmi tv, il perfettamente sicuro professor Orsini: ‘Si prospetta un bagno di sangue, i russi intendono fare un massacro, intendono combattere per mantenere Kherson’. Uno… dice pensa, si era sbagliato. Vedrai che la prossima volta si corregge, oppure non lo invitano più#768;, perchè che esperto sei se le analisi e le previsioni le sbagli tutte” (Concita De Gregorio, Repubblica, 13.11.2022). “Il supplizio senza fine di Kherson dalla liberazione alla prima linea. Dopo otto mesi di controllo russo la città poteva tornare a vivere, ma è sotto raid costanti. Ogni giorno almeno 150 persone scappano a Ovest per mettersi al sicuro: ne sono rimaste 50mila” (Stampa, 7.2). Allora era vero quel che diceva il superesperto conteso da tutti i programmi tv, il perfettamente sicuro professor Orsini. Vedrai che la prossima volta Concita De Gregorio si corregge, oppure non la invitano più, perché che esperta sei se le analisi e le previsioni le sbagli tutte.

Ha stato Putin. “Hacker russi all’attacco, anche l’Italia nel mirino”, “Così’ il Cremlino risponde con i pirati informatici di Killnet ai tank occidentali” (Repubblica, 5.2). “Attacco hacker, l’ombra dei russi. Cyber assalto globale. Ma Mosca inviata sul web una list di obiettivi da colpire in tutto l’Occidente”, “Il patto segreto tra Cremlino e hacker: ‘Liberi di agire se colpite l’Occidente’”’ (Stampa, 6.2). “L’attacco cyber ha fallito. E non arriva da un Paese ostile” (Giornale, 7.2). “Macchè Putin, l’attacco ai server è opera di professionisti del settore. Obiettivo della gang: fare soldi” (Verità, 7.2). E pazienza, dài, sarà per la prossima volta.

Il titolo della settimana/1. “L’influencer della libertà. A Bruxelles, un grande Zelensky celebra la forza dello stile di vita europeo e ricorda quanto sarebbe costoso non combattere per difendere la società aperta” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 10.2). Quella che mette fuorilegge gli undici partiti di opposizione.

Il titolo della settimana/2. “Il Pd in manette”, “Mazzetta democratica”, “Il dem Cozzolino finisce in galera” (Libero, 11.2). “Manette in casa Pd. Lo scandalo mazzette devasta la sinistra” (Giornale, 11.2). Dai giornali garantisti è tutto, linea ai giustizialisti.

Il titolo della settimana/3. “’Padre nostro è maschilista’. I vescovi inglesi propongono di riscrivere la preghiera’. L’idea degli anglicani: renderla di genere neutro” (Repubblica, 9.2). Per par condicio, si potrebbe aggiungergli il detto tipicamente femminista “La mamma dei cretini è sempre incinta”.

IL Fatto Quotidiano
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14/02/2023
Mortatti

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – I risultati delle Regionali erano purtroppo scontati. Le tre destre al governo, malgrado i disastri dei primi 120 giorni, vanno ancora di moda e ci vorrà del tempo prima che i loro elettori ammettano davanti a se stessi di essersi fatti fregare. Dall’altra, in mancanza del famoso campo largo, c’è il campo di Agramante dove tutti litigano su tutto. Ma i numeri dicono che oggi neppure l’impossibile alleanza M5S-Pd-Azione/Iv&C. avrebbe potuto battere Fontana e Rocca, che superano il 50% dei votanti. Ci sarebbe poi il Primo Polo, il 60% di astenuti, che non sanno più come esprimere il loro schifo. Ma anche stavolta, dopo un paio di giorni di frasi fatte, se ne fregheranno tutti, ben felici che a votare vada solo chi controllano loro. Quanto ai voti di lista, anche quelli seguono il copione: la Meloni vampirizza Lega e FI, ma Salvini in Lombardia non crolla sotto il 10%, anche se le cede il primato. E deve ringraziare: senza l’effetto-Giorgia, quella catastrofe ambulante di Fontana difficilmente sarebbe ancora lì. Nel Lazio invece nessun trompe l’oeil ha potuto mascherare gli scarsi risultati della giunta Zingaretti, discreta sulla pandemia ma disastrosa su ambiente, rifiuti, sanità e nomine: così il Pd perde il Lazio dopo otto anni. I 5Stelle confermano di andar peggio alle Regionali che alle Politiche, dove i voti di opinione contano più di quelli controllati e un leader popolare come Conte fa la differenza.

Due parole di conforto per Letizia Moratti e chi la spacciava per la carta vincente contro Fontana. Quando, a novembre, Ollio&Ollio la soffiarono astutamente alla destra con cui aveva governato fino a quel giorno come vicepresidente e assessora alla Sanità, facendo un gran favore alla destra che non sapeva dove metterla, un coro di tromboni e trombette iniziò a molestare il Pd perché la imbarcasse su due piedi: era l’asso nella manica per battere la destra con l’omeopatia. Salvati: “Al Pd serve Moratti”. Marcucci: “Con Letizia si vince”. Pinotti: “Va valutata, sennò rischiamo di perdere”. Morani: “Con lei il Pd può disarticolare il centrodestra”. Letizia Bricchetto Arnaboldi Cazzaniga Ajroldi in Moratti Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare fu poi adottata dai migliori portafortuna su piazza: il rag. Cerasa (“L’opzione Moratti per il Pd”), Polito el Drito (“Non c’è nessuna ragione per condannarla come voltagabbana”), De Benedetti (“Il Pd non sia schizzinoso e appoggi Moratti. Se prende la Lombardia, cade il governo”) e Cappellini di Rep (“Il Pd non deve vergognarsi a fare un patto con Moratti”). Risultato: alle Politiche del 25 settembre Azione e Iv fecero il 10% in Lombardia; alle Regionali la Moratti, sostenuta anche da +Europa, fa il 9%. Ma forse fanno ancora in tempo a candidarla alle primarie del Pd.




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15/02/2023
Di destra sarà lei

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – L’ultima fesseria è che “l’Italia è sempre stata di destra”. Lo ripetono quelli di destra, affinché l’opposizione si rassegni, e quelli di sinistra che poi danno la colpa a Conte perché non si allea col Pd (che ha scomunicato Conte dando retta a quelli che vogliono Conte suo alleato, ma solo il giorno delle elezioni): ma se l’Italia è di destra, cosa cambia se gli altri si alleano o si dividono? La verità è che negli ultimi 30 anni la maggioranza ha votato quasi sempre contro le destre, che infatti non hanno mai superato il 50%, neppure quando stravincevano le elezioni (2001 e 2008). Vediamo i voti proporzionali alla Camera. 1994: Polo B.-Fini-Bossi-Casini 42,8%, Progressisti 34,3 e Patto Segni-Ppi 15,7. 1996: Ulivo 43,3, Polo 42, Lega 10. 2001: Casa delle Libertà 49,5 e Ulivo 35,4 (ma con Rifondazione e Idv separate al 5 e al 3,8). 2006: Unione 49,8 e Cdl 49,7. 2008: Popolo delle Libertà+Lega 46,8, Pd-Idv 37,5, Udc 5,6 e Sinistra Arcobaleno 3,1. 2013: Pd-Sel 29,5, Destre 29,1, 5Stelle 25,5 e Centro Monti-Fini-Casini 10,5 (senza contare il 2,2 di Rivoluzione civile). 2018: Destre 37, 5Stelle 32,6, Pd-Più Europa 22,8 (senza contare il 3,3 di LeU). 2022: Destre 43,7, Progressisti 26,1, 5Stelle 15,4 e Azione-Iv 7,9.

Ricapitolando: nel 1994 B. andò al governo sebbene i votanti che non lo volevano fossero più di quanti lo volevano, infatti non ebbe la maggioranza in Senato e dovette fare shopping fra i centristi; nel 2001 tornò con la maggioranza relativa (ma non assoluta) dei votanti; nel 2008 fece il terzo governo con metà dei votanti pro e metà contro; ora la Meloni governa contro la maggioranza dei votanti, che le ha preferito i tre poli d’opposizione. Nell’ultimo decennio, con l’avvento dei 5Stelle, la destra è sempre stata lontanissima anche dalla maggioranza relativa. Ma la scelta degli elettori s’è spostata dal finto asse destra-sinistra al vero asse nuovo-vecchio. Nel 2013, se il Pd di Bersani avesse accettato la proposta di Grillo “Votiamo Rodotà al Quirinale e governiamo insieme”, l’alleanza giallo-rosa ante litteram avrebbe unito M5S (25,5), Pd (25,4) e Sel (3,2): il 54,1% dei votanti. E ci avrebbe risparmiato il governo Letta con B., quattro anni di renzismo e altre catastrofi. Invece Napolitano si fece rieleggere per stoppare Rodotà, mandare all’opposizione i vincitori e al governo gli sconfitti. La scena si ripeté nel 2018, quando Renzi respinse la proposta di Di Maio di unire il primo, il secondo e il sesto partito (M5S 32,6, Pd 18,8, LeU 3,3), cioè il 54,7 dei votanti, contro le destre arrivate terza, quarta e quinta (Lega 17,3, FI 14, FdI 4,3). L’accordo arrivò nel 2019 col Conte-2 e funzionò così bene che Renzi lo abbatté. Casomai qualcuno non avesse ancora capito perché governa la destra.




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APPROFITTIAMONE

l'editoriale di Marco Travaglio

16 febbraio 2023

Indignarsi perché un potente viene assolto per aver fatto cose che, anche divise per un milione, porterebbero chiunque altro all’ergastolo, ormai è inutile. Trent’anni e più di controriforme della giustizia hanno trasformato i Codici in un inesauribile catalogo di cavilli per avvocati azzeccagarbugli, ma anche per giudici del quieto vivere e delle carte a posto: quelli che prima decidono di assolvere il colpevole, poi si arrampicano sugli specchi per cercare uno straccio di motivazione. Un tempo non l’avrebbero trovata, ora hanno l’imbarazzo della scelta. La storia dei processi a B. è una collezione di perle: tutti pezzi unici. Previti, avvocato di B., compra con soldi di B. il giudice della sentenza su Mondadori, che passa da De Benedetti a B.: Previti e il giudice condannati, B. prescritto perché il suo è un reato minore (è solo il mandante). F*******t di B. paga quattro mazzette alla Finanza perché non scopra le frodi di B.: condannati i finanzieri e il fratello Paolo, B. assolto. B. paga 600 mila dollari a Mills che deve testimoniare contro di lui in due processi, poi Mills scrive al suo commercialista il perché: “La mia testimonianza ha tenuto Mr. B. fuori da un mare di guai in cui l’avrei gettato se avessi detto tutto quel che sapevo” sulle società estere usate per frodare il fisco: Mills condannato in primo e secondo grado e prescritto in Cassazione, B. prescritto subito da una giudice che scrive di non poterlo condannare comunque perché la lettera-confessione di Mills su B. vale per Mills, ma non per B.. Quindi Mills va condannato per essere stato corrotto da B., ma B. non va condannato per avere corrotto Mills.

Il tutto, al netto delle 7 prescrizioni perché B. ne ha dimezzato i termini e delle 3 assoluzioni per falso in bilancio perché lui l’ha depenalizzato. Ora la comica finale. Il Codice penale vieta all’imputato di
pagare sia i testimoni sia i coimputati che possono inguaiarlo, ci sono montagne di prove che B. ha pagato 28 testimoni che potevano (e spesso minacciavano di) inguaiarlo dicendo la verità sul caso Ruby, e il Tribunale che fa? Lo assolve con tutte le testimoni prezzolate, perché queste non andavano sentite con l’obbligo di rispondere e dire la verità: bisognava indagarle come sue coimputate e interrogarle col diritto di tacere o mentire (in Italia mentire alla Giustizia è un diritto, nei Paesi civili è un crimine). E pazienza se è pure vietato pagare i coimputati perché mentano. E pazienza se 2 gup, 3 giudici d’appello e 9 giudici delle sezioni unite di Cassazione avevano stabilito il contrario. Perciò indignarsi è inutile. Meglio approfittarne: se delinquere e poi pagare testimoni e complici per fregare i giudici non è più reato, diamoci da fare. Poi, se ci beccano, diciamo che ci manda Silvio.

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17/02/2023
La striscia di bava

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La festosa voluttà con cui nove decimi della stampa celebrano l’assoluzione di B. e dei suoi 28 falsi testimoni prezzolati, raccontando che le prove erano inventate e non era successo niente, è l’ennesimo tradimento di una professione molto più sp*****ata della prostituzione. Ma è anche umanamente comprensibile: per 40 anni il delinquente incallito e impunito non solo ha violato buona parte del Codice penale, ma ha pure comprato mezza Italia per nascondere i suoi delitti: giudici, finanzieri, complici, testimoni, politici, dirigenti tv, giornalisti, intellettuali. Un po’ perché si prendessero le colpe e le condanne al posto suo senza fiatare, un po’ perché coprissero le sue vergogne coprendosi di vergogna. Un asservimento di massa che fece dire a Corrado Guzzanti nei panni di Rutelli: “L’Italia non è né di destra né di sinistra: è di Berlusconi!”. I casi Ruby, D’Addario e Letizia furono un salto di qualità rispetto a quelli di mafia, corruzione, frode fiscale, falso in bilancio ecc.: perché scandalizzavano anche i benpensanti, piuttosto corrivi sui delitti dei colletti bianchi, ma atterriti al pensiero di una figlia nelle orge di Hardcore. Infatti lui, che aveva depenalizzato il falso in bilancio, si guardò bene dal toccare la prostituzione minorile, le cui pene il suo governo aveva aumentato. Così la tariffa degli scudi umani aumentò, perché le scemenze che dovevano inventarsi per giustificare il p*****aio sfondavano il muro del ridicolo. Dicevano che lui non sapeva della minore età di Ruby (infatti chiamò la Questura per farla rilasciare inviando la Minetti come affidataria, figura richiesta solo per i minori; e frequentò Noemi fino alla festa dei 18 anni). Ripetevano che “lo processano perché scopa”, come se le accuse non fossero la concussione al dirigente di Questura (per evitare un “incidente diplomatico con Mubarak”, lo zio egiziano della marocchina), la prostituzione minorile e i conclamati pagamenti ai testimoni per le straprovate menzogne ai pm. Inventarono un’improbabile “fidanzata di Silvio” per garantire che un monogamo impenitente come lui non poteva fare orge. Sallusti paragonò lui e Ruby a Kennedy e Marilyn, nota escort minorenne presa per strada. Sgarbi azzardò analogie con “Mozart, Giorgione, Tiziano, Bosch, Teddy Reno (con Rita Pavone, ndr) e Walter Block” (autore non a caso di Difendere l’indifendibile). Il Giornale svelò che la Boccassini da giovane era fidanzata con un cronista, quindi un’Olgettina ante litteram. Ancora l’altroieri Vespa delirava su inesistenti abusi nelle intercettazioni, guadagnandosi la sua nuova striscia (di bava) su Rai1. Ora gli scudi umani credono di essere stati assolti anche loro. Non sanno che in Italia tutto passa, persino i delitti. Ma il ridicolo resta.




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18/02/2023
Il Calvario del Caimano

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Breve riepilogo del lungo, interminabile Calvario giudiziario del Caimano.

19.11.2015. Caso Ruby-ter: la Procura di Milano chiede il rinvio a giudizio di B. e altri 30 imputati per corruzione giudiziaria.

29.4.2016. Il gup accoglie le istanze della difesa di B. e spezzetta il processo in 7 tronconi in altrettanti tribunali che, a parte Milano, ripartiranno dalle indagini preliminari: Monza, Torino, Treviso, Siena, Roma e Pescara. Ma i tribunali di Monza, Torino, Treviso e Pescara si dichiarano incompetenti e rimandano gli atti a Milano.

4.2.2019. B. si candida alle Europee di maggio e ottiene la sospensione di tutti i processi.

1.3. Imane Fadil, teste-chiave, muore in circostanze misteriose dopo un’atroce agonia. I pm indagano per avvelenamento. Una perizia stabilirà che l’ha uccisa una rarissima aplasia midollare.

15.4. Marysthell Polanco, altra teste-chiave, annuncia: “Può darsi che la mia versione ai giudici sarà diversa da quella del Ruby-bis, adesso ho dei figli e voglio dire la verità. Magari la mia posizione non è tanto diversa da quella di Imane Fadil…”.

10.6. Eletto B. al Parlamento europeo (nei primi 18 mesi sarà il più assenteista, con quasi 1.700 votazioni, più del leader greco di Alba Dorata, che però è in carcere), riprende a Milano il Ruby-ter, iniziato da oltre due anni. Ma subito i giudici rinviano al 1° luglio.

28.10. Drammatica testimonianza di Chiara Danese: “Le ragazze si travestivano e facevano spogliarelli al palo della lap dance, simulavano rapporti orali con la statuetta di Priapo, baciavano in bocca Berlusconi chiamandolo ‘papi’… la Minetti ballava attorno al palo, si spogliò tutta e poi si fece baciare i seni da lui… Berlusconi mi ha messo le mani addosso. Ci ha chiesto ‘Siete pronte per il bunga-bunga?’. Poi, mentre ci accompagnava giù, ci toccava dietro, a me e ad Ambra Battilana. Io avevo paura. Ho subìto una violenza psicologica e fisica, poi ho sofferto di depressione e anoressia, sono ancora in cura e prendo farmaci. Questa situazione mi ha rovinato la vita, non potevo più uscire di casa, il mio nome era finito su tutti i giornali, ora ho ricominciato a studiare per trovarmi un lavoro… Sono stata minacciata da persone che conoscevano quel che era successo a favore di personaggi che fanno parte di questo processo: ‘Stai attenta, guardati le spalle’…”.

13.2.2020. Al Ruby-ter di Siena, il pm conclude la requisitoria e chiede di condannare B. a 4 anni e 2 mesi e il suo pianista Danilo Mariani a 4 anni e 6 mesi. Tutto è pronto per la sentenza, ma B. ferma i giudici chiedendo di rendere spontanee dichiarazioni in aula. Non si presenterà mai, facendo slittare la sentenza per 20 mesi con ogni sorta di (il)legittimo impedimento e certificato medico.

9.3.2020. Conte annuncia il lockdown. B vola in Provenza, nella villa della figlia Marina, con la fidanzata on. Marta Fascina. I suoi processi, come tutti, sono rinviati sine die.

4.9. Rientrato da un mese, B. è ricoverato per Covid al San Raffaele. Sarà dimesso 11 giorni dopo.

28.9. Ancora in quarantena, B. ottiene il rinvio del Ruby-ter milanese al 19 ottobre e quello senese al 25 novembre.

7.10. Miracolosamente guarito, partecipa alle nozze del figlio Luigi, poi vola in Francia.

19.10. Di nuovo malatissimo, ottiene il rinvio del Ruby-ter milanese al 16 novembre.

30.11. Ruby-ter milanese: la difesa B. chiede di riformulare il capo d’imputazione perché due ville concesse in uso gratuito da B. alle testi Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli valgono non 900 mila euro ciascuna (come sostenuto dai pm), ma 1,1 milioni. Il Tribunale accetta e rinvia l’udienza.

15.12. B. ha “seri problemi cardiologici”: Ruby-ter romano rinviato al maggio 2021.

21.12. Rinviato al 2021 anche il milanese perché la difesa obietta che dalla notifica del nuovo capo d’imputazione sono trascorsi 19 giorni, non 20.

14.1.2021. B. è atteso a Siena per la dichiarazione spontanea chiesta da lui, ma non c’è: da tre giorni è ricoverato a Montecarlo per una “grave aritmia cardiaca”. Legittimo impedimento per tutti i processi.

15.1. La grave aritmia è già finita: B. viene dimesso.

27.1. Dimesso da 12 giorni, B. necessita di “riposo domiciliare assoluto per 15 giorni dal 19 gennaio”: lo dice il suo avvocato, esibendo un certificato del prof. Zangrillo. Ruby-ter milanese rinviato al 24 marzo.

9.2. Prodigiosamente guarito, B. vola a Roma per le consultazioni di Draghi che lo riporta al governo. Sorrisi e “gomitini”. Mario: “Grazie per essere venuto”. Silvio: “Ti sei preso una bella gatta da pelare”.

18.2. Più in forma che mai, B. visita i giocatori del Monza.

27.2. Assiste in tribuna al match Monza-Cittadella.

11.5. Il Ruby-ter a Siena sta per ripartire e B. si risente male: rientra al San Raffaele per “gli strascichi del Covid” e i suoi legali, certificato di Zangrillo alla mano, chiedono due mesi di legittimo impedimento.

13.5. Il Tribunale di Siena si arrende. Stralcia la corruzione giudiziaria per B. e Mariani, rinviandola a un nuovo processo che inizierà il 21 ottobre. E condanna Mariani a 2 anni per falsa testimonianza per aver negato i bunga-bunga: i 289 mila euro versati da B. nel 2006-2009 sono “un movente più che consistente, quasi scontato, per dichiarare il falso sui… rapporti sessuali dallo stesso consumati, con giovanissime donne, perciò stesso retribuite”.




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L’AUTO-CALVARIO

l'editoriale di Marco Travaglio

19 febbraio 2023

25.5.2021. Al Ruby-ter romano la difesa assicura che B. “è assolutamente impedito a comparire” per la salute “altamente compromessa con un generale peggioramento del quadro clinico”. Dopo Siena, anche Roma capitola: stralcia la corruzione giudiziaria di B. e Apicella, rinviata a nuovo processo dal 2 novembre, e procede contro il cantante per falsa testimonianza.

26.5. B. ora soffre di “long Covid”: dopo 4 udienze a vuoto, anche il Ruby-ter milanese slitta all’8 settembre.

Giugno. Il long Covid si accorcia e B. torna in gran forma per la campagna delle Comunali: raffica di interventi telefonici per i candidati di FI.

Luglio. Si trasferisce con la Fascina a Villa Certosa, dove riceve in un mese: Galliani per la finale degli Europei di calcio, il portiere Donnarumma, la Meloni, La Russa (“Silvio si è messo a guidare la macchinetta elettrica come un pazzo per portarci in giro nel parco, prendendo le curve come un pilota di Formula 1”), Ibrahimovic, Salvini, Casini e Malagò.

26.8. La ripresa dei processi si avvicina e B. si risente male al cuore: ricoverato due volte in dieci giorni al San Raffaele.

8.9. Al processo di Milano, fermo da tre mesi e mezzo, i legali depositano una corposa documentazione medica che lo descrive come una larva umana con gravissimi problemi fisico-psichico-sanitari e bisognosa di lungo “riposo assoluto” per fibrillazioni atriali e altro. I pm stavolta si oppongono: “Abbiamo visto l’imputato scorrazzare in kart in Sardegna con altri leader. Le sue patologie sono compatibili con la vecchiaia. Se non avesse un pool di avvocati e medici di alto livello, sarebbe a processo”. Il Tribunale dispone una perizia medico-legale per stabilire le sue reali condizioni psico-fisiche e intanto rinvia il processo.

16.9. B. scrive al Tribunale: “La perizia psichiatrica è lesiva della mia storia e onorabilità”, “dimostra un pregiudizio nei miei confronti e ben mi fa comprendere quale sarà l’esito di questo ingiusto processo… Si proceda in mia assenza”. Niente più perizia né impedimenti.

6.10. Parla Barbara Guerra: “Cene eleganti? Mi viene da ridere, non scherziamo. Silvio ci ha rovinato la vita”. E Alessandra Sorcinelli: “Dirò ai giudici la verità sulle feste ad Arcore”.

20.10. La Guerra rivela ai giudici: “Il giorno dopo la mia presenza in aula, Silvio mi ha telefonato per invitarmi ad Arcore e ho rifiutato: i suoi toni non erano molto amichevoli”. E la Sorcinelli: “Ha chiamato anche me, ma non ho risposto. Io sono piccola rispetto a un uomo così potente: ho un po’ di paura”. B. fa sapere che potrebbe farsi interrogare “tenendo conto della salute”. Intanto si candida a presidente della Repubblica.

21.10. Dopo 20 mesi di rinvii per 8 legittimi impedimenti, i giudici del Ruby-ter senese entrano in camera di consiglio. I legali di B. tentano di bloccarli chiedendo di sentire altri testi e annunciando la ricusazione dell’intero collegio. Ma il Tribunale respinge la richiesta e – sorpresa! – assolve dalla corruzione giudiziaria B. e il pianista Mariani (condannato dall’altro collegio per falsa testimonianza): i 289 mila dollari versati da B. erano frutto di “un consolidato rapporto di natura professionale” con “venature di sostegno ‘amicale’… L’esistenza di tale mendace testimonianza non è univocamente indicativa dell’esistenza di un accordo corruttivo”. B. pagava il falso teste Mariani perché suonava bene (e non cantava).

3.11. Il Tribunale di Milano, contraddicendo altri 14 giudici, accoglie l’istanza presentata nel 2019 dai legali di B. e dichiara inutilizzabili le dichiarazioni rese nei Ruby 1 e 2 da 18 Olgettine sentite come testimoni e non come indagate. Così evaporano le false testimonianze ed è in pericolo la corruzione giudiziaria.

12.11. La Polanco, che aveva promesso di vuotare il sacco, annuncia che tacerà: perché confessare una falsa testimonianza ormai svanita?

1.12. Anche la Guerra e la Sorcinelli si cuciono la bocca: nessuna dichiarazione spontanea sulle orge e i soldi di B..

14.1.2022. Salvini e Meloni candidano B. alla Presidenza della Repubblica perché è “la figura adatta a ricoprire l’Alta Carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita”. Poi purtroppo viene rieletto il meno autorevole Mattarella.

21.3. B. e Fascina si sposano per finta a Villa Gernetto.

17.11. Il Tribunale di Roma dichiara prescritta la falsa testimonianza di Apicella e assolve sia lui sia B. dalla corruzione giudiziaria. Motivo: il cantante ha reso “mendace testimonianza” parlando di “‘cene normalissime’, prive di qualsivoglia connotazione sessuale”, ma i soldi che gli ha dato B. (500 mila euro, più due prestiti fruttiferi da 40 e 100 mila, più una casa da 280 mila, più uno stipendio mensile da 3.100 fino al 2016), “pur destando più che un sospetto sull’esistenza di un tacito e implicito ‘patto’ tra gli imputati”, non bastano a dimostrare “un accordo corruttivo”, visto il “rapporto personale di lunga data… connotato da plurimi ‘favoritismi’ da Berlusconi… alla stregua di un inossidabile patto di solidarietà”.

15.2.2023. Il Tribunale di Milano assolve B. e i 28 coimputati del Ruby-ter perché i falsi testimoni prezzolati non erano stati sentiti come coimputati col diritto di tacere e mentire. Tutti i suoi cari, in famiglia, in Parlamento e sui media, esultano per “la fine del lungo calvario giudiziario”. Non fa un po’ di pena anche a voi?

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20/02/2023
Ma mi faccia il piacere

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Che fai, Ruby? “Lui (Silvio Berlusconi, ndr) può fare tutto, lui è Gesù”. “Noemi è la sua pupilla. Io sono il suo c**o”. “Finché ci sta lui, io mangio”. “Gli ho detto: io posso passare per pazza, per prostituta, per quello che vuoi, basta che ottenga qualcosa” (Karima el Marough “Ruby” intercettata al telefono, settembre-ottobre 2010). “Non sono una prostituta, mai ricevuto milioni di euro, mai avuto la sensazione di essere vista come un pezzo di carne dal presidente Silvio Berlusconi” (Karina el Marough “Ruby” presenta il suo libro, 16.2). Prima e dopo la cura.

Saldamente. “Il Pd rimane saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione” (Enrico Letta, segretario Pd, Twitter, 13.2). Abbiamo perso, però saldamente: vuoi mettere.

Lo strafatto. “I fatti. I nostri due candidati in Lombardia e Lazio ottengono più voti delle scorse regionali. Le nostre liste, oltre il 20%, prendono più delle politiche. Il Pd la sua parte l’ha fatta. M5S e Terzo Polo non hanno voluto coalizzarsi, dimezzano i voti e se la prendono con noi” (Letta, ibidem). Infatti in Lombardia e Lazio il Pd perde 370mila e 230mila voti dalle Regionali del 2018 e 330mila e 210mila voti dalle Politiche del 2022.

A-lesso Trombato. “È esclusa un’alleanza con i 5Stelle. Sono molto realista e pragmatico. Oggi presentiamo un programma unito, una coalizione unita e ci presentiamo per vincere: questa narrazione che senza il M5S non si vince non la condivido perché già nel 2018 abbiamo vinto contro i 5Stelle e il centrodestra” (Alessio D’Amato, candidato Pd-Azione-Iv alla Regione Lazio, 11.1). “Sono i 5Stelle i veri sconfitti. La strategia di Conte è fallita: dovrà riflettere sulla sua scelta di non proseguire l’esperienza di governo che ci ha visti alleati. La colpa è stata di Conte” (D’Amato, 13.2). L’ex assessore alla Sanità ha bisogno di un medico.

Maledizione. “Hanno sbagliato gli elettori? Sì, non ho timore di dirlo. E’ la maledizione italiana: si vota per appartenenza. Sono di destra voto la destra, sono di sinistra voto la sinistra” (Carlo Calenda, leader Azione, Corriere della sera, 14.2). Ma va? Poi c’è Calenda che vota Calenda, forse.

Lezioni. “Non accetto lezioni di sinistra” (Stefano Bonaccini, presidente Emilia Romagna, candidato alla segreteria Pd, Corriere della sera, 15.2). E si vede.

Proposta. “Moratti resta fuori dal Consiglio: ‘Ma c’è spazio per una proposta’” (Corriere della sera, 14.2). Sì, di pensionamento.

Il cialtrone. “Il Superbonus? Una cialtronata dei 5Stelle che l’avevano letta sui blog dei complottisti senza alcun fondamento economico… Una delle numerose cialtronate che abbiamo dovuto subire in quegli anni” (Luigi Marattin, deputato Azione-Iv, Foglio, 18.2). Dev’essere per questo che Iv, incluso Marattin, le aveva votate.

La letterina. “In tutta onestà, Amadeus faceva meglio a non leggere… la lettera di Zelensky… alle 2,15 dopo l’esibizione di tutti i cantanti… per non esporre il Festival di Sanremo a una figuraccia internazionale” (Aldo Grasso, Corriere della sera, 13.2). In effetti, era proprio penosa.

Sanzo Pancha. “Il Fatto Quotidiano insulta Nobili per il suo aspetto fisico chiamandolo ‘il sottopanza di Iv’… Non c’è nessuno tra i giornalisti e i social che dica qualcosa a Travaglio?” (Maria Elena Boschi, capogruppo Iv alla Camera, Twitter, 15.2). Tipo estica**i, per esempio.

Giornale&bottega. “Auto elettrica, 12 anni di corsa a ostacoli”, “Sono a rischio 120mila posti. Dal governo nulla” (Repubblica, 16.2). “2035, stop alla benzina”, “La rivolta dell’automotive torinese: a rischio 17 miliardi e 60mila posti” (Stampa, 15.2). Atroce sospetto: ma Repubblica e Stampa non avranno mica qualcosa a che fare con l’industria dell’auto a benzina?

Slurp. “Una fuoriclasse… Certo, Giorgia Meloni ha fatto un discorso di destra. Impeccabile, tuttavia. Convinto, competente, appassionato, libero, sincero. Avercene, si dice a Roma: avercene a sinistra di presenze di questo calibro” (Concita De Gregorio, Repubblica, 26.10). “La destra vince con la fuoriclasse Giorgia” (Concita De Gregorio, Stampa, 16.2). “Mario Sechi nuovo portavoce di Giorgia Meloni, dalla direzione dell’Agi a Palazzo Chigi” (Giornale d’Italia, 19.2). Ma quella fuoriclasse di Concita niente?

Il titolo della settimana/1. “Alessandro Campi: ‘Io respinto dal Salone del Libro di Torino per i veti dei censori della sinistra’” (Libero, 17.2). Bella perdita.

Il titolo della settimana/2. “Ppe contro Berlusconi, no al summit: ‘Il sostegno a Kiev non è facoltativo’” (Corriere della sera, 18.2). Infatti è proprio vietato della Costituzione della Repubblica Italiana.

Il titolo della settimana/3. “Berlusconi e Zelensky. L’alleato imbarazzante” (Francesco Bei, Repubblica, 13.2). In effetti ‘sto Zelensky non si può più guardare.

Il titolo della settimana/4. “Il messaggio di Roma a Pechino: ‘E’ ora di fare pressioni su Mosca’. Tajani ha ricevuto l’inviato diplomatico di Xi, che oggi vede anche Mattarella’” (Corriere della sera, 17.2). Putin ha subito fatto testamento.




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21/02/2023
A Zelensky unificati

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Domenica il Tg1 intervistava in esclusiva Zelensky. Ieri il Corriere intervistava in esclusiva Zelensky. Invece Repubblica aveva un’intervista esclusiva a Zelensky uguale a quella del Corriere. Il Sole 24 ore, per distinguersi, aveva un’intervista esclusiva a Zelensky uguale a quelle di Corriere e Rep. Viceversa La Stampa aveva una sintesi delle interviste esclusive di Corriere, Rep e Sole degradate a “conferenza stampa”. Dal canto suo, il Messaggero aveva ampi stralci del verbo di Zelensky “ai giornalisti italiani”. Al contrario Libero aveva il meglio (si fa per dire) delle interviste di Tg1 e Corriere. Noi, non facendo parte del Giornale Unico, abbiamo come il sospetto che l’Intervista Unica l’abbiano letta in pochi, perché Zelensky ripete sempre tre concetti: “Armi, armi, armi”. Il che, per il presidente di un Paese che da 12 mesi si difende dalla brutale aggressione russa, è comprensibile. Ma non esime gli intervistatori dal dovere di porre domande: sennò basta Amadeus. E di cose da chiedergli, da amici e fornitori d’armi, dovremmo averne parecchie.

1) Come può pensare Zelensky di entrare nell’Ue tenendo fuorilegge gli 11 partiti di opposizione? 2) Nei giorni pari ci comunica che la Russia ha perso la guerra, ha finito missili e munizioni, le sue truppe sono in ritirata, Putin forse è già morto; e in quelli dispari annuncia che i russi sono pronti a sferrare una devastante offensiva con 3-500 mila nuovi soldati e un massiccio impiego di aviazione, ragion per cui Kiev necessita subito di tank, jet, sommergibili e no fly zone, altrimenti Putin stravince. Come stanno effettivamente le cose, anche alla luce delle stime del generale Usa Mark Milley, secondo cui l’Ucraina non può riconquistare le regioni occupate? 3) Perché Kiev vieta a 8 reporter italiani di fare il loro lavoro in Donbass? 4) Il Pentagono accusa il suo governo di aver ucciso a Mosca con un’autobomba Darya Dugina, figlia 29enne del filosofo putiniano: che c’entra quell’atto terroristico col diritto all’autodifesa? 5) Perché, pur sapendo per primo che il missile caduto in Polonia il 15 novembre era ucraino, ripeté per tre giorni che era russo anche dopo le smentite di Duda e Biden, incitando la Nato a scatenare la terza guerra mondiale? 6) In questi 12 mesi si è detto più volte pronto a negoziare con Putin un compromesso che escludesse la Crimea e includesse la neutralità dell’Ucraina e l’autonomia del Donbass; poi il 4 ottobre ha vietato per decreto ogni negoziato con Putin: chi o cosa gli ha fatto cambiare idea? E dopo quanti morti (siamo a 300 mila) deciderà di riparlarne? A queste domande leggeremmo volentieri le risposte. Ma abbiamo come il sospetto che le regole d’ingaggio prevedano solo interviste senza domande.




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22/02/2023
Superbonus e malafede

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Se questo ridicolo governo avesse un po’ di dignità, non dico che ringrazierebbe il Conte-2 per il Superbonus 110% che ci ha garantito due anni di crescita record malgrado il Covid, le politiche recessive di Draghi e le auto-sanzioni (come un anno fa ammise su Tpi l’attuale deputato FdI Tremonti: “La ripresa non è di breve durata ed è dovuta ai bonus del governo Conte”). Ma almeno tacerebbe. Invece non solo blocca i crediti agevolati dei bonus edilizi, tradendo l’impegno elettorale. Ma straparla di buchi di 110-120 miliardi mai registrati nelle ultime tre leggi di Bilancio e di fantomatici costi di 2 mila euro per italiano (che, se gli investimenti fossero costi, ammonterebbero a 80-90 euro). E si fa scudo dell’Ue, anche se Eurostat esclude che il Superbonus impatti sul debito e Von der Leyen lo elogiò in una lettera a Draghi, che naturalmente lo schifava ma si faceva bello del +6,6 di Pil nel 2021 e del +3,7 del 2022 come se fosse roba sua. La verità indicibile è che il 110% è un’idea geniale con un solo torto: è venuta al partito sbagliato, ergo va demolita. Alla lapidazione partecipa la presunta informazione: non solo quella di destra, che fino a ieri lodava il Superbonus perché lo lodavano le destre e ora lo massacra perché le destre lo cancellano; ma anche Rep, che titola su “frodi per 7,5 miliardi”, anche se l’articolo parla del “bonus facciate” di Gentiloni (ma sì, il commissario Ue) e Franceschini, le truffe sono meno della metà e riguardano il Superbonus solo per l’1%.

Pare passato un secolo da quando si teorizzava che un premier non deve attaccare le opposizioni, neppure se mentono. Era l’11 aprile 2022: in pieno lockdown, Meloni e Salvini accusarono Conte di avere “svenduto l’Italia” agli ordini “del diktat di Germania e Olanda” firmando nottetempo e di nascosto il Mes. Il premier replicò in conferenza stampa: “Il Mes esiste dal 2012, non è stato attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente hanno dichiarato Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre: guarda negli occhi gli italiani e parla con chiarezza. È una menzogna. Non abbiamo firmato alcuna attivazione del Mes, perché l’Italia non ne ha bisogno e lo ritiene inadeguato”. Salvini e Meloni insorsero come se Conte li avesse crivellati di colpi. Mentana disse: “Se le avessi conosciute in anticipo, non avrei mandato in onda quelle parole su Salvini e Meloni”. E Severgnini sul Corriere censurò l’“uscita inopportuna”. Oggi invece, sulle calunnie di Meloni & Giorgetti a Conte, tutti tacciono, anzi acconsentono. Quindi, se un premier sbugiarda le false accuse di due oppositori, è uno scandalo. Se una premier lancia false accuse a un oppositore, è cosa buona e giusta.




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23/02/2023
A sovranismo limitato

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il nostro grado di simpatia per B. è noto da qualche annetto. Quindi spersonalizziamo. Immaginiamo che il presidente dell’Ucraina, uno dei Paesi più corrotti e più poveri d’Europa (due fattori tutt’altro che scollegati) da ben prima che fosse attaccato dalla Russia, inviti a casa sua la premier di un governo che contribuisce, con aiuti finanziari e militari, a mantenerlo artificialmente in vita. E poi, violando ogni dovere di ospitalità e ogni regola di buona creanza, approfitti della conferenza stampa congiunta per insolentire un alleato della premier che ha il grave torto di non pensarla come lui. Qualunque altro premier interromperebbe la conferenza stampa, la visita e forse le relazioni diplomatiche, non prima di avere spiegato all’insolente collega come vanno le cose in una vera democrazia: ogni leader politico, come ogni cittadino, è libero di esprimere il proprio pensiero su guerra, pace, negoziati e ogni altro argomento a sua scelta anche se nessuno gli ha bombardato la casa, e nessun governo estero, alleato e non (e l’Ucraina è fra i non, visto che fortunatamente non fa ancora parte né dell’Ue né della Nato), ha il diritto di ficcare il naso. La cosa potrà apparire bizzarra a Zelensky, che mette fuorilegge gli undici partiti di opposizione, arresta il leader di quello principale, unifica le tv in un solo canale di propaganda (la sua), impedisce a otto reporter italiani di raccontare la guerra senza il suo permesso. Ma, per fortuna, l’Italia non è l’Ucraina, anche se da un anno sta violando la sua Costituzione per inviare armi al suo Paese raccontando che vuole favorire il negoziato Kiev-Mosca, che però Zelensky il 4 ottobre ha proibito per decreto.

Non che l’ingerenza zelenskiana negli affari interni italiani sia un caso isolato: le cancellerie Ue, Nato e Usa non fanno altro da tempo immemorabile. Ma almeno quelle ce le siamo scelte come alleate e ci tocca sopportarle. L’Ucraina no. Ed è a Kiev che servono i soldi e le armi di Roma, non viceversa. Quindi l’idea che Zelensky distribuisca pagelle e patenti di affidabilità a questo o quel Paese che si svena per Kiev è già ridicola. Ma ancor più ridicolo è che in Italia la cosiddetta informazione accusi quel leader che non nominiamo di screditare l’Italia nel mondo per aver espresso il suo pensiero, giusto o sbagliato non importa. In un Paese serio, a rimettere in riga l’ucraino, sarebbe già intervenuto il presidente della Repubblica, con le stesse parole con cui tappò la bocca alla ministra francese Boone che ci insegnava come votare il 25 settembre e minacciava di “vigilare” su di noi: “L’Italia sa badare a se stessa”. Invece purtroppo Mattarella tace. E tace anche la Meloni, mostrando vieppiù com’è il suo “sovranismo”: a sovranità limitata.




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24/02/2023
Scemi di guerra

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Da oggi è nelle edicole e nelle librerie il mio nuovo libro “Scemi di guerra. La tragedia dell’Ucraina, la farsa dell’Italia: un Paese pacifista preso in ostaggio dai NoPax” (ed. PaperFirst). Vi anticipo un’ampia sintesi della mia introduzione.

“Mi piacciono gli italiani”, diceva Winston Churchill: “Vanno alla guerra come se fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come se fosse la guerra”. Infatti, da quando un anno fa la Russia dell’autocrate criminale Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina, abbiamo trasformato quella tragedia in una farsa. Con un dibattito politico-giornalistico da bar sport, umiliante, primitivo, cavernicolo, ridicolo: tutto slogan, grugniti e clave. Fino al giorno prima eravamo tutti virologi ed epidemiologi, poi siamo diventati tutti strateghi esperti di geopolitica e questioni militari…

Ma gli scemi di guerra non sono soltanto i foreign fighter da salotto che ogni sera, nei talk show, fanno il presentat’arm in soggiorno e marciano in assetto di guerra sul divano con l’elmetto di cartapesta sulle ventitré: quelli semmai sono i furbi di guerra, perché ci guadagnano sempre. Gli scemi di guerra siamo tutti noi cittadini italiani ed europei che, a parte rare eccezioni (come la manifestazione del 5 novembre 2022 in piazza San Giovanni a Roma), non ci siamo ancora ribellati a questa propaganda, sempre più tragicomica a mano a mano che i sondaggi fotografano la realtà: un Paese in gran parte pacifista tenuto in ostaggio da politici e opinionisti… No Pax. Tutti impegnati in una mission impossible: giustificare l’ingiustificabile per trascinarci in una guerra per procura, nata come conflitto regionale, che lorsignori hanno trasformato in conflitto mondiale al fianco di un Paese che non è nostro alleato né nell’Ue né nella Nato. Un Paese aggredito, certo, ma come centinaia di altri dal 1946 a oggi, ai quali non abbiamo mai inviato neppure un fucile a tappo. Anzi, gli altri aggrediti continuiamo a non aiutarli e ad abbandonarli: dai curdi bombardati dalla Turchia di Erdogan agli yemeniti massacrati dall’Arabia Saudita e dall’Iran. Il dovere della cobelligeranza incostituzionale vale solo per l’Ucraina. E solo perché ce lo ordinano gli Stati Uniti…

In questo anno abbiamo subìto, accettato e digerito di tutto. Si cita spesso la massima di Eschilo: “In guerra la verità è la prima vittima”. Magari fosse soltanto quella. Se in Russia è vietato parlare di guerra (chi lo fa si becca 15 anni di galera), in Italia è vietato parlare di pace (chi lo fa finisce alla gogna, linciato e lapidato sulla pubblica piazza). Perciò sono state abolite tutte le basi del discorso pubblico di una democrazia evoluta.

Abbiamo abolito la Costituzione, che all’articolo 11 “ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Siccome poi aggiunge che “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, i giureconsulti di regime l’hanno stiracchiata come la pelle delle palle per attribuire ai Padri costituenti l’intenzione di autorizzare, anzi di imporre invii di armi a Paesi in guerra purché “aggrediti”.

Tantopiù che l’articolo 52 prescrive come “dovere” la “difesa della patria”. A parte il fatto che ci vuole molta fantasia per vedere una “condizione di parità” fra Italia e Usa e una finalità di “assicurare la pace e la giustizia” nella continua escalation a base di armamenti sempre più devastanti, se avessero voluto dire questo i nostri Padri costituenti sarebbero stati affetti da schizofrenia: al comma 1 usavano il verbo “ripudiare” e al comma 2 lo contraddicevano, per imporre la cobelligeranza in tutti i conflitti dell’orbe terracqueo. Già, perché in ogni guerra che si rispetti c’è sempre un aggressore e un aggredito. Dunque l’Italia dovrebbe intervenire in tutte le guerre del pianeta. La verità è semplice come la lingua in cui è stata scritta la Costituzione. L’unica guerra giusta è quella per difendere la patria: la nostra, non quella degli altri, a meno che con gli altri non abbiamo stipulato trattati che ci vincolino al soccorso armato. E non è il caso dell’Ucraina.

Abbiamo abolito i valori della pace, del disarmo e dell’antifascismo. Ora pace e disarmo sono disvalori perché disturbano i “valori” atlantisti del riarmo e del bellicismo. Si esaltano le stragi, purché compiute dagli ucraini ai danni dei russi, e addirittura gli atti terroristici come l’assassinio di Darya Dugina, saltata in aria a Mosca a 29 anni soltanto perché era figlia di suo padre, filosofo nazionalista e putiniano. Si esaltano i neonazisti del battaglione Azov e delle altre milizie ucraine di estrema destra, con le SS e il sole nero stilizzati sulle bandiere e le svastiche tatuate sulla pelle. La svastica, se è ucraina, è chic: sfina.

Abbiamo abolito la geografia. Proibito mostrare la cartina dell’allargamento della Nato a Est negli ultimi 25 anni (da 16 a 30 membri). E chi la mostra muore, almeno professionalmente: Marc Innaro, storico corrispondente della Rai a Mosca, prima imbavagliato e poi trasferito al Cairo; il professor Alessandro Orsini censurato dalla sua università, la Luiss, e dal Messaggero, il suo ex giornale, poi linciato da tutti. Eppure, che la Nato si sia allargata a Est, accerchiando e assediando la Russia, minacciandone la sicurezza con installazioni di missili nucleari sempre più vicine al confine, in barba alle promesse fatte a Gorbaciov nel 1990, fino all’ultima provocazione di annunciare l’imminente ingresso nell’Alleanza dei vicini di casa della Russia – Georgia e Ucraina – è un fatto storico indiscutibile. Che non giustifica l’invasione, ma aiuta a spiegarla. L’ha detto anche quel pericoloso putiniano del Papa: “La Nato abbaiava alla porta di Putin”. L’altra cartina proibita è quella dei Paesi che non condannano o non sanzionano la Russia, o se ne restano neutrali: quasi tutta l’Asia, l’Africa e l’America Latina, cioè l’87% della popolazione mondiale. Ma al nostro piccolo mondo antico occidentale piace far credere che Putin è isolato e noi lo stiamo circondando. Sul fatto che Cina, India, Brasile e altri paesucoli stiano con lui o non stiano con noi, meglio sorvolare: altrimenti lo capiscono tutti che le sanzioni non funzionano.

Abbiamo abolito la storia. È vietato raccontare ciò che è accaduto in Ucraina prima del 24 febbraio 2022: gli otto anni di guerra civile in Donbass dopo il golpe bianco (anzi, nero) di Euromaidan nel 2014 e le migliaia di morti e feriti causati dai continui attacchi delle truppe di Kiev e delle milizie filo-naziste al seguito contro le popolazioni russofone e russofile che, col sostegno di Mosca, chiedevano l’indipendenza o almeno l’autonomia. Il tutto in barba ai due accordi di Minsk. La versione ufficiale, l’unica autorizzata, è che prima del 2022 non è successo niente: una mattina Putin s’è svegliato più pazzo del solito e ha invaso l’Ucraina. Se la gente scoprisse la verità, capirebbe che il mantra atlantista “Putin aggressore e Zelensky aggredito” vale solo dal 2022: prima, per otto anni, gli aggressori erano i governi di Kiev (l’ultimo, quello di Zelensky) e gli aggrediti i popoli del Donbass. Fra le vittime, c’è il giornalista italiano Andrea Rocchelli, ucciso dall’esercito ucraino. Un caso simile a quello di Giulio Regeni, che però nessuno conosce, perché “Andy” ha avuto il torto di farsi ammazzare dai killer sbagliati. Chiunque faccia un po’ di storia per “spiegare” la guerra e le sue cause viene scambiato per un putiniano che “giustifica” l’aggressore. Solo abolendo la storia si possono azzardare assurdi paragoni fra Putin e Hitler e fra Zelensky e Churchill, per farci credere che oggi, come nel 1938, un dittatore folle vuole impadronirsi dell’intera Europa. Ergo dobbiamo armare gli ucraini perché difendono anche noi: caduti loro, toccherebbe a noi. Solo abolendo la storia si può bestemmiare parlando di “nuova Shoah”, “nuovo Olocausto”, “nuova Auschwitz”, “genocidio”, “pulizia etnica” e via delirando… E si può raccontare che la Nato è un’“alleanza difensiva” (infatti, solo nell’ultimo quarto di secolo ha attaccato la Serbia, l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia che non ci avevano fatto un bel nulla) e “difende i valori della liberaldemocrazia” (infatti fra i suoi membri c’è la Turchia di Erdogan, che arresta gli oppositori, chiude i giornali e stermina i curdi). Solo abolendo la storia si può credere al presidente Sergio Mattarella quando ripete che “l’Ucraina è la prima guerra nel cuore dell’Europa nel dopoguerra”. E Belgrado bombardata anche dall’Italia nel 1999 dov’è, in Oceania? E chi era il vicepremier del governo D’Alema che bombardava Belgrado? Un certo Mattarella.

Abbiamo abolito l’economia. Altrimenti l’avrebbero capito tutti, guardando i precedenti dell’Italia fascista dopo l’avventura africana, e poi di Cuba, dell’Iran e della stessa Russia, che le sanzioni servono a poco e spesso danneggiano più i sanzionatori dei sanzionati, che peraltro tendono a stringersi attorno al loro regime (Mussolini, Castro, gli ayatollah e ora Putin). Invece il noto economista Draghi, il 31 maggio 2022, oracolava: “Il momento di massimo impatto delle sanzioni alla Russia sarà da questa estate in poi”. Il professor Enrico Letta, il 9 marzo 2022, vaticinava: “La Russia andrà in default entro qualche giorno”. E Fmi, università anglo-americane, agenzie di rating facevano a gara nel prevedere immediati crolli del Pil russo del 40, del 30, del 20, del 15%, salvo poi rassegnarsi a un misero 2 virgola qualcosa.

Abbiamo abolito la medicina. Siccome la Russia non va in default, mentre rischiano di andarci le economie europee, ci hanno raccontato che il sacrificio durerà poco, pochissimo, perché Putin sta per essere destituito, è solo al mondo, ha tutti contro anche dentro il Cremlino e soprattutto è malatissimo, ha le ore contate, anzi forse è già morto e quello che vediamo è un sosia… Ha praticamente tutte le malattie note in letteratura, da quelle psichiatriche a quelle muscolari e ossee, a ogni varietà di tumore e di leucemia, al Parkinson, a mezze paresi qua e là, per non parlare del diabete… Ed è pure completamente pazzo, visto che tutti ripetono che si era illuso di occupare l’Ucraina (grande due volte l’Italia) in una settimana e di essere accolto con i tappeti rossi da un popolo che per due terzi odia i russi da almeno un secolo e da dieci anni viene armato da Usa e Gran Bretagna.

Abbiamo abolito il comune senso del pudore. Diciamo che le sanzioni sono un sacrificio indispensabile per difendere la democrazia liberale dalla tirannide di Putin. Infatti, per sostituire il gas e il petrolio russi, li compriamo da Algeria, Egitto, Angola, Mozambico, Congo, Emirati, Arabia Saudita, Qatar: tutti regimi al cui confronto Putin è un’educanda. Per colpire un dittatore, ne ingrassiamo una decina.

Abbiamo abolito il vocabolario. Draghi fa approvare dal Parlamento il primo invio di armi italiane all’Ucraina e fa scrivere nella risoluzione che servono alla “de-escalation”. Più armi, meno escalation. E quando il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte si oppone all’aumento della spesa militare al 2% del Pil, i grandi giornali titolano: “Escalation anti-armi”, “escalation grillina”. Meno armi, più escalation. Una neolingua da far impallidire quella del Ministero della Verità di George Orwell in 1984: “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. Non solo. “Pace” diventa sinonimo di “resa”: chi chiede un negoziato e un cessate il fuoco ai due eserciti viene accusato di negare la legittimità della splendida ed eroica resistenza ai tanti ucraini e di pretendere che questi si arrendano, anche se non l’ha mai detto né pensato. Anzi tutti riconoscono loro il sacrosanto diritto di difendersi: ma con le loro armi e con quelle di chi può inviarle, non con quelle dell’Italia che non può per Costituzione.

Abbiamo abolito la libertà di pensiero. Chi non pende dalle labbra di Biden, Zelensky e Stoltenberg, ma li critica se sbagliano o pubblica notizie a loro sgradite, è un venduto a Putin. E viene linciato, infilato in liste di proscrizione come “putiniano” con tanto di foto segnaletiche sui grandi giornali.

Abbiamo abolito il dovere di cronaca e anche la deontologia professionale dei giornalisti. Tutte le notizie diffuse da Kiev vengono prese per oro colato, tutte quelle targate Mosca bollate come fake news, anche se spesso si scopre l’opposto. Papa Francesco attacca Draghi e la Nato per l’aumento delle spese militari al 2% del Pil e viene censurato da Tg1, Corriere della Sera e Repubblica… Nei primi mesi di guerra, mentre l’armata russa occupava oltre un sesto dell’Ucraina (un terzo dell’Italia), i nostri giornaloni descrivevano l’avanzata di Mosca come un rosario di disfatte militari inflitte dall’invincibile armata ucraino-occidentale, ribaltando di 180 gradi la realtà della (tristissima) situazione sul campo di battaglia. Tant’è che, quando a settembre è partita la controffensiva ucraina con le prime sconfitte russe, l’opinione pubblica si domandava incredula: ma come, gli ucraini non stanno stravincendo dal primo giorno?

Abbiamo abolito la diplomazia e le sue regole-base. Il refrain è: “Non si tratta col nemico”. Oh bella, e con chi si tratta? Con l’amico? E su cosa? “Con la Russia si tratta solo se prima si ritira”. Oh bella, ma il ritiro delle truppe, da che mondo è mondo, viene dopo le trattative, non prima. “I tempi e le condizioni dei negoziati li decide Zelensky”. Cioè mai, visto che ha firmato un decreto che vieta di negoziare con la Russia di Putin. E poi, con tutti i miliardi e le armi che invia all’Ucraina, è mai possibile che l’Occidente non debba avere voce in capitolo? Possibile che possa contribuire solo alla guerra, ma non alla pace? E se Zelensky ritiene che il negoziato possa iniziare solo dopo la riconquista completa delle regioni occupate dai russi, Crimea inclusa, e non riesce a riprenderle nei prossimi 10 o 20 anni, l’Europa che fa: si dissangua economicamente con le auto-sanzioni e invia armi su armi e miliardi su miliardi a Kiev, come in Afghanistan, finché l’ultimo ucraino resterà in vita? E perché non lasciare che siano i popoli del Donbass e della Crimea a decidere con chi vogliono stare, con un referendum sotto l’egida dell’Onu? Il diritto all’autodeterminazione per loro non vale? O si teme di scoprire che abbiamo trasformato un conflitto locale in una guerra mondiale per difendere dalla Russia popolazioni che vogliono stare con la Russia?

Abbiamo abolito il rispetto per le altre culture. In una folle ondata di russofobia, abbiamo visto ostracizzare direttori d’orchestra, cantanti liriche, pianiste di fama mondiale, fotografi, atleti (anche paralimpici), persino gatti e querce, soltanto perché russi. E poi censurare corsi su Dostoevskij, cancellare dai teatri i balletti di Cajkovskij, addirittura estromettere la delegazione russa dalle celebrazioni per la liberazione di Auschwitz. Come se il lager l’avessero liberato gli americani o gli ucraini e non l’Armata Rossa…

Abbiamo abolito il senso del ridicolo. Infatti, quando Draghi pose l’assurdo aut-aut fra “la pace e i condizionatori o i termosifoni accesi” (non spenti), nessuno gli rise in faccia. Una sera il noto stratega Beppe Severgnini, a Otto e mezzo, ha sentenziato: “Se non ci fosse la Nato, Putin sarebbe già a Lisbona” (meno male che c’è l’Oceano). E poi: “Vinciamo noi: siamo 40 contro uno”. Come se la guerra russo-ucraina fosse il derby Milan-Inter. Solo che nei derby, di solito, nessuna delle due squadre possiede 6 mila testate atomiche. Invece Putin le ha e l’Ucraina no. E, quando un uomo con l’atomica incontra uno senza atomica, quello senza atomica è un uomo morto. Ma anche quello con l’atomica. Perché tutti fingono di ignorarlo, ma questa è una guerra che non può avere vincitori, ma solo sconfitti. Almeno in Europa, dove arrivano le radiazioni: negli Stati Uniti no. Infatti gli Usa sono l’unico soggetto belligerante (per procura) che, comunque vada, non rischia nulla. Anzi, ci guadagna… Eppure i trombettieri della Nato propagandano la bufala dell’“euroatlantismo” e gli scemi di guerra se la bevono, senz’accorgersi che mai come oggi gli interessi dell’Europa sono opposti a quelli dell’America.




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25/02/2023
Vogliamo gli ammiragli

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – E niente: siccome ormai i generali sono molto più pacifisti dei politici e della stampa al seguito, le Sturmtruppen si sono giocate pure il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. Che ieri ha rilasciato una bella intervista a Marco Menduni per la Stampa, che – in bocca a un altro – sarebbe subito liquidata come propaganda del partito putiniano, o “pacifinto” o “della resa”. Sapendo cos’è la guerra e cosa rischiamo con la folle escalation, mentre già si sdoganano caccia e missili a lunga gittata e magari prossimamente truppe e testate nucleari, l’alto ufficiale mette in fila i fatti. Gli stessi che il suo ex collega Mini certifica da un anno sul Fatto e il suo omologo americano Milley ripete da mesi: la Russia non può (o forse – aggiungiamo noi – non ha mai voluto) prendersi l’intera Ucraina e l’Ucraina non può riprendersi i territori invasi dalla Russia. “Questo è un dato che rimane costante nel tempo. Non esiste una soluzione militare”. Di qui dovrebbe partire ogni scelta politica, non dal mantra ovvio e moralistico “c’è un aggressore e un aggredito”, che andava bene un anno fa e ora, dopo 300 mila morti, 10 milioni di profughi, la devastazione fisica di mezza Ucraina ed economica (e anche etica) di tutta Europa, lascia il tempo che trova.

Se fosse realistica l’idea che, inviando armi sempre più devastanti, Kiev riconquisterà i territori perduti, l’opzione dei bellicisti – per quanto spregevole per chi ritiene sacra ogni vita umana, oltreché la Costituzione – avrebbe almeno un senso. Ma tutti gli esperti veri lo negano. La controffensiva ucraina di settembre è durata poco e ha recuperato minime porzioni delle quattro regioni annesse dai russi a Est e a Sud. E ora Kiev paventa una contro-controffensiva russa con 300 o 500 mila uomini. Dice Cavo Dragone: “Non possiamo permetterci un altro conflitto ‘congelato’ nel cuore dell’Europa”. Serve “una riflessione sul dopo”: non sul ripristino dello status quo ante 2022, ma “sul mondo nuovo che verrà, diverso da quello che era prima dell’invasione. Non ci sono alternative a superare le macerie e il dolore”, per evitarne altri. E per disegnare un futuro di sicurezza per Kiev, ma anche per Mosca e gli altri Stati dell’Est Europa, urge in Occidente “un esame di coscienza” per capire se si fece di tutto per evitare l’invasione di Putin: “Ci sono stati elementi di instabilità che non abbiamo colto prima del 24 febbraio?”. Si poteva fare di più “nel proporre dialogo e inclusione?”. Ora ogni iniziativa negoziale va colta al volo, anche quella cinese: “Non dobbiamo trascurare nulla”. E la domanda è: ma Meloni, Mattarella&C. chi ascoltano prima di decidere se, oltre al Parlamento, ignorano anche il capo di Stato maggiore della Difesa?




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26/02/2023
Pd, giù l’elmetto

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Stasera, dopo una maratona che avrebbe sfiancato Abebe Bikila, sapremo chi è il nuovo segretario del Pd. Cioè se torna Renzi sotto le mentite spoglie di Stefano Bonaccini, che non ha il carisma di Renzi e neppure quello di un termosifone spento, o se arriva Elly Schlein, outsider tutta da scoprire (almeno come leader). A decidere non saranno gli iscritti, come sarebbe normale in un partito normale, ma i non iscritti. Quindi chi non voterebbe mai Pd potrebbe sostenere il candidato più vantaggioso per la destra, o la sinistra, o il centro, o il M5S. Ma c’è da dubitare che qualcuno lo farà: chiunque decidesse di uscire di casa la domenica per le primarie dem sarebbe colto da una tale noia che si addormenterebbe per strada, anche in piedi. È il paradosso delle primarie a doppio turno carpiato, le cui regole paiono ideate da un trust di enigmisti: in quattro mesi non hanno prodotto uno straccio di contrapposizione sui contenuti (“prima i programmi, poi i nomi”: come no). Bisogna proprio conoscerli bene, i due finalisti, per cogliere le differenze: più facile per chi vive in Emilia-Romagna (dove peraltro lei è la vice di lui), meno per chi sta altrove. Tantopiù che nel duello (si fa per dire) su Sky facevano gli amiconi e smussavano democristianamente gli spigoli: tutto l’opposto dei faccia a faccia preelettorali all’americana.

Fumo e vaselina anche sul tema più cruciale di oggi e di domani: l’escalation in Ucraina. La pacifista Schlein ha cambiato idea e ha votato il dl Meloni sulle armi e Bonaccini s’è detto favorevole, pur superc***oleggiando su fantomatici negoziati europei. Eppure, se il Pd vuole riprendersi, chiunque sarà il segretario dovrà archiviare la folle linea BaioLetta e riconnettersi col sempre più vasto movimento pacifista: oggi l’opposizione è debole non perché 5Stelle, Pd e Centro marciano separati (mica devono governare), ma perché l’unico cruccio di Giorgia Meloni, cioè l’antibellicismo sempre meno latente di Lega e FI, trova sponde solo nel M5S. Se il Pd cambiasse linea, la premier si troverebbe sola (cioè con Calenda) e disarmata. BaioLetta lo sa: infatti ha chiuso la sua terrificante e deprimente segreteria promettendo all’ambasciatore ucraino che anche domani il Pd resterà bellicista, parlando a nuora perché suocera intenda. Con una suocera come Schlein un cambio di registro sarà meno improbabile, anche se spaccherà i dem: turboatlantisti tipo Guerini e Borghi non dismetteranno mai l’elmetto e la mimetica. Ma a questo servono le primarie: a scegliere un leader che scelga, a costo di scaricare qualche zavorra per guadagnare qualche elettore. Se invece l’obiettivo è perderne altri, tanto vale tenersi BaioLetta: per le sconfitte, non c’è chi lo valga.




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27/02/2023
Ma mi faccia il piacere

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Quale fine? “Meloni rassicura il G7: ‘Con l’Ucraina fino alla fine’” (Stampa, 25.2). La fine dell’Ucraina? O degli ucraini? O di chi?
Er Più. “C’è uno più lucido di Orsini, più chiaro di Travaglio, più esplicito di Di Battista, un vero esperto di armamenti che farebbe più audience di tutti e tre. E chissà che prima o poi non si riesce a portarlo nei talk show, questo Matteo Messina Denaro” (Sebastiano Messina, Repubblica, 21.2). Ora si cerca uno più stupido di Messina senza Denaro.
Er Meno. “Il conflitto non ha insegnato nulla. Un anno di guerra, e chi mai avrebbe pensato il 24 gennaio del 2022 che gli ucraini avrebbero resistito?” (Alessandro Sallusti, Libero, 24.2). A lui il conflitto non ha insegnato neppure che era il 24 febbraio 2022.
Furbini. “Le sanzioni contro la Russia funzionano: la prova sono le minacce all’Italia” (Federico Fubini, Twitter, 19.3.22). “Russia, perché le sanzioni a Putin funzionano ma vanno migliorate” (Fubini, Corriere della sera, 15.5.22). “Qualche settimana fa il Fondo monetario internazionale ha pubblicato le sue previsioni, con una sgradevole sorpresa. L’anno prossimo vede in Russia una crescita superiore a quella di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia. Ogni previsione è provvisoria per natura, ovvio, ma cattura le sensazioni del momento. E questa… conclude che, nel 2024, il Paese colpito dal più vasto sistema di sanzioni mai costruito da parte delle economie avanzate crescerà più di queste ultime. Possibile?” (Fubini, Corriere della sera, 25.2.23). E vabbè, dài, è andata così.
Piove sul Bagnai. “Nella prossima manovra sia contemplata la proroga per il Superbonus e il bonus facciate al 2023 anche per le case unifamiliari e non solo per i condomini… Occorre garantire a tutti la possibilità di usufruire di questi incentivi, che possono essere una spinta significativa per il rilancio economico dell’Italia” (Alberto Bagnai, senatore Lega, Ansa, 22.10.21). “Il tetto Isee per le abitazioni unifamiliari per il Superbonus è assurdo e va abolito. La Lega si opporrà a chiunque voglia limitare il Superbonus complicandone l’applicazione o restringendo arbitrariamente la platea” (Bagnai, Ansa, 8.11.21). “La Lega difenderà le imprese dai danni del governo Pd-M5S. Hanno fatto passare il messaggio che ci si poteva fare la casa gratis. Noi sempre contrari al 110%” (Bagnai, Libero, 23.2.22). Uahahahahah.
Tik Tok Slurp. “TikTok, il ministro della Pa Zangrillo dopo lo stop dell’Ue all’app cinese: ‘Valutiamo il blocco totale’” (Repubblica, 26.2). Vuoi mettere la soddisfazione di farti spiare solo dagli americani.
Piano con le minacce. “Il mio percorso politico è appena avviato. Riparto da 320mila elettori. L’astensionismo dimostra che c’è spazio per un movimento moderato, popolare, riformista, liberale che si metta al centro degli equilibri nazionali” (Letizia Moratti, Corriere della Sera, 26.2). No, dimostra che finché c’è gente come te gli elettori non votano.
Ossimori. “In Rai ho difeso Biagi e Santoro, puntando su Annunziata, Minoli e Vespa in prima serata” (Moratti, ibidem). Ma poteva anche difendere Vespa e Minoli puntando su Biagi e Santoro, per dire.
Traumi infantili. “Mi torna in mente il regalo del nonno materno quando avevo 7 anni: la Costituzione e i quattro codici commentati. Li portai a scuola, tutta fiera. Che imbarazzo…” (Elly Schlein, deputata Pd, Corriere della Sera, 18.2). Ma una bella bambola no?
Cin cin Sambuca. “Il ‘Memorandum d’intesa’ fra Roma e Pechino fa del nostro Paese l’unico partner del G7 ad aver formalmente aderito alla ‘Nuova via della Seta’… Il Memorandum venne firmato nel 2019 da Conte e dal presidente cinese Xi… Washington non ha mai gradito quella firma” (Maurizio Molinari, Repubblica, 26.2). Ma come: Conte non era un servo di Trump?
Finché c’è guerra c’è speranza. “’La ricostruzione dopo gli orrori’. All’Italia il ‘patronato’ per i lavori a Odessa” (Messaggero, 22.2). Atroce sospetto: ma il giornale di Caltagirone non avrà mica qualcosa a che fare con qualche costruttore?
Il titolo della settimana/1. “Superbonus, misura insostenibile” (Elsa Fornero, Stampa, 26.2). Casomai servissero altre conferme che è sacrosanta.
Il titolo della settimana/2. “Nessuna pietà. Cospito deve morire al 41bis. La Cassazione sposa la linea Nordio” (Domani, 25.2). Veramente la Cassazione sposa la linea del Pg di Torino che lo processa per strage. E stabilisce che deve vivere al 41bis. È lui che rifiuta il cibo e dice di voler morire per abolirlo per tutti. Serve un disegnino?
Il titolo della settimana/3. “L’annuncio di Jill Biden: ‘Mio marito si ricandida, non ha finito il lavoro’” (Repubblica, 25.2). In effetti può ancora fare parecchi danni.
Il titolo della settimana/4. “Toh, che coincidenza. La prof antifascista candidata col il Pd e militante della Cgil” (Libero, 25.2). In effetti è bizzarro che un’antifascista non si sia candidata con Casa Pound e non militi in Forza Nuova.




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