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Dino

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28/02/2023
Elly, l’arma segreta

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Anche stavolta, come a ogni elezione che guasta i piani dei padroni del vapore, stupisce lo stupore. Elly Schlein s’è presa il Pd, a cui s’era iscritta il giorno prima, con una bella impresa: per la prima volta ha ribaltato il voto degli iscritti, neutralizzando le truppe cammellate dei cacicchi. Quindi, visti i precedenti interni al Pd, non si può dire che la sua vittoria fosse prevedibile. Ma chi la dava per spacciata in partenza, scambiando i propri sogni per solide realtà, trascurava almeno due avvisaglie irresistibili.

La prima è che sono almeno dieci anni che lorsignori intimano agli italiani di votare “bene” e gli italiani votano “male”: cioè con la propria testa. Nel 2013 non dovevano votare 5Stelle: i 5Stelle arrivarono primi. Nel 2016 dovevano salvare Renzi votando Sì al referendum costituzionale: passò il No. Nel ’18 non dovevano premiare M5S e Lega: vinsero M5S e Lega. Nel ’23 dovevano affossare Meloni e Conte e premiare quelli dell’Agenda Draghi: premiarono Meloni e Conte e affossarono quelli dell’Agenda Draghi (mai trovata, fra l’altro). Il comun denominatore di questi ribaltoni, che possono stupire solo chi non frequenta le persone normali, cioè l’establishment e stampa al seguito, non è una scelta fra destra e sinistra: ma fra cambiamento e restaurazione. Non sempre chi vince è nuovo, ma lo sembra. Se poi non lo è, tramonta presto. Renzi vinse le primarie 2013 e le Europee 2014 perché sembrava nuovo (aveva lo stesso programma di Grillo), poi scelse la conservazione al posto della rottamazione e passò di moda. Salvini pareva nuovo alle Europee 2019, poi scelse il partito degli affari e ciao. Ora tocca alla Meloni che, se va avanti a botte di agenda Draghi e agendina Biden, rischia di durare poco anche lei. E nel Pd tocca a Schlein, che ha vinto le primarie aperte non tanto perché è la leader più di sinistra mai vista da quelle parti, ma soprattutto perché è la più distante dal Pd di Renzi, di Letta e anche di chi ha puntato su di lei (Franceschini, Zinga e Orlando). Chi l’ha votata pretende scelte molto più radicali di quelle fatte finora (ha persino votato il dl Armi del governo Meloni). E lei, per vincere la sua sfida, dovrà leggere bene i numeri dei gazebo, che sono una vittoria solo sua. E non dovrà leggere i giornaloni, che già le consigliano amorevolmente (straziante l’appello di Folli su Rep), di “non regalare la posizione ‘atlantica’ a Meloni”: cioè di fare la fine di Letta.

La seconda avvisaglia, che ormai è pura scienza, è Piero Fassino: “Bonaccini è la miglior garanzia di un Pd nuovo, che torna al centro della scena”, “Il riformismo di Bonaccini ci farà vincere”, “Massimo impegno per eleggere Bonaccini segretario”. Con un’arma segreta di quel calibro, come poteva non vincere Elly Schlein?




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01/03/2023
Non regalare

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – È lo schema fisso che segue ogni cambiamento, cioè tutte le elezioni degli ultimi dieci anni. Il Partito degli Affari, che fino al 2013 vinceva sempre sia con la destra sia con la “sinistra”, ora si fa subito una domanda: l’argenteria è al sicuro o in pericolo? E, se l’argenteria è in pericolo, scatena i suoi giornali per consigliare il vincitore di turno a non toccargliela. Se poi quello non ascolta, lo fa lapidare col metodo già collaudato su Di Pietro, pool di Milano e di Palermo, Ariosto, Prodi, Boffo, Fini, Grillo, Di Maio, Raggi, Conte. Per la Schlein siamo ancora alla fase degli amorevoli consigli. Siccome gli elettori del Pd sono molto più di sinistra degli iscritti e infatti hanno votato una non iscritta (fino a due mesi fa) contro uno fin troppo iscritto per cambiare il Pd, i giornaloni la scongiurano di cambiare se stessa anziché il Pd: cioè di salvare l’argenteria dei rispettivi padroni. Che poi sono i soliti: americani, Confindustria, editori vari. Stefano Folli e Massimo Franco – il Duo Xerox di Repubblica e Corriere – sono in ansia per “l’immagine dell’Italia in Europa e a Washington” e “le cancellerie occidentali” perché la Schlein potrebbe portare la sinistra a sinistra e, Dio non voglia, “scivolare su un crinale ‘pacifista’”. E qui arriva l’espressione che, lo confesso, è la mia preferita nel bestiario dei consigli al Pd.

Scrive Folli su Rep: “Il rischio è di regalare a Meloni la posizione ‘atlantica’ di fedeltà alle alleanze: alla luce non solo dell’Ucraina, ma anche degli altri scenari turbolenti che s’intravedono, a cominciare dalla Cina”. Lo spiega pure Sambuca Molinari: la pacifista Schlein deve “convergere con i democratici di Biden”, teorici della terza guerra mondiale, e “con i verdi” tedeschi, molto più bellicisti e riarmisti di Scholz. Lo dice anche il rag. Cerasa sul Foglio: il nuovo Pd “rischia di regalare il buon senso alla destra, a partire dall’Ucraina”. Quindi, cara Schlein, frégatene di chi ti ha votata: copia la politica estera della Meloni e scavalcala a destra dichiarando pure guerra alla Cina. Lo straziante appello ricorda quelli a “non regalare” Draghi e Monti (esponenti della destra tecnocratica) alla destra (cioè ai loro legittimi proprietari); a “non regalare il garantismo a Berlusconi” (inteso come impunità per ricchi); a “non regalare la sicurezza a Salvini” (intesa come razzismo). Cappellini bada più al so(l)do e rammenta su Rep all’ambientalista Elly che vanno bene “le sacrosante battaglie sul clima”, ma “insieme al principio di realtà, agli interessi nazionali, senza cedimenti alle seduzioni della decrescita”, sennò Stellantis senza più auto a benzina perde un capitale. In sintesi: la sinistra non deve regalare la destra alla destra. Salvo poi stupirsi se gli italiani votano l’originale e non la brutta copia.




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Stamani travaglio non deve aver fatto l'editoriale, ma ho trovato questo qui:

l'editoriale di Gaetano Pedulla

01 marzo2023

Come al solito la colpa è del Reddito di cittadinanza. Che il governo dica una sciocchezza al giorno o che si bruci l’arrosto in forno, l’unico aiuto dato a chi non ha niente è un alibi buono per tutto.

Non a caso il ministro più ascoltato dalla Meloni, non per altro perché è suo cognato, Francesco Lollobrigida, ieri ha annunciato un nuovo piano flussi per fare entrare in Italia regolarmente mezzo milione di migranti, di cui ci sarebbe bisogno visto che il Reddito di cittadinanza – ha detto – ha messo in crisi interi settori economici.

Ovviamente l’elettorato di destra, fomentato per anni contro i cattivissimi stranieri, è subito insorto, e in perfetto stile di famiglia Lollobrigida ha fatto marcia indietro, dicendo di non aver mai parlato di alcun piano, ma di posti di lavoro che restano vacanti per la mancanza di personale.

Ora, se fosse vero che quei posti sono liberi per il sussidio pubblico, e non per mille altri motivi, tra pochi mesi con l’abolizione del Reddito di cittadinanza non dovrebbero esserci problemi a riempirli, e dunque dei migranti non ci sarà bisogno. Ma a questo governo non serve affermare cose logiche, quanto sparare delle fesserie per mostrare di avere ogni situazione in pugno, e poi vedere l’effetto che fa, pronti a rimangiarsi tutto se la cavolata si è rivelata troppo grossa.

E dire che tra il fantomatico blocco navale e mezzo milione di immigrati da accogliere la differenza non è pochissima. Ma a forza di gareggiare con una campionessa olimpica di giravolte come Giorgia, il cognato promette bene.




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È uscito ora:

La storia si vendica

di Marco Travaglio
2 marzo 2023

“Quel sorrisetto del c***o di Travaglio, che potrebbe avere solo uno st***zo…”. Era la sera del 7 marzo 2013 e così twittava Elly Schlein durante una puntata di Servizio Pubblico. Il Pd di Bersani aveva appena non-vinto le elezioni, i 5Stelle erano passati da zero al 25,5% e da Santoro parlavamo della non-soluzione proposta dai dem al conflitto d’interessi di B.. Qualcuno ieri ha riesumato quel tweet, come se si potesse giudicare una persona da due righe scritte a 27 anni. E in effetti si può. Bisogna sempre diffidare di chi non dice parolacce. E quel sorrisetto da st***zo lo detesto anch’io, ma mi esce sempre fuori quando mi confronto con uno st***zo o una stronzata (in quel caso, la non-soluzione eccetera). Quello stesso 7 marzo 2013 il presidente della Bce Mario Draghi rassicurò il Sistema terrorizzato dalla vittoria 5Stelle: l’“eccitazione dei politici e dei giornalisti” non aveva senso, perché in Italia “gran parte delle misure di consolidamento dei conti continueranno a procedere con il pilota automatico”. Una profezia. Poi Bersani fece una cosa buona: tentò un approccio coi 5Stelle appena entrati in Parlamento per un appoggio esterno al suo governo, arduo da pretendere visto che avevano i suoi stessi voti ma non avevano voce in capitolo sul programma né sui ministri. Ma fece pure una cosa pessima: mentre Grillo lanciava, dopo le Quirinarie online, la candidatura di Rodotà per il dopo-Napolitano, il Pd si accordava con B. per eleggere Franco Marini.
Nacque così, dalla base giovanile, il movimento Occupy Pd, con lo slogan: “Noi MARINIamo il Colle. Votate Rodotà”. Poi, trombato Marini dai franchi tiratori, Elly&C. si riconobbero nella candidatura Prodi, osteggiata da B. e tutt’altro che sgradita ai 5S (alcuni di loro addirittura lo votarono). Ma anche il Prof fu impallinato dai cecchini del Pilota Automatico, ben più che 101, visti i voti arrivati da grillini e centristi. E lì si capì che Bersani non controllava più il partito proprio per le sue avance ai 5Stelle: i capibastone già puntavano su Enrico Letta, noto nipote di suo zio, per una bella ammucchiata con B.. Un golpe bianco per sbarrare la via del Colle a Rodotà che, come ripeteva Grillo (“Eleggiamo insieme Stefano e poi governiamo insieme”), avrebbe aperto le porte a un governo di vero cambiamento con 5Stelle, Pd e Sel. Il finale è noto: il pilota automatico Napolitano rieletto da Pd, FI e centristi, Rodotà votato da 5S e Sel, Bersani a casa, governo Letta con gli sconfitti alle elezioni per tener fuori i vincitori, Schlein e gli altri di OccupyPd che stracciano le tessere. Ora, 10 anni dopo, Elly occupa davvero il Pd distrutto da Letta col pilota automatico di Draghi. La storia si vendica sempre, con quel sorrisetto da stronza.




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04/03/2023
Lo stagno e il mare

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Dopo avere sbagliato tutte le analisi e aver incassato smentite da tutte le elezioni, i cosiddetti esperti di politica perseverano con una coazione a ripetere davvero encomiabile. Sembra ieri che in campagna elettorale suggerivano a Letta di scaricare i 5Stelle del defunto Conte in nome della popolarissima Agenda Draghi e di imbarcare Calenda, Di Maio, Bonino e altri noti frequentatori di se stessi. E si stupivano perché i poveri affollavano le piazze di Conte che li aveva sfamati col Rdc anziché votare tutti gli altri che volevano abolirlo. Poi, la sera delle elezioni, tutti a ca**iare Letta per avere scaricato Conte, l’unico coi voti, ed essersi alleato con gli ex voto. E, dopo una settimana, tutti a ripetere: guai se il Pd riparla con Conte, che “lancia un’opa” sul Nazareno per egemonizzarlo fingendosi di sinistra col maglione dolcevita e andando financo due giorni a Cortina. Alle primarie del Pd si candidò Elly Schlein per riportare (anzi, portare) il Pd a sinistra, ma tutti gli esperti decisero che avrebbe vinto di sicuro Bonaccini, viste le moltitudini di elettori che vagano per l’Italia invocando il nome di Renzi e ultimamente anche di Calenda.

E sarebbe stato molto meglio così: guai se il Pd fosse ricaduto nel tragico errore dell’alleanza col M5S, che gli aveva fatto recuperare consensi durante il Conte-2. Infatti il Pd schifò i 5Stelle e si fece scegliere il candidato nel Lazio da Calenda: il vincente D’Amato, poi inspiegabilmente sconfitto da tal Rocca. Ora che la Schlein ha vinto, chi puntava su Bonaccini dispensa altre perle di saggezza: tipo che Conte ha mandato centinaia di migliaia di grillini a votare Schlein; e tipo che lo stesso Conte, ottenuto il risultato sperato, è caduto in depressione, o forse è proprio rimorto, perché la Schlein gli ruba la titolarità e i voti della sinistra (infatti non si capisce perché non abbia sguinzagliato le sue truppe a votare Bonaccini). Noi, che esperti non siamo, vediamo un altro film. In Italia il 36% degli elettori non vota alle Politiche e il 60% non vota alle Regionali e la gran parte è di area M5S e Pd. La destra rappresenta un italiano su quattro e sgoverna contro gli altri tre che non la votano o non votano proprio. E una parte di quegli altri tre non vede l’ora che appaia all’orizzonte un progetto di governo alternativo: il patto giallo-rosa che Letta ha condannato alla damnatio memoriae. Con la Schlein la sinistra farà la sinistra e con Conte i 5Stelle faranno i 5Stelle (non un partito di sinistra, ma un movimento trasversale di radicalismo civico, ambientalista, legalitario, pacifista, anti-casta e progressista). Anziché rubarsi i voti beccheggiando nello stesso stagno, tenteranno di pescarli nel mare aperto dell’astensionismo. E potrebbero persino riuscirci.




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IGNOBEL PER LA GUERRA

l'editoriale di Marco Travaglio

05 marzo 2023

Il feroce regime filoputiniano bielorusso di Aleksandr Lukashenko ha condannato a 10 anni il dissidente Ales Bialiatski, Nobel per la Pace 2022. L’oppositore era già in galera dal 2021 con altri 1.457 detenuti politici della sua organizzazione Vyasna (Primavera). La Stampa gli ha dedicato un commosso e commovente ritratto di Anna Zafesova, che nota come i presidenti sovietici Breznev e Andropov ai premi Nobel russi Sakharov e Solzhenitsyn avessero risparmiato almeno il carcere, spedendoli l’uno al confino e l’altro in esilio. Lukashenko è molto più spietato e se ne infischia della notorietà moltiplicata dal Nobel, appena vinto ex aequo “con il Centro delle libertà civili ucraino che indaga i crimini di guerra di Mosca e con Memorial, la storica Ong russa messa al bando dal Cremlino, nata nel 1996 per diventare una rete di assistenza ai detenuti politici e agli attivisti della protesta”.

La notizia del Nobel al bielorusso Bialiatski e alle due Ong ucraina e russa arrivò l’8 ottobre. E curiosamente, anziché esultare per il riconoscimento a tre organizzazioni antiputiniane, suscitò l’ira funesta del consigliere-portavoce più ascoltato e più fanatico di Zelensky, Mykhailo Podolyak, che protestò vibratamente con l’Accademia di Oslo per aver osato premiare “i rappresentanti di un Paese attaccato e quelli dei due Paesi che l’hanno attaccato”. Il genio confondeva i cittadini con i loro governi: con la stessa (il)logica avrebbe dovuto contestare i Nobel a Sacharov (un favore a Breznev), a Lech Walesa (un regalo a Jaruzelski) e a Nelson Mandela (un concorso esterno in apartheid). Ma sull’imbarazzante protesta ucraina i media italiani, al solito, sorvolarono. Tranne Stampa e Foglio, che la fecero propria in due articoli con la stessa firma: quella di Anna Zafesova. Ma sì, la stessa che ora inneggia giustamente a Bialiatski il 9 ottobre accusava la giuria del Nobel di “equiparare due dittature e una democrazia, due aggressori e un aggredito”, anziché premiare per la Pace “il candidato più ovvio: Zelensky”. Cioè il capo di un governo responsabile di tre degli otto anni di guerra civile contro le minoranze del Donbass (15mila morti), che proprio quattro giorni prima, il 4 ottobre, aveva firmato un decreto per sancire la “impossibità di intrattenere negoziati col presidente russo Putin”. Cioè per proibire a se stesso e a ogni altra autorità ucraina di trattare con Mosca e continuare a ripetere il mantra ”armi armi armi”. Non proprio il curriculum ideale di un Nobel per la Pace. Eppure all’epoca Zafesova lo preferiva a Bialiatsky e alle due Ong antiputiniane. E mancò poco che i giornaloni lo candidassero pure all’Oscar, al Pallone d’Oro e a Miss Italia. Poi dice che uno scrive “Scemi di guerra”.

foto dal web
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06/03/2023
Ma mi faccia il piacere

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Mafia presunta. “Il garantismo interessato di Travaglio. Critica il pm di Bergamo, ma solo per difendere Conte… Il direttore del quotidiano che negli ultimi anni ha alimentato tutti i più pazzi teoremi giudiziari volti a riscrivere la storia italiana (dalla ‘trattativa stato-mafia’ alle varie stragi) avrebbe scoperto che la finalità dei processi è solo quella di accertare eventuali reati” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 4.3). In effetti ho un po’ esagerato: pensare che la “trattativa” con Ciancimino e Riina confessata e chiamata così da due ufficiali del Ros davanti alla Corte d’Assise di Firenze celasse eventuali reati fu già eccessivo; ma addirittura immaginare che le “varie stragi” del 1992 e del 1993 violassero il Codice penale fu davvero intollerabile.

Nome e cognome. “Posso chiamarti Benedetta?” (Bruno Vespa a Karima el Marough detta “Ruby”, Porta a Porta, Rai 1, 23.2). Benedetta Mubarak, prego.

Ricercati. “Il Pd riformista è finito, ma il vero sconfitto è M5S. In tanti ci stanno cercando” (Matteo Renzi, senatore Iv, Messaggero, 1.3). Carabinieri o Finanza?

Se questo è un uomo. “La disperazione non può mai giustificare viaggi che mettono in pericolo i propri figli” (Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, dopo la strage di migranti nel mare di Cutro, 27.2). Possibile che non riescano mai a farsi una bella crociera come si deve?

Se questo è un ministro. “Il senso delle mie parole era fermatevi, verremo noi a prendervi… Il mio motto, ripeto, è: fermatevi che arriviamo noi” (Piantedosi, 28.2). È passato alle minacce.

Ben gentili. “Vince Schlein, la delusione di Bonaccini: ‘Ora tutti le daremo una mano’” (Corriere della sera, 27.2). E niente, un’altra minaccia.

Le parole per dirlo. “Elly tutta tasse e ambiente liquida gli ultimi riformisti” (Giornale, 27.2). Intesi come evasori e inquinatori.

Mo’ me lo segno. “Sulla guerra in Ucraina banco di prova a sinistra. Se i Dem si compattassero sui 5Stelle verrebbe meno il trasversalismo atlantista che ha aiutato molto Draghi” (Goffredo Buccini, Corriere della sera, 4.3). E stica**i non ce lo vogliamo aggiungere?

Aspettative. “Giorgia Meloni è meglio di quanto ci aspettassimo” (Enrico Letta, segretario uscente Pd, New York Times, 15.2). Chissà cosa si aspettava.

E quindi? “Inchiesta Covid. Ranieri Guerra, l’ex Oms in pieno lockdown: ‘E’ cazz…ta del secolo fare tamponi a tutti’” (Repubblica.it, 5.3). Però, quest’inchiesta di Bergamo: riesce persino a dimostrare che l’Oms aveva dei dirigenti ragionevoli e sensati.

Le nuove Bierre. “Elly si allea con Conte e gli anarchici. La piazza di Firenze: filorussi, titini e fan di Cospito” (Libero, 5.3). Ma c’erano anche molti fan di Ceausescu.

Mai più senza. “La vittoria di Schlein dimostra che l’Italia ha bisogno di un centro” (Raffaella Paita, capogruppo Azione-Iv al Senato, Foglio, 28.2). Il solito bisognino.

Il nuovo Sallustio. “Solo Matteo Renzi, nella storia del Pd, provò a collocare la sinistra in un’area frequentabile da persone di buon senso, ma venne abbattuto dai suoi per eccesso di successo” (Alessandro Sallusti, Libero, 5.3). Cioè per avere straperso il referendum del 2016 e le elezioni del 2018.

Grasso che cola. “’Fratelli di Crozza’ è solo una passerella di personaggi e di imitazioni… L’impressione è di assistere al ‘Fatto quotidiano’ illustrato… Non c’è più narrazione, ma solo accumulo… Questo stallo dovrebbe preoccupare innanzitutto il suo agente Beppe Caschetto… Il programma non è all’altezza del cospicuo investimento che il network ha fatto… A rimetterci è proprio Crozza che finora non è riuscito a fare quel salto di qualità che in molti ci auguravamo” (Aldo Grasso, Corriere della sera, 27.2). L’auspicato salto di qualità di leccare i tacchi ai potenti e di perdere contro il concorrente Propaganda Live, che invece purtroppo quel fallito di Crozza batte ogni venerdì per ascolti e qualità, addolorando La7 di Cairo, editore del Corriere e di Grasso.

Il titolo della settimana/1. “Al Nazareno la musica è già cambiata. Nel comitato di Elly Schlein suona a palla ‘Occhi di gatto’” (Repubblica, 28.2). Prima c’era Occhi di Tigre.

Il titolo della settimana/2. “Ecco perchè le sanzioni funzionano. Tutti i dati indicano che il Pil russo è calato parecchio. Mentre Europa e Italia crescono” (Carlo Cottarelli, deputato Pd, Espresso, 5.3). Ecco perchè Putin ha la mano che trema.

Il titolo della settimana/3. “Dal patto con la Germania al ruolo della Lombardia. Ecco spiegato il passo indietro della Ue. La mossa di Salvini che ha salvato l’auto” (Libero, 5.3). Evitando di guidarla.

Il titolo della settimana/4. “Francesco sulla guerra: ‘Non posso stare con una parte né con l’altra’. L’occasione persa dal Papa” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 2.3). Quella di farsi scrivere i discorsi dal rag. Cerasa.




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07/03/2023
Mia Culpa

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Farà piacere ai poveri sapere che il Reddito di cittadinanza cambia nome: si chiamerà Mia. Che non è solo l’acronimo di Misura di inclusione attiva. È anche uno stigma per il fanca**ista che si ostina a non trovare un lavoro: “colpa Mia”. Il governo che aveva promesso di abolire il Reddito di cittadinanza (detto anche “di delinquenza” dalla stampa destronza e di “divananza” dall’impiegato di Bin Salman), ultimo residuo degli “scappati di casa” a 5Stelle, ha capito di non poterlo cancellare. Però finge di farlo cambiandogli il nome. E lo taglia di un terzo (da 500 a 375 euro mensili, e solo per un anno al massimo) a chi non trova lavoro, che prima si chiamava disoccupato e ora diventa “occupabile”: il che già migliora la sua condizione. Come chiamare “trombabile” chi non tromba mai, così continua a non tr*****e e per di più si sente in colpa. Siccome difficilmente si campa con 375 euro al mese, salvo imparare a nutrirsi d’aria o andare a rubare, è un bel modo per dirgli: senti, caro, o crepi di fame o accetti di fare lo schiavo a 500 euro, come abbiamo promesso agli amici prenditori-elettori che non ne possono più di gente che pretende addirittura uno stipendio o un contratto. Per i non occupabili (anziani, minori e disabili) cambia poco, a parte l’indubbio vantaggio della scicchissima Mia al posto del putribondo Rdc. Se fanno i bravi, avranno la bellezza di 50 euro al mese per l’affitto, utilissimi a chi vive nell’armadio delle scope (i loc**i al cimitero costano molto di più). Ma dovranno superare un nuovo ostacolo: la nuova soglia Isee per poter fare domanda: che scende da 9.360 euro all’anno, roba da nababbi, a 7.200 (600 al mese), sennò poi come fa il classico prenditore modello a offrire un lavoro full time a 700 euro: capace che il classico occupabile fanca**ista glielo lo rifiuta.

Siccome c’è una logica in ogni follia di questo sgoverno, l’unica che viene in mente è che devono fare altra cassa sui deboli, dopo il blocco dell’indicizzazione delle pensioni. Tagliando un terzo dei percettori, risparmiano quasi 3 miliardi l’anno per finanziare i 12 condoni fiscali che – unici nella storia – costano 3,6 miliardi anziché portare gettito. Rubano ai poveri per dare ai ricchi e ai ladri. Perchè i ladri corrono troppo veloci e i ricchi sono troppo pochi, mentre i poveri e gli anziani sono tanti, corrono più lenti e non finanziano i partiti. Intanto l’Europa va in direzione ostinata e contraria. Tipo la Germania, che aumenta il Reddito, abbassa le pene per chi froda, ha il salario minimo legale a 12 euro l’ora e 110mila addetti ai centri per l’impiego (noi, dopo la cacciata dei navigator, 8mila). Ma questi tedeschi, com’è noto, sono tutti grillini. Anzi, comunisti.




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08/03/2023
Cris-anti

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Più leggiamo le chat raccolte dai pm di Bergamo sulla gestione del Covid nel 2020, più capiamo perché il procuratore Chiappani è il primo a dubitare della sua indagine. Almeno della parte fondata non su precise condotte illecite (violazione dei protocolli sanitari al pronto soccorso di Alzano, contagi nascosti dalla Regione Lombardia, mancato aggiornamento del piano pandemico), ma sul senno di poi: cioè sulla pretesa di decidere oggi, alla luce delle conoscenze attuali, cos’era stato meglio fare allora. L’impreparazione, le contraddizioni, le esitazioni, le paure di politici, dirigenti e tecnici, con gli occhi di oggi, suscitano scandalo: con gli occhi di allora sono fisiologiche, perché identiche a quelle dei più insigni virologi ed epidemiologi del mondo, tutti all’oscuro di cosa fosse il Covid e dove ci avrebbe portato. È questo il peccato originale della consulenza tecnica di Andrea Crisanti, microbiologo di vaglia (altro che “zanzarologo”): non quello che scrive sui 4.148 morti (non uno di più né di meno) che avremmo risparmiato con la zona rossa in Val Seriana; ma il fatto che i pm gli abbiano chiesto di calcolarli. Libero ha scovato cosa diceva Crisanti mentre i politici e i tecnici commettevano tutti i presunti reati contestati dai pm in base alla sua consulenza. E ha trovato dichiarazioni che oggi non ripeterebbe più, ma che tre anni fa rilasciò in scienza e coscienza (di allora).

Il 29 febbraio 2020, cioè quando (dice oggi) si sarebbe dovuta chiudere la Val Seriana, il prof dichiarava: “Non c’è un elemento di pericolosità drammatica… tutta questa gente con le mascherine… le mascherine hanno un’efficacia estremamente limitata… Consigli? Io a Padova mi sento tranquillo, vado al ristorante, giro per strada… Chiaramente evito grossi assembramenti, ma so che a Padova non ci sono casi, altrimenti lo diremmo… Il focolaio è limitato… Non sconsiglio di andare al ristorante o a fare shopping. Attività normali”. Una settimana più tardi Conte chiudeva quasi tutto il Nord Italia e subito dopo il Paese intero. E il 20 aprile i tamponi disposti da Zaia su input di Crisanti a Vo’ Euganeo svelarono che la maggior parte delle infezioni risalivano a prima del 20 febbraio, cioè delle prime zone rosse di Codogno e Vo’: il virus girava almeno dal dicembre 2019, in Veneto e in gran parte dell’Italia, in forme perlopiù asintomatiche. L’idea di isolare il virus cinturando piccole aree si rivelò ben presto ingenua e illusoria: se il Covid era ovunque, non restava che il lockdown nazionale. Oggi nessuno ha il diritto di impiccare Crisanti a ciò che diceva allora. Ma è quello che al processo di Bergamo faranno gli avvocati difensori per smontare la sua consulenza. Che non è sbagliata per le risposte, ma per la domanda.




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09/03/2023
Meloni, Milioni, Minoli

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Come a ogni cambio di stagione, ci tocca l’inevitabile “candidatura Minoli alla Rai”. “Spunta”, “avanza”, “se ne parla” sulle migliori gazzette: tutti eufemismi per non dire che è lui a candidarsi da solo. Ieri s’è pure fatto intervistare da Senaldi su Libero per dire che questa Meloni è un portento, “si muove per fare un grande partito conservatore” e “può essere davvero un leader di rottura” grazie al suo non meglio precisato “piano industriale e culturale” e alle sue nomine improntate all’“unico criterio della qualità, premiando chi ha dimostrato di saper fare bene anche al di fuori dal suo stretto giro di rapporti” e non farà certo “un mercato delle vacche”. Soprattutto se nominerà lui presidente della Rai. Purtroppo è vittima di “attacchi strumentali” da una “stampa in crisi” e ormai “senza credibilità”. Fortuna che c’è lui, credibilissimo da quando nel 1987 “intervistò” Craxi per uno spot elettorale al supermarket col garofano rosso all’occhiello. E nell’89 intinse la penna nella saliva per scrivere a Craxi: “Caro Bettino… in 10 anni ho prodotto molti dei programmi di Rai2 che hanno avuto più successo… Avrei potuto essere considerato un interlocutore nel momento dell’ennesima difficilissima scelta circa il destino della Rete 2… Non sono mai stato capace di spendere tempo nelle manovre di corridoio (sic, ndr)… Capirai lo sfogo ma anche l’amarezza di chi si sente a posto con la coscienza professionale e la lealtà politica, ma sempre scavalcato dai pregiudizi, dalle informazioni incomplete, tendenziose e forse cattive… Se servo, ci sono…”.

Poi da craxiano divenne, nell’ordine: martelliano, berlusconiano, veltroniano, prodiano, montiano e renziano. Nel 2018, coi gialloverdi, si scoprì sovranista (“se sovranismo significa tornare a produrre programmi in azienda, non mi dispiace”). E siccome il M5S aveva nominato dg Salini, flautò: “Sono contento, è competente e perbene. Ma la Rai è una balena spiaggiata, può salvarsi solo se trova un potentissimo rimorchiatore”. Tipo lui. Purtroppo non fu rimorchiato, anche perché è in pensione da 13 anni e ha un contenzioso con la Rai. Di recente era riuscito a convincerla che la gente non vede l’ora di riciucciarsi Mixer. Risultato: dal 3 al 2,5 al 2% di share. Ma il bello è che trova sempre qualcuno che ci casca. Tipo Cairo, che gli affidò un Faccia a faccia su La7, dove lui lanciò un’intervista a Matilde Bernabei: “Continuiamo il viaggio tra le donne top manager d’Italia. Siamo andati a incontrare la presidente della Lux Vide, che da 25 anni sforna in continuazione successi d’ascolti per la tv. Lei è Matilde Bernabei!”. Purtroppo si scordò di precisare che quel prodigio di donna era la moglie dell’ultimo giornalista credibile rimasto su piazza: lui.




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10/03/2023
Quando la piantate?

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – In principio era il nuovo Hitler pazzo che voleva invadere l’intera Europa, dagli Urali a Lisbona, con la sua invincibile armata. Bisognava armare l’Ucraina per salvare Kiev, ma soprattutto Varsavia, Helsinki, Vienna, Parigi, Roma e Madrid. Poi, nel giro di due giorni, Putin divenne una pippa lessa incapace di prendersi pure il Donbass. Dunque bisognava armare Kiev per ricacciarlo oltre confine: impresa facilissima anche grazie alle sanzioni, con imminente default russo e destituzione di Putin, sempreché non fosse morto prima di una a caso fra decine di patologie. Intanto i russi prendevano il Donbass e le regioni a Sud (Kherson e Zhaporizhzhia) fino alla Crimea. Ma i nostri si consolavano perché lasciavano Kiev e Kharkiv, dove peraltro non erano mai entrati. Era la famosa “controffensiva ucraina” di settembre contro l’“armata rotta”: la “ritirata di Russia”. Quando poi i russi lasciarono Kherson tutti gridarono alla “liberazione”, tipo 25 Aprile, e chiesero altre armi per la vittoria finale. Questione di giorni: fuggiti i 300mila russi della nuova leva, finiti missili e munizioni. Nell’apprendere che i russi finalmente le buscavano, qualcuno restò spiazzato: ma come, non le buscavano anche prima? Intanto i russi avevano iniziato a radere al suolo Kherson e Nato&Kiev avvertivano: occhio che Putin ha pronti altri 500mila uomini per la contro-controffensiva, dunque servono altre armi perché c’è stato un piccolo errore: è l’Ucraina che ha finito i proiettili, non la Russia, che ora sgancia super bombe da 1,5 tonnellate e missili ipersonici; e il default da sanzioni lo rischiamo noi, mentre Mosca è in ripresa. Infatti i russi continuano a devastare e a sterminare e stanno per prendersi pure Bakhmut che – assicura Zelensky – “gli aprirà le porte di Kramatorsk e Sloviansk”.

Ogni tanto qualcuno fa notare che Putin ha 6mila testate atomiche e Zelensky nessuna, ma viene zittito da chi ha saputo da un amico di suo cugino che quel pazzo del nuovo Hitler è una personcina saggia: non oserà (mica è Truman). O forse è già morto e quello che vediamo è un sosia: l’ha detto Zelensky, che è sempre attendibilissimo. Infatti negò di saper nulla dell’attentato alla Dugina (opera dei suoi), disse che il missile ucraino caduto in Polonia era russo e ora fa sapere che non c’entra col commando filo-Usa&Kiev che ha distrutto Nord Stream 1 e 2. Quindi i veri presidenti americano e ucraino non sono Biden e Zelensky: quelli che vediamo sono sosia. Infatti ripetono che i missili sulla centrale di Zhaporizhzhia in mano russa da un anno li sganciano i russi bombardandosi da soli. L’unica opzione esclusa a priori è il negoziato, perché la vittoria è dietro l’angolo: anche se nessuno dice di chi.




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11/03/2023
Globi terracquei

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La catastrofe umanitaria della conferenza stampa del governo a Cutro entra di diritto fra i classici della comicità noir (per i 73 morti e la danza macabra delle bare fra Crotone e Bologna). C’è la Meloni che non ha idea di ciò di cui parla. E, alla sua destra e alla sua sinistra, ci sono i vice Tajani e Salvini: quello sa leggere, infatti corregge sottovoce una delle sue scempiaggini; questo sa scrivere, ma solo sul cellulare mentre fa sì sì con la testa e gongola a ogni gaffe dell’odiata. I giornalisti, ritrovata finalmente coscienza di sé dopo 20 mesi di letargo draghiano, la smentiscono continuamente. E una vocetta fuori campo con inflessione sarda tenta di silenziarli: “Non è un dibattito”, “Non potete”, “Non è professionale”. È Mario Sechi, neo- portavoce e soprattutto portafortuna, già noto perché nella sua modestia crede di aver inventato il giornalismo e tiene a farlo sapere. Solo che non riesce a uscire dalle vite precedenti di montiano, renziano e draghiano e non si dà pace per questi cronisti che fanno domande (“Non è professionale”). Come se il problema fossero le domande e non le risposte.

Eravamo rimasti a Piantedosi che incolpava i morti di scarso patriottismo per non essere rimasti a Kabul o ad Aleppo a “contribuire al riscatto dei loro Paesi” e di somma imprudenza per aver scelto un barcone pericolante invece di una più confortevole nave da crociera; e poi rimediava con l’imperitura minaccia: “Fermatevi lì, veniamo noi a prendervi”, come dicono le segretarie dei Vip agli scocciatori che chiedono un appuntamento: “Ci facciamo vivi noi”. Ora la Meloni chiarisce che non intende andare a prendere nessuno: “Siamo abituati a un’Italia che va a cercare migranti nel Mediterraneo, ma questo governo vuole andare a cercare scafisti in tutto il globo terracqueo”. Dicesi globo terracqueo l’insieme di terre e acque del pianeta. E, se è ragionevole cercare lo scafista in acqua (salvo in quelle territoriali altrui), siamo curiosi di vedere come lo riconoscono sulla terraferma, dove può mimetizzarsi con qualunque altra figura professionale. A meno che non si faccia trovare in uniforme da scafista, con targhetta appuntata al petto, dicitura sulla carta d’identità e tessera del sindacato, nel qual caso chapeau. Ora potete facilmente immaginare il terrore seminato nella categoria scafistica dalla duplice minaccia meloniana: cercarli in tutto il globo terracqueo e condannarli fino a 30 anni di galera. Cioè la stessa pena che rischiano già oggi, anzi la rischierebbero se li prendessero. Ma non li prendono quasi mai perché i migranti, indagati per clandestinità, hanno la facoltà di non rispondere e quasi sempre la esercitano. Cioè perché le teste dei nostri sgovernanti sono globi terracquei. Anzi, solo acquei.




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Passata la festa

l'editoriale di Marco Travaglio

12 marzo 2023

La nuova moda di Elly Schlein rischia di nuocere gravemente a Elly Schlein. Giornali e tv, a rimorchio dei social col loro eterno presente, pompano il leader del momento come la rana della fiaba e la gonfiano come una mongolfiera fino a farla esplodere. All’inizio tutti si eccitano per la novità, sperano che cambi qualcosa, poi se non cambia nulla si stufano per l’effetto overdose e passano a un altro leader col bollino di scadenza. Che è tanto più ravvicinato quanto più il leader eccelle in apparenza e difetta di sostanza. I leader con più apparenza che sostanza durano un paio d’anni: Renzi, Salvini, Letta. Quelli con più sostanza (negativa o positiva poco importa) che apparenza sfuggono alla rapida usura del tempo: B., Prodi, Bersani e Conte. Vedremo le due ultime mode, Meloni e Schlein, quanto durano. Entrambe di sostanza sembrano averne, ma solo in proprio. Alla premier manca una classe dirigente ed è un bel problema, perché fa la premier: infatti il suo governo pare il bar di Guerre stellari. La neosegretaria del Pd una classe dirigente ce l’ha: quella del Pd, ma è un bel problema, perché è la sua antitesi politico-antropologica. Non va d’accordo su nulla, se non sul potere per il potere e sul compromesso per il compromesso. Infatti al primo turno gli iscritti pilotati dai capi avevano scelto uno dei loro: Bonaccini. Poi, al ballottaggio dei non iscritti, il Pd è riuscito a perdere pure le sue primarie. Ed è venuta fuori la Schlein, col preciso mandato di fare il contrario di ciò che ha fatto il Pd dalla nascita.
Ma come farà la segretaria del Pd a trasformarlo nel suo opposto col consenso della sua classe dirigente? Questa è la sfida, da far tremare le vene e i polsi, che ha di fronte. Se rivolta il Pd come un calzino fa felici i non iscritti, ma scontenta i capibastone, le correnti, i gruppi parlamentari (scelti da Letta e dagli altri ras con le liste bloccate del Rosatellum) e rischia di far la fine degli altri segretari, tutti durati meno di due anni (tranne Bersani e Renzi). Se non scontenta nessuno, imbarcando Bonaccini alla presidenza, superc***olando sulle questioni di sostanza – guerra, armi, atlantismo, politiche sociali, rapporto politica-affari e alleanze – e riempiendo i vuoti con sparate a saldo e a costo zero sui diritti civili delle minoranze (facilissimi da invocare, dall’opposizione), durerà. Ma presto o tardi chi l’ha votata concluderà che tanto valeva tenersi Letta o Bonaccini. E la speranza di cambiamento ancora frustrata diventerà un boomerang: la prova dell’irredimibilità del Pd. Prima delle primarie, lo dicevamo tutti: il problema del Pd non è il leader del Pd, ma il Pd. Quando passerà la moda e il re sarà nudo, i casi saranno soltanto due: o la Schlein avrà cambiato il Pd o il Pd avrà cambiato la Schlein.

foto dal web ed




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Ma mi faccia il piacere

l'editoriale di Marco Travaglio

13 marzo 2023

Prima e dopo la cura. “L’obiettivo è la pace in Ucraina, le armi non sono mai la soluzione”. “Vengo dalla cultura del disarmo… Penso che la pace non si faccia mai con le armi… Ho sempre espresso la mia contrarietà, da quando ero europarlamentare. Non sarei coerente se cambiassi idea. Il governo pensi a sostenere l’accoglienza familiare degli ucraini, invece di aumentare la spesa militare”. “Ho avuto una posizione molto dubbiosa sull’invio delle armi all’Ucraina… Secondo me non è con le armi che risolveremo il conflitto con una potenza nucleare e da federalista europea convinta, quindi con nessun dubbio sulla mia collocazione europea e atlantica, vorrei vedere un ruolo più forte dell’Ue nel cercare una via per porre fine alla guerra” (Elly Schlein, vicepresidente Emilia Romagna, 2 e 8.3 e 29.8.2022). “Non ci può essere sinistra senza costruire un futuro di pace. Ma l’invio di armi in Ucraina credo sia necessario per sostenere Zelensky e il popolo ucraino rispetto a un’invasione criminale avanzata dalla Russia di Putin” (Schlein, segretaria Pd, 5.3. 2023). Come passa, il tempo.

Sono forse io? “Abbiamo dei mali da estirpare: non vogliamo più vedere stranezze nei tesseramenti, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari” (Schlein, 12.3). Applausi scroscianti dai capibastone e dai cacicchi vari.

I più bei nomi. “Secondo il Foglio, Letizia Moratti starebbe pensando ad un accordo con Cateno De Luca e con Laura Castelli (ex 5Stelle) per fare una lista alle europee sulla base della lista di De Luca ‘Sud chiama Nord’” (Paolo Mieli, Twitter, 7.3). E la Gegia niente?

Scemi di guerra/1. “Il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha criticato la decisione dell’Academy degli Oscar di non trasmettere un videomessaggio di Zelensky. ‘Ridicolo’ premiare un film sulla guerra come Niente di nuovo sul fronte occidentale mentre c’è un conflitto vero in Europa, ha detto alla Bild” (Stampa, 12.3). “La sfida del capo della Wagner: ‘Sarò io presidente dell’Ucraina’” (ibidem). “Zelensky cambia nome alla Russia: chiamiamola Moscovia, come nel 1600” (Libero, 12.3). “E l’Ucraina si chiamerà Sporco Reich di Bandera” (Dmitrij Medvedev, 11.3). Altre cazzate?

Scemi di guerra/2. “Il presidente ucraino Zelensky ha deciso di cambiare nome alla Russia. Quale preferisci? Moscovia. Orsinia. Arcore. Sono russo, non posso rispondere” (Il Giornalone, inserto “satirico” della Stampa a cura di Luca Bottura, 12.3). E c*gli**ia dove la mettiamo?

Scemi di guerra/3. “Il piano B di Von der Leyen, pronta a guidare la Nato se salta la conferma alla Ue” (Repubblica, 7.3). E senza neppure notare la differenza.

Scemi di guerra/4. “Mosca ha già usato il 90% dei suoi missili. Cosi#768; Kiev può vincere” (Giornale, 4.5.2022). “Tra le forze russe cominciano a scarseggiare i missili” (Andrea Margelletti, Stampa, 20.7). “‘L’arsenale di Putin è quasi vuoto’. Fabbriche sguarnite e logistica in crisi. La Russia ha usato dalle 40 alle 60 mila munizioni al giorno e non può più produrne” (Giornale, 12.10). “Mosca sta finendo i razzi. Avrebbe missili per altri tre attacchi su larga scala” (Libero, 2.1.2023). “L’ottimismo di Kiev: ‘Russia a corto di missili’” (Repubblica, 2.1.). “Pochi, vecchi e imprecisi: Putin sta finendo i missili e non può produrne altri” (Messaggero, 9.1). “Avvertimento a Kiev: testata la ‘superbomba’ russa” (Repubblica, 6.3). “Negli Usa arsenali vuoti dopo un anno di guerra” (Sole 24-ore, 8.3). ”Kiev a corto di munizioni” (Messaggero, 9.3). “La Russia spara da tre mari su Kiev. I razzi ipersonici bucano la difesa aerea” (Repubblica, 10.3). Ma tu guarda.

Autosalvataggi. “Superbonus, un altro decreto per salvare gli sconti del 2022” (Messaggero, 7.3). Dal primo decreto.

Veggente sorda. “Gisella, la veggente di Trevignano che dice di parlare da cinque anni con la Madonna condannata per bancarotta: 2 anni di reclusione in primo grado” (Messaggero, 6.3). Maria glielo diceva sempre: “Guarda che ti beccano”. Ma lei niente: da quell’orecchio non ci sentiva.

Il titolo della settimana/1. “A Roma boom di ladri acrobati grazie alle impalcature del superbonus 110%” (Repubblica, 9.3). Ladri acrobati, ma pure pignoli: prima s’informano che l’impalcatura non sia per il bonus facciate, per tinteggiare la casa, per sistemare un balcone o un cornicione, per rifare le tegole o le grondaie, sennò lasciano perdere. Se invece hanno la certezza che è per il Superbonus 110%, si arrampicano.

Il titolo della settimana/2. “Ottimismo anche con Schlein. Non è la nostra cup of tea, ma può aiutare ad avere un Pd più forte, un M5S più debole, un Terzo polo più pimpante” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 7.3). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/3. “Cyber, si dimette Baldoni: lo aveva nominato Draghi” (Messaggero, 7.3). Sono sempre i Migliori quelli che se ne vanno.

Il titolo della settimana/4. “Raggi e Gualtieri, ecco perché sindaco ed ex sindaca sono i gustatori del dialogo Pd-M5S” (Foglio, 9.3). E che gusto ha?

Il titolo della settimana/5.

“‘Italia in azione’, anzi no: il Terzo polo cerca nome” (Repubblica, 9.3). Sesto polo no?

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14/03/2023
I nasi comunicanti

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Mi chiamano per replicare a una polemica di quel circoletto di onanisti chiamato Twitter sulla caricatura di Elly Schlein firmata dal nostro Francesco Federighi. Qualche genio la chiama “fotografia”, qualche gigante del pensiero tira in ballo l’antisemitismo per via del nasone che la titolare, più spiritosa dei servi sciocchi, definisce “etrusco”. Naturalmente non replico un bel nulla: sarebbe come spiegare una battuta o una barzelletta a chi non l’ha capita. “Mai discutere con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza” (Arthur Bloch). Ma anche questo è un segno dei tempi. Sono i dittatori che ingaggiano pittori di corte per farsi il ritratto autorizzato. Dove la stampa è libera, i potenti vengono sbeffeggiati dalla satira e dalla sua forma più bonaria: la caricatura, “ritratto che, senza abolire la rassomiglianza con la persona, ne accentua in modo ridicolo o satirico i tratti caratteristici” (Treccani). Federighi ha lavorato per varie testate, fra cui l’Espresso, caricaturando uomini, donne e Lgbtq di destra, centro e sinistra: il naso lungo di Conte, le orecchie a sventola della Raggi e del Papa, le occhiaie della Meloni, i dentoni di Renzi…

Forattini è nella storia grazie a Fanfani nano, Andreotti gobbo, Spadolini diversamente virile, Fassino scheletrico. Nessuno si scandalizzò né stupì. Allora la censura colpiva la satira più feroce, quella in tv: Tognazzi e Vianello su Gronchi, Fo e Rame sulle morti bianche, Grillo su Craxi e Telecom, i Guzzanti su B. e Bossi, Luttazzi un po’ su tutti. Poi la satira sparì dalla tv (a parte Crozza sul Nove). Il Fatto, nato per dar voce a chi non ce l’ha, ne è impregnato in ogni pagina. E finisce spesso nel mirino dei censori. Nel 2016 per la vignetta di Mannelli sulla Boschi: “Riforme: lo stato delle cos(c)e”. Sessista, volgare! Le risate che ci facemmo con Dario Fo: “Disegnatela a mezzobusto come Vespa e ditelo ufficialmente: la Boschi non ha le cosce”. L’anno scorso per la vignetta di Vauro sul nasone di Zelensky: antisemiti, putiniani! Diciamolo ufficialmente: Zelensky ha un nasino alla francese. L’altroieri Salvini che tuona contro Mannelli per il Circo Meloni con animali. Ora, in questa inarrestabile regressione verso l’età della pietra, fa scandalo una caricatura della Schlein: e non per la Schlein, ma per i suoi cortigiani. I famosi filo-semiti che esaltano il battaglione Azov. Intanto la Bbc è costretta a furor di popolo a reintegrare Gary Lineker dopo averlo sospeso per un feroce tweet contro il governo Sunak. Nei Paesi seri anche la censura è una cosa seria. Nel Paese di Pulcinella si strilla contro le caricature, anche perché un caso Lineker non ce lo possiamo permettere: qui uno come lui non verrebbe mai censurato, perché nessuno gli avrebbe dato un programma.




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