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Dino

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OSTERIA DI FERRAGOSTO

l'editoriale di Marco Travaglio

14 agosto 2024

Come a ogni Ferragosto dalla notte dei tempi, c’è l’emergenza carceri. Ma tranquilli: Nordio ha “un piano”. Ne ha sempre uno, a ogni Ferragosto. E sempre diverso da quello dell’anno precedente, che è inutile domandargli quale fosse: complici l’alcol e la calura, non se lo ricorda più. Il piano 2023 erano le famose “caserme dismesse da adattare” a penitenziari. Carletto Mezzolitro ne aveva anche annunciato un “monitoraggio in autunno” (senza specificare l’anno), di cui purtroppo si persero subito le tracce: o si scordò di incaricare i monitoristi, o i monitoristi incaricati si scordarono di monitorare. Altro Ferragosto, altro piano. Magari costruire nuove carceri e ampliare quelle esistenti, progetto a cui l’ultimo ministro della Giustizia degno di questo nome, Bonafede, aveva destinato una quota del Pnrr? Non sia mai: “si può perché nessuno le vuole alle proprie spalle” (manco fossero cetrioli), come se lo Stato non avesse la potestà di costruire infrastrutture con la forza (lo fa soprattutto per quelle inutili, tipo il Tav Torino-Lione e il Ponte). Quindi il nuovo piano? Nordio si fa intervistare dal Corriere per dire che vuole prima “illustrarlo al capo dello Stato” (ove mai lo ricevesse) e “sarebbe irriguardoso anticiparlo qui”. Infatti lo anticipa irriguardosamente lì: i tossici sconteranno la pena “in ambienti diversi dal carcere”, indovinate dove? “In comunità” (non in Parlamento, ecco). E gli stranieri, non ci credereste, “nel proprio Paese”: lui e Tajani ci stanno “lavorando notte e giorno”. Così usciranno la bellezza di “15-20 mila detenuti” deportati fra San Patrignano, l’Africa e l’Asia, ed “ecco risolto il sovraffollamento”. Il fatto che le paroline magiche “caserme”, “tossici” e “stranieri” le abbiano pronunciate tutti i Guardasigilli dal Pleistocene a oggi mentre le carceri si riempivano vieppiù, non gli dice nulla. Del resto, il suo “piano” arriva due giorni dopo la firma del Colle al suo decreto Carceri, che evidentemente era solo il nuovo gioco dell’estate dopo lo yo-yo, l’hula hoop e il frisbee.

FdI gli ha appena stoppato l’abolizione della Severino e della custodia cautelare per chi delinque senza sparare (colletti bianchi, narcotrafficanti e altri galantuomini). Ma il ministro sotto spirito assicura che “non c’è mai stata sintonia migliore”: Giorgia lo nominò, “anche se presiedevo il comitato dei referendum” contro la Severino e la custodia cautelare, e “FdI era contrario”. Purtroppo dimentica di precisare come finirono, i referendum: col record della più bassa affluenza di tutti i tempi (20,9%). Però Carletto ha fatto bene a rammentare quella trionfale esperienza: ora la Meloni potrebbe domandarsi cosa le sia saltato in mente, regalargli un fiasco come buonuscita e nominare un ministro vero.

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Dino

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GLI ATLANTONTI.

l'editoriale di Marco Travaglio

15 agosto 2024

Per capire in quale trappola diabolica s’è cacciata l’Europa, basta unire i puntini delle ultime notizie, che sembrano fatte apposta per gli atlantonti che non vogliono vedere. 1) La Germania, mentre imbottisce l’Ucraina di armi e miliardi, spicca un mandato di cattura per l’incursore ucraino che due anni fa fece esplodere, su mandato di Kiev e con la copertura Nato, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, costati 21 miliardi, che portavano il gas russo in Germania e di lì in tutta Europa e che Biden aveva già minacciato di distruggere. Risultato: ora compriamo più gas liquido e scadente dagli Usa, che ce lo vendono a prezzi quadrupli e ci tocca pure rigassificarlo; la Germania in recessione trascina nel baratro l’intera Ue, mentre l’economia americana (come quella russa) va come un treno. 2) Ora che Biden sta per diventare ex presidente, vengono desecretati gli atti sul figlio criminale Hunter che nel 2016, sotto il governo Renzi, chiese aiuto all’ambasciatore a Roma per procacciare affari nella Toscana pidina al colosso energetico ucraino Burisma, di cui era amministratore. Insomma, quello dei Biden per Kiev è un amore disinteressato: platonico. 3) Il più fanatico fra i consiglieri di Zelensky, Podolyak, spiega che l’invasione ucraina della regione russa di Kursk serve a ricattare i Paesi più prudenti della Nato per avere mano libera sull’uso delle nostre armi in Russia. Paesi tipo l’Italia, che ripudia la guerra per Costituzione, come ricorda financo Crosetto (subito linciato dai pretoriani Nato Mieli&Sallusti, che chiamano la Costituzione “ipocrisia” e “odio per l’Occidente”).
Il copione è fisso: il regime ucraino e i retrostanti Usa ricattano l’Europa con menzogne sempre più spudorate, ma i nostri sgovernanti sono ben felici di bersele mettendo mano al (nostro) portafogli e scavalcando le linee rosse che avevano tracciato. Ora Kiev, dopo aver finto di voler negoziare con Mosca per paura di Trump, scatena un blitz militarmente inutile, anzi suicida, che la priva dei reparti migliori condannati allo sterminio, sguarnisce il Donbass dove i russi avanzano vieppiù, al solo scopo di bruciare il tavolo dell’eventuale trattativa. E pretende di farlo coi nostri missili e il nostro permesso. Ma, siccome l’ultima linea rossa è sempre la penultima, dobbiamo prepararci alla prossima: quando i russi completeranno la conquista del Donbass e annienteranno i reparti ucraini a Kursk, Zelensky piagnucolerà che ha finito i soldati e vuole i nostri. I giovani ucraini fuggono all’estero, affogano nel Dnepr, si spaccano le tibie a martellate pur di non arruolarsi. Ma Repubblica canta l’epopea dei “soldati ucraini ‘felici di guidare un tank in Russia’”. È così che si precipita nella Terza guerra mondiale senza neppure accorgersene.

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LA SINDROME DI BERLINO
Marco Travaglio FQ 17.08”24

Immaginate che accadrebbe se la magistratura tedesca, per i gasdotti Nord Stream 1 e 2 distrutti il 26.9.22, avesse appena spiccato un mandato di cattura contro un sommozzatore russo.
I Paesi Nato direttamente o indirettamente colpiti dal sabotaggio dell’infrastruttura strategica invocherebbero l’articolo 5 del Trattato Atlantico, che impegna i membri a fare guerra a chiunque ne attacchi uno con le armi.

Il 15.11.22, quando un missile che l’Ucraina giurava essere russo cadde in Polonia uccidendo due civili, si rischiò la Terza guerra mondiale.
Poi si scoprì che Zelensky &C. mentivano agli alleati: il missile era loro. Ma, anziché dichiarare guerra a Kiev, la Nato stese un velo pietoso e continuò a finanziare e armare l’infido alleato che tentava di fregarla.

La scena si ripete ora che i giudici tedeschi e il WSJ smontano l’ennesima menzogna ucraina: a sabotare i gasdotti non fu Mosca, come da due anni giurano Zelensky &C., da sempre ostili ai Nord Stream, ma il capo dell’esercito ucraino Zaluzhny (ora ambasciatore a Londra).
Che ebbe l’ok di Zelensky, poi la Cia lo scoprì e costrinse il presidente ucraino a cambiare idea.
Ma non Zaluzhny, che andò fino in fondo.

L’indomani Podolyak, consigliere di Zelensky, tentò di indurre la Nato a far scattare l’art. 5 contro Mosca parlando di “attacco terroristico pianificato dalla Russia per aggredire l’Ue”.
E il 9.10 giurò che “l’omicidio della figlia di Dugin, le esplosioni dei gasdotti Nord Stream e quella sul ponte di Kerch hanno la stessa firma. Ed è russa” (invece era ucraina).

Il premio Pulitzer Seymour Hersh sostiene invece che il mandante è Biden e ricorda gli spudorati annunci dei vertici Usa.
Il sottosegretario Victoria Nuland, 27.1.22: “Se Mosca invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non andrà avanti”.
Biden il 7.2.22: “Se la Russia invade, il Nord Stream 2 non andrà avanti. Metteremo fine a tutto questo. Garantisco che saremo in grado di farlo”.
Blinken, quattro giorni dopo il blitz, lo definì “un’opportunità straordinaria per eliminare una volta per tutte la dipendenza dall’energia russa”.
Nuland il 28.1.23: “Sono molto soddisfatta, e penso che anche l’amministrazione lo sia, di sapere che il Nord Stream 2 è ridotto a un rottame in fondo al mare”.

Sia come sia, tutti – da Biden a Zelensky – sapevano che era stata Kiev. Però tacquero, depistando le indagini della Germania, prima vittima (con Mosca) dell’attentato.

L’art. 5 parla chiaro: la Nato dovrebbe entrare in guerra contro l’Ucraina, o almeno smettere di finanziarla e armarla.
Invece tutti tacciono.
Pure la Germania, che riesce ad accusare Kiev di aver distrutto un bel pezzo della sua economia e contemporaneamente a prometterle altre armi.

Da oggi la sindrome di Stoccolma si chiama sindrome di Berlino.




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BURATTINI E BURATTINAI

l'editoriale di Marco Travaglio

18 agosto 2024

Ma non si era detto che la controinvasione ucraina del Kursk russo favorisce la pace? Agli atlantonti non ne va bene una. Avevano appena finito di ricopiare le veline della Nato su Zelensky che, folgorato sulla via del negoziato, si sveglia una mattina d’agosto e invade mille kmq di Russia per scambiarli alla pari con i 130 mila kmq di Ucraina occupati da Mosca (Crimea, Donetsk, Luhansk, Zhaporizhzhia e Kherson). Come pensare di barattare la provincia di Pistoia per quasi mezza Italia senza passare dal manicomio. Poi, purtroppo, il Washington Post ha rivelato ciò che ogni essere senziente aveva capito subito. La mossa di Zelensky (o chi per lui) serve allo scopo opposto: uccidere nella culla i negoziati Kiev-Mosca intermediati dal Qatar per un cessate il fuoco parziale in vista di quello totale. Ora, prima di trattare, Putin dovrà cacciare da casa sua i soldati ucraini, le armi e imercenari Nato e, anziché abbassare le pretese, le aumenterà vieppiù: prima chiedeva di riconoscergli tutti i territori annessi per cederne poi qualcuno; ora gli serve una fascia di sicurezza nell’oblast di Kharkiv, per mettere al riparo le sue regioni limitrofe dai supermissili che la Nato ha autorizzato Kiev a lanciare da entrambi i lati del confine.

Ma lo scoop del WP svela molto altro. Dal 2022 anonimi “funzionari” della Casa Bianca, del Pentagono, della Cia, dell’MI6, della Nato e del regime ucraino usano la grande stampa (anche New York Times, Wall Street Journal, Foreign Affairs, Politico.eu) per far sapere al mondo che, nei palazzi che contano, c’è chi ha ben presenti i pericoli dell’escalation e lavora a negoziati che evitino la Terza guerra mondiale; ma, ogni volta che sta per riuscirci, c’è sempre qualcuno che fa accadere qualcosa per mandare tutto a monte. I negoziati del marzo 2022, vicinissimi all’intesa fra Kiev e Mosca un mese dopo l’invasione, fatti saltare da Johnson col pretesto della strage di Bucha, spacciata per il nuovo Olocausto del nuovo Hitler, con cui non si deve trattare. I gasdotti Nord Stream sabotati dagli ucraini spacciati per russi per distruggere i rapporti energetici Berlino-Mosca e poi passare dalla guerra commerciale a quella guerreggiata. Il missile ucraino in Polonia gabellato per russo da Zelensky e dai suoi mandanti per spingere la Nato al conflitto diretto. E ora l’operazione Kursk per bruciare il tavolo apparecchiato a Doha. La lunga sede vacante nella Casa Bianca di Rimbambiden e l’inesistenza dell’Ue hanno lasciato campo libero al partito occulto della guerra, che serve la lobby delle armi, non certo gli ignari elettori. E continuerà a farla da padrone, tramite Zelensky e gli altri burattini, finché a Washington e a Bruxelles non torneranno i due desaparecidos: la Politica e la Diplomazia.

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

19 agosto 2024

Muto che parla. “Casini e il Cammino di Santiago: qui per riflettere sulla vita. Zaino del Bologna e telefono spento, ha percorso 100 chilometri. ‘Ma ti viene voglia di farne 800’” (Corriere della Sera, 13.8). Chissà come farà a parlare, se il telefono è spento.

Genero che parla. “Pier Ferdinando Casini: ‘La lezione di de Gasperi: difesa comune europea e il dialogo come modello’” (Messaggero, 17.8). Ma quanto dura l’accordo post-matrimoniale con l’ex suocero?

Coerenzi. “Renzi col Pd? Grande coerenza…” (Emma Bonino, +Europa, Il Foglio, 17.8). In effetti lei si è alleata con FI, Ulivo, Pd, Sgarbi, Tabacci e Renzi.

Diritti e rovesci. “Micciché: ‘Addio Forza Italia, Berlusconi non la riconoscerebbe. Siamo diventati un partito anonimo e succube di una destra che limita i diritti’” (Repubblica, 13.8). Vuoi mettere invece Berlusconi che vietava per legge l’eterologa, faceva un decreto per impedire ai medici di interrompere l’alimentazione forzata a Eluana Englaro dopo 17 anni di coma vegetativo, sfilava al Family Day contro la 194, si batteva contro il riconoscimento delle coppie di fatto perché “è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay”.

Che sarà mai. “Thailandia, la Corte costituzionale rimuove il premier: ‘Aveva nominato un ministro già condannato per corruzione’” (ilfattoquotidiano.it, 15.8). Quindi ha un futuro garantito in Italia.

Povera stella. “Amanda Knox: ‘La giustizia italiana mi tormenta da 17 anni’. Duro sfogo sui social dopo le motivazioni della condanna per calunnia ai danni di Lumumba” (Repubblica.it, 15.8). Sta’ a vedere che non si può più neppure calunniare un innocente accusandolo di omicidio.

Lord Brummell. “Lo stile è l’uomo, e Travaglio conduce la sua requisitoria ripuntando sulla carta forte: qualcuno deve avergli detto che Nordio beve, e che cosa c’è di più irresistibilmente umoristico, di più elegantemente satirico che sfottere uno che beve?” (Adriano Sofri, Foglio.it, 15.8). A parte che è stato Nordio a dire che beve perché si ispira a Churchill, è sempre elegantemente satirico ricevere lezioni di stile da un assassino.

Agenzia Stica**i. “Michel Martone: ‘Pensavo di dover scegliere tra diventare padre e fare carriera. Invece non è andata così’. Il giurista, vice ministro del Lavoro con Elsa Fornero: ‘Mi sono separato presto, Leo ha cominciato a dormire da me prima dei due anni. È accaduto che mi chiamasse mamma’” (Corriere della Sera, 11.8). Povero bambino.

Lui non può. “Elon Musk il trumpiano. Usa X per diffondere le idee della destra radicale, ostacolare account democratici, rilanciare e giustificare i deep fake” (Corriere della Sera, 12.8). “Musk schiera X al servizio di Trump” (Repubblica, 14.8). Fa le stesse cose che fa Zuckerberg per i democratici con Facebook, Instagram&C: arrestiamolo.

Le Sport c’est moi. “Malagò allo scontro con il governo: ‘Lo sport vuole che resti al Coni’” (Repubblica, 12.8). Ci ha parlato lui.

Mai. “Mai così vicini alla linea di arrivo i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza” (Anthony Blinken, segretario di Stato Usa, 19.7). “Mai così vicino l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza dall’inizio del conflitto” (John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, 7.8). “Mai così vicini alla tregua per Gaza” (Joe Biden, presidente Usa, 16.8). Mai così vicini a quando non eravamo mai così vicini.

Gli esperti. “Ad ogni evidenza la missione di Zelensky in terra russa… sembra tendere all’occupazione di un’area da poter barattare proprio per creare le condizioni di un cessate il fuoco… Potrebbe dunque rendere possibile una trattativa di pace” (Paolo Mieli, Corriere della sera, 13.8). “L’invasione spingerà la trattativa. L’Ucraina avrà qualcosa da scambiare” (Stefano Stefanini, ambasciatore, Messaggero, 14.8). “Il generale Camporini: ‘Così il Cremlino si è scoperto vulnerabile e può essere spinto a trovare un accordo’” (Giornale, 17.8). “Kiev si prende fette di Russia per negoziare” (Libero, 17.8). “Le incursioni ucraine a Kursk hanno fermato le trattative a Doha fra Russia e Ucraina per una tregua parziale” (Washington Post, 17.8). Ma non mi dire.

L’esperto. “FdI e Lega hanno posizioni becere sulle carceri” (Marcello Dell’Utri, Il Foglio, 15.8). Non ci sono mai finite.

Il titolo della settimana/1. “La marcia cauta di Calenda in direzione centrosinistra (che esclude fughe eccellenti)” (Corriere della sera, 12.8). Ma il soggetto che esclude fughe eccellenti esattamente chi sarebbe? La marcia cauta? Calenda? La direzione? Il centrosinistra? O tutti e quattro?

Il titolo della settimana/2. “Kiev continua l’avanzata oltre 30 km in Russia. Zelensky agli alleati: ‘Lasciateci usare le armi’” (Repubblica, 12.8). Perché, finora cosa hai fatto?

Il titolo della settimana/3. “Spunta l’ultimo anno di pena da scontare fuori dal carcere” (Il Sole 24 Ore, 17.8). Come il penultimo, il terzultimo e il quartultimo.

Il titolo della settimana/4. “Kursk e le altre lezioni che l’Ucraina ha appreso da Israele” (Foglio, 17.8). Come occupare territori altrui e ammazzare civili con le armi dell’Impero del Bene e farla franca.

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COLPI DI SÒLA

l'editoriale di Marco Travaglio

20 agosto 2024

Se il complotto renzian-giudiziario contro le sorelle Meloni l’avesse sceneggiato Mel Brooks, non sarebbe venuto così bene. Una domenica d’agosto l’autorevole Sallusti annuncia che misteriose entità politiche, mediatiche e giudiziarie tramano per indagare Arianna Meloni per traffico di influenze illecite nelle nomine negli enti pubblici da lei fatte (poche) o a lei attribuite (molte) e rovesciare il governo. La prova sarebbero gli articoli di alcuni giornali sull’attivismo della Sorella d’Italia e le sparate di Renzi&C. sul familismo meloniano. La presunta notizia dovrebbe suscitare l’ilarità generale perché presuppone, nell’ordine, che: Sallusti possa scrivere qualcosa di vero; Renzi possa essere preso sul serio da qualcuno, e non in Arabia, ma nella magistratura; il traffico d’influenze, appena svuotato da Nordio, possa essere affibbiato a una dirigente di partito che fa ciò che fanno tutti da sempre e non risulta che riceva in cambio soldi o altre utilità. Eppure lo scoop sallustiano raccoglie conferme sdegnate dalla premier, da tutto FdI e dalla stampa di destra (incluso Sallusti, che si conferma da solo). Nessuno sa dove sia l’inchiesta né per cosa, ma queste sono quisquilie. Per rendere più credibile il tutto, Giorgia dice che era già successo a B.. Avesse detto Virginia Raggi, plurindagata e pluriassolta, potrebbe cascarci qualcuno. Ma l’idea che per indagare B. occorresse inventare reati, quando la sua biografia era un catalogo di opzioni, fa sganasciare. Gran finale: Renzi, che non sapeva più come farsi intervistare dai giornaloni per offrirsi al Pd, torna al centro della scena, tutto contento che qualcuno gli attribuisca qualcosa di serio e fintamente indignato per l’altrui familismo (senti chi parla) e complottismo (risenti chi parla). Vedi mai che il Pd boccalone lo creda davvero in grado di portarle in dote, in mancanza di voti, le teste delle due Meloni su un piatto d’argento.

Resta da capire perché una tipa sveglia come Giorgia abbia montato questo can-can. Per distrarre l’attenzione dai guai autunnali? Avrebbe scelto un sistema meno suicida: ora tutti penseranno che abbia qualcosa da nascondere in famiglia, anche se non ce l’ha. Per smentire che dietro a ogni nomina ci sia la sorella? Le basterebbe convocare la stampa spiegando la genesi e i motivi di ogni nomina. Perché, come molti inquilini di Palazzo Chigi, è in piena sindrome di accerchiamento? Può darsi: anche lei, come Conte, è vista come un’intrusa dalle élite più putride, use a scalzare gli outsider tramite qualche infiltrato. Ma Conte aveva la sfortuna di avere Renzi in casa: lei ha la fortuna di averlo fuori. Perciò, più che all’esterno, dovrebbe guardare all’interno della sua maggioranza. Gli unici complotti che funzionano sono gli autocomplotti.

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CHE BELLA DEMOCRAZIA

l'editoriale di Marco Travaglio

21 agosto 2024

Il Parlamento ucraino mette al bando la Chiesa ortodossa russa e ordina al clero di aderire entro 9 mesi alla Chiesa ortodossa ucraina: quella che nel 1992 (dopo l’indipendenza dall’Urss) proclamò lo scisma dal Patriarcato di Mosca, cui sottostava dal Seicento. Zelensky esulta per “la nostra indipendenza spirituale”, fregandosene del fatto che, del 71% di ucraini ortodossi, un terzo segue il culto russo. Fatti loro? No, nostri: l’Ucraina è candidata a entrare nell’Ue a tempo di record ed è tenuta artificialmente in vita dai miliardi occidentali. Ma le autorità europee hanno perso la favella. Come sempre in questi casi.

Quando, nel 2014, fu rovesciato il legittimo presidente Janukovich, si rivotò e vinse l’oligarca Poroshenko, che nominò quattro ministri neonazisti e inglobò nella Guardia Nazionale il battaglione neonazista Azov, tutti zitti perché il neoeletto era amico nostro, quindi un sincero democratico.

Quando Poroshenko iniziò a bombardare i russofoni in Donbass (14.400 morti nella guerra civile 2014-‘22) e abolì il russo come seconda lingua ufficiale in un Paese dove un terzo è russofono e il russo lo sa chiunque, tutti zitti perché i russofoni sono difesi da Putin.

Quando le truppe di Kiev in Donbass trucidavano 40 giornalisti sgraditi, fra cui l’italiano Andrea Rocchelli, tutti zitti perché i cronisti li uccide solo Putin.

Quando, dopo l’invasione russa, Zelensky mise fuorilegge gli 11 partiti di opposizione, arrestò il capo del più votato e oscurò le tv che rifiutavano di confluire nella piattaforma unica governativa, tutti tacquero perché Kiev non è Mosca.

Quando un commando ucraino fece esplodere i gasdotti russo-tedeschi NordStream, tutti accusarono Mosca di esserseli bombardati da sola, così come quando gli 007 di Kiev uccisero a Mosca Darya Dugina, figlia di un filosofo putiniano, perché l’unico terrorista è Putin.

Quando Zelensky proibì per decreto di negoziare con Mosca, tutti zitti perché la Nato arma l’Ucraina per negoziare meglio con Mosca.

Quando Kiev arresta migliaia di giovani ucraini che fuggono dalla leva, tutti tacciono perché i giovani ucraini non vedono l’ora di morire in una guerra persa in partenza.

Quando Zelensky rinviò le elezioni restando al potere, tutti zitti perché l’Ucraina è una democrazia.

Quando gli ucraini invasero la regione russa del Kursk, tutti parlarono di “legittima difesa” e di “spinta ai negoziati”, poi si scoprì che avevano fatto saltare i nuovi negoziati a Doha e sguarnito le difese nel Donbass, dove i russi ora dilagano.

Ora che Zelensky abolisce pure la libertà di culto, tutti zitti perché l’unico che strumentalizza la Chiesa a fini politici è Putin.

Una trascurabile curiosità: ma questi famosi “valori della democrazia occidentale” che l’Ucraina difende con i nostri soldi e le nostre armi, esattamente quali sarebbero?

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Editoriale di Marco Travaglio - 22 agosto 2024

LABIRINTITE DA COMPLOTTO

Alessandro Ballusti non dava tante soddisfazioni da quando finì ai domiciliari in casa Santanchè per una delle sue leggendarie bufale e poi, siccome nessuno capiva (all’epoca) cos’avesse fatto di male la Santanchè per espiare una simile condanna per conto terzi, tentò la fuga sul pianerottolo e si beccò un processo per evasione in aggiunta a quello per diffamazione. Allora tentò il martirio: rifiutò di chiedere i servizi sociali per finire in galera e dimostrare che siamo il Paese del giustizialismo, ma non ci riuscì neppure impegnandosi allo spasimo e dimostrò che siamo il Paese di Pulcinella. Ora, dopo avere svelato una miriade di complotti contro B. (tutti falsi, tanto pagava B.), ne sfodera uno fresco fresco per indagare Arianna Meloni per colpire Giorgia Meloni per rovesciare il governo per favorire Renzi che al mercato Bin Salman comprò. Da quattro giorni farfuglia frasi prive di senso compiuto per dimostrare che è tutto vero in base a “riscontri” e “fonti autorevoli” su “indagini su Arianna” per traffico di influenze, anche se lui dice “di influenza” perché confonde il Codice penale col bugiardino dello Zerinol (a meno che Arianna, nel tempo libero, non spacci virus a borsanera).

Il guaio è che i complotti sono cose troppo serie per essere affidate a tipi come lui. A fine anno Crosetto lo bruciò sul tempo e denunciò un complotto autunno-inverno di fake news contro il governo. Sallusti, pensando di fare cosa gradita, sparò in prima pagina sul Giornale una fake news: “Inchiesta su Crosetto”. Crosetto, che evidentemente non ci teneva a passare per indagato, gli fece causa e la vinse: non Sallusti, ci mancherebbe, ma gli Angelucci l’hanno risarcito con 35 mila euro. Ora Sallusti spara un’altra fake news per lanciare il complotto primavera-estate a base di fake news contro il governo di cui fa parte anche Crosetto, a sua volta vittima della fake news di Sallusti sul precedente complotto di fake news evocato da Crosetto con una fake news. Il complotto al cubo ha gettato il povero Sallusti nella più cupa labirintite, tant’è che non sa più come uscirne. L’articolo 656 del Codice penale prevede tre mesi di arresto per chi “pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico”. Ma, trattandosi di Sallusti, nessuno si è turbato tranne lui. L’altra sera in tv Peter Gomez gli ha chiesto quale Procura indagherebbe su Arianna per le nomine, ammesso e non concesso che farle, per una dirigente di partito, sia un reato. Lui prima ha vacillato, poi ha bofonchiato che forse non è una Procura, ma “un’agenzia”. Di stampa? Di viaggi? Probabilmente un’agenzia immobiliare. Si esclude però l’Immobildream di Roberto Carlino: quella non vende sogni, ma solide realtà.

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DICESI DEMOCRAZIA

l'editoriale di Marco Travaglio

23 agosto 2024

Ormai, appena sento “democrazia”, mi viene la ridarella. Specie quando la cerco nel vocabolario Treccani: “Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico”. Da scompisciarsi. Il faro della democrazia sono gli Usa, dove si tiene la Convention del Partito – indovinate un po’? – Democratico. Che, come tale (ma lo fa anche il Repubblicano), affida agli elettori la scelta del candidato alla presidenza con apposite primarie. Quelle repubblicane le ha vinte Trump, dunque il candidato è Trump, che però è antidemocratico. Invece quelle democratiche le ha vinte Biden, dunque il candidato alla Casa Bianca è la Harris: che c’è di più democratico? Si dirà: si è scoperto che Biden è rinc*gli**ito. Sì, ma lo si sapeva da tre anni e le primarie si sono tenute da febbraio a giugno di quest’anno senza che nessuno aprisse bocca. Poi a luglio i Clinton e gli Obama han deciso che doveva ritirarsi. Non perché era rinco (l’avrebbero ricandidato pure da morto, seguitando a telecomandarne la salma), ma perché s’era fatto sgamare nel tele-dibattito con Trump e rischiava di perdere, e loro con lui. Così la Convention Democratica incorona la Harris, considerata fino a ieri una mezza pippa. Già a settembre il Washington Post implorava di ritirarsi sia Joe sia lei (“non è riuscita a guadagnare terreno nel Paese e neppure nel partito”). Ma ora i giornaloni, tra fiumi di bava e gridolini di giubilo, la trovano improvvisamente geniale. Pazienza se non l’ha scelta un solo elettore: a issarla sul trono provvedono gli Obama e i Clinton, in un tripudio di familismo amorale che fa impallidire il nostro, ma nessuno nota per non turbare il Nuovo Mondo a cuoricini e fiorellini.

Siccome si chiamano Democratici, si credono democratici: un Democratico non può fare cose antidemocratiche nemmeno se le fa. E tutti esultano per la grande vittoria delle donne, perché Bill e Barack fanno democraticamente parlare Hillary e Michelle. Poi Kamala fa parlare il marito Douglas Emhoff, pure lui avvocato, e i nostri giornaloni si eccitano per la sua storia molto femminista: “Avevo appena risolto il problema importante di un cliente e quello, per ringraziarmi, mi organizzò un appuntamento al buio. Fu così che ebbi il numero di Kamala e la chiamai”. Ma come, una donna in omaggio come un pacco Amazon? E il #MeToo che dice? Mentre va in scena il teatrino democratico, il NYT scopre che Biden a marzo ha firmato un piano segreto (chissà cosa ne avrà capito) per puntare nuove e vecchie armi nucleari contro Russia, Corea del Nord e Cina. È il suo lascito al successore e a tutti noi: un regalino molto democratico, pure troppo.

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Editoriale di Marco Travaglio - 24 agosto 2024

SCINDO, MA NON SCENDO

Nelle cronache fantasy dell’agosto più pazzo del mondo, con i falsi complotti sallustiani, le false tregue a Gaza, le false vittorie ucraine e i falsi democratici Usa, torna un classico della commedia all’italiana: la scissione 5Stelle. Secondo le migliori gazzette, che si candidano per la Collezione Urania, il Beppe Grillo furioso compulsa giureconsulti, avvocati e notai, codici, pandette, commi e cavilli per interrompere la partita della Costituente e andarsene col pallone, anzi col simbolo. Che però non è suo, ma dell’associazione presieduta da Conte e nel contratto di rinnovo della manleva sulle cause penali e civili, il garante s’è impegnato a non sollevare contenziosi su nome, simbolo ed eventuali ulteriori modifiche. Ma questi sono dettagli: scissione sarà. Per tornare alle origini sulla Maginot “due mandati e zero alleanze”, a seguire Grillo saraà uno stuolo di militanti (quelli che lo sfottono e insultano sui social) e di big (quelli scomunicati da Grillo ed espulsi nel 2021 perché si opposero alla sua folgorazione draghiana), fra una “cena segreta” e un tourbillon di telefonate.

Il più gettonato è Di Battista, che la sera della cena segreta era in Spagna a parlare di Gaza e non sente Grillo da tre anni e mezzo dopo la burrascosa rottura su Draghi: nel 2022 Conte ipotizzò di candidarlo e il garante alzò le barricate. Segue a ruota la Raggi, persona perbene e ultima sindaca di Roma prima del nulla, membro del Comitato di Garanzia M5S, ma non certo il miglior testimonial dei due mandati (è al terzo e qualche mese fa era pronta per le Europee, quindi per il quarto) e del no alle alleanze (nel 2021 fu la prima a sposare il governo Draghi con destra, centro e sinistra, più lesta persino del piè veloce Di Maio). Poi c’è Toninelli, un altro che nel M5S crede davvero, ebbe molti meriti da ministro dei Trasporti e continua a far politica da proboviro e militante, ma anche lui contestò Grillo per Draghi. Casaleggio jr. si agita molto, ma forse dimentica che nel 2021 furono Grillo e tutti i parlamentari, stufi di svenarsi per la piattaforma Rousseau, a implorare Conte (che non voleva metterci becco) di liquidare lui e il suo aggeggio per riavere gli elenchi degli iscritti e ci volle il Garante della Privacy perché li mollasse e prendesse la porta, oltre a un bel gruzzoletto. Il caso più elettrizzante è quello di Nicola Morra: cacciato nel 2021 per il suo no a Grillo su Draghi, ora firma una lettera con altri 10 espulsi per appoggiare Grillo contro Conte che “stravolge l’identità” e i sacri principi, mentre “serve credibilità”. Lui infatti, dopo i due mandati coi 5Stelle, è al terzo come consigliere comunale a Vado Ligure in una lista civica e s’è appena candidato a presidente della Liguria per il quarto. Quindi basta cambiare partito e il contagiri riparte da zero: Vado e torno.

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Editoriale di Marco Travaglio - 25 agosto 2024

SALLUSTI SUBISCE ANCORA

Chissà cosa porta Sallusti a esporsi volontariamente, anzi voluttuosamente, a tante figure barbine. Perché c’è un limite a tutto, anche per chi un bel giorno decise di passare dal giornalismo al maggiordomato, prima con B., che almeno era un padrone solo, poi con gli Angelucci, che sono metà di mille e saltabeccano da FI alla Lega a FdI. E, come disse Corrado Guzzanti nei panni di Emilio Fede, “provate voi a leccare c**i in movimento”. Quando me lo ritrovavo nei talk e si parlava di Ucraina, pensavo: si guarderà bene dal darmi del putiniano, visto che io ho sempre scritto peste e corna di Putin e lui sempre rose e fiori, a maggior gloria di B. Invece mi dava proprio del putiniano e io gli tiravo fuori tutti i suoi soffietti allo Zar. Se si parlava di Superbonus, mi dicevo: non oserà mai dire che è una porcata, visto che le destre volevano financo allargarlo e lui lo lodava come l’unica cosa buona di Conte. Invece lo diceva e io gli tiravo fuori tutti i suoi soufflon al 110%. Quando ho detto che la Meloni mi è umanamente simpatica, anche se politicamente non ne condivido pressoché nulla, riflettevo: non sarà così fesso da farle una scenata di gelosia, sennò sai gli sfottò al suo cuore infranto. Invece puntualmente le ha fatto una scenata sotto forma di editoriale e Dagospia l’ha ritratto in un remake di Dramma della gelosia. (tutti i particolari in cronaca).

Non contento, mi ha attribuito “il record nazionale di querele perse”. A parte il fatto che sono il direttore col minor numero di querele perse (una in 40 anni di carriera: una multa di mille euro a Previti per un taglio redazionale a un mio pezzo sull’Espresso), ci vorrebbe uno psichiatra per spiegare come possa averlo scritto proprio lui, vero detentore di quel primato, unico direttore arrestato e poi graziato dal Quirinale nel 2012 per aver cumulato una dozzina di condanne (la Cassazione gli attribuì una “spiccata capacità a delinquere”), oggi salite a 17. Tornato a piede libero (almeno il piede), Sallusti mi querelò per averlo ritratto come il cagnolino da riporto di B.: aveva appena dato dell’“idiota terrorista” al leghista Borghi per le sue posizioni antieuro, le stesse che sosteneva come editorialista del Giornale quando piacevano a B., il quale però aveva cambiato idea, e Sallusti dietro. Il fato infausto ha voluto che, mentre straparlava delle mie querele, perdesse la sua e fosse condannato a pagarmi 14.103 euro: “fedele cagnolino di B.” è una critica perfettamente lecita alla sua “scarsa indipendenza di pensiero”. Ormai il maggiordomato non basta più a spiegare la sua gaudente vocazione al martirio. Dev’esserci qualcos’altro: che so, una sindrome sadomaso tipo la sottomissione dello slave che adora la frusta e cerca sempre una mistress che lo sculacci.

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Editoriale di Marco Travaglio - 26 agosto 2024

MA MI FACCIA IL PIACERE

Solo il sostantivo. “Non siamo gli utili idioti” (Raffaella Paita, senatrice Iv, Giornale, 20.8). Infatti siete inutili.

Agenzia Stica**i/1. “È morto Sphen, il pinguino gay dello zoo di Sydney, icona dei diritti omosessuali del bioparco. E la reazione del compagno Magic commuove” (Repubblica.it, 22.8). Ma andé a ciapà i ratt.

Agenzia Stica**i/2. “Le ‘spalle larghe’ di Harris, la treccia da amazzone chic di Michelle Obama, Walz e la giacca non su misura: cosa dicono i vestiti dei dem” (Corriere.it, 23.8). Che siete alla frutta.

Il silenzio è d’oro. “Formigoni torna al Meeting: ‘Un’emozione, qui gli amici che credono nei miei stessi valori e non mi hanno mai tradito’” (Corriere della sera, 21.8). Non hanno cantato.

Impreparati. “Oggi si va in politica spessissimo senza alcuna preparazione” (Formigoni, Repubblica, 21.8). Manco un corso di furto con scasso.

Ha stato Putin. “La rete dei filorussi del generale Vannacci: ‘Fuori dalla Nato, apriamo a Putin’. La galassia favorevole al Cremlino è già nei posti chiave del movimento dell’ex militare” (Stampa, 21.8). Ah ecco chi c’è dietro Vannacci, oltre ai trecento titoli in un anno della Stampa.

Ius Salis. “Depenalizzare i piccoli reati contro il patrimonio compiuti per necessità e andare verso una società che superi il carcere” (Ilaria Salis, eurodeputata Avs, Repubblica, 21.8). Sostituendolo col Parlamento.

Ha stato Conte. “Amatrice, il bonus 100% freno alla ricostruzione” (Guido Castelli, commissario per la ricostruzione post-terremoto, Verità, 23.8). Ah, ecco perché neppure con Castelli si è ricostruito una mazza: perché c’era il Superbonus che consentiva di ricostruire a costo sottozero con vantaggi per l’ambiente e le bollette.

Ossimori. “Zelensky paga il fatto di essere ebreo” (Paolo Guzzanti, Riformista, 23.8). Come dimostrano le svastiche del Battaglione Azov.

Liberali alle vongole. “Sandro Gozi, l’eurodeputato eletto in Francia nelle liste di Macron: ‘Se Elon Musk non si adegua alle nostre leggi, l’Unione chiuderà X in Europa’” (Repubblica, 19.8). Praticamente Totò contro Maciste.

Impenetrabilità dei corpi. “Carceri, ora serve un indulto ‘chirurgico’. Non si risolve il sovraffollamento delle celle pensando di costruire nuovi istituti” (Donatella Stasio, Stampa, 23.8). Ma infatti: se gli ospedali sono pieni, il sovraffollamento non si risolve costruendone di nuovi, ma mandando a casa i malati dichiarandoli sani.

Che stai a dì?/1. “Provenzano (Pd): ‘Dai Democratici Usa una lezione per noi: si vince se si è uniti’” (Repubblica, 23.8). Ma uniti con chi, visto che negli Usa oltre ai Democratici ci sono solo i Repubblicani?

Che stai a dì?/2. “Speranza (Pd): ‘L’apertura di Tajani (sullo Ius Scholae, ndr) non va sprecata. Il modello è Kamala Harris” (Repubblica, 22.8). Quindi il muro anti-migranti al confine col Messico, iniziato da Trump e allargato da Biden e Harris?

Molto democratici. “Niente palco ai delegati Pal, così i dem rimuovono Gaza. La Convention di Chicago decide: nessun intervento dei rappresentanti uncommitted” (manifesto, 23.8). Mica per niente si chiamano Democratici.

Che sarà mai. “Claudio Martelli: ‘Del Turco un perseguitato, la politica gli renda onore. Vittima della violenza dei magistrati e abbandonato dal Pd giustizialista’” (Messaggero, 25.8). “Addio a Del Turco, vittima della giustizia” (Francesco Damato, Libero, 25.8), “Addio al socialista Del Turco. L’inchiesta che lo travolse poi finita quasi in nulla” (Paolo Franchi, Corriere della sera, 25.8). Un nulla quantificato dalla Cassazione in 3 anni e 11 mesi di reclusione per 850mila euro di tangenti cash sulla sanità.

Trust di cervelli. “È rimasto storico un ‘vaffanc**o’ rivolto da Gaia a Marco Travaglio. ‘Aveva scritto che non c’è nulla di scandaloso se un presunto innocente finisce in carcere’. Spero che tu non intenda ritirarlo. ‘Non ci penso nemmeno…’” (Antonio Polito intervista Gaia Tortora, Sette-Corriere della sera, 23.8). I due geni non hanno ancora realizzato che in tutto il mondo la custodia cautelare è riservata per legge ai presunti innocenti, perché scatta prima del processo, altrimenti non sarebbe cautelare. Ma, essendo “giornalisti”, non sono tenuti a saperlo.

Il titolo della settimana/1. “Contro l’ossessione del cessate il fuoco” (Giuliano Ferrara, Foglio, 21.8). Massì, quei 15mila bambini ammazzati a Gaza erano proprio ossessionati.

Il titolo della settimana/2. “James Cameron: ‘Per colpa del film di Spielberg gli squali hanno una pessima reputazione’” (Verità, 23.8). Prima invece erano vegani.

Il titolo della settimana/3. “Kamala Harris: ‘Accetto la candidatura’” (Messaggero, 23.8). Mancava pure che la rifiutasse.

Il titolo della settimana/4. “Marattin (Iv): ‘Renzi è come Calenda, cambia idea in 24 ore’” (Corriere della sera, 25-.8). Deve averlo appena conosciuto.

Il titolo della settimana/5. “Mosca teme gli ucraini sulle app di incontri, soprattutto a Kursk” (Foglio, 23.8). Hai capito Zelensky? Le busca in Donbass, però rimorchia un casino su Tinder.

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Editoriale di Marco Travaglio - 27 agosto 2024

LIBERTÀ VIGILATA

Siamo talmente mal messi che ci tocca difendere Povia. Invitato a presiedere la giuria di un talent a Nichelino e a esibirsi in un concerto, s’è visto annullare tutto dal sindaco per “la sua posizione sui diritti civili e la sua contrarietà ai vaccini, diverse dalla mia amministrazione”. Ma, sia chiaro, “non è una questione politica”. E invece è proprio una, anzi “la” questione politica. Tantopiù che quello è il 40° concerto che annullano al cantante. Se fosse per le sue qualità artistiche (secondo noi scarse, malgrado il primo posto a Sanremo 2006), nulla quaestio: se un cantante non ti piace, non lo inviti e morta lì. Ma se lo inviti e poi lo rimandi a casa per ciò che dice o pensa, si chiama censura. Che in una democrazia liberale non ha cittadinanza, altrimenti la democrazia liberale smette di essere tale. Noi siamo vaccinati e vaccinisti (senza obblighi, però) e sosteniamo i diritti civili: ma fra questi c’è la libertà di espressione, di dissenso e pure di scempiaggine, purché non si torca un capello ad alcuno. E un cantante si giudica da come canta, non da ciò che pensa. Ma da quando esportiamo la democrazia, in casa ce ne resta sempre meno.

Tutti fremono di sdegno per un elenco di “agenti sionisti” da boicottare pubblicata sul web da un sedicente “Nuovo Pci”: giusto, non si fanno liste di proscrizione. Il guaio è che molti degli indignati speciali, e persino dei personaggi citati, dal 2022 compilano liste di proscrizione di “agenti putiniani” che non sono né agenti né putiniani, ma hanno il grave torto di non pensarla come loro sulla guerra russo-ucraina. Poi c’è l’arresto, nella patria dei Lumi e della Liberté, del fondatore della app Telegram, Pavel Durov, imprenditore russo con vari passaporti. Può darsi che sia il nuovo Barbablù, ma se l’accusa è che le chat del suo social network sono utilizzate, grazie alla loro particolare segretezza, da organizzazioni criminali, oltreché da milioni di russi, di occidentali e persino da Zelensky, il suo arresto ci ripugna. E ci fanno scomp*s*i**e i giornaloni furiosi con “l’internazionale sovranista” dei Musk e dei Salvini che difendono Durov, ovviamente per conto di Putin. Durov fuggì proprio dalla Russia, che nel 2018 voleva bloccargli Telegram. Solo che allora l’Occidente protestò e Amnesty urlò: “Giù le mani dalla libertà di espressione”. Ora invece tutti tacciono quando il commissario macroniano Ue Thierry Breton minaccia di bandire X perché Musk è trumpiano e non fa come Zuckerberg, che mette le censure e le fake news di Facebook, Messenger, Instagram e WhatsApp al servizio dell’altra banda: quella “democratica” dei Biden e delle Harris, i “buoni” che possono fare come o peggio dei “cattivi” in ragione della loro innata bontà. Più combattiamo la Russia e più le somigliamo.

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COMITATO VITTIME RENZI

l'editoriale di Marco Travaglio

28 agosto 2024

Da due giorni stavamo in pensiero: erano già 48 ore che nessun giornalone intervistava Renzi. Ma ieri il Corriere ha colmato la lacuna con l’apposita Meli. La notizia (si fa per dire) dell’intervista (si fa per dire) è che il pover’uomo s’offre al centrosinistra come un mendicante da marciapiede con la scimmietta col cappello in bocca. Solo che nessuno lo vuole (cioè la Schlein e alcuni combattenti e reduci del renzismo). Lui però risponde con una battutona: “Servono voti, non veti”, che sarebbe anche carina se non l’avesse già fatta in tutte le altre 67 interviste agostane. La Meli è affranta: “Conte mette il veto su Iv”. Ma il problema non sono i 5S, Avs e Calenda: è la base del Pd che non vuol vederlo neppure in cartolina. Gli iscritti al CVR (Comitato Vittime Renzi) sono legione, ma i più incazzati sono gli elettori e i militanti dem, da quando si videro scippare il partito da un finto rottamatore e vero restauratore che li trascinò dal 40,8% del 2014 (quando gl’italiani non lo conoscevano) al flop del referendum del ’16 (iniziavano a farsi un’idea) al 18,8 del 2018 (lo conoscevano) alla scissione del 2019. Il resto della presunta intervista è il delirio ombelicale di un mitomane che crede di contare ancora qualcosa: “Siamo decisivi nei collegi marginali dove il risultato si gioca sull’1-2%” (ma lui può farne perdere il triplo). “La Meloni ha capito il valore della nostra mossa (non dice quale, ndr): non a caso ha passato agosto a farci (noi chi? ndr) attaccare dai suoi” (sembra che la premier abbia fatto testamento). “In politica estera Conte è imbarazzante” (pare che non prenda soldi da Bin Salman, non sia amico del genero di Trump e non faccia affari con oligarchi russi e spioni israeliani).

Siccome non c’è un solo punto comune fra lui e il centrosinistra, infatti Iv vota spesso con la destra o si astiene (Ucraina, Israele, premierato, Rdc, salario minimo, Superbonus, Ponte, Jobs Act, giustizia, bavagli, immunità, conflitti d’interessi, Toti, Santanchè), spiegare perché i bersagli dei suoi insulti dovrebbero riabbracciarlo è arduo pure per lui. E oplà: “La Convention di Chicago è il modello per superare le divisioni”, perché i dem “lavorano nella stessa direzione per far vincere la Harris”. Cioè: in America il Partito democratico si allea col Partito democratico per far vincere la candidata del Partito democratico, ergo in Italia il Pd deve allearsi con uno che prima l’ha affondato, poi ha fondato un altro partito per dargli il colpo di grazia. Ora purtroppo toccherà attendere almeno altre 24 ore per leggere la prossima intervista, dal titolo: “Servono voti, non veti”. Sottotitolo: “A.A.A. Offresi postulante tuttofare disponibile per alleanze, battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, feste di laurea, addii a celibato/nubilato. Prezzi modici”.

Foto dal web

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C'È LOLLO E LOLLO

l'editoriale di Marco Travaglio

29 agosto 2024

Col petto gonfio di orgoglio nazionale possiamo finalmente affermare che l’Italia fa scuola in Europa. No, non parliamo della lotta alla corruzione, ai conflitti d’interessi e al lobbismo: il Gruppo Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa (Greco) ci ha appena bacchettati perché non facciamo abbastanza o torniamo indietro, dopo averci spesso lodati per inchieste tipo Mani Pulite e leggi come la Spazzacorrotti. Parliamo del familismo amorale, che dopo i fulgidi esempi italioti ha finalmente infranto il tetto di cristallo a Bruxelles. Ieri la presidente del Parlamento europeo, la popolare maltese Roberta Metsola, ha nominato capo di gabinetto il cognato Matthew Tabone. Ci aveva già provato nel 2022, ma le critiche e il caso Qatar l’avevano indotta a soprassedere. Ora invece piazza il marito della sorella con un modesto stipendio-base che va dai 17.227 ai 19.491 euro al mese (esclusi bonus, benefit, lavatura e stiratura). E nessuno della sua maggioranza Ppe-Pse-Liberali ha nulla da obiettare. Neppure i suoi fan del Pd, che giustamente bersagliano da due anni la Meloni per la sorella a FdI e il cognato ministro. Il Lollobrigida della Meloni è uno scandalo, il Lollobrigida della Metsola va benissimo.

A proposito: ma nell’alato dibattito pidino su Renzi, oltre a blaterare sui veti di questo e quel cattivone, qualcuno ricorda il lobbismo renziano e i soldi alla fondazione Open per cui Renzi, Boschi&C. sono imputati? A qualcuno interessano ancora i petrodollari insanguinati di Bin Salman e gli affari con altri sinceri democratici in giro per il mondo? E quando il Consiglio d’Europa raccomanda all’Italia “misure più decise contro la corruzione e i conflitti di interessi dei titolari di cariche politiche”, ma anche contro “regali, contatti con terzi, attività esterne, contratti con autorità statali, gestione delle informazioni confidenziali e restrizioni post-incarico” che “potrebbero influenzare l’esercizio obiettivo e imparziale delle funzioni ufficiali”, i dem pensano che parli solo del centrodestra, o anche dell’unico parlamentare d’Europa che prende ufficialmente e orgogliosamente soldi da uno Stato estero? Ora si spera che la Meloni, per farla pagare ai renziani dopo la campagna d’estate e scrollarsi di dosso la famiglia B., non decida di riesumare la legge Conte contro i conflitti d’interessi, che la sua stessa maggioranza affossò il 20 marzo scorso alla Camera buttando la palla in tribuna per due anni (il Pd tuonò per bocca di Simona Bonafè: “Schiacciano le prerogative delle opposizioni e sviliscono il ruolo del Parlamento”). Sennò avremmo il paradosso perfetto: la destra dei conflitti d’interessi che li combatte e il Pd nemico dei conflitti d’interessi che se ne mette in casa uno grosso come una casa.

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