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Inserito il - 27/11/2022 : 04:51:46
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27/11/2022
La pace edilizia
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Non ci sono più lacrime né parole. Le lacrime le hanno consumate gli ischitani a furia di piangere i loro morti in alluvioni, frane, terremoti. Le parole le abbiamo consumate noi giornalisti, costretti a commentare ciclicamente sempre la stessa tragedia. Con le stesse cause: cambiamenti climatici, abusi edilizi, consumo di suolo, dissesto idrogeologico, incuria del territorio garantito dal trasversalissimo Partito del Cemento. E gli stessi colpevoli: quei politici e amministratori che promettono cose giuste e non le fanno, o promettono cose sbagliate e le fanno, ma anche quei cittadini che li votano e li rivotano per tenersi le case abusive. Poi c’è chi le parole non le finisce mai, neanche quando dovrebbe trettenerle in gola: il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Ieri mattina era a Milano a inaugurare una linea della metro, eppure già annunciava che sotto la frana di Ischia c’erano almeno “otto morti accertati”, quando non s’era ancora trovato un cadavere. Passano gli anni e cambiano i governi, ma lui no: è sempre il Cazzaro Verde che, vicepremier e ministro dell’Interno del Conte1, annunciava arresti prima che fossero fatti, aiutando qualche criminale a scappare. Ora l’ansia di arrivare primo (a dire fesserie) l’ha portato a innescare una macabra gara nell’annuncio dei morti.
Eppure qualcosa di serio avrebbe potuto dirlo: che i negazionisti del clima travestiti da nemici dell’“ambientalismo ideologico”, molti dei quali votano Lega o FdI o FI, sono corresponsabili di queste catastrofi tutt’altro che “naturali”. Se Ischia ha 60mila abitanti e più di 27 mila pratiche di sanatoria, lo dobbiamo a chi non fa altro che promettere e perpetrare condoni in cambio di voti (altro che “voto di scambio” col Reddito di cittadinanza). Nell’ultima campagna elettorale finita due mesi fa, la Lega prometteva di bloccare gli abbattimenti le case abusive. Come ricorda Maurizio Acerbo (Up), il 9 settembre, due settimane prima delle elezioni, all’hotel Ramada di Napoli si tenne una riunione fra alcuni sindaci campani, i rappresentanti dei movimenti anti-demolizioni e i candidati leghisti Rixi, Cantalamessa, Castiello e Nappi. Tema: un decreto per bloccare gli abbattimenti. Quello che da anni Salvini va twittando col tragicomico eufemismo “Pace edilizia” e Rixi ha tradotto in un disegno di legge sul “ravvedimento operoso” per tenere in piedi gli edifici abusivi. Nappi, meno ipocrita, si faceva campagna elettorale con lo slogan “Condono edilizio subito”. Ora Rixi è viceministro alle Infrastrutture, cioè il braccio armato di Salvini, e la Castiello sottosegretario ai Rapporti col Parlamento. Da ieri sanno, insieme al loro principale, dove porta la loro “pace edilizia”: alla pace eterna.
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Dino
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Inserito il - 28/11/2022 : 04:45:31
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28/11/2022
Ma mi faccia il piacere
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Ha stato Conte. “Dove c’è il Reddito, cresce il crimine. L’assegno grillino non solo ha aumentato la povertà, ma incentiva pure la delinquenza. Napoli, con 626 mila percettori, ha il più alto numero di furti. La Sicilia, con 700mila sussidi, è ai primi posti per associazioni a delinquere e mafiose” (Pietro Senaldi, Libero, 27.11). Ecco finalmente spiegato quando e perché nacquero Camorra e Cosa Nostra: nel 2019 col Conte-1, per via del Reddito di cittadinanza. Slurp. “Meloni consola la piccola Celeste in lacrime: ‘Studia che poi diventi come me, ma sbrigati…’”. “Fuori programma tra Giorgia Meloni e la piccola Celeste, di fronte al Senato. Quando il premier lascia in auto palazzo Giustiniani una bimba riccia e bionda piange e grida ‘Giorgia’. Il presidente del Consiglio si accorge di lei e della mamma, e chiede di fermare la vettura lasciando avvicinare la bimba, mano nella mano con la mamma, in lacrime per l’emozione. ‘Come ti chiami’, le chiede Meloni. Lei risponde ‘Celeste’ continuando a singhiozzare. ‘Stai tranquilla – la consola il premier – non devi piangere, io ti dico solo una cosa, devi studiare, che poi diventi come me, sei la prossima, ma sbrigati…’. Poi c’è tempo per una foto quasi guancia a guancia, scattata dalla mamma. Madre e figlia si allontanano e l’auto riparte. La bambina abbraccia felice la sua mamma” (Adnkronos, 24.11). Torna finalmente a risplendere il sole sui colli fatali di Roma. Dovere di cronaca. “A titolo informativo anche io cercherò di coniugare l’impegno istituzionale con la vita privata cui ho diritto. Quindi darò il massimo per servire l’Italia e continuerò ad essere padre, marito, figlio. E se sarà possibile, coniugherò le due cose, senza nulla togliere al ruolo” (Guido Crosetto, ministro FdI della Difesa, Twitter, 16.11). Buono a sapersi. Mo’ me lo segno. Meglio solo. “Sì, il reddito di cittadinanza mi convince. L’ho firmato nel Contratto e quello che io firmo porto avanti. Lo farei anche governassi da solo” (Matteo Salvini, vicepremier della Lega, 2018). Invece governava col M5S e lo votò, ora governa con FdI e lo abolisce. Omeopatia. “Tra un anno farò cadere Meloni. Pronto a votare la riforma Nordio” (Matteo Renzi, senatore Iv, Stampa, 25.11). Beh, votare una legge del governo per far cadere Meloni è già un buon inizio. Merito. “Giovanna Melandri dice addio al Maxxi: ‘Giuli? Scelta politica’” (Repubblica, 25.11). Lei invece l’aveva portata la cicogna. Souma Oro/1. “Mi era stato detto dei ritardi nei pagamenti degli stipendi, ma le testimonianze e le denunce vanno oltre. Ho saputo dei ritardi da mia moglie” (Aboubakar Suomahoro, Stampa, 25.11). Ah, quindi ci parla, con la moglie. Chissà cosa avevamo capito. Souma Oro/2. “Sinistra vigliacca, non difende Soumahoro” (Paolo Guzzanti, Riformista, 23.11). “Mimmo Lucano: ‘Sono grato a Aboubakar. L’ho invitato a Riace’” (Manifesto, 26.11). Come se non avesse già abbastanza guai di suo. Souma Oro/3. “Perché questo tempismo? Perché proprio adesso, a meno di 40 giorni dall’inizio della legislatura? Si ha paura delle mie idee?” (Soumahoro, video sui social, 21.11). Sulla giustizia a orologeria ci siamo. Ora manca solo che la moglie sia la nipote di Mubarak, e la suocera sua sorella. Canti orfinici. “Ormai vale tutto, perfino Conte fa finta di essere di sinistra. Però non gli riesce proprio benissimo…” (Matteo Orfini, Pd, Un giorno da pecora, RaiRadio1, 21.11). Beh, certo, a lui quando faceva il presidente del Pd di Renzi e giocava con lui alla playstation, riusciva molto meglio. La stratega. “Allora non era vero quel che diceva il superesperto conteso da tutti i programmi tv, il perfettamente sicuro professor Orsini… ‘Si prospetta un bagno di sangue, intendono fare un massacro, intendono combattere per mantenere Kherson’… Vedrai che la prossima volta si corregge, oppure non lo invitano più, perché che esperto sei se le analisi e le previsioni le sbagli tutte” (Concita de Gregorio, Repubblica, 13.11). “Vendetta di Putin: razzi su Kherson dopo la liberazione” , “Via dalle bombe e dal gelo: la grande fuga da Kherson dei civili appena liberati”, “Putin risponde con i missili, Ucraina al freddo e al buio”, “Centomila soldati russi pronti per essere sacrificati nel gelo dell’Ucraina. L’ordine del Cremlino: ‘Non indietreggiate, a qualunque costo’. Ai coscritti è stato ingiunto di mantenere le posizioni in attesa dell’offensiva di primavera” (Repubblica, 22, 23, 24, 26, 27.11). Allora non era vero quel che diceva la superesperta contesa da tutti i programmi tv, la perfettamente sicura Concita De Gregorio. Vedrai che la prossima volta si corregge, oppure non la invitano più, perché sei esperta se le analisi e le previsioni le sbagli tutte. Il titolo della settimana/1. “‘Via l’abuso d’ufficio’. Il guizzo garantista della premier Meloni” (Dubbio, 25.11). Ora però, per essere ancor più garantista, ci vuole un altro guizzo: deve abolire l’intero Codice penale. Il titolo della settimana/2. “Meloni e l’invidia di Draghi” (Francesco Merlo, Repubblica, 24.11). La variante Beta dell’invidia del pene?
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29/11/2022 Chi condona i ballisti
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Sabato In Onda, il samiszdat che nel weekend sostituisce Ottoemezzo, era dedicato a incolpare Conte per la frana di Ischia. E Paolo Mieli, noto esperto di urbanistica, profetizzava che il Fatto avrebbe scritto che quello varato dal Conte-1 non era un condono. Una volta tanto ci ha azzeccato: scriviamo che non era un condono non perché siamo amici di Conte, ma perché non era un condono. Spiace anche per gli altri urbanisti Cappellini, De Angelis, Zurlo, Sallusti e Renzi. Ma, per sapere se il dl Emergenze del 2018 fosse o meno un condono, basta leggerlo. I suddetti esperti hanno dedotto che lo fosse perché l’art. 25 s’intitola “Definizione delle procedure di condono”. E, siccome sono anche dei fini giuristi, erano così eccitati all’idea di poter sbugiardare l’azzeccagarbugli di Volturara Appula, dandogli pure una lezione di diritto, che si sono fermati al titolo senza leggere il testo. Sennò avrebbero scoperto che si riferisce alle “istanze relative agli immobili distrutti o danneggiati dal sisma del 21.8.2017 presentate ai sensi della legge 28.2.1985 n. 47, della legge 23.12.1994 n. 724 e del decreto legge del 30.9. 2003 n. 269… pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”. E cosa sono quelle due leggi e quel decreto? I condoni edilizi di Craxi (1985) e di Berlusconi (1994 e 2003). Ecco perché il decreto Conte parlava di “pratiche di condono”: non perché ne stava facendo uno, ma perché citava quelli di Craxi e B. per poter “disciplinare gli interventi per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica nei comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia” terremotati nel 2017 (art. 17). Siccome il terremoto aveva distrutto o danneggiato un migliaio di case che attendevano (da 10, 20 o 30 anni) un sì o un no ai condoni craxian-berlusconiani e gli abitanti non potevano ristrutturarle, nel 2018 si chiese ai Comuni di “assicurare la conclusione dei procedimenti” di “esame delle istanze di condono entro sei mesi”. Il che poi avvenne col sì al condono (di Craxi e B.) per chi dice 6 e chi 60 case terremotate.
Il Fatto, pur comprendendo il dramma dei senza casa, criticò il Conte-1 perché dava un brutto segnale: quelle vecchie case avevano comunque dei vani abusivi, anche se non si potevano certo abbattere ignorando i tre condoni. Ma non sanava un solo abuso in più di quelli già coperti dalle sanatorie di Craxi e B. Anzi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il migliore degli ultimi 25 anni, aggiunse pure il divieto di qualunque opera in aree a rischio idrogeologico o di interesse ambientale, paesistico, archeologico e artistico. Come sempre, i pifferi di montagna partiti per suonare sono finiti suonati. Ma possono sempre incolpare Conte per il terremoto a Ischia del 1883.
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30/11/2022
La retromarcia su Roma
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Pronti, via. Anzi, mica tanto. Meloni&C. erano così “Pronti” che, a parte andare a cercare ministri e sottosegretari per strada, come se fossero gli unici a non aver previsto la propria vittoria, non c’è materia affrontata nel primo mese su cui abbiano le idee chiare. Più che un governo, una mazurka di marce e retromarce. L’ultima è arrivata ieri, col ritiro dell’emendamento al decreto-insaccato “Missioni Nato e servizio sanitario in Calabria” (testuale) per continuare a spedire armi all’Ucraina in barba al Parlamento sino a fine 2023 (anche se nel frattempo finisse la guerra). Ma già prima i marciatori su Roma avevano ingranato la retromarcia, nell’ordine, su: nuova Opzione Donna (presentata, ritirata e ripresentata: olè), obbligo di mascherine in ospedali ed Rsa (doveva essere abolito, invece è rimasto), multe ai non vaccinati (dovevano essere abolite, invece sono rimaste), tetto al contante (10 mila euro, anzi 5 mila), obbligo di pagamenti col Pos (sopra i 30 mila euro, anzi sopra i 60 mila), calo del prezzo della benzina (il governo lo fa salire), trivelle in mare (FdI e Lega da No Triv a Sì Triv), abolizione del Reddito di cittadinanza (resta per gli “inoccupabili”, i due terzi dei percettori), cacciata dei navigator (li rivogliono pure le Regioni di destra), abolizione del Superbonus (prorogato sino a fine novembre, e ora forse sino a fine anno), Flat Tax (aliquote a platea cambiate una dozzina di volte), condono fiscale (idem come sopra), rapporti con la Cina (vietatissimi fino al vertice Meloni-Xi, ora manna dal cielo), navi delle Ong (non sbarca nessuno, anzi sbarcano i “fragili” e non il “carico residuale”, anzi sbarcano tutti), dl Rave party (6 anni di galera con intercettazioni, anzi 4 o 5 anni senza), bonus a chi si sposa in chiesa (era solo una cazzata delle tante), “priorità carceri” (tagli al personale penitenziario già sotto organico), “priorità scuola” (tagliano 6-700 scuole), “priorità sanità” (2 miliardi che non bastano neppure per pagare le bollette degli ospedali) e via retromarciando.
Intendiamoci: per chi pensa male e fa pure peggio, ogni retromarcia è una benedizione. Ma per dire quanto erano pronti e quanto durano. Meloni spera “a lungo”. Ma al suo posto, più che degli alleati rissosi, riottosi, malmostosi e cazzari, che fanno folklore, ci preoccuperemmo di Ollio & Ollio che s’offrono. Renzi, in tour a gettone a Bangkok, si dice “pronto a lavorare col centrodestra”: il che, oltre a essere un’ovvietà (lo fa da quand’è nato), è pure una minaccia. Calenda, dopo l’inutile incontro con lei, invita FI ad “aiutarla anziché sabotarla”. Cioè un leader di opposizione (si fa per dire) ne critica uno di maggioranza perché si oppone troppo. Noi, nei panni di Giorgia, una grattatina ce la daremmo.
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01/12/2022
dooH niboR
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – I moniti di Mattarella sono come il placebo: ti illudi che ti curi, invece è acqua fresca. Prendiamo l’ultimo, spacciato dai media per un j’accuse al governo Meloni-Condoni. Stampa: “Evasione fiscale, l’altolà del Colle”, “La moral suasion del Quirinale”. Rep: “Mattarella difende la lotta contro l’evasione”. Corriere: “Mattarella sull’evasione fiscale: ‘Tema centrale del Pnrr, non si cambierà’”. Messaggero: “Mattarella rassicura la Ue: ‘Sull’evasione fatto molto’”. In effetti, avendo firmato un anno fa il condono fiscale di Draghi e ora la legge di Bilancio meloniana con 10 condoni fiscali, tetto ai pagamenti cash a 5 mila euro e niente multe a chi non fa pagare fino a 60 euro col Pos, ha fatto molto anche lui: a favore dell’evasione, però. Se avesse voluto dare l’“altolà”, non avrebbe firmato la manovra. Se avesse esercitato la moral suasion, avrebbe avvisato per tempo: o levate le 12 norme-vergogna, o niente firma. Invece ha fatto come Napolitano e i coccodrilli: ha mangiato tutto, poi s’è messo a piangere.
Ma i presidenti della Repubblica, da vent’anni a questa parte, sono più ineffabili dei papi, quindi nessuno nota la contraddizione. Eppure, a smentire le panzane del governo avallate dal Colle, basta la Relazione tecnica della stessa manovra Meloni: i nuovi condoni fiscali – camuffati da “tregua fiscale” da chi s’è inventato il condono edilizio di Conte – non solo non porteranno un euro allo Stato, ma rapineranno 3,6 miliardi in nove anni, di cui 1,6 nel 2023. Un tempo si diceva che facevano schifo, ma almeno facevano cassa: ora la svaligiano. Lo Stato non solo abbuona un sacco di soldi dovuti da chi non ha pagato: ma, anziché guadagnarci, ci rimette. Dal do ut des Stato-evasori si passa al do, punto. E chi dà? Gli onesti che pagano le tasse, le multe e le more. Gli onesti pensionati che si vedono bloccare la rivalutazione. Gli onesti lavoratori dipendenti che pagano aliquote fino al 43% contro il 15% degli autonomi fino a 80 mila euro. E gli onesti poveri che non trovano lavoro, un tempo “disoccupati” e ora “occupabili” nella neolingua della destra meno sociale e più iniqua d’Europa. Siccome però il diavolo si annida nei particolari, nella Relazione c’è una coincidenza interessante. Lo stralcio delle cartelle esattoriali 2000-’15 sotto i 1.000 euro costerà allo Stato 784 milioni (è falso – come dice la premier – che fossero inesigibili e costasse di più riscuoterle che annullarle: si annullano anche crediti residui che i contribuenti stavano saldando a rate e quelli a stralcio nell’ambito della Rottamazione-ter di Draghi). E levare il Reddito ai disoccupati farà risparmiare 734 milioni. Quindi, come Robin Hood alla rovescia, il governo preleva 734 milioni dalle tasche dei poveri per darne 784 agli evasori. I 50 mancanti arriveranno cash, in nero.
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02/12/2022 Menu à la carte
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Tre giorni fa il senatore Renzi non aveva tempo per testimoniare al processo Consip, dove sono imputati il babbo e gli amici: doveva concionare a gettone a Bangkok. Ieri però era in Senato per denunciare il famoso “condono edilizio di Conte” (mai esistito) e duettare sul processo Open, dov’è imputato lui, col “migliore dei ministri”: Carlo Nordio. Questi ha ricambiato le moine trasformando se stesso e il Parlamento nel collegio difensivo allargato del senatore. Nel suo macchiettistico vittimismo alla Calimero, Renzi ce l’ha sempre col pm Luca Turco, che ha osato scoperchiare la cassaforte Open con marchette a pagamento. Dopo averlo denunciato a Genova (archiviato), insultato in libri, talk show e show, fatto trascinare dinanzi alla Consulta, ora pretende che sia punito per un gravissimo illecito: siccome il Copasir ha chiesto gli atti d’indagine – depositati nel processo Open, dunque pubblici e riferiti dai media – contenenti fra l’altro i soldi versati (legittimamente) a Renzi dal regime saudita di Bin Salman per valutare eventuali minacce alla sicurezza nazionale, Turco glieli ha inviati. Invece, per il giureconsulto rignanese, doveva negarli al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica perché la Cassazione aveva disposto che gli atti sequestrati a Carrai non fossero usati nel processo Open. Infatti il pm nel processo Open non li usa. Ma non si vede perché il Copasir, che non si occupa di reati ma di sicurezza nazionale, non potesse visionarli, tantopiù che li aveva già letti sui giornali. Se poi il Copasir riteneva di non doverli leggere (ma la Corte ne vieta l’uso processuale, non parlamentare), poteva cestinarli. Se non l’ha fatto è perché poteva leggerli, ergo Turco doveva inviarglieli.
Ma poi, se non ha nulla da nascondere, cosa può mai temere Renzi da quel segreto di Pulcinella? Nulla. Però deve buttarla in caciara per celebrare il suo processo sui social, in tv, sui giornali, nei libri e in Senato, dove può fingere che l’imputato non sia lui, ma Turco. Ovunque fuorché in Tribunale, dove gli imputati sono lui e i suoi compari, e il pm è Turco. Così ieri l’imputato Renzi ha chiesto a Nordio “che provvedimenti intenda prendere” contro il pm, che “per noi” (plurale maiestatis, tipo Papa) è reo di “un atto di cialtronaggine, o eversivo, o anarchico”. E il “migliore dei ministri” s’è subito messo sull’attenti, annunciando su due piedi un’ispezione ministeriale alla Procura di Firenze con “priorità assoluta” e poi “determinazioni con consequenziale rapidità”. L’imputato ordina e il Guardasigilli esegue: à la carte. Come ai bei tempi di B., che però aveva almeno il pudore di affidare certe basse incombenze ai suoi onorevoli avvocati. Renzi invece fa tutto da solo, essendo un Berlusconi che non ce l’ha fatta.
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IMPUNITÀ DI GREGGE
L'editoriale di Marco Travaglio
03 dicembre 2022
Finora il Pd era celebre perché, quando andava al governo, non solo non cancellava le porcate della destra, ma completava pure quelle che la destra non era riuscita ad approvare (Jobs Act e art. 18, indulto, soglie di impunità fiscale, controriforme dell’abuso d’ufficio, dei pentiti, dell’ergastolo, del “giusto processo”, chiusura dei supercarceri di Pianosa e Asinara ecc.). Ora, anziché opporsi alla destra, anticipa le porcate della destra per cancellare le buone leggi rimaste. Come la Severino, approvata da destra e sinistra nel 2012 per frenare le orde grilline. Siccome per 10 anni la Severino ha funzionato, tenendo lontani dal Parlamento i pregiudicati con condanne superiori ai 2 anni (tipo B., Dell’Utri, Minzolini, Cuffaro, Formigoni ecc.) e dagli enti locali decine di sindaci, presidenti e assessori comunali e regionali condannati anche in primo grado, o arrestati, o sotto misure di prevenzione antimafia, la destra impunitaria vuole smantellarla. E quei gran geni delle capogruppo Pd Malpezzi e Serracchiani e dei senatori Pd Rossomando e Parrini, anziché dare battaglia, hanno presentato una proposta di legge dello stesso segno. Così Nordio, Sisto&C. non dovranno neppure faticare a scriverla: ci ha già pensato la cosiddetta opposizione.
“Noi – spiega Rossomando – proponiamo che non sia più possibile sospendere dalla carica gli amministratori con condanne non definitive”. Parrini si augura il “consenso da tutte le forze politiche” e Serracchiani si appella a Meloni: “Il governo ci ascolti”. Ma certo che li ascolterà. Anzi, tutta la destra voterà come un sol uomo la loro porcheria: vogliono tutti la stessa cosa. E, quando si tratta di impunità per lorsignori, le maggioranze sono sempre oceaniche. Noi non vediamo l’ora: sarà meglio di un film dei Monty Python o di Mel Brooks. Prendiamo un sindaco, o un presidente di Regione, o un assessore, o un consigliere arrestato: oggi, in base a una legge del ’90 (assorbita dalla Severino ed estesa ai parlamentari condannati, ma solo in via definitiva), viene sospeso dal prefetto. Con la controriforma Pd-destra, invece, resta lì come se niente fosse. Piccolo problema pratico: se sta in galera, come fa a esercitare le sue funzioni? Gli atti da firmare può portarglieli il segretario in parlatorio durante i colloqui. Ma le riunioni di giunta? Potrebbe collegarsi in videoconferenza dalla cella, come i pentiti. O riunire gli assessori in cortile nell’ora d’aria. Se invece è ai domiciliari, può convocare la giunta nella via sotto casa e dirigere i lavori dal balcone o al citofono. Come l’ex sindaco di Capannori (Lucca) che, detenuto a domicilio per tangenti e dunque ricandidato, dava appuntamento agli elettori alle 18 in punto davanti al suo portone e faceva i comizi dalla finestra.
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04/12/2022
Mamma mia che impressione
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Lo spettacolo francamente indecoroso di un leader – uno a caso: Giuseppe Conte – fra la povera gente affamata dal governo fornisce al Commentatore Unico del Giornale Unico lo spunto per spiegare finalmente come si fa la vera opposizione.
1. “Conte è stato presidente del Consiglio e vederlo nella piazza di Scampia fa una certa impressione… Stride” (Minzolini, Giornale). Chi è stato premier deve reclutare mignotte nelle sue ville; frodare centinaia di milioni al fisco; incontrare agenti segreti negli autogrill; farsi pagare da tagliagole sauditi in cambio di lodi al loro Rinascimento. Così evita di fare una certa impressione e di stridere.
2. “A Scampia c’è il più alto tasso di fruitori del reddito di cittadinanza e il M5S ha avuto il 64% alle elezioni…” (Minzolini). Chi ha preso il Rdc ha votato Conte perché era l’unico a difenderlo, mentre gli altri volevano abolirlo (incluso Salvini che lo votò) o si erano opposti (incluso il Pd che ora lo difende): se l’avessero difeso tutti, i percettori avrebbero votato per tutti. In ogni caso, non si incontrano gli elettori dopo le elezioni: semmai prima, per chiedere i voti, poi si scappa per cinque anni.
3.“…una sorta di voto di ‘scambio’” (Minzolini). Promettere nel 2018 una misura di giustizia sociale che esiste in tutta Europa, realizzarla nel 2019 e venire premiati dagli elettori nel 2022 è “voto di scambio”. Invece chiedere voti agli evasori, poi varare condoni fiscali che non esistono in alcun altro Paese a spese dello Stato, dei poveri e degli onesti è Politica con la P maiuscola.
4. “La campagna di Conte come ‘avvocato dei poveri’… è una linea estremista… spregiudicata… che cerca di scaricare sul governo il malessere sociale” (Massimo Franco, Corriere). In effetti è strano che, con un governo che toglie ai poveri per dare ai ricchi e agli evasori, l’opposizione si opponga. Di solito collabora alla rapina. A meno che non sia “estremista”.
5. “Ma punta soprattutto a mettere nell’angolo il Pd… Una sfida non tanto al governo, ma a sinistra” (Franco). Ecco perché Conte attacca Meloni: perché ce l’ha col Pd. Per non avercela col Pd, dovrebbe elogiare Meloni. E, siccome il Pd s’è messo in coma farmacologico fino a marzo, deve entrare in coma pure lui in attesa che il Pd ne esca: muoversi mentre l’altro dorme è poco sportivo.
6. “Bisogna aspettarsi ‘piazze’ agitate… (Conte) radicalizza ogni conflitto sociale; difende i lavoratori precari… Una ‘deriva francese’ da sinistra minoritaria” (Franco). L’opposizione maggioritaria difende i miliardari, va a Confindustria e all’ambasciata Usa a prendere ordini, vive fissa fra le prime della Scala, i forum di Cernobbio e Leonardo, i salotti e le terrazze, senza mai uscire dalla Ztl. Ed evita accuratamente le piazze: i poveri, fra l’altro, puzzano.
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MA MI FACCIA IL PIACERE.
l'editoriale di Marco Travaglio
05 dicembre 2022
Hobby. “Se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle. Io cerco di pagare in contanti, perché a me piace andare a prelevare al bancomat” (Matteo Salvini, Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Twitter, 2.12). Non era meglio suonare ai citofoni?
Dovere di cronaca. “Il mio scroto è uguale a quello di Vittorio (Sgarbi)” (Morgan, Fq Magazine, 29.11). Sono soddisfazioni, per entrambi.
Tonno Nostromo/1. “Mi opposi a quel condono: così fui espulso dal M5S” (Gregorio De Falco, ufficiale della Marina Militare, Corriere della sera, 30.11). Com’è noto, non ci fu alcun condono. Ma basta uscire dal M5S e sparare sul M5S, e oplà: anche un marinaio diventa giurista, e pure urbanista.
Tonno Nostromo/2. “Parla De Falco: ‘Mi opposi al condono 5S. Così Conte mi mandò via’” (Giornale, 29.11). Tre anni prima di iscriversi ai 5Stelle e diventarne il leader, Conte già espelleva i parlamentari 5Stelle: precoce, il ragazzo.
Lapsus per lapsus. “Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale della crescita e nella costruzione della personalità!” (Giuseppe Valditara, Lega, ministro dell’Istruzione e del Merito, 24.11). “Umiliazione? Sono stato vittima di un lapsus. Volevo dire umiltà” (Valditara, 26.11). Del resto capita a tutti di sentire “Valditara”, di pensare “cognome” e di dire “coglione”.
Il laureato. “’Ma lei è laureato? La devo chiamare dottore o in quale altro modo?’, si rivolge la Bongiorno a Toninelli… Al suo fianco, dal banco degli imputati, Salvini assiste divertito” (Corriere della sera, 3. 12). E invece Salvini come lo chiama: dottore o in quale altro modo?
Lo stratega dei Parioli. “Sono un po’ schifato dalla retorica di chi dice ‘voglio la pace’ senza spiegare come vuole la pace e da chi dice ‘voglio la pace però ti levo le armi per difenderti’: quella non è la pace, vuoi la vittoria di Mosca, che vuol dire avere la Russia ai confini della Nato” (Carlo Calenda, leader Azione, Repubblica.it, 3.12). Veramente la Russia era ai confini della Nato anche prima della guerra in Ucraina, e perché la Nato si era allargata fino alla Russia, non viceversa. E adesso chi lo dice a Calenda?
Magari. “Giorgio Gori contro Elly Schlein: ‘Se vince potrei lasciare il Pd’” (Repubblica, 2.12). I classici due piccioni con una fava.
L’ideona. “Compagni, chiamiamolo Partito del lavoro” (Matteo Lepore, sindaco Pd di Bologna, Repubblica, 30.11). Pdl: dove l’ho già sentito?
Fotti e chiagni. “Conte? Un deficiente” (Guido Crosetto, FdI, ministro della Difesa, 11.11). “È molto grave il modo in cui lui personifica (sic, ndr) i suoi attacchi, in una sfera inquietante… Alimenta l’odio verso persone fisiche (sic, ndr)… in una sfera di violenza verbale… semina odio… quando veniva attaccato ingiustamente l’ho sempre difeso” (Crosetto, Corriere della sera, 2.12). Maestra, maestra, Giuseppe mi ha fatto la bua!
Monumento alla mazzetta. “Intitolate il Mose a De Michelis. Opera osteggiata dai cosiddetti progressisti. Che non si fecero problemi, dopo, a intascare tangenti” (Libero, 1.12). Come De Michelis, prima.
Aspesi e spera. “Renzi non poteva restare perchè il Pd, o forse tutti i partiti, non possono sopportare un responsabile che abbia troppi voti” (Natalia Aspesi, Venerdì di Repubblica, 2.12). Tantopiù se ha perso il referendum, poi le elezioni e intanto si è ritirato dalla politica.
Stampapello. “In nome di un’emergenza, da decenni accettiamo abomini incostituzionali come l’ergastolo ostativo senza speranza di uscire), come il carcere duro (il 41bis), come i sequestri preventivi” (Mattia Feltri, Stampa, 3.12). Povero Giovanni Falcone: e pensare che scriveva sulla Stampa. Compagna Letizia. “Braccia aperte a Bossi e mi aspetto voti da sinistra” (Letizia Moratti, Stampa, 3.12). Ma solo se apri le braccia pure a CasaPound.
Coincidenze. “Papà, le stelle morte continuano a inviare la loro luce…” (Daniela Ranieri, dedica al libro Stradario aggiornato di tutti i miei baci, Ponte alle Grazie, 2021). “La luce delle stelle morte” (titolo del nuovo libro di Massimo Recalcati, Feltrinelli, 2022). Che fai, Daniela: copi?
Il titolo della settimana/1. “Gli Usa uccidono un califfo dopo l’altro. Terzo leader dell’Isis eliminato in tre anni” (Stampa, 1.12). Per dimostrare che lo Stato terrorista è la Russia.
Il titolo della settimana/2. “Bersani parla di povertà poi va a fare acquisti nella boutique Vuitton” (Brunella Bolloli, Libero, 2.12). E quindi?
Il titolo della settimana/3. “’Ora c’è la Meloni, non partiamo più’. Tam tam tra i migranti in Libia” (Libero, 2.12). Uahahahahah.
Il titolo della settimana/4. “Il governo vuol tagliare 700 scuole in 2 anni” (Fatto, 27.11). “Povera scuola, arrivano i tagli. Chiuderanno 700 istituti” (Stampa, 2.12). Va bene copiare: ma metterci 5 giorni…
Il titolo della settimana/5. “Conte per distrarre dal condono di Ischia punta sull’Ucraina” (Domani, 29.11). A febbraio chiese a Putin di invadere già sapendo che a novembre i giornali si sarebbero inventati un suo condono di Ischia. Furbo, lui.
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Ticket Restaurant
l'editoriale di Marco Travaglio
06 dicembre 2022
La manovra Meloni è già stata bocciata da Bankitalia e Corte dei Conti, Istat, Cnel e Upb, docenti e studenti, sanitari e pazienti, sindacati e Confindustria, cattolici e atei, pensionati e giovani ma anche gente di mezza età, Ue e italiani, Nord e Sud. E sta sulle palle persino a Meloni (“il tetto al Pos può scendere”). Ma almeno a due categorie piace: gli evasori fiscali e Ollio&Ollio, alias Renzi&Calenda. La coppia più comica del momento aveva chiesto i voti per il Draghi-2, previsto al massimo in primavera perché “Meloni cadrà in sei mesi”. Ora i pochi elettori che se l’erano bevuta vedono il capocomico Carletto, travestito da Caligola sovrappeso, ca**iare FI perché non sostiene Meloni e sostenerla lui al posto loro. Intanto la spalla rignanese annuncia che “nel 2024 farò cadere Meloni e saremo il primo partito”. È “il polo della serietà”. Si aprirebbe un certo spazio per l’opposizione vera, ma il Pd ha il “percorso costituente precongressuale” che richiede tempo perché – si era detto – “prima le idee e poi i nomi”. Purtroppo le idee non si sono trovate (le stanno cercando 87 “saggi”, con rabdomanti e sanbernardo). E si parla solo di nomi. Nomi avvincenti però, che scaldano il cuore degli elettori passati, presenti e futuri. Molto vari, ecco.
Bonaccini è un renziano sostenuto dai renziani. Ricci era renziano, ma piace alla sinistra interna (a quella esterna, meno). De Micheli era sottosegretaria dei renziani Renzi e Gentiloni, ma ce l’ha con Renzi. Schlein è la vice del renziano Bonaccini in Emilia-Romagna ed è appoggiata da Franceschini e Orlando, ex ministri del governo Renzi, però è la più antirenziana su piazza, anche perché non è iscritta al Pd che si candida a guidare. Poi c’è Nardella, renziano al Plasmon e sindaco di Firenze per grazia renziana ricevuta: pareva si candidasse pure lui, poi fu in corsa per un “ticket” con Schlein per alleviarne l’antirenzismo, invece farà ticket con Bonaccini per incrementarne il renzismo: è come il ficus, dove lo metti sta.
L’idea del “ticket” è arrapante, anche se nessuno sa cosa voglia dire: in 15 anni il Pd ha avuto 10 segretari che sbagliavano da soli, mai in coppia. Quindi che succede se vince Bonaccini? Fa un po’ per uno con Nardella? O Nardella, oltre al sindaco a tempo perso, fa il presidente del Pd? Ma il presidente del Pd non conta nulla: l’ha fatto pure Orfini. L’attuale, Valentina Cuppi, nessuno sa chi sia: nemmeno Letta, che s’è pure scordato di farla eleggere. Ora Renzi intima al Pd di appoggiare Moratti in Lombardia e di ritirare Majorino, che deve “accettare il ticket con lei”: cioè le porterà caffè e cornetto ogni mattina. Il fatto che Majorino combatta Moratti da quando aveva i calzoni corti è un dettaglio superabile: “Ticket” è la parola magica che fa evaporare le idee. E gli elettori.
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COREA DEL NORDIO.
l'editoriale di Marco Travaglio.
07 dicembre 2022
Il cosiddetto ministro della Giustizia Carlo Nordio lancia nuovi anatemi a grappolo contro il mestiere che faceva (così almeno pare) fino all’altroieri: il magistrato. Via l’azione penale obbligatoria, che tutela ogni pm da interferenze interne ed esterne e assicura ai cittadini il diritto di rivalersi dei torti subiti: meglio far decidere alla politica i reati da perseguire e da ignorare (indovinate quali). Via la Spazzacorrotti, perché le pene alte e la galera sicura non sono un deterrente: lo è semmai abbassare le pene e assicurare che siano finte. Però Nordio vuol dare l’impunità i corruttori che denunciano i corrotti e viceversa: ottima idea, ma se non rischiano di finire dentro (con la Salva-corrotti Zanettin il carcere torna finto), non si vede perché dovrebbero denunciarsi a vicenda. Tantopiù se non rischiano neppure di essere scoperti: Nordio vuole smantellare pure le intercettazioni, “strumento micidiale di delegittimazione personale e politica”, “violazione blasfema della Costituzione”, minaccia “alla riservatezza e all’onore” (dei delinquenti: gli onesti non hanno nulla da temere). Si pensi che oggi “si intercetta su semplici sospetti”, mentre andrebbero intercettati solo i condannati definitivi, sempreché ne resti qualcuno. C’è persino qualche pm pazzo che “intercetta persone non indagate”: tipo i famigliari di un sequestrato, i primi a cui telefona l’Anonima Sequestri che, essendo anonima, nessuno conosce. E poi, signora mia, “in Italia le intercettazioni costano troppo e sono troppe rispetto alla media dell’Ue e dei Paesi anglosassoni”.
È la solita chiacchiera da bar dei governi di B. e i suoi derivati. Purtroppo l’ha già sbugiardata nel 2006 uno studio comparativo della commissione Giustizia del Senato: l’Italia aveva ogni anno 100 mila bersagli intercettati (utenze, non persone, che possono usare più schede), per l’80% in indagini di mafia, cioè molte meno che nelle altre democrazie, dove però è impossibile contarle. Qui si sa quante sono perché la magistratura deve autorizzarle tutte, anche quelle dei Servizi; negli Usa sono diversi milioni, opera esclusiva di Servizi, Fbi, polizie statali e locali, Sec, persino pompieri; e anche in Francia, Spagna, Germania e Uk la polizia, i Servizi e altri enti amministrativi intercettano chi vogliono senza passare dal giudice, quindi il numero è incontrollabile. Il Senato concluse che “le garanzie che il nostro sistema legale assicura al cittadino non hanno l’eguale… in alcun’altra democrazia occidentale”. Lo sapeva anche Nordio, che solo nell’inchiesta sul Mose del 2014 ottenne 35 arresti e indagò 100 persone in base a migliaia di intercettazioni. Oppure già allora la pensava come oggi. Nel qual caso, sorge un dubbio atroce: chi faceva le indagini che lui firmava?
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LA SPAZZAONESTI
l'editoriale di Marco Travaglio.
08 dicembre 2022
L’altroieri, mentre Meloni si proclamava “garantista durante le indagini e giustizialista dopo le condanne”, la sua maggioranza con ruota di scorta renziana incorporata depennava i reati contro la Pa da quelli “ostativi” ai benefici penitenziari. Traduzione: la Spazzacorrotti di Bonafede, il miglior Guardasigilli degli ultimi 30 anni, votata da 5Stelle e Lega nel 2019 (Conte-1), diventa Spazzaonesti. A furia d’inventare scappatoie svuotacarceri, sconti, benefici, permessi premio, liberazioni anticipate, semilibertà, servizi sociali, domiciliari e altre “alternative”, entrare in galera senza ammazzare qualcuno o iscriversi a una cosca o trafficare chili di droga o essere senza tetto, è difficilissimo: anche chi si impegna allo spasimo a delinquere viene respinto alle porte del penitenziario e rispedito a casa. Gli anni di reclusione scritti nella sentenza sono finti. Ma questo fa incazzare gli onesti. E i politici, per non perdere voti, si sono inventati una lista di “reati ostativi” ai benefici penitenziari, che aggiornano a ogni “emergenza” criminale. Sono partiti con mafia e terrorismo, poi hanno proseguito con altri reati di “allarme sociale”: violenze sessuali, sequestri di persona, traffico d’esseri umani e di droga, riduzione in schiavitù, violenza sessuale, prostituzione minorile, pedopornografia, persino contrabbando. E fin lì, trattandosi perlopiù di delitti da strada e non da colletti bianchi, nessuno ha mai eccepito nulla. Nemmeno sull’applicazione “retroattiva” della norma a chi aveva commesso il delitto prima che diventasse ostativo: i condannati restavano (e restano) dentro per il tempo stabilito dalla condanna.
Poi il M5S pensò ingenuamente che fossero un’emergenza anche corruzioni, concussioni, truffe, peculati e altre razzie di denaro pubblico. E aggiunsero alla lista i reati contro la Pa. Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi ma convinto di non fare un giorno di galera perché aveva compiuto 70 anni, finì dentro. Apriti cielo. Un colletto bianco detenuto per scontare una pena detentiva: scandalo! Provvide la Consulta dell’apposita Cartabia a bocciare l’applicazione della norma ai reati contro la Pa (e solo quelli, of course) commessi prima che divenissero ostativi. Formigoni intanto era già uscito dopo 5 mesi (su 70) perché un giudice carino aveva anticipato la Corte. Restava un grosso problema per la Casta degli impuniti: chi ha svaligiato la Pa dopo la Spazzacorrotti o intende farlo in futuro rischia il carcere vero. Martedì FdI, Lega, FI e Iv (astenuto l’ottimo Pd) hanno ripristinato il carcere finto: quello vero resta per i contrabbandieri e gli altri, ma non per i corrotti e gli affini. È la certezza della pena modello Meloni&C.: se ti condannano per aver rapinato lo Stato, hai la certezza di farla franca.
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CASA A CASA
l'editoriale di Marco Travaglio
09 novembre 2022
Non ci si può indignare sempre per tutto. Bisogna scegliere. Ieri eravamo incerti fra il dramma della Meloni, che rapina i poveri per dare agli evasori come Superciuk e poi, se qualche povero s’incazza e dà di matto, è colpa di Conte; e i dolori del giovane Renzi, che inciucia con uno spione in autogrill e quando lo beccano denuncia tutti perché è colpa di Conte. Poi, su Repubblica, ci siamo imbattuti nello straziante grido di dolore di Bruno Vespa, che mostra la sua casa-tugurio e lacrima: “Viverci in affitto, e non saperla mia, mi provoca un grande disagio”. Superiamo il tuffo al cuore e scopriamo che il senzatetto e consorte sono ristretti in 200 mq su tre livelli (attico e superattico) a Trinità dei Monti: “Non è una casa con terrazza, ma una terrazza con casa”. Bei tempi quando “abitavamo a lungotevere Mellini, appartamento di proprietà di 400 metri quadri”. Poi nel 2006 il trasloco con “dura battaglia familiare” a Trinità dei Monti (zona Coccia di Morto) per le ristrettezze economiche (lui 1,3 milioni euro l’anno dalla Rai più gli extra; lei, Augusta Iannini, ex gip con incarichi ovunque). Nel loc**o con vista Immacolata e San Pietro c’è spazio appena per le “ben tre cucce di Zoe, il cane parson russell”, “l’opera omnia di D’Annunzio”, quella di Vespa e “Il ritorno degli imperi del direttore Maurizio Molinari” (direttore di Rep, of course: ecco chi gli ha comprato l’unica copia venduta). Per gli altri libri, l’homeless di Porta a Porta ha “affittato anche un appartamento al piano di sotto” e per i vini della sua masseria pugliese pure “una grande cantina al piano terra”. Ma non è bastato: “Sopra il caminetto, un quadro di Afro appeso su sopporto scorrevole nasconde lo strumento principale della sua carriera”. La lingua? No “il televisore”. Lui racconta che lo nasconde dietro il quadro perché “non mi piace che turbi l’armonia di una stanza”, ma è il tipico pudore di chi prende il Reddito di cittadinanza e si vergogna: in quell’abituro, se vuoi appendere un quadro, devi impallare la tivù. E se vuoi comprare delle arance (“adora fare la spesa”) devi ficcarle in frigo (ne è “pieno”): fuori non ci stanno. Aggiunge strazio a strazio il “rammarico” di vivere in affitto che, a occhio e croce, dovrebbe accomunare chiunque affitti una casa anziché comprarla. Vespa non svela i cattivoni che non gliela vendono. Ma Rep lo sa, strano che non lo dica: nel 2011 scrisse “Dai Balducci boys ai supervip: gli inquilini d’oro del Vaticano. Le proprietà fanno capo a Propaganda Fide e all’Apsa. Un patrimonio che vale miliardi. Ci abitano Vespa, Marano, Monorchio & C.. Gli inquilini eccellenti che han vinto una partita sul Monopoli immobiliare più importante di Roma”. Se ad agosto gli levano il Reddito di cittadinanza lo adottiamo noi.
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10/12/2022
Belgio-Italia 10-0
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La destra, Salvini in testa, ha subito rilanciato sui social la notizia dell’inchiesta belga sull’ex eurodeputato Pd (ora in Articolo Uno) Antonio Panzeri, sul suo assistente, sul sindacalista Luca Visentinie sulla vicepresidente del Parlamento Ue, indagati, perquisiti, arrestati e interrogati per “organizzazione criminale”, corruzione e riciclaggio con l’accusa di aver intascato mazzette dalla lobby dei Mondiali in Qatar. Chi non può dimostrare che i suoi non rubano si consola col fatto che rubano anche gli altri. Ma l’esultanza della destra per i guai della sinistra è un boomerang: l’indagine è la più plateale smentita alle panzane sulla giustizia diffuse da Nordio e tutto il governo. Quelli che lorsignori chiamano “scontro fra magistratura e politica”, “persecuzione giudiziaria”, “attacco delle toghe politicizzate agli avversari politici”, nel mondo normale si chiama “indagine per corruzione” (e i corrotti non possono che essere pubblici ufficiali: politici e amici loro), che comporta indagini, perquisizioni, arresti e intercettazioni. Quello che lorsignori chiamano “spionaggio per rovinare la reputazione delle persone”, nel mondo normale si chiama “intercettare e perquisire sospetti delinquenti”: infatti pm e polizia del Belgio hanno perquisito case e uffici delle persone coinvolte, indagate e non (o non ancora), requisito la refurtiva e sequestrato telefoni e pc per risalire a chiamate, messaggi e mail.
Quelle che lorsignori chiamano “lesioni delle guarentigie degli eletti dal popolo”, nel mondo normale si chiama “soggezione di tutti i cittadini alla legge”: infatti a Bruxelles hanno arrestato un ex eurodeputato e la vicepresidente in carica del Parlamento Ue, Eva Kaili, come cittadini normali. Quella che lorsignori chiamano “gogna mediatica”, “violazione del segreto istruttorio”, “circo mediatico-giudiziario”, “lesione della privacy e della presunzione di innocenza”, nel mondo normale si chiama “informazione”: i pm hanno diffuso un comunicato sul blitz, incluso il ritrovamento di 500 mila euro in contanti a casa di Panzeri; i giornalisti hanno dato la notizia; e nessuno di loro rischierà ispezioni o indagini per quel che ha detto o scritto. Quella che lorsignori chiamano “libertà di contanti” contro l’“illiberale obbligo del Pos” e la “cultura giustizialista” nel mondo normale si chiama “sospetto di corruzione, evasione e riciclaggio”: se un politico tiene in casa mezzo milione cash, è lui che deve giustificarne la provenienza. Perché lo stipendio i politici non lo ricevono in contanti, le mazzette sì. E più alto è il limite ai pagamenti cash, più è facile per il corrotto spenderle o immetterle nel circuito legale senza destare sospetti. Meloni, Salvini, Nordio, Sisto&C. lo capiscono da soli, o serve un disegnino?
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11/12/2022
Rimozione forzata
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Mezzo milione cash nella cassaforte di casa, sacchi di contanti nel soggiorno, un padre che tenta la fuga con valigioni pieni di banconote, ferie da favola a sbafo, carte di credito intestate a prestanome. Le scene svelate dall’inchiesta sugli eurodeputati a libro paga del Qatar non sono che l’antipasto di uno scandalo gigantesco. Salvo pensare che per comprarsi il Mondiale più scandaloso della storia i munifici emiri si siano accontentati di ungere i papaveri della Fifa, un sindacalista italiano, un ex eurodeputato italiano, il suo portaborse e la fidanzata greca di quest’ultimo, vicepresidente del Parlamento europeo, più alcuni socialisti belgi. La destra esulta con la consolazione dei dannati (“Evviva, ruba pure la sinistra!”). E la sinistra, mentre tuona contro il cash libero e le altre salva-evasori meloniane, tace o balbetta. Come sui 24 mila euro nella cuccia del cane di Cirinnà & Montino a Capalbio: nulla di penalmente rilevante, ma eticamente forse sì. Come su Nicola Oddati, membro della direzione nazionale del Pd e responsabile delle “Agorà” di Letta, beccato a gennaio alla stazione Termini dalla Polizia con 14 mila euro in tasca: indagato per associazione per delinquere e corruzione su vari appalti fra la Campania e la Puglia (era pure commissario a Taranto), si dimise dagli incarichi e non se ne parlò più.
Appena evochi la “questione morale” di Berlinguer, salta sempre su qualcuno a irridere la sua “diversità” da Craxi (che lui chiamava “il gangster”) e a parlare dei rubli da Mosca (paralleli ai dollari da Washington a Dc&C). Un modo per buttare la palla in tribuna, perché Berlinguer e i berlingueriani erano davvero “diversi”. Nel 1983 Diego Novelli, sindaco di Torino, appena seppe da un imprenditore che pagava mazzette e mignotte ai suoi assessori socialisti, lo fece scortare in Procura a denunciarli. Scattarono gli arresti, la giunta rossa cadde e Novelli fu ca**iato da Giuliano Amato per non aver “risolto politicamente la questione”. “Moralista” e “manettaro” (“giustizialista” ancora non si usava). Fra la linea Berlinguer-Novelli e la linea Amato, a sinistra molto prima che a destra, vinse la seconda. Centinaia di scandali, mai un dibattito serio e autocritico. Tanto, dall’altra parte, c’era B., il grande alibi e parafulmine che oscurava tutti gli scandali della sinistra. La pacchia, per i figli illegittimi di Berlinguer, finì con l’arrivo dei 5Stelle, che la legalità, oltre a predicarla, finora l’hanno praticata nelle leggi e nelle condotte personali; e con il declino del Caimano, che lascia la sinistra affarista e furbastra nuda come mamma l’ha fatta. Chissà se, di qui al congresso, almeno uno dei candidati o degli 87 saggi spenderà due parole o due righe su un dettagliuccio rimosso da oltre 40 anni: la questione morale.
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