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LA BUGIARDA SINCERA
l'editoriale di Marco Travaglio
05 gennaio 2024
Fra una balla e l’altra, ieri Giorgia Meloni è stata colta da alcuni lampi di sincerità. Quando ha interrotto la conferenza stampa per fare pipì (anche l’Uomo dell’Anno, come direbbe Fichi Sechi, deve fare i conti con la prostata). O quando ha liquidato con due battute la legge bavaglio che avrebbe impedito agli italiani (lei compresa) di leggere l’ordinanza sulla cricca degli appalti Anas: dinanzi a giornalisti con bavaglio incorporato che, per i nove decimi, le servivano assist anziché domande e chiudevano l’incontro con un bell’applauso (come nella Corea di Kim Jong-un e nell’Italia di Draghi), l’idea che piangano per un divieto che già osservano prima che venga imposto fa scomp*s*i**e anche lei. O quando ha schiacciato le palle che gentilmente le alza ogni giorno la sinistra più stupida del mondo: il giudice della Corte dei Conti che insulta il governo; il Pd che chiede la testa di Delmastro una delle rare volte in cui non c’entra; Rep che lancia continui allarmi democratici perché la destra, vinte le elezioni, occupa la Rai e nomina giudici alla Consulta come ha sempre fatto il Pd senza mai vincere un’elezione.
Ma il momento di massima trasparenza è stato quando ha negato il familismo in FdI e la questione morale nei casi Verdini, Santanchè, Sgarbi, Crosetto&C.: “Sul familismo comincio a stufarmi” (sapesse noi); “Non c’è una questione morale, ma solo casi singoli. E non abbiamo allentato i poteri di controllo” (infatti hanno tagliato le mani alla Corte dei Conti e stanno abolendo l’abuso d’ufficio). Poi è partita per la tangente, attribuendo al Fatto e alla sua vera ossessione, Giuseppe Conte, cose mai dette: “Dovrei far dimettere persone raggiunte da avvisi di garanzia? I 5Stelle non han fatto dimettere Raggi, Conte, Grillo e Appendino, a cui io ho espresso solidarietà”. A parte il fatto che la Meloni ha passato gli ultimi 15 anni a chiedere dimissioni di indagati e non (spesso a ragione), qui nessuno collega gli avvisi di garanzia con le dimissioni. Qui si parla di questione morale, diversa e molto più ampia di quella penale: riguarda condotte e conflitti d’interessi incompatibili con la dignità e l’onore richiesti dall’articolo 54 della Costituzione, accertati ora da pm, ora da cronisti. Quando ne emerse uno sul sottosegretario Siri, Conte lo fece dimettere. E lo stesso dovrebbe fare lei, liberandosi di Sgarbi e Santanchè e cambiando delega a Salvini perché ha il cognato e il suocero lobbisti (e forse pure tangentisti) su appalti dell’Anas controllata dal suo ministero. Voi direte: perché allora è stata sincera sul familismo e la questione morale? Perché sa benissimo che esistono e sono uno scandalo, ma non può cacciare nessuno. Sennò svuota prima il suo partito, poi il suo governo.
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I BACI DELLA MORTE
l'editoriale di Marco Travaglio
06 GENNAIO 2024
Il Cdr di Repubblica accusa il direttore Sambuca Molinari e l’editore John Elkann di snaturare il quotidiano fondato da Scalfari e affondato dagli ultimi successori. Ma è una calunnia: sono 15 anni che Rep insegna al Pd come perdere le elezioni, e con ottimi risultati. Geniale il consiglio di donare il sangue per l’Agenda Monti: sconfitta assicurata. Astuta l’idea di consegnarsi a Renzi: débâcle garantita. Sublime la trovata di rifiutare l’alleanza con Di Maio, propiziando il Conte 1 M5S-Lega e poi di immolarsi per l’Agenda Draghi: minimo storico alle ultime elezioni. L’unica volta che il Pd parve quasi vivo fu quando Zinga disobbedì a Rep e si alleò con i 5Stelle nel Conte 2, infatti dovette dimettersi come corpo estraneo. Un anno fa Rep era pronta a spingere Bonaccini nel solito burrone, invece vinse la Schlein. Temendo che il maggior partito della sinistra diventasse di sinistra, Rep intimò subito alla segretaria di non cambiare una virgola della linea straperdente di Letta, cioè di tradire i suoi elettori: nei giorni pari l’accusava di farsi mettere sotto da Conte, nei dispari la leccava per aver messo sotto Conte. Lei obbedì, cambiò poco o nulla e infatti ora è riprecipitata ai minimi lettiani del 19%, mentre Conte sale.
Anziché compiacersi per aver fatto secco l’ennesimo segretario, Rep avviò le pratiche di rianimazione. Lanciò Gentiloni (parlandone da sveglio) al posto di Elly, ma l’idea non parve elettrizzare la base. Allora s’inventò un fantomatico “federatore del centrosinistra”, che dovrebbe guidare non solo il Pd, ma anche M5S, Avs e centrini vari. Che però purtroppo non vogliono farsi federare. Ecco allora un’ideona ancor più arrapante: il Pd subentri alla fu Forza Italia nelle famose “praterie del centro”. Che però disgraziatamente si stanno rivelando più introvabili dell’Agenda Draghi. Infatti ora Rep è passata a sponsorizzare una sfida tv Meloni-Schlein in vista delle Europee, così gli italiani penseranno che non ci siano altri partiti all’infuori di FdI e Pd. Una doppia truffa: per candidarsi alle Europee senza fregare la gente, Giorgia ed Elly dovrebbero dimettersi da deputate; e il teleduetto lo tentò già Letta nel 2022 chez Vespa, ma l’Agcom lo mandò in bianco perché tutti i leader hanno diritto agli stessi spazi. Ieri, colpo di scena: Stefano Folli ha proposto che il tête-à-tête con la premier non lo faccia Elly, ma il vero capo dell’opposizione. Chi? Tenetevi forte: Matteo Renzi, il politico più detestato d’Italia, che dall’alto del suo 2-3% accusa il governo di non essere abbastanza indecente e lo aiuta a esserlo di più. La proposta è talmente comica che pare troppo pure per Rep e per Renzi. Dev’essere una cosa tra Folli e Folli. Tipo: “Magda, tu mi adori? E allora lo vedi che la cosa è reciproca?”.
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BORGHETTI SOTTO SPIRITO
l'editoriale di Marco Travaglio
07 gennaio 2024
L’italovivo Enrico Borghi ha rilasciato un’intervista a Repubblica – l’ultimo luogo al mondo popolato da renziani – per accusare la Meloni di “temere un’iniziativa giudiziaria”, di “mandare avvertimenti alle Procure” come Crosetto, di “non avere in mano le redini del vapore” (il famoso vapore con le redini) e di “vedere fantasmi dove non ci sono”. Resta da capire perché questo fenomeno non dica le stesse cose 5S_€xdel suo leader Renzi che, quando Crosetto accusò i magistrati di congiurare contro il governo, fu il primo a dargli manforte, avendo fatto ben di peggio: da anni accusa i pm di Firenze di perseguitare lui, compari, genitori, altri parenti inquisiti e li ha più volte denunciati, collezionando una raffica di archiviazioni. Ma Borghi è sfortunato: ha passato due anni, prima da responsabile Sicurezza del Pd e poi da membro del Copasir del Pd trasmigrato in Iv, a inventare complotti di Putin e delle sue quinte colonne. Denunciò sudatissimo la diabolica missione putinian- contiana di medici e infermieri russi venuti in pandemia per spiarci con microspie nascoste negli stetoscopi, nei tamponi e nelle mascherine. Disse che Putin l’aveva giurata a Guerini perché aveva impedito ai russi di spiarci: poi si scoprì che la spedizione era partita proprio dal ministero della Difesa guidato da Guerini, che alla fine ringraziò pubblicamente Mosca. Torchiò accaldatissimo al Copasir l’ad Rai Fuortes sugli agenti putiniani ospiti della Berlinguer, fra cui il putribondo Orsini: “Sono stati rilevati rischi per la sicurezza nazionale”. Poi si scoprì che l’unico torto di Orsini era di aver capito per primo come sarebbe andata a finire la guerra in Ucraina: non perché gliel’avesse detto Putin, ma perché sa dove sono Ucraina e Russia sul mappamondo. Attaccò anche Rete4 per aver intervistato Lavrov, cioè per uno scoop: “Un chiaro tentativo di destabilizzare le democrazie occidentali. Questo fenomeno da noi dilaga mentre negli altri Paesi non esiste”, tuonò mentre la Cnn intervistava Peskov, portavoce di Putin.
E le sfighe non sono finite: ieri, mentre Borghi sparava contro la Meloni su Rep, il Fatto svelava il rapporto della Guardia di Finanza acquisito dal Copasir sulle missioni di intelligence&affari di Marco Carrai – al seguito o per conto di Renzi – presso 007 italiani, oligarchi-spioni russi sotto sanzioni, vertici del Mossad e autorità di Arabia, Emirati e Qatar. Cioè: l’amico e console d’Israele è pappa e ciccia con l’emirato che finanzia Hamas per le stragi contro Israele. Come se la famiglia Allende invitasse al veglione di Capodanno gli eredi di Pinochet. E ora chi lo sente Borghi? Pare abbia già prenotato un’intervista di fuoco su Rep contro Renzi e Carrai: il tempo di trovarsi un altro partito, poi si scatena.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
l'editoriale di Marco Travaglio
08 gennaio 2024
Furtive presenze. “Silvio era un raro, sento che è ancora in mezzo a noi” (Paolo Berlusconi, Libero, 31.12). Dev’essergli di nuovo sparito il portafogli.
Il Banal Grande. “Mattarella e l’anno nuovo: ‘Serve una pace giusta’” (Messaggero, 30.12). “La scossa di Mattarella: ‘I diritti si conquistano con la partecipazione’” (Repubblica, 2.1). Venezia è bella, ma non ci vivrei. E quando c’è la salute c’è tutto.
Due cuori, una Giorgia. “LEI è tornata” (Mario Sechi, Libero, 5.1). “‘Io sono Giorgia’ atto secondo” (Alessandro Sallusti, Giornale, 5.1). Stringe il cuore vederli soffrire tanto per amore.
L’esperta/1. “Bavaglio? Per i giornalisti non cambia assolutamente nulla e loro potranno continuare a raccontare tutto quello che stanno giustamente raccontando fino a oggi” (Gaia Tortora, In Onda, La, 4.1). La prima legge della storia fatta apposta per confermare la legge precedente.
L’esperta/2. “Spezzare la santa alleanza tra giornali e procure” (Tiziana Maiolo, Dubbio, 23.12). Qualcuno la avvisi che le ordinanze di custodia cautelare che la legge bavaglio vieta di pubblicare non le emettono le Procure, ma i Gip.
De Iuri. “Il giornalismo italiano è il più screditato d’Occidente” (Iuri Maria Prado, Unità, 22.12). In effetti, in Italia fanno scrivere persino i Prado.
Tu scendi dalle bombe. “Cantiamo forte la ‘Nato song’, l’inno della difesa delle democrazia” (Foglio, 24.12). Mo’ me lo segno.
Il Signor G. “Ammetto che il Gaber che preferisco è il primo: folle e romantico, ironico e sentimentale… ‘La ballata del Cerruti..’” (Aldo Grasso, Corriere della sera, 3.1). Preferiva così tanto il primo Gaber da non conoscere neppure il titolo corretto de La ballata del Cerutti.
Sempre più Chiara. “Se Giulia Cecchettin è morta, tutte siamo a rischio e se siamo salve è per caso o per fortuna, per una serie ininterrotta di gesti riusciti… L’eternità non ha rassicurato e la persistenza in ciò che si è mi ha raggelato” (Chiara Valerio, Repubblica, 29.12). Sempre con tarapia tapioco, s’intende.
Mare nostrum. “Conte ordina all’Italia di ritirarsi dal Mar Rosso” (Libero, 21.12). Perché, è nostro?
Tg nostrum. “Schlein perde il Tgr Lazio: Gualtieri infuriato” (Foglio, 21.12). Perché, è suo?
Che fa, accosta? “Costa (Azione) apre all’appoggio esterno al governo” (Corriere della sera, 21.12). Che poi si chiama concorso esterno.
Cabaret. “Cari compagni del Pd, ridurre i poteri del capo dello Stato non è antidemocratico” (Matteo Renzi, editoriale su Libero, 20.12), “Questo giornale non fa sconti a Giorgia Meloni” (Matteo Renzi, editoriale sul Riformista, 20.12). Uahahahah.
La questione molare. “’Così rovinano degli imprenditori’. Inchiesta Anas: i legali minacciano il ricorso alla Cedu: ‘I nostri clienti sotto shock’” (Giornale, 30.12). Ormai non si può più neppure corrompere in pace.
Ora d’aria. “Lo Russo benedice la trattativa Pd-5Stelle: ‘Sono disponibile a incontrare Appendino’” (Stampa, 29.12). Bei tempi quando la denunciava per mandarla in galera. Poi purtroppo fu assolta.
Putiniani in casa. “Putin sta vincendo la guerra in Ucraina?” (Marco Imarisio, Corriere della sera, 3.12). “Un vincitore nel 2023? Putin, ahinoi!” (Federico Rampini, Corriere della sera, 25.12). “I soliti putiniani di complemento tornano a prefigurare il successo dello zar invasore” (Goffredo Buccini, Corriere della sera, 28.12). Mi sa che Buccini ce l’ha col Corriere.
I Fori Putiniani. “Le colonne dei Fori Imperiali ricostruite con i soldi dell’oligarca di Putin. Restauro concluso, ma imbarazza la sponsorizzazione di Usmanov” (Repubblica, 4.12). Ri-abbattiamole!
Foglio di carta igienica. “Travaglioset. Mediaset fa cadere il veto anti Fatto. A Rete4 arriva Gomez” (Foglio, 4.12). Due balle in due righe.
Il titolo della settimana/1. “Guido Crosetto, la foto che spegne il fango di Travaglio: ‘Ecco casa mia’” (Libero, 19.12). Mi sa che il fango non era ignifugo.
Il titolo della settimana/2. “’Sessista e volgare’. Il New York Times stronca l’Italia dei cinepanettoni” (Gianni Riotta, Repubblica, 3.1). Vuoi mettere invece la saga di Porky’s. Questi pazzi pazzi porcelloni!.
Il titolo della settimana/3. “Crosetto ai magistrati: ‘Ora un tavolo di pace’” (Messaggero, 20.12). Facciamo che il Codice penale vale solo nei giorni dispari.
Il titolo della settimana/4. “Trump e il voto americano, cosa deve temere l’Europa” (Walter Veltroni, Corriere della sera, 21.12). Che rivinca Biden.
Il titolo della settimana/5. “I dem incassano (da Meloni) il sì al duello tv con Schlein” (Repubblica, 5.1). Poveretti, come s’offrono.
Il titolo della settimana/6. “Il centrodestra continua la sua personale guerra contro i magistrati” (Domani, 20.12). Ma Centrodestra è il nome o il cognome?
Il titolo della settimana/7. “Dall’Anac a Draghi fino agli enti. La destra è allergica ai controlli” (Domani, 18.12). Quindi Draghi è un’authority o fa solo capoluogo?
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L'ALTRO BAVAGLIO
l'editoriale di Marco Travaglio
09 gennaio 2024
Stanno imbavagliando i migliori atlantisti d’Italia. Da quando il Fatto ha iniziato a raccontare l’informativa della Guardia di Finanza acquisita dal Copasir sugli affari del duo Renzi&Carrai con alcuni fra i più rinomati Stati e/o governi-canaglia, dall’Arabia Saudita agli Emirati, dal Qatar all’Azerbaigian, dalla Russia alla Cina, le vestali dei valori occidentali tempestano i direttori di giornali e tg per rompere il muro di omertà e sparare a zero sul senatore e sul suo degno compare pappa e ciccia con quei bei regimi, oltreché con 007 italiani, israeliani e russi. Uno che sfrutta i legami internazionali avviati da premier per fare soldi non dopo la carriera politica, ma durante. Uno che dà dei putiniani filo-cinesi anti-atlantisti filo-Hamas agli avversari e viene beccato in love con l’oligarca ex Kgb, il magnate cinese Jack Ma, l’emiro del Qatar che finanzia e ospita i capi di Hamas, gli azeri della pulizia etnica contro gli armeni in Nagorno-Karabakh, per non parlare dei tagliagole e sega- giornalisti sauditi tipo l’amico Bin Salman. Uno che sei anni fa sventolava in tv il suo estratto conto da 15 mila euro e tuonava “Se vuoi fare i soldi non fai il politico, se hai un saldo diverso da questo qualcosa non torna”: ora è il senatore più ricco con 3,2 milioni e attacca pure Conte perché è il parlamentare più povero, avendo fatto politica per 10 mesi e mezzo su 12 senza percepire un euro. Uno che non ha mai spiegato perché certe culle della democrazia lo coprano d’oro per tenere conferenze in un inglese da Stanlio e Ollio che in Italia nessuno ascolterebbe neppure gratis, ma neanche pagato.
Di qui lo sdegno dei nostri atlantisti del Biden-Stoltenberg-Zelensky-Taiwan Fan Club, che han passato anni a compilare liste dei servi di Mosca e Pechino sui giornaloni, ad additare quinte colonne di Putin e di Xi in redazioni, talk, teatri lirici, musica sinfonica e pop, sport, letteratura, ovviamente nella missione sanitaria russa anti-Covid a Bergamo e nella Via della Seta. Come potrebbero tacere su questo campione di doppiopesismo e doppia morale beccato a fare all’ennesima potenza ciò che per molto meno, anzi per nulla, rimprovera agli altri? Infatti i Riotta, Tocci, Cappellini, Merlo, Grasso, Polito, Galli della Loggia, Panebianco, Meli, Verderami, Severgnini, Iacoboni sono tutti lì frementi di sdegno davanti ai rispettivi direttori con le mani che prudono: “Ma hai letto di Renzi e Carrai? È uno scandalo, ne va dei valori occidentali! Dobbiamo cantargliele chiare! Ho già pronto un articolo di fuoco”. Ma quelli niente: li imbavagliano. Fortuna che c’è il Fatto, nato apposta per dire ciò che gli altri non possono dire. Cari colleghi atlantisti, inviateci i vostri feroci articoli sul caso Renzi: li pubblichiamo noi.
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LA SELEZIONE
l'editoriale di Marco Travaglio
10 gennaio 2024
Si dice che la Meloni non fa selezione delle sue classi dirigenti. Ma è un’infame calunnia di chi non ha ancora compreso appieno i rigorosi criteri di accesso a FdI e al governo.
La Santanchè manda a ramengo le sue società ed è inseguita dai creditori, incluso lo Stato: subito promossa ministra del Turismo, anche per fare vetrina all’estero.
Emanuele Pozzolo sta nella Lega, che però lo sospende per “indegnità politica e morale”. Allora trasloca in An, che però lo sgama come “violento estremista verbale”, ergo – ricorda Fini – “capimmo che era un balengo e lo accompagnammo alla porta: via, andare”. A quel punto, non esistendo più l’Udeur e non ancora Iv, l’ingresso in FdI è d’obbligo. Pare che lo noti Crosetto, noto talent scout: abile e arruolato.
Guido Crosetto, intervistato da Tpi il 18.8.2022, esclude di diventare ministro della Difesa: “Mi sembrerebbe inopportuno, dato il mio lavoro” (è presidente dell’Aiad, Federazione delle aziende militari e senior advisor di Leonardo). E il 29.9.22 rincara la dose su Twitter: “Se aspetti me Ministro, muori di vecchiaia”. Infatti un mese dopo è ministro della Difesa. E l’estate scorsa pensa bene di traslocare in un attico e superattico di Carmine Saladino, presidente e socio di Maticmind, colosso della cybersecurity affiliato all’Aiad, appaltatore di vari ministeri fra cui la Difesa, partecipato da Cdp (cioè dal Mef): cosa inopportuna anche se pagasse l’affitto, che peraltro nei primi quattro mesi non paga.
Vittorio Sgarbi nel 1996 viene condannato a 6 mesi e 10 giorni in Cassazione per truffa aggravata e continuata ai Beni culturali. Dunque prima B. e poi Meloni lo promuovono sottosegretario ai Beni culturali per competenza specifica. Ora è indagato per furto e riciclaggio di beni culturali per un quadro rubato in un castello e ricomparso in mani sue con l’aggiunta di una candela dipinta sullo sfondo alla maniera di Mister Bean (oltreché per sottrazione fraudolenta al pagamento delle tasse di 715 mila euro, che fa sempre punteggio). E se lo tengono come sottosegretario ai Beni culturali per dargli un’altra chance.
Altro che mancata selezione: questi si regolano come Mel Brooks in Mezzogiorno e mezzo di fuoco. C’è il cattivo che deve arruolare una sporca dozzina per assaltare il villaggio si siede dietro un banchetto ed esamina i curricula dei candidati in fila indiana: “Precedenti penali?”. Il primo risponde: “Stupro, assassinio, incendio doloso, stupro”. E lui: “Hai detto due volte stupro”. “Sì, ma mi piace tanto lo stupro!”. “Ottimo, firma qua. Avanti il prossimo. Precedenti penali?”. “Atti di libidine in luogo pubblico”. “Non è mica tanto grave”. “Sì, ma in una chiesa metodista!”. “Ah carino! Arruolato, firma qua!”.
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VOTI A PERDERE
l'editoriale di Marco Travaglio
11 gennaio 2024
“Una sconcezza, un fenomeno terzomondiale, una gigantesca truffa agli elettori, un’impostura unica in Europa, una prevaricazione, un’esplosione di narcisismo, una rozzezza senza precedenti. Se lo chiedi a un capo di governo europeo pensa a uno scherzo o si offende. Ci si candida per chiedere un mandato, non per ottenere un omaggio. Il premier e i ministri sono ineleggibili, prendono in giro i cittadini. Chi voterà per Fini non eleggerà lui, ma un oscuro portaborse di cui non sa neanche un nome. La democrazia è una cosa seria e il mandato elettorale è fiduciario e personale. Gli elettori si ribellino a questi specchietti per le allodole: gli elettori non sono allodole, vanno trattati con serietà”. Così parlò il presidente Ds Massimo D’Alema nel 2004, quando il premier B. annunciò la sua candidatura a capolista di FI alle Europee in tutte le circoscrizioni (come già nel 1994 e nel ’99), pur essendo ineleggibile in quanto premier, tra furiose polemiche. Anche D’Alema, deputato, si candidò alle Europee. Ma, appena eletto, lasciò Montecitorio e andò a Bruxelles, mentre B. ovviamente restò premier e deputato.
Ora la Meloni, anche lei ineleggibile (a meno che non lasci il governo), pensa di imitarlo. Ma stavolta il Pd non grida allo scandalo perché Elly Schlein medita di fare lo stesso, nelle cinque circoscrizioni o almeno in tre. Come farà certamente Renzi. E come non faranno né Salvini né Tajani (prenderebbero meno preferenze di Giorgia) né Conte (le regole M5S vietano a chi ha una carica elettiva di correre per un’altra). Schlein e Renzi sono deputata e senatore e, appena eletti, opteranno per il Parlamento italiano: lei perché non avrebbe senso confinarsi fra Bruxelles e Strasburgo lasciando un vice a Roma a contestare i Melones; lui perché gli eurodeputati non possono prendere soldi da Stati esteri (privilegio riservato ai senatori italiani). Quindi, candidandosi a una carica che non ricopriranno neppure per un giorno, si apprestano a truffare gli elettori proprio come la Meloni. Non solo: la Schlein riempirebbe da sola tutte le quote rosa in cima alle liste Pd e poi, disertando, manderebbe in Europa un esercito di maschi, e nemmeno tra i più noti: alla seconda piazza dietro di lei aspirano Orlando, Zingaretti, Ruotolo, Bartolo e Bonaccini, e i primi due sono già parlamentari, quindi è probabile che rinuncerebbero anch’essi. Una truffa al cubo che legittimerebbe anche quella della Meloni. Poi, chiusi i seggi, tutti a piangere sull’astensionismo e l’antipolitica di chi, chissà perché, pensa che il suo voto conti meno di zero. Nel 2013 domandarono a Rosy Bindi se intendesse correre alle Europee. E lei: “Non me lo sogno nemmeno, sono già parlamentare italiana”. Altre donne, altri tempi.
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LA LEGGE BIANCHETTO
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12 gennaio 2024
La penultima porcata delle quattro destre FdI, Lega, FI e Iv impone agli inquirenti di sbianchettare i non indagati nelle intercettazioni. Per non trovare sui giornali i propri nomi senza il disturbo di smetterla di frequentare noti criminali, i “legislatori” chiudono il rubinetto alla fonte: quando la polizia giudiziaria fa le trascrizioni. Così non solo i cittadini, ma anche avvocati, pm e giudici non sapranno più con chi e di chi parlano gli indagati intercettati. Giudici e pm lavoreranno al buio, su verbali monchi e pieni di cancellature (chi non è indagato oggi può esserlo domani e, se uno dice in un’indagine per droga che Tizio ha ucciso Caio, non lo saprà nessuno). E gli avvocati non potranno più svolgere indagini difensive: per sentire un teste devi sapere chi è.
Poi c’è quello che non sapremmo più noi. Nel caso Anas il socio dei Verdini telefona: “Guarda caso stasera è arrivato l’invito a cena… guardacaso dopo che Salvini si è insediato (come ministro dei Trasporti che controlla Anas, ndr)! Che tempistiche, ragazzi! Vergognoso!”. ”Salvini” verrà sbianchettato, così nessuno capirà chi si è insediato (e tutti quelli che si sono insediati diventeranno sospetti), né il senso delle “tempistiche”. Nell’inchiesta sui bunga-bunga, col testo originario della schiforma, avremmo saputo che B. faceva le orge, ma non con chi, e che chiamava da Parigi la Questura da Parigi per far liberare la nipote di un capo di Stato africano: Ruby, non indagata, non sarebbe stata citabile, e tantomeno Mubarak. Così il Parlamento, avallando la maxi-balla, ci avrebbe fatto un figurone. Poi avremmo appreso che un tizio domandava a Consorte “Siamo padroni di una banca?” e pensato a un banchiere o a un mitomane, non a Fassino. Mancino voleva dirottare il processo Trattativa e chiamava un tizio al Colle che si dava da fare, ma il consigliere D’Ambrosio sarebbe rimasto coperto: tutti avremmo pensato a Napolitano. Palamara incontrava deputati e membri del Csm all’hotel Champagne per pilotare nomine di procuratori, ma chi fossero gli altri non l’avremmo saputo. Il lobbista indagato Gemelli parlava con la fidanzata- ministra Guidi non indagata per spingere una norma pro domo sua, ma chi fosse la donna che gli rinfacciava i favori fatti e il trattamento da “sguattera del Guatemala” sarebbe rimasto un mistero: tutte le ministre di Renzi sarebbero state degradate a sguattere. Moggi pilotava le designazioni arbitrali pro Juve, ma i nomi degli arbitri (e le relative partite che li avrebbero resi identificabili) sarebbero rimasti coperti da omissis: così nessun tifoso avrebbe saputo chi aveva fatto cosa. È la legge Bianchetto, così detta anche perché chi l’ha scritta e votata dev’essere ubriaco fradicio.
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PARLANDONE DA SVEGLIO
l'editoriale di Marco Travaglio
13 gennaio 2024
Fermi tutti, nessuno si muova: “Gentiloni prepara l’addio a Bruxelles: ‘Torno a Roma, non vado in pensione’” (Rep), “Gentiloni lascia l’Europa e scalda i centristi Pd” (Messaggero), “Si agitano le correnti” (Libero). Mecojoni, direbbero i francesi. Su Rep il maresciallo Tito assicura che sarà lui, Er Moviola, “il federatore in grado di unire il centrosinistra”, forse per via del suo incontenibile dinamismo. Sul Corriere Maria Teresa Renzi assicura che “il ritorno di Gentiloni scatena le ipotesi tra i dem. E c’è chi spera: sarà lui il federatore”. L’idea che qualcuno fra i dem “speri” in lui (parlandone da sveglio), o si “scaldi” con quella stufa spenta, o si “scateni” e “agiti” per quel ficus da interni dà l’idea di com’è ridotto il Pd. Che non necessiterebbe di un segretario o di un federatore, ma di un partito, visto che su Kiev ha appena espresso quattro posizioni, sull’abuso d’ufficio due, sui mandati dei “governatori” c’è chi ne vuole due e chi tre e chi infiniti, sulla candidatura-civetta della Schlein alle Europee sono tutti contro tranne lei, su Israele e Palestina peggio mi sento, sulle alleanze c’è chi le vuole con Conte e chi con Renzi e Calenda e chi solo con Calenda e chi solo con Renzi. Del resto la Schlein assicura che il “risveglio dell’Europa” (quale? quando?) è tutto merito di Gentiloni, a cui nessuno sospettava si attagliasse il concetto di risveglio, semmai quello di letargo.
Frattanto Paolo Gentiloni Silveri, conte di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino commemora Sassoli, che dieci anni fa sfidò lui e Marino alle primarie per Roma. Risultato: Marino 50%, Sassoli 30, Gentiloni 15 (terzo su tre). Ma qui le disfatte fanno curriculum e, anziché ritirarsi, il trombatissimo Paolo fu promosso ministro degli Esteri come Gentiloni, premier come Silveri, commissario Ue come Filottrano e presidente del Pd come Cingoli. Restandogli da spendere i bonus di Macerata e Tolentino, ora è atteso da nuove elettrizzanti avventure. Federatore o segretario o allenatore della Roma (anche se tifa Juve, o forse proprio per questo), si vedrà. Se Elly non l’hanno vista arrivare, lui non lo vedi tornare, anche perché non ti eri manco accorto che fosse partito. Il suo motto è “Fate come se non ci fossi” e quello degli astanti “Ah, ci sei? Buono a sapersi”. Se la Schlein dovesse perdere la battaglia per cambiare il Pd, peraltro mai iniziata, lui sarebbe il segretario perfetto e, diversamente dagli altri, potrebbe persino durare. Lo sport del tiro al leader con lui non funzionerebbe: provate a sparare a un ectoplasma. Il rischio è che poi gli elettori, non vedendolo, non lo votino. Ma c’è sempre il caso che, dopo aver votato Pd per abitudine, per disperazione, per rassegnazione e per sbaglio, la gente si trascini a votarlo per ipnosi.
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IL BANAL GRANDE
l'editoriale di Marco Travaglio
14 gennaio 2024
La nuova stagione di House of the Dragon è iniziata venerdì nella campagna di Bruxelles, dove Mario Draghi, incaricato dalla von der Leyen di stilare un report sulla competitività europea, ha incontrato a porte chiuse la Commissione Ue. E gli agiografi del culto mariano si sono subito raccolti in preghiera. Il Giornale racconta sobrio “i sorrisi, i baci, gli abbracci con la von der Leyen che gli parla e lo guarda estasiata… Tutti che vogliono mettersi vicino a SuperMario. La star. L’uomo che ha salvato l’euro e domani forse, magari, chissà” (qualunque cosa significhi). Per il Corriere “è parso molto immerso nel suo lavoro”, tipo l’uomo in ammollo. Stampa, Rep e Corriere lo descrivono “in modalità ascolto”. Per Rep “prende appunti e quasi sempre accompagna la sua attenzione con un cenno di assenso del capo”, tipo i pupazzetti sul retro dell’auto. L’esito è di quelli che cambiano la Storia: “non sarà una Bibbia”, ma “un programma di governo” o qualcosa che “gli somiglia molto” (Giornale). E vediamolo, il prezioso incunabolo pregno di rivelazioni folgoranti. Tra Covid e Ucraina, “l’economia Ue ha subìto un progressivo indebolimento… a beneficio di altri Paesi come Usa e Cina”. Ma va? “La guerra in Ucraina ha confermato la fragilità economica e geopolitica dell’Europa” e ora serve accelerare la “transizione green”. Ma non mi dire.
E mentre tutto ciò accadeva Lui era ovviamente su Marte. Mica tagliava le rinnovabili per puntare su fossili, rigassificatori, trivelle e nucleare. Mica guidava il governo meno europeista e più amerikano della storia d’Italia. Mica inviava armi e inventava sanzioni che dovevano piegare la Russia “entro l’estate” 2022 e invece hanno piegato l’Europa. I mariologi assicuravano che le sanzioni a Putin le aveva suggerite Draghi, all’Ue e persino a Biden e alla Yellen, ma sarà stato un sosia omonimo. Sennò non si chiederebbe a chi ha diffuso il virus di studiare il vaccino. Che poi è molto semplice, nella sua genialità: “definire una road map ampia e dettagliata” (non, come si pensava, striminzita e vaga), “identificare chiaramente le priorità” (ecco: non oscuramente), previa “analisi accurata” (giusto: non approssimativa), “aperta all’ascolto di tutti gli stakeholder rilevanti” (evitando quelli che non contano una mazza), “ai contributi di tutti coloro che siano interessati a darne” (bravo: chi non è interessato a darne non ne dà) e “a soluzioni incisive e ambiziose” (giusto: quelle mosce e rinunciatarie no). Quindi il più è fatto. Mancano soltanto gli ultimi lampi di genio: non ci sono più le mezze stagioni, Parigi è sempre Parigi, Venezia è bella ma non ci vivrei, quando c’è la salute c’è tutto, di mamma ce n’è una sola e comunque (per l’eventualità che la road map non funzioni) i soldi non fanno la felicità.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
l'editoriale di Marco Travaglio
15 gennaio 2024
Voce del verbo. “Denis Verdini non mi era simpatico. Avendolo conosciuto, l’ho trovato una persona davvero affettuosa, perbene e colta” (Matteo Salvini, Lega, ministro Infrastrutture e Trasporti, 11.1). Sul fatto.
Il fasciocomunista. “Putin, volto del fascismo di oggi” (Andrea Romano, Repubblica, 11.1). “Il più colossale fascista in circolazione in Europa è Putin” (Mattia Feltri, Stampa, 11.1). Ma niente paura: ora gli scateniamo contro i partigiani del battaglione Azov.
Foglio d’ordini/1. “A Gaza ci possono essere stati errori di Israele” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 13.4). Birichini!
Foglio d’ordini/2. “L’ex giudice del Qatargate Claise, in pensione da pochi giorni, scende in politica, come Di Pietro” (Foglio, 10.1). No, essendo un pensionato, è come Nordio.
Braccia rubate/1. “Un’altro colpo per chi continua a tifare contro l’Italia e gli italiani per meri scopi politici” (Francesco Lollobrigida, ministro FdI Agricoltura, X, 9.1). Un altro somaro, senza apostrofo.
Braccia rubate/2. “Quando mi sono insediato mi hanno consigliato di non occuparmi di ippica perché ‘sono solo rogne’. Invece ho deciso di intervenire su un settore abbandonato negli anni” (Lollobrigida, X, 10.1). Ecco, bravo, datti all’ippica.
Brrr che paura. “Gentiloni spaventa i 5Stelle” (Francesco Merlo, Repubblica, 14.1). Pare che dorma.
C’è del metodo. “La maggioranza larga non è un abuso. Bene il ‘sì’ di Iv e Azione per abolire l’abuso d’ufficio. Un metodo politico” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 10.1). Il metodo di riuscire a peggiorare persino il governo Meloni.
Siamo già lì. “Meloni-Schlein, mezza Italia davanti alla tv. Il duello che può cambiare l’esito delle elezioni” (Stampa, 14.1). Prima ancora di sapere se, quando e dove si farà il duello, sono già tutti incollati al televisore.
Il mondo al contrario. “L’esercito dei sindaci vittime di abuso d’ufficio: ‘Ho pensato al suicidio’” (Giornale, 11.1) Poi c’è l’esercito dei serial killer vittime di omicidio.
Le voci bianche. “Il coro dei sindaci Pd. ‘Basta con la gogna’, dice Sala. Gori e Manfredi: ‘L’abuso d’ufficio non funziona’” (Foglio, 11.1). Non si può più nemmeno abusare in pace.
Toghe gialle. “Abbiamo un problema toghe (grilline)” (Verità, 8.1). Devono essere quelle che hanno indagato Raggi e Conte in base al nulla.
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IL SIFONE A U
l'editoriale di Marco Travaglio
16 gennaio 202
Un caso comico e uno tragico ci dicono che servirebbero corsi scolastici e post-scolastici per insegnare a maneggiare i social. Quello comico è il ministro Crosetto che a Capodanno posta su Instagram il punteggio di una partita vinta a burraco, poi insulta chi lo critica e invoca la privacy, come se non l’avesse messa in piazza lui. Quello tragico è il probabile suicidio della ristoratrice lodigiana, esaltata dalla ministra leghista Locatelli e da molti media per avere zittito un presunto cliente della sua pizzeria che su Tripadvisor lamentava la presenza di gay e disabili, poi sbugiardata perché il commento discriminatorio era un falso grossolano da “marketing del bene”. Stare sui social è diventato un mestiere usurante e pericoloso, talvolta mortale. Chi li usa senza precauzioni non è attrezzato a sopportarne le conseguenze e non capisce che il web è come un sifone a U: se ci fai i tuoi bisogni, questi ti ritornano in faccia. E non di rado accade lo stesso anche con gli escrementi altrui.
I personaggi pubblici sono sempre sotto i riflettori e, volenti o nolenti, ci fanno il callo. Ma le persone comuni spesso non reggono all’esposizione, soprattutto quando passano in mezzo minuto dagli altari alla polvere, da famosi a famigerati. Nessuno conosce i motivi del gesto della ristoratrice, anche se politici e commentatori si sono affrettati incredibilmente ad attribuirlo a Selvaggia Lucarelli e al suo compagno chef Lorenzo Biagiarelli. Cioè a chi ha avuto il merito di fare ciò che ormai pochissimi fanno: la verifica dei fatti. Così smascherare il falso post sui gay e i disabili che montava come panna nel mondo politico-giornalistico è diventato “campagna d’odio” e “gogna mediatica”, anche se i toni del fact checking erano civilissimi e i commenti social piuttosto contenuti. La cosa doveva restare confinata lì. Invece la donna è stata intervistata dal Tg3 e persino convocata in Questura per scovare l’eventuale istigatore all’odio anti-gay e disabili, ove mai esistesse. Ma il fatto più ignobile è lo sciacallaggio della Lega, la cui ministra Locatelli si era bevuta tutto senza uno straccio di verifica. E ora specula sulla tragedia straparlando della “sinistra e dei suoi giornalisti” (questi pensano che siano tutti come quelli di casa loro) ed equiparando la pizzaiola al vicepremier e ministro Salvini imputato per Open Arms. Un presunto leader che da anni, con la sua “Bestia” e i suoi stalking citofonici, mette alla gogna social privati cittadini (anche ragazze e ragazzi, persino disabili) utili alla sua propaganda o colpevoli di criticare le sue politiche. Persone che manifestano senza far nulla per mettersi in mostra, esercitando soltanto un diritto costituzionale. Che poi, per lui e quelli come lui, è il vero peccato mortale.
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SENTI CHI SPARLA
l'editoriale di Marco Travaglio
17 gennaio 2024
Ci costringeranno a dare ragione a Vannacci, almeno per il titolo del libro Il mondo al contrario. Da quando la povera ristoratrice si è (probabilmente) suicidata, si è scatenata una caccia alla donna, cioè a Selvaggia Lucarelli, rea di aver condiviso un post del compagno food blogger: sono loro i moventi e i mandanti di un suicidio (già diventato omicidio) che nessuno sa a cosa sia dovuto, ma tutti fingono di saperlo. Cioè a questo commento tipico dei serial killer: “La notizia del giorno è quella di una pizzeria che riceve una recensione omofoba e abilista su Google, risponde con forza, pubblica lo screenshot sui propri social, riceve centinaia di commenti positivi e di recensioni a 5 stelle di incoraggiamento. ‘Mi hanno messo a sedere di fianco a dei gay, e c’era pure un ragazzo in carrozzina, mi sono sentito a disagio’. E la titolare: ‘la invito a non tornare da noi, a meno che non ritrovi in sé i requisiti umani…’. Eppure… (seguono i dettagli tecnici che fanno pensare a un fake, ndr). Siamo sicuri che questo screenshot sia autentico? In ogni caso, nulla gli ha impedito di diventare una notizia, di occupare le homepage di tutti i quotidiani online, di scatenare un’ondata di solidarietà umana verso una pizzeria che, a quanto pare, offre iniziative benefiche a favore di persone con disabilità. Eppure a me dà fastidio. Se lo screen fosse davvero falso… ci troveremmo di fronte a parecchie implicazioni scomode. Non solo l’utilizzo di abilismo e omofobia come leva di marketing, ma anche l’inesistente controllo della veridicità del materiale digitale da parte della stampa. Ora ci preoccupiamo tutti di come l’Intelligenza Artificiale possa produrre dei falsi accuratissimi, ma se non siamo in grado neanche di distinguere quelli prodotti da miocuggino su Picsart direi che non partiamo benissimo”. Una critica ai media che si bevono qualunque balla social per fabbricare eroi un tanto al chilo e collezionare clic.
Ora i giornali che inventano liste di putiniani e calpestano la privacy di gente comune con nomi e foto segnaletiche (ricordate l’insegnante innamorata dell’allievo?), gli stessi che han trasformato la scaramuccia social sulla pizzeria in affare di Stato, spacciano quel post di puro buonsenso per “istigazione al suicidio”, “odio”, “porcata”, “gogna Selvaggia”, “Selvaggia con l’arsenico”, “massacro”, “linciaggio”, “forca”, “lapidazione”, “cyberbullismo”, “delazione”, “grilletto facile”, “naufragio della ragione”, “nuovo affare Dreyfus”. Costretti da anni a scopiazzare gli scoop di Selvaggia, spesso senza citarla, non vedevano l’ora di vomitare la loro bile contro il suo coraggioso talento (e contro il Fatto). StrepitosoLibero, che la insulta per tre pagine e poi titola: “Ferragni, spunta una nuova tegola”. Da premio Puzzer.
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FATEGLI IL PALLONCINO
l'editoriale di Marco Travaglio
18 gennaio 2024
Oggi il podio se lo contendono due arzilli vegliardi che parlano senza porsi il problema della logica. Tant’è che vien da sperare che lo facciano in stato di ebbrezza. Il primo è Carlo Nordio, sventuratamente ministro della Giustizia. Dice che “i poteri immensi del pm sono un pericolo” (il che sarebbe vero se lui fosse ancora pm: ora che fa danni da un’altra parte, non più.) Dice che intercettare i criminali è roba da “barbaro Medioevo” (quello di Dante, Petrarca, Boccaccio, Giotto e altri barbari, purtroppo non intercettabili perché sprovvisti di telefoni) e “chi sequestra un cellulare sequestra una vita” (e una telefonata, si sa, allunga la vita). Dice che abolisce l’abuso d’ufficio perché “l’intero sistema dei reati contro la PA è obsoleto” (gli altri Paesi civili non lo sanno e continuano a punire gli stessi reati obsoleti, incluso l’abuso d’ufficio) e levare “5 mila e passa procedimenti l’anno per abuso d’ufficio significa il 10% di deflazione” (quindi i procedimenti annui sarebbero 50 mila: purtroppo sono oltre 2 milioni e quelli per abuso poche centinaia, perché vengono quasi tutti archiviati subito). Poi il capolavoro: “L’Italia, nella classifica internazionale sulla corruzione, è negli ultimi posti, ma perché il criterio è sbagliato e abbiamo chiesto di cambiarlo. Abbiamo spiegato che i criteri di corruzione percepita non corrispondono affatto a quella reale, così l’Italia risalirà in graduatoria”. Come se il criterio della corruzione percepita valesse per l’Italia e non per gli altri. E qui il Guardagingilli ricorda Moggi che accusava l’arbitro Collina di aver fregato lo scudetto alla Juve rifiutando di sospendere per pioggia il match decisivo col Perugia: quasi che diluviasse solo sulla Juve e non anche sul Perugia. Comunque ora Nordio abolirà pure gli altri reati contro la PA, così non aumenterà solo la corruzione percepita, ma anche quella reale divenuta legale. Che poi è il metodo migliore per curare i malati: abolire il termometro. E anche per combattere l’alcolismo: abrogare l’alcol test.
L’altro fenomeno è un venerato giurista che su Rep loda l’autonomia differenziata di Calderoli: “È un’opportunità per il Sud”, “piena attuazione al dettato costituzionale”, “prestazioni uguali per tutti” anche se, certo, “vince chi ha le gambe migliori”. L’opposto di quanto dichiarò un venerato giurista alla Stampa il 21 novembre 2022: “L’autonomia voluta dalla Lega ferisce l’unità del Paese” e “rischia di rendere più profonda la spaccatura fra Nord e Sud”. Il guaio è che i due si chiamano entrambi Sabino Cassese (forse omonimi del Sabino Cassese nominato da Calderoli presidente del Comitato per i Lep dell’Autonomia fra l’intervista di Cassese 1 e quella di Cassese 2). Dovessero mai incontrarsi, finirebbe a schifio.
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VE LO MERITATE NORDIO
l'editoriale di Marco Travaglio
19 gennaio 2024
L’altroieri Virginia Sanjust, ex annunciatrice Rai caduta nel baratro della psichiatria e della miseria, è stata condannata a 14 mesi di carcere per un’estorsione di 15 euro (avete letto bene: 15) alla sorella a cui aveva sottratto le chiavi dell’auto (e col rito abbreviato, se no erano 21 mesi). Sei mesi fa l’ex sindaco Pd di Lodi Simone Uggetti è stato assolto nel secondo appello perché, sì, aveva truccato una gara d’appalto con un bando su misura per affidare a una ditta amica la gestione di due piscine comunali (che incassano 300-400 mila euro l’anno); sì, aveva tentato di cancellare le tracce informatiche del reato; sì, la Corte ha riconosciuto “la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale, la sua corretta qualificazione giuridica, nonché l’accertamento che gli imputati lo hanno commesso”; ma non è punibile “per particolare tenuità del fatto”. In queste due sentenze c’è tutta la lurida giustizia di classe, forte coi deboli e debole coi forti, che destra, sinistra e media al seguito hanno ripristinato dopo il biennio magico di Mani Pulite col clima e le schiforme che hanno creato in questi 30 anni. E con quelle che ora Nordio&C. vareranno chiudendo il cerchio.
L’altra sera, dopo un giorno di deliri del Guardagingilli in Parlamento, ne parlavano a Ottoemezzo l’ex ministro Pd Andrea Orlando e la presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano. Orlando accusava Nordio di farsi influenzare da fantomatici “sottosegretari forcaioli”, cioè di non essere ancora abbastanza berlusconiano e definiva la blocca-prescrizione di Bonafede, cioè l’unica riforma della giustizia dell’ultimo trentennio che sveltisce i tempi e aiuta le vittime, “un abominio”, per fortuna “smontato dalla Cartabia” (con l’improcedibilità che ammazza i processi se durano più di due anni in appello e di un anno in Cassazione). Anche la giudice Albano ha molto lodato la prescrizione, cioè l’amnistia selettiva per ricchi e potenti che dall’ex Cirielli (2005) falcidia 150-200 mila processi l’anno, lasciando senza giustizia almeno altrettante vittime: “Un istituto fondamentale perché non si può perseguire indefinitivamente (sic, ndr) una persona per i reati che ha commesso”. Ma niente paura: ora, con la quinta riforma della prescrizione in vent’anni, la destra cancella la Bonafede che la bloccava dopo il primo grado e riesuma i regimi precedenti. Così i giudici dovranno spaccarsi la testa per applicare ben quattro tipi di prescrizione, una peggio dell’altra: l’ex Cirielli, la Orlando, la Cartabia e la Nordio, a seconda di qual è la più favorevole all’imputato. Ovviamente a quello colpevole: gli innocenti vengono assolti, non prescritti. Cari Orlando e Albano, ve lo meritate, Nordio. Sono le vittime che non se lo meritano.
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