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Dino

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29/12/2022
Viva i ladri vaccinati

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Lo dicevo io che, alla fine della fiera, l’unica delinquente resterà la cantante Madame, che va cacciata immantinente dal Concertone di Capodanno a Roma e pure dal Festival di Sanremo per omessa puntura. Lo dice quel buontempone dell’assessore laziale D’Amato, condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 275 mila euro sgraffignati alla Regione e dunque candidato di Pd, Azione e Iv a presidente della Regione. E lo dice la capogruppo di Azione in Comune, Flavia De Gregorio: siccome i calendiani sono garantisti, per la presunzione di innocenza e per la candidabilità dei condannati fino alla Cassazione, per l’indagata Madame “è più opportuno rinviare la sua presenza al concertone di Capodanno” (testuale: tanto per lorsignori è Capodanno tutto l’anno). Intanto, per coerenza, Azione si dà un gran daffare per anticipare le destre nell’impresa di spazzare via la Spazzacorrotti e riesumare la prescrizione che inceneriva 200mila processi l’anno. Siccome la legge Bonafede blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, la Cartabia lanciò il salvagente dell’“improcedibilità” ai colpevoli che non potevano più farla franca in appello e in Cassazione allungando i tempi dei processi: ora, se riescono a far durare il secondo grado due anni e il terzo un anno, vivranno tutti felici, contenti e improcedibili.

Ma resta da garantire l’impunità durante le indagini, l’udienza preliminare e il giudizio di primo grado: a quello provvede il calendiano Enrico Costa, già forzista e autore di splendide leggi ad Nanum, che infila nella fogna del dl Rave un ordine del giorno per impegnare il governo “al ripristino della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio”. Il pregiato scampolo di prosa, firmato da tutti i parlamentari di Azione&Iv, osa financo rammentare che “l’allungamento dei tempi processuali collide con gli obiettivi del Pnrr che ne impongono una significativa riduzione, e contrasta con i princìpi costituzionali”. Se non fosse gente senza vergogna (sennò non si chiamerebbe Calenda o Renzi o non starebbe con loro), si potrebbe ricordarle che il primo a promettere di abolire la prescrizione era stato il rignanese quando era premier e il pariolino era suo ministro al Mise; e che i tempi processuali si allungano proprio perché l’imputato mira alla prescrizione o all’improcedibilità. Basta levargli entrambe le aspettative e nessun imputato sicuro di arrivare a sentenza definitiva avrebbe interesse a pagarsi l’avvocato più a lungo del normale. Ma sono cose che questi impuniti sanno benissimo, solo che non possono ammetterlo e preferiscono mentire. Il loro unico obiettivo di finti oppositori è lo stesso del governo Meloni: risparmiare la galera ai ladri di Stato. Purché siano vaccinati, si capisce.




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30/12/2022

La bugia più odiosa

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Le bugie di Giorgia Meloni nella conferenza stampa di fine anno le abbiamo ascoltate tutti. Quelli che per lei non sono condoni (ma “tregua fiscale”) sono condoni. La flat tax per le partite Iva discrimina eccome i lavoratori dipendenti. La sua opposizione al Mes ai tempi di Conte non riguardava solo il fatto di chiederlo per la sanità (non lo chiese neppure Conte), ma anche di approvarne la riforma europea (lei disse no e ora dirà sì). Il tetto più alto al contante favorisce non solo l’evasione, ma pure il riciclaggio dei bottini dei delitti a scopo di lucro. La revoca del Rdc ai disoccupati (pardòn, “occupabili”) è una guerra ai poveri, visto che non manca chi ha voglia di lavorare: manca il lavoro. Il Conte-1 non fece alcun condono a Ischia: si limitò a chiedere ai quattro Comuni terremotati di rispondere in sei mesi alle domande giacenti da anni relative non a un nuovo condono (inesistente), ma a quelli vecchi di Craxi e B., per decidere quali case si potevano ricostruire e quali no, escludendo le aree a rischio sismico e idrogeologico e a vincolo ambientale, artistico e paesaggistico. Bonafede non scarcerò alcun mafioso durante la pandemia, non avendone il potere e avendolo anzi vietato: lo fecero alcuni giudici di sorveglianza, poi Bonafede varò un decreto per far riesaminare le pratiche e riportare i boss in cella. La “certezza della pena” così cara alla premier è stata contraddetta dal voto della sua maggioranza per ridare i benefici penitenziari, cioè il carcere finto, ai ladri di Stato che la Spazzacorrotti aveva tolto. E così via.

Ma le bugie più odiose, e anche vigliacche, della Meloni e dei tanti altri politici e opinionisti che le usano sono quelle generiche e dunque impossibili da provare e da smentire. Tipo: “Le intercettazioni sono utili, ma vogliamo impedirne gli abusi”. Un mantra che, cambiando l’oggetto, si ripete paro paro da trent’anni su tutti gli strumenti di repressione al crimine, soprattutto dei colletti bianchi: “La custodia cautelare è utile, ma vogliamo impedirne gli abusi”. “L’abuso d’ufficio è utile, ma vogliamo impedirne gli abusi”. A ogni accusa devono seguire il nome dell’accusato e le prove a suo carico: accusare un magistrato (non “la magistratura”, che è un’idea platonica o una categoria di 9 mila addetti) di abusare delle intercettazioni, delle manette o di un reato significa accusarlo di un delitto che, se dimostrato, deve portare all’incriminazione dell’accusato; ma, se non dimostrato, è l’accusatore che va incriminato per diffamazione o per calunnia. Vale per la Meloni, per gli altri politici e per gli opinionisti sfusi da talk: avete in mente qualcuno di questi famosi abusi? Diteci quali, chi li ha commessi e quando, così possiamo verificare chi ha ragione e chi ha torto. O il garantismo vale solo per voi?




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Un fioretto per il 2023.

l'editoriale di Marco Travaglio

31 dicembre 2022

La situazione politica alla fine di questo orribile 2022 è la seguente: la destra dice p*****ate (l’ultima è la “Giornata Nazionale dei Figli d’Italia”: e i cognati niente?) per coprire le porcate che fa; il centrosinistra attacca le p*****ate e le porcate della destra perché non può più dirle e farle lui. Così, salvo rarissime eccezioni, nessuno ha più la credibilità per dire o fare alcunché.
L’altroieri, primo giorno di applicazione della porcata Cartabia (votata da tutti i partiti ora in Parlamento, tranne FdI e SI), è stato scarcerato e scagionato Simba La Rue, il trapper arrestato per aver picchiato e sequestrato con quattro complici il collega Baby Touché. Non perché ritenuto innocente, ma perché sia le lesioni personali gravi e gravissime sia il sequestro di persona rientrano fra i reati “minori” incredibilmente previsti dalla ministra draghiana come non più perseguibili d’ufficio dai pm, ma solo su querela della vittima (come pure il furto aggravato e altre quisquilie). Siccome Baby Touché non ha querelato i suoi aggressori, il giudice ha scarcerato Simba La Rue, che però è finito ai domiciliari per altri delitti di rapina e sparatoria. La porcata non è targata Meloni, ma Draghi. E chi non ha denunciato a suo tempo quelle dei Migliori oggi non ha alcuna credibilità per denunciare quelle dei Peggiori.
La prescrizione, abolita dopo la prima sentenza dalla Spazzacorrotti, torna grazie alla destra propriamente detta al governo e a quella di scorta di Calenda&Renzi. Quando il Conte-1 la cancellò, il Pd votò contro e Repubblica attaccò Bonafede coi vari Cappellini e Cuzzocrea: “manettaro” e violatore della “presunzione di innocenza” (che non c’entra una mazza). Con che faccia attaccano il governo Meloni che la riesuma?
Il Covid torna da dove era partito: la Cina. E Repubblica, come il Pd, tuona contro il governo “No Vax” degli “Hub smantellati, dosi in frigo, 100 morti al giorno, quarta dose solo a uno su 4”. Davvero ha fatto tutto il governo Meloni in due mesi? Il flop della quarta dose è un lascito dei Migliori, che dopo le fesserie del Supergreen Pass e dell’obbligo vaccinale batterono in ritirata già un anno fa, quando Draghi mollò il fronte del Covid per concentrarsi su quelli del Pil, del Colle e della Nato. E levò l’obbligo di mascherina nei luoghi affollati (treni, aerei, bus, metro), cioè la prima arma anti-contagi (i vaccini servono, ma non a evitare i contagi). Quanto allo scandalo degli scandali, “il reintegro dei medici no-vax” in ospedali e Rsa (a corto di medici) con la fine dell’obbligo vaccinale anche per loro, l’aveva deciso Draghi al 31 dicembre: il governo Meloni l’ha solo anticipato al 1° novembre. Con due mesi in più sarebbe cambiato qualcosa? Chi vuol essere credibile faccia un fioretto per il 2023: provi a essere onesto.




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Ma mi faccia il piacere

l'editoriale di Marco Travaglio

02 gennaio 2023

Il portafortuna. “Fassino: ‘Io sto con Bonaccini per innovare il Pd senza tagliare le radici’” (Repubblica, Twitter, 1.1). Vittoria secca di Elly Schlein.#65533;La portafortuna. “Ruby ter, Berlusconi verso l’ennesima assoluzione” (Tiziana Maiolo, Riformista, 22.12). Poveraccio, gli manca solo Fassino.#65533;Comma 22.0. “Le intercettazioni sono in gran parte inutili e il trojan va tolto, è un’arma incivile… Ma noi crediamo davvero che la mafia parli per telefono? Un mafioso vero non parla al cellulare perché sa che dentro c’è un trojan” (Carlo Nordio, ministro FdI della Giustizia, L’aria che tira, La7, 22.12). Siccome il mafioso vero non parla al telefono perché ha paura di essere intercettato col trojan, aboliamo le intercettazioni e il trojan: così i mafiosi veri tornano a parlare al telefono e noi combattiamo i mafiosi finti.#65533;Comma 22.1. “Usare le parole straniere è snobismo radical chic” (Gennaro Sangiuliano, FdI, ministro della Cultura, Messaggero, 29.12). Infatti lui ne usa due: radical e chic. Che sia snob?#65533;L’ideona. “Biagio De Giovanni: ‘Il Pd vuole salvarsi? Cominci a sposare la riforma Nordio’” (Dubbio, 24.12). Poi, con calma, potrà sciogliersi in Fratelli d’Italia.#65533;L’insaputo. “Salvini e i rapinatori del figlio: ‘Spero che li becchino e che stiano in galera. Perché mi dicono che uno era stato già arrestato due mesi fa’” (Corriere della sera, 28.12). Pensava che fosse passato il referendum radical-salviniano di giugno che aboliva la custodia cautelare per reiterazione del reato.#65533;Lacchè Espresso. “Quando l’editore Danilo Iervolino, un rivoluzionario del nostro tempo, capace di scompaginare e ricomporre tutto in un minuto, mi ha detto ‘Ale, dai, tocca a te. Tu ce la puoi fare’, mi sono sentito addosso una gran de responsabilità” (Alessandro Muro Rossi, neodirettore dell’Espresso, 31.12). Soprattutto sulla lingua.#65533;Il Corriere della Lingua. “Giorgia Meloni: ‘Io criceto sulla ruota. La scelta degli italiani. E il mio biondo è già trendy’” (Monica Guerzoni, Sette-Corriere della sera, 23.12). Ma ora basta con queste critiche: Meloni ha anche dei pregi.#65533;Consigli per gli acquisti. “Restare senza tv una scelta controcorrente. Una briciola di libertà” (Concita De Gregorio, Repubblica, 23.12). Che poi è ciò che fanno tutti il sabato e la domenica sera dalle 20.40 alle 21.15 su La7.#65533;Il Nano dell’Anno. “La memoria condivisa non darà mai al Cav. quel che è suo perché è più facile condividere il pregiudizio, ma l’uomo dell’anno è lui… Condannato da un collegio presieduto da un futuro collaboratore regolare del giornale di Travaglio, e ho detto tutto o quasi” (Giuliano Ferrara, Foglio, 30.12). Ma soprattutto passato padrone e pagatore di Giuliano Ferrara.#65533;Al soldo. “Stefania Craxi: ‘Sinistra al soldo di forze straniere’” (Verità, 19.12). Vuoi mettere con chi rubava in Italia e poi fuggiva all’estero ospite di potenze straniere.#65533;Il Cortigiano Johnny. “Zelensky ci ricorda la sfida della libertà” (Gianni Riotta, Repubblica, 23.12). Mettendo fuorilegge gli undici partiti di opposizione.#65533;La variante rossa. “Ci risiamo coi cinesi infetti. Ancora una volta la minaccia arriva dal comunismo” (Alessandro Sallusti, Libero, 29.12). Uahahahahah.#65533;Pistaaaaa! “Spacciavo droga, oggi sono altra persona” (Francesco Rocca, presidente uscente Croce Rossa, candidato per la destra alla Regione Lazio, 23.12). “Rocca: ‘Dopo 10 anni di Pd farò ripartire il Lazio’” (Libero, 29.12). Tutti in pista.#65533;Più Pil per tutti. “Questo abuso d’ufficio rischia di impantanarci. Ingolfa la burocrazia e frena il Pil” (Francesco Paolo Sisto, FI, viceministro della Giustizia, Giornale, 29.12). Non si può nemmeno abusare in santa pace.#65533;Annamo bene. “Abbiamo il pieno controllo della macchina statale” (Giovanni Donzelli, deputato FdI, Stampa, 31.12). E senza un minuto di scuola guida.#65533;Teste presunte. “Orsini dimostra che la tv può far perdere la testa” (Francesco Specchia, Libero, 31.12). A chi non azzecca un’analisi e rosica perché lui le azzecca tutte.#65533;Il titolo della settimana/1. “Un primo passo verso il garantismo. Si profila un fronte largo per il ripristino della prescrizione. Buon segno” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 30.12). L’Anno del Ladrone.#65533;Il titolo della settimana/2. “La Meloni avvia la rivoluzione liberale” (Libero, 31.12). Da Piero Gobetti a lei, è un attimo.#65533;Il titolo della settimana/3. “Giusto abolire i lavori ‘congrui’” (Veronica de Romanis, Stampa, 27.12). Prima però dovresti abolire la vergogna, casomai sapessi cos’è.#65533;Il titolo della settimana/4. “Andrea Ostellari, sottosegretario leghista alla Giustizia: ‘L’impegno del governo: un impiego ai detenuti’” (Giornale, 28.12). In Parlamento.




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VADO, LO SEQUESTRO E TORNO

l'editoriale di Marco Travaglio

03 gennaio 2023

Siccome chi passa il Capodanno a Cortina in un bell’albergo non può difendere i poveri, immagino che il sottoscritto, non avendo mai subito sequestri di persona né lesioni gravissime, non possa difendere le persone sequestrate o menate a sangue. Mi limiterò dunque a porre una domanda ai Fratelli d’Italia, da Meloni e Nordio in giù, così appassionati ai massimi sistemi tipo giustizialismo e garantismo: ma vi siete accorti di quello che sta avvenendo con l’entrata in vigore della schiforma Cartabia? Non l’avete fatta voi, anzi non l’avete neppure votata, quindi potreste cancellarla con un decreto di una riga, di cui nessuno oserebbe contestare la necessità e l’urgenza. Nel primo giorno di vigenza, la Cartabia ha annullato l’arresto del trapper Simba La Rue e il processo a lui e a tre complici per aver sequestrato e pestato il giovane Baby Touché: il sequestro di persona e le lesioni gravi e gravissime non sono più punibili senza la querela della vittima. E Baby Touché non ha denunciato i suoi aguzzini, che l’han fatta franca a norma di legge Cartabia.

I pm di tutt’Italia stanno vagliando migliaia di casi analoghi (anche per furti, molestie, truffe non aggravate): o convincono le vittime a querelare, o devono scarcerare e lasciare impuniti sequestratori, picchiatori, ladri, truffatori e molestatori. Com’è avvenuto il 31 dicembre per tre spacciatori albanesi che nel 2017, a Loano (Savona), picchiarono e rapirono un giovane connazionale loro cliente: per “costringerlo a corrispondere continue somme di denaro – scrive il pm – lo colpivano con schiaffi e pugni, lo caricavano su un’Audi scura, lo legavano e trasportavano a casa” di un complice a Genova, dove lo “picchiavano nuovamente, tenendolo chiuso in casa per alcune ore” e “lo liberavano dopo avergli fatto promettere il pagamento di migliaia di euro” e averlo ridotto in “stato di soggiogazione”. Perciò
la Procura aveva ottenuto dal gip l’arresto di due indagati per “il concreto e attuale pericolo che commettano delitti della stessa specie” e la “totale indifferenza per le norme della civile convivenza” e il giudizio immediato perché la prova era “evidente”. Ma ora la vittima ha ritirato la querela (non avrà mica paura dei suoi aggressori?) giusto in tempo per l’entrata in vigore della Cartabia: addio reati di sequestro di persona e lesioni. Per i quali il pm dovrà chiedere la scarcerazione e il proscioglimento dei due galantuomini (con precedenti), sperando che reggano altre accuse ancora perseguibili d’ufficio. Domanda ai nostri governanti: in attesa di decidere se la Cartabia è garantista o giustizialista e se picchiare, sequestrare e schiavizzare un ragazzo è più o meno grave che partecipare a un rave party, questa vergogna quando la cancellate?

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WILMA! LA CLAVA!

l'editoriale Marco Travaglio

04 gennaio 2023

Il 2023 è cominciato come meglio non si poteva, almeno per i cultori dell’età della pietra. Mentre il governo legalizza l’evasione fiscale, dà una mano a corrotti e corruttori a spese dei poveri, dei disoccupati e dei migranti, e criminalizza i ragazzi che vanno ai rave party o protestano per l’ambiente spruzzando vernice lavabile su Palazzo Madama, la cosiddetta informazione riesce a fare di tutto fuorché informare. I giornali montano una polemica al giorno su un leader incensurato perché indossa la giacca con pochette, ma anche perché indossa il dolcevita, perché visita i poveri e i disoccupati, ma anche perché passa il Capodanno a Cortina in un bell’hotel, senza spiegare mai di che c***o stanno parlando. A meno che non ritengano che possano difendere i poveri solo i parlamentari poveri: nel qual caso, siccome i parlamentari guadagnano almeno 15mila euro netti al mese, tutti dovrebbero difendere i ricchi. Il Tg1, primo telegiornale del cosiddetto “servizio pubblico”, decide di non mostrare la protesta dei giovani ambientalisti a Palazzo Madama e se ne vanta pure: “Come Tg1 abbiamo scelto di non mostrarvi le immagini del loro atto dimostrativo per sottolineare come questo tipo di proteste non possa essere accettabile. Proteste che dai quadri nei musei si spostano a uno dei luoghi simbolo delle istituzioni”.

Fermo restando che questi atti dimostrativi di Ultima Generazione sono, a nostro avviso, sacrosante nel merito ma controproducenti nel metodo, gradiremmo sapere dai “colleghi” pagati con i soldi del canone in quale scuola di giornalismo abbiano imparato che le notizie “non accettabili” non si danno. E chi stabilisce quali sono accettabili e quali no? E se, puta caso, qualcuno protestasse con raffiche di mitra o a suon di molotov o di tritolo, il Tg1 darebbe la notizia della strage, o nasconderebbe anche quella in quanto “non accettabile”? O una sparatoria o un attentato è più accettabile di due spruzzi di vernice arancione? A noi, più che l’atto in sé, ha colpito la facilità con cui quei ragazzi inermi hanno potuto metterlo a segno al Senato. E pensiamo che sia una fortuna che fossero armati solo di bombolette spray, visto che a presidiare la sede della seconda istituzione dello Stato ci sono due soli carabinieri al portone, più altri due nella garitta di fronte col divieto di muoversi di lì qualunque cosa accada (possono sparare, ma non uscire). È questa la notizia “inaccettabile” della vicenda, più delle chiazze di vernice e degli strilli dei forcaioli strabici al governo, che condonano gli evasori e invocano la galera (possibilmente a vita) per i giovani attivisti. Ma per dare le notizie servirebbe un notiziario e al Tg1 non sanno neanche cosa sia.

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COMA 22

l'editoriale di Marco Travaglio

5 gennaio 2023

Il governo Meloni leva il Reddito di cittadinanza ai disoccupati, chiamandoli “occupabili” per far credere che se volessero lavorerebbero. Il governo tedesco lo aumenta di 50 euro al mese sia agli inoccupabili, sia agli occupabili (termine intraducibile in altre lingue: all’estero si dice disoccupati) sia agli occupati mal pagati: oltre 5 milioni di percettori, contro i 3,6 italiani. Il governo Meloni tuona contro i truffatori del Rdc (l’1% degli importi versati). Il governo tedesco allevia le sanzioni. Il governo Meloni schifa il salario minimo legale di 9 euro l’ora. Il governo tedesco lo porta a 12. Il governo Meloni piagnucola perché le politiche attive del lavoro non funzionano, intanto licenzia i navigator e lascia i Centri per l’impiego con soli 8 mila addetti. La Germania ne ha 110 mila, il Regno Unito 67 mila, la Francia 54 mila.

Se il grande Joseph Heller fosse vivo, scriverebbe il sequel di Comma 22 sulla ridicola illogicità degli argomenti usati dai nemici del Rdc da quando fu varato da Di Maio (Conte-1, 2019). Si cominciò col dire che costava 40-50 miliardi l’anno, avrebbe sfasciato i conti, ci avrebbe portato fuori dall’Ue con la troika in casa, quindi non sarebbe mai nato: invece nacque e costò 8 miliardi l’anno. Allora si disse che era un incentivo a “stare sul divano” (copyright Renzi), come se l’Italia avesse il record non di disoccupati, ma di posti di lavoro vacanti: dopo tre mesi di Rdc, l’occupazione aumentò più che negli ultimi 10 anni. Allora si disse che era meglio non chiederlo per evitare terribili “assalti e caos alle Poste”. Che però non ci furono. Allora si disse che non lo voleva nessuno, anzi i pochi che l’avevano chiesto volevano rinunciare (per il Messaggero erano “130mila”) perché era troppo basso o perché era troppo alto e si vergognavano. Infatti, dopo tre mesi, c’erano già 1,4 milioni di richieste. Allora si disse che non c’erano i controlli, però i controlli dell’Inps ne scartarono 500mila. Allora si disse che il M5S comprava voti, soprattutto al Sud: infatti straperse le Regionali e le Europee, soprattutto al Sud. Allora i giornaloni scrissero contemporaneamente che il Rdc era una mancetta ridicola e uno scialo trimalcionico: “Un terzo degli italiani guadagna quanto il Rdc” titolò Rep che, essendo di sinistra, voleva risolvere il problema non alzando i salari, ma abbassando il Rdc. Poi si cominciò a sbattere in prima pagina mafiosi e criminali comuni col Rdc, come se il problema fosse il Rdc, non l’Italia piena di mafiosi e criminali comuni. Alla fine, non sapendo più dove arrampicarsi, si iniziò a menare scandalo perché chi prende il Rdc non lavora: oh bella, ma se tutti lavorassero nessuno avrebbe bisogno del Rdc! Idea: quelli che parlano di occupabili chiamiamoli manicomiabili.

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LAGNINI

l'editoriale di Marco Travaglio

06 gennaio 2023

In spudorata concorrenza con i funerali del Papa Emerito, gli emeriti giornaloni lacrimano da giorni per la dipartita di alcuni irrinunciabili fenomeni del Deep State (in italiano: il Sistema di potere dei soliti noti), vittime inermi del cruento spoils system (lottizzazione) del governo Meloni. Di cui noi, com’è noto, pensiamo tutto il peggio. Ma non fino al punto di berci le lagne del Pd e dei suoi gazzettieri per una pratica che tutti i governi hanno sempre attuato da che mondo è mondo. Inclusi quelli del Pd, che è uso governare e lottizzare senza mai vincere un’elezione. Del resto è la legge Bassanini (non un fascista meloniano, ma un sincero democratico pidino) a stabilire che gli “incarichi di funzione dirigenziale cessano decorsi 90 giorni dal voto di fiducia”, cioè il 24 gennaio. Le lacrime più copiose sono per l’uscita di Alessandro Rivera dalla direzione generale del Tesoro, dove il boiardo dal cognome francamente eccessivo regna da vent’anni con i bei risultati a tutti noti (vedi alle voci Mps, Etruria e altre banche in splendida forma, giù giù fino a Ita). Ma è – assicura Repubblica – il “pupillo di Draghi”, quindi un “civil servant”, ergo guai a orbarcene, perché “poi chi parla con l’Ue?” (domanda ridicola che Rep attribuisce a fonti anonime, perché nessuno oserebbe mai firmarla col suo nome). Provate con Mazzola.

Ma fosse solo Rivera. La destra ha pure rimosso il dg dell’Aifa Nicola Magrini. Per metterci chi? La cantante Madame o un altro putribondo No Vax? Un terrapiattista che cura il Covid con clisteri di candeggina? No, si parla del presidente dell’Aifa, il virologo Giorgio Palù, o della presidente della commissione tecnico- scientifica dell’Aifa, Patrizia Popoli. Però per il Pd, è “una scelta di discontinuità grave e sbagliata, un segnale pericoloso” perché Palù o Popoli sarebbero nominati dalla Meloni, mentre Magrini, capitato lì nel 2020 sotto Speranza, l’aveva portato la cicogna, ispirata dallo Spirito Santo.
Ma fosse solo Magrini. Ci levano pure Giovanni Legnini, l’ex senatore Pd, sottosegretario di Letta e di Renzi, poi vicepresidente del Csm in quota Pd, che nel 2020 era in astinenza da cadreghe e il Pd lo promosse a commissario per la ricostruzione post-terremoto, ma solo per la squisita indipendenza politica: cosa che non si può dire del nuovo commissario, che è di FdI. Infatti il Pd strilla come un ossesso per le nomine, mentre pigola e balbetta sulle vere porcherie che il governo fa o annuncia ogni giorno, anzi minuto. Anche perché contro l’abuso d’ufficio e le intercettazioni è d’accordo, al presidenzialismo oppone intrepido il semipresidenzialismo e l’autonomia differenziata la vuole pure Bonaccini. Toccategli tutto, tranne ciò che ha di più caro: le poltrone.

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07/01/2023

L’elettore differenziato

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Ogni tanto, per empatia, ci mettiamo nei panni del tipo umano più vessato e frustrato d’Europa: l’elettore del Pd. In 15 anni, oltre a una decina di segretari, ne ha viste e subite di tutti i colori. E deve aver maturato uno stomaco d’acciaio e un fegato di ghisa, per digerire l’alleanza con B., il culto di CdB, Monti, Draghi e banchieri vari, la resistenza a Renzi e persino a Orfini, la depressione per Letta, il militarismo atlantista come valori assoluti al posto della pace, l’ostracismo a Conte per regalare l’Italia a Meloni. Qualcuno nell’ultimo anno, a furia di insistenze dai vertici, ha avuto financo l’impressione di intravedere, in una notte di luna piena, l’Agenda Draghi. Ora però anche l’elettore più di bocca buona fatica ad arraparsi per la sfida fra il presidente e la vicepresidente dell’Emilia Romagna. L’unico brivido è su data e modalità (in presenza o online, magari su Rousseau?), che cambiano ogni giorno col tasso di umidità: l’evento verrà annunciato con messaggio Whatsapp la sera prima, a sorpresa, come i rave party (fra l’altro vietati).

Intanto lo sventurato elettore assiste agli attacchi isterici dei capi perché la destra che ha vinto le elezioni avvicenda i dirigenti pubblici nominati dal Pd che le aveva perse. E mai una parola netta e definitiva contro le vere vergogne del governo. Pigolii sulle controriforme della giustizia. Sottili distinguo sul presidenzialismo (il Pd lo preferisce nella variante “semi”: come le demi-vierge, convinte che la verginità sia questione di centimetri). E strani balbettii sull’autonomia differenziata, cioè sulla secessione del Nord ricco dal Centro-Sud. L’ideona delle Regioni leghiste, approdata cinque anni fa ai referendum nel Lombardo- Veneto, fu sposata da Bonaccini e da Chiamparino buonanima. Figurarsi con quale credibilità oggi l’aspirante segretario del Pd può contrastare il ddl Calderoli col passaggio di competenze su sanità e istruzione dallo Stato alle Regioni, se nel 2018 lo chiedeva pure lui. Infatti dice e non dice, per non dare l’impressione di pensarla come la pensa. Invece quel gran genio di Eugenio Giani, presidente toscano, come la pensa lo dice al Foglio (così lo sentono in pochi), tanto i voti li ha presi: “L’autonomia differenziata è di sinistra”. Perbacco. A questo punto l’elettore Pd andrà da un prete, anche se non ci crede, per confessarsi e capire cos’ha fatto di male per meritare simili punizioni. Se è ancora giovane, gli resta una sola speranza: che il Pd faccia come gli attori che 55 anni fa interpretarono Romeo e Giulietta nel film di Zeffirelli e ora denunciano la produzione perché costretti a girare scene di nudo da minorenni. Se tutto va bene, la denuncia del Pd contro la ben più oscena secessione dei ricchi arriverà nel 2077. O giù di lì.




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08/01/2023

Prova d’appello

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Un gruppo di intellettuali, fra cui i nostri amici Montanari e De Masi, hanno firmato un appello per un’alleanza in extremis fra 5Stelle e Pd nel Lazio contro la destra. L’appello sconta un buon tasso di ingenuità e utopismo: alle Regionali manca poco più di un mese. Ma lo spirito è sacrosanto: che senso ha che chi si oppone al governo Meloni corra l’un contro l’altro armato? Anche la domanda, però, sconta un buon tasso di ingenuità e di utopismo, perché oscura i fatti degli ultimi sei mesi: le ragioni profonde di una frattura che solo due anni fa sarebbe parsa lunare, ma oggi rende lunari gli appelli che la ignorano. Il Pd, sposando il governo Draghi non come soluzione emergenziale, eccezionale e temporanea, ma come scelta strategica di campo, ha buttato a mare l’alleanza col M5S che nel Conte2 funzionava bene. Ha aderito con foia alla decinquestellizzazione dell’Italia avviata da Draghi (bellicismo atlantista e riarmista, guerra a Spazzacorrotti, Superbonus, Reddito di cittadinanza, dl Dignità, salario minimo; ritorno a trivelle, fossili e inceneritori) e ora completata da Meloni&C..

Per salvare il (da loro) compianto governo dei Migliori e al contempo l’alleanza col M5S, a Letta&C. sarebbe bastato stralciare l’inceneritore di Roma dal dl Aiuti (che riguardava tutt’altro) e appoggiare alcuni dei 9 punti dell’Agenda sociale di Conte, così a luglio i 5Stelle avrebbero votato la fiducia. Invece il loro piano era annientarli: prima con la scissione assistita di Di Maio&C. (a cui promisero e concessero collegi elettorali), poi con la cacciata di Conte dal centrosinistra per stritolarlo nella tenaglia del Rosatellum e avviare un nuovo percorso con Calenda (che poi cambiò idea). Il 25 settembre gli elettori han deciso diversamente, vanificando l’ennesimo Conticidio. Ma quel progetto è rimasto intatto per Lombardia e Lazio: il Pd ha deciso i suoi candidati in solitudine (Majorino) o in tandem con Calenda (D’Amato), salvo poi strillare perché i 5Stelle correvano anziché estinguersi. Strilli comprensibili se il M5S valesse il 7%: ma i sondaggi lo danno al 17, mentre al 7 languono Calenda e Renzi. Bene ha fatto Conte a superare le ruggini e trovare un’intesa sui contenuti a Milano, sebbene nessuno gli avesse chiesto nulla su candidato e programma. Ma è a dir poco arduo immaginare un’intesa a Roma, la città dell’inceneritore: per giunta con D’Amato, scelto da quel Calenda che fa alleanze con chiunque, ma i 5Stelle li vuole morti. A meno che, folgorato sulla via di Santa Palomba, D’Amato&C. non convincano almeno Gualtieri a ritirare l’inceneritore. E non spieghino che razza di alleanza è quella in cui il terzo e il quinto partito portano il candidato e il programma, e il secondo partito porta i voti.




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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

09 gennaio 2023

Dovere di cronaca. Articoli dei quotidiani italiani in una settimana sul Capodanno a Cortina di Giuseppe Conte: 6 su Repubblica, 6 sul Corriere della Sera, 6 su Libero (il migliore s’intitola “Reddito di fidanzamento”), 5 sulla Stampa, 2 su Domani (il migliore s’intitola “L’impostura di Conte va oltre le vacanze a cinque stelle”), 2 sul Foglio, 1 sugli altri. Forza e coraggio: ancora un piccolo sforzo e battete il record di Spelacchio.

Il Coglione d’oro. “Camorristi ma con il reddito. Scoperta altra truffa a Napoli. Una ventina di affiliati ai clan ha frodato 220 mila euro. In meno di due anni si sono volatilizzati 300 milioni. Sussidio ‘criminale’: un introito di 100 milioni per le cosche di Sicilia, Campania e Calabria” (Giornale, 3.1). Il passaggio da 200mila euro a 100 o, a scelta, a 300 milioni sfugge ai più. In ogni caso, è sicuro: mafia, camorra e ‘ndrangheta le ha create il Reddito di cittadinanza.

Chi può e chi non può/1. “Cassese: ‘Il ricorso allo spoils system tradisce merito e imparzialità’” (Repubblica, 7.1). I meritevoli e gli imparziali sono gli amici suoi.

Chi può e chi non può/2. “Irene Tinagli (vicesegretaria Pd): ‘Da Legnini a Magrini rimossi tecnici di alto profilo. C’è un piano di lottizzazione’” (Repubblica, 6.1). Quando lo fa il Pd si chiama “alto profilo”, quando la fanno gli altri si chiama “lottizzazione”.

Sinceri democratici. “Settantatré Cda da nominare: 1000 posti al sole, tutto in mano a Crosetto. Perciò volevano cacciare Draghi” (Claudia Fusani, Riformista, 6.1). Per fare quella cosa brutta e antidemocratica chiamata “elezioni”.

Piciernrberg. “Primarie, il voto online spacca i dem. Pina Picierno: no imitazioni del M5S’” (Corriere della Sera, 7.1). E certo: Internet l’hanno inventato i 5Stelle.

The Genius. “Bonaccini rilancia sulle alleanze: ‘Senza non si vince’” (Repubblica, 8.1). Ma tu pensa: l’aspirante segretario di un partito sotto il 15% nei sondaggi dice che per arrivare al 50 più 1 bisogna allearsi con qualcuno. Ma questo non è Bonaccini: è Einstein.

La lista della spesa. “Washington chiama Roma: ‘A Kiev lo scudo anti-missile’. Il consigliere Sullivan telefona a Palazzo Chigi” (Repubblica, 7.1). Subito. Serve altro? Che so, cappuccio e cornetto?

Slurp/1. “Letizia Moratti si improvvisa food blogger sui social, ecco la sua torta ‘Stella’ senza zucchero” (CorriereTv, 27.12.2022). Mai più senza.

Slurp/2. “Giorgia Meloni ha affrontato benissimo il faccia a faccia nella versione radiofonica. Partendo dal libro Io sono Giorgia è apparsa una donna vera, coraggiosa e libera… In base al contratto per Rai 150 anni dell’Unità d’Italia i diritti (di Mixer, ndr) sono miei. In teoria potrei venderli anche a un network internazionale, e proprio Giorgia Meloni un anno fa scrisse in un noto tweet che sarebbe un delitto vedere quel patrimonio televisivo in mani straniere” (Giovanni Minoli, Sette-Corriere della Sera, 6.1). Poveretto, come s’offre.

Autoslurp. “Dopo di me almeno 40 donne hanno chiesto al mio parrucchiere il taglio come il mio, non è pazzesco? Sono diventata trendy” (Giorgia Meloni, FdI, presidente del Consiglio, Sette-Corriere della Sera, 30.12). Ma i termini stranieri non erano snob e radical chic?

Cos’è la sinistra. “‘Caro Pd, l’autonomia differenziata è di sinistra’. Parla Giani” (Foglio, 6.1). “Bufera su Giani. Regione Toscana, il Pd sceglie come revisore manager sott’inchiesta per mafia a Catanzaro. Per i pm è un prestanome del clan Bagalà” (ilfattoquotidiano.it, 8.1). A furia di fare cose di sinistra, questo Giani leva il pane di bocca alla destra.

La Repubblica del Nordio. “Altro punto centrale sarà la riforma della giustizia di cui il ministro Nordio ha offerto alcune anticipazioni. Per gli standard italiani sarebbe quasi una rivoluzione, ma dovrà affrontare un muro ostile su cui il governo potrebbe inciampare” (Stefano Folli, Repubblica, 2.1). Oh no, e poi come facciamo senza rivoluzione?

De Banchis. “Bce e inflazione, parole in libertà. Nelle ultime settimane, diversi esponenti della maggioranza hanno espresso perplessità, dubbi e anche forti critiche verso l’operato della Banca centrale europea… La Bce fa la sua parte nella lotta all’inflazione” (Veronica De Romanis, Stampa, 8.1). E di chi è moglie De Romanis? Di Lorenzo Bini Smaghi. E dove stava Bini Smaghi dal 2005 al 2011? Nel Comitato esecutivo della Bce. Ah ecco.

Il titolo della settimana/1. “Toh, l’ambientalista preferisce il taxi” (Libero, 4.1). Quindi?

Il titolo della settimana/2. “Padre Georg: ‘Io, dimezzato da Bergoglio’” (Repubblica, 6.1). La prima volta che si riesce a dimezzare il nulla.

Il titolo della settimana/3. “Ora padre Georg diventa un caso” (Repubblica, 6.1). Umano.

Il titolo della settimana/4. “Padre Georg: ‘Bergoglio ignorò Benedetto sulla propaganda gender’” (Libero, 8.1). E ‘sti ca**i non ce lo vogliamo mettere?

Il titolo della settimana/5. “Il piano della Meloni per cambiare l’Europa” (Libero, 7.1). E la Galassia niente?

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10/01/2023
Reddito di scemenza

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Ieri, su La7, quel gigante del pensiero che risponde al nome di Alessandro Barbano, condirettore del Corriere dello Sport (ma perché solo condirettore? Facciamolo almeno direttore!), ha brillantemente risolto col suo fiuto proverbiale il caso della guerriglia fra ultras del Napoli e della Roma: “Quanti di questi signori hanno completato i loro studi e quanti godono del Reddito di cittadinanza? Capisco che è una provocazione un po’ aggressiva. Ma sono curioso di capire, perché qui è il cuore del problema: la democrazia parassitaria e assistenziale con cui lo Stato governa una parte del Mezzogiorno”. E certo: è questo il cuore del problema. Se si dovesse mai scoprire che quei facinorosi percepivano il luculliano assegno mensile di 500 euro per stare sul divano (ma magari!), sarebbe inutile interrogarsi sull’abbandono scolastico; della disoccupazione, del degrado e della rabbia sociale nelle periferie urbane, soprattutto nel Centro-Sud; dei rapporti fra gruppi ultrà, criminalità comune e organizzata, estremismo politico e spesso anche società di calcio che pagano viaggi in auto, in treno, in aereo più vitto e hotel a giovinastri nullatenenti per sostenere le squadre o perché ne sono ricattate. Queste brutte cose non esisterebbero senza il Reddito di cittadinanza: infatti mica c’erano fino a tre anni e mezzo fa, quando i putribondi 5Stelle decisero di sperperare la bellezza di 7-8 miliardi l’anno ai poveri e ai disoccupati (categorie spesso coincidenti), sottraendoli ai veri bisognosi: cioè i ricchi e i ladri di Stato (categorie spesso coincidenti, ma che godono di buona stampa perché la finanziano).

Prima non esistevano neppure mafia, camorra e ’ndrangheta, fondate giusto nella primavera 2019 per arraffare il Reddito di cittadinanza. Infatti, a ogni retata antimafia, i giornaloni mica si preoccupano per le migliaia di mafiosi in circolazione, ma perché alcuni di loro rubano 500 euro al mese di Rdc. Ora però la pacchia per i poveri sta per finire: ancora sei mesi e almeno quelli “occupabili” smetteranno di gozzovigliare a caviale e champagne con 500 euro al mese per la gioia di tutti i Barbano e i 7-800 milioni risparmiati potranno finalmente finanziare i 12 condoni fiscali del governo Meloni. Cioè torneranno ai legittimi proprietari del denaro pubblico versato da quei fessi che ancora pagano le tasse: gli evasori. La violenza dentro e fuori gli stadi, come per incanto, svanirà e gli ultras rivali si abbracceranno come agnellini nelle curve e negli autogrill, come prima del 2019. Oppure, da bravi occupabili, si troveranno un onesto lavoro nelle premiate ditte Cosa Nostra Spa, ’Ndrangheta Srl e Camorra Sas, sempreché queste – senza più il Reddito di cittadinanza – riescano a tirare avanti.




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L'INFILTRATO PUTINIANO

l'editoriale di Marco Travaglio

11 gennaio 2023

Allarme russo, ripeto: allarme russo. Un pericoloso putiniano, aiutato dai soliti hacker moscoviti, s’è infiltrato nelle pagine di Repubblica per ribaltare di 180 gradi la linea di Sambuca Molinari. L’ignoto intruso, che si spaccia per l’economista americano Jeffrey D. Sachs e – leggiamo sgomenti – “comincia con questo articolo la sua collaborazione con Repubblica”, riempie un’intera pagina sotto il titolo ingannevole “Lula uscirà rafforzato. Ora la vera sfida è salvare l’Amazzonia” per bombardarne senza pietà 11 mesi di editoriali turboatlantisti sulla guerra russo-ucraina: “Qui in Occidente siamo bombardati da narrazioni ufficiali ridicole, perlopiù provenienti da Washington”. Quali? Guardacaso, le stesse di Sambuca, Johnny Riotta, Merlo, Messina, Folli, giù giù fino a Cappellini: “La Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci… Dabbenaggini imbastite dal Dipartimento di Stato” e rilanciate da Rep e dalle altre filiali locali del Pentagono, che “ci intrappolano in guerre che non avrebbero mai dovuto verificarsi e vanno fermate con i negoziati piuttosto che con l’escalation”.
Oddio, e quali guerre? “È stato il tentativo Usa di espandere la Nato alla Georgia e all’Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi)”. Questo bel tomo ignora il primo comandamento del Decalogo atlantista: c’è un aggressore e un aggredito. Anzi, peggio: iscrive Usa e Nato fra gli aggressori di Georgia e Ucraina. Ma non solo: “Né il bombardamento Nato di Belgrado nel 1999, né i 15 anni di missione fallita in Afghanistan, né il bombardamento della Libia nel 2011 hanno centrato gli obiettivi”. E, parlando con pardon, “neppure la Cina è una grave minaccia come viene dipinta oggi in occidente”, perché “non viviamo più in un mondo guidato dagli Usa e neppure diviso fra gli Usa e la rivale Cina. Siamo in un mondo multipolare, in cui… alleanze militari come la Nato… sono un pericoloso anacronismo”. E tutto questo – ripetiamo con sgomento – su Rep: un autobombardamento in piena regola, che non può restare impunito. Prima però bisogna dare un nome e un volto al putribondo figuro. Da quel che scrive, il campo si restringe a pochi pacifinti putiniani: il professor Orsini, i filosofi Cacciari e Di Cesare, i generali Mini e Bertolini, il fisico Rovelli, gli storici Barbero, Canfora, Cardini, D’Orsi o forse, chissà, il direttore del Fatto Putiniano. Che aspettano il Copasir, il Dis, l’Aise, l’Aisi e la Digos a indagare? E dove sono Riotta, la Tocci, il commissario Iacoboni, il duo Sarzanini-Guerzoni e gli altri ghostbuster di hacker e agenti russi? Urge aggiornare le liste di proscrizione. Non c’è un minuto da perdere.




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12/01/2023

Il Punto M

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – C’è sempre un momento, nella carriera di un leader, che somiglia al punto di rottura del cristallo infrangibile: lo colpisci un’infinità di volte e resiste, poi prende un colpetto in un punto debole nascosto e si crepa tutto o va in mille pezzi. Non sappiamo se per Giorgia Meloni quel momento, o quel punto, sarà la questione dei carburanti, ma ne ha tutta l’aria. Intendiamoci: nulla che possa far cadere il governo o prosciugare il largo consenso di cui gode la premier. Ma qualcosa – vedremo se piccolo o grande – sembra essersi rotto nell’idillio col suo popolo. Non per merito dell’opposizione, divisa e per due terzi inesistente. Ma per merito suo: ha fatto tutto lei. Prima ha promesso di abolire le accise, insultando i governi che non lo facevano. Poi non solo le ha mantenute, ma ha pure abolito gli sconti del governo Draghi. Scelta politica che, visti i pochi soldi a disposizione, gli italiani avrebbero capito, se la Meloni non avesse puntato il dito su fantomatici colpevoli dei conseguenti aumenti, inventando nemici tanto comodi quanto invisibili: gli “speculatori”. Che esistono eccome, ma stavolta non c’entrano nulla, visto che gli aumenti collimano al millesimo con gli sconti cancellati. L’han detto pure il ministro Pichetto e il comandante della Gdf Zafarana, allibito per esser stato convocato da Meloni e Giorgetti per indagare sui rincari causati da Meloni e Giorgetti.

A quel punto Meloni ha perso la trebisonda e s’è l’è presa con imprecisate “campagne di stampa”, anche se tutta quella di destra e quasi tutta quella “indipendente” (per non parlare dei tg-scendiletto) continuano a menarla su inesistenti “furbetti” e “speculatori”. Sempre più incartata, la premier ha detto che in campagna elettorale “non ho mai promesso il taglio delle accise”. Strano, perché il programma elettorale di FdI, di cui lei pare sia la leader, recita: “Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise”. È anche su questa promessa che ha preso il 26% dei voti e ora deve spiegare perché fa l’opposto, su un raro caso in cui non può incolpare il governo precedente. Potrebbe prendersela con gli speculatori delle armi e con Draghi per le vere ragioni di tutti i rincari: le sanzioni alla Russia che danneggiano più i sanzionatori che il sanzionato; e il nulla fatto per agevolare il cessate il fuoco (e le sanzioni). Invece ieri ha deciso – in ottima compagnia di Pd, Azione e Iv – di inviare altre armi: quindi, per il poco che attiene all’Italia, la guerra deve proseguire a oltranza e la lobby degli armamenti continuare a ingrassare sulla pelle degli ucraini e a spese nostre. Si potrebbe dire “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, se il mal non fosse il nostro.




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13/01/2023
Dipartito democratico

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – In un altro paese, un governo come il Meloni-Tafazzi che non ne azzecca una manco per sbaglio e riesce a far incazzare anzitutto i suoi elettori sarebbe una benedizione per le opposizioni. Che accenderebbero ogni giorno un cero a Santa Giorgia, a San Matteo (doppio), a San Carlo, a San Gilberto e a Ognissanti, ruberebbero messi di voti alla maggioranza, la inchioderebbero alle bugie e contraddizioni preparando la riscossa ben prima del 2027. Invece ne approfitta solo il M5S, malgrado l’oggettivo handicap di avere un leader che passa ben due giorni a Cortina e indossa pure il maglione a collo alto. Il Pd è letteralmente estinto, come se gli fosse vietato fare e dire alcunché sino al congresso. La patologia di parlare in un codice cifrato tutto suo – il “pidiese” – accessibile solo a una dozzina di capicorrente (se va bene), si è aggravata al punto che nessuno sa più cosa sta dicendo e, appena parla, si precipita ad autotradursi su Google Translate: invano. Anziché aiutare gli alieni a riatterrare sulla terraferma e a riscoprire l’italiano, o almeno il linguaggio dei segni, la grande stampa li spinge verso nuovi orizzonti extraterrestri.

Noi, per dire, non abbiamo capito perché mai, con le “primarie aperte”, il Pd faccia scegliere il suo segretario anche ai non iscritti: cioè a chi passa per la strada, vede un gazebo, entra e vota per scherzo o per dispetto. Ma ogni tribù ha le sue usanze. Però, da quando è nato, il Pd ha sempre previsto il voto online per chi stava all’estero e – nelle primarie per i sindaci in periodo Covid – anche per chi stava in Italia, ma non poteva o non voleva uscire di casa. Siccome siamo nel 2022 e quasi tutti fanno quasi tutto online – dalla spesa allo smart working, dalle telefonate alle lezioni, dalla lettura dei giornali alle riunioni aziendali, dai bonifici bancari ai colloqui fra capi di Stato, dai reati telematici al sesso cibernetico – pareva scontato ciò che aveva proposto la Schlein: affiancare ai gazebo il voto online, così ciascuno può decidere se votare di presenza o da casa. Apriti cielo! L’ossessione psicopatologica per il M5S ha scatenato una canea di strilli sdegnati: e che, copiamo i grillini? Come se il web l’avessero inventato Grillo e Casaleggio. Ancora ieri su Repubblica quel gran genio di Stefano Folli, che ha una modernità lievemente inferiore alla pietra focaia, metteva in guardia il Pd dall’“adottare anche sul piano simbolico i metodi della forza concorrente”, i famigerati 5Stelle “inventori dell’uso politico del web” (qualunque cosa significhi) con la fu piattaforma Rousseau. Si attende ad horas una nuova direzione del partito per stabilire se chi non vuole o non può uscire di casa possa votare con segnali di fumo dal balcone, o con un piccione viaggiatore, o con un messo a cavallo.




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