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Dino

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PECULATI E PERCULATI

l'editoriale di Marco Travaglio

01 febbraio 2025

Il comizio di Bruno Vespa, nuovo caposcorta di Giorgia Meloni, strazia il cuore di chi lo vede così sofferente per l’amata. Dopo una vita passata a leccare tutti i governi (tranne due) da finto equidistante e vero equivicino, l’insetto-artista getta finalmente la maschera e la lingua oltre l’ostacolo, smettendo di fingere. Ed erudisce i milioni di ostaggi costretti a vederlo in attesa di Stefano Di Martino: “In ogni Stato si fanno cose sporchissime, anche trattando con i torturatori per la sicurezza nazionale”. Quindi l’amata ha fatto cose sporchissime, ma s’è scordata di dircelo. Eppure bastava pochissimo. Mentre Almasri, ricercato dalla Cpi per torture, stupri e traffici di migranti e liberato dal governo con volo di Stato (quello riservato agli assassini), atterrava a Tripoli, la premier poteva andare da Vespa o da Porro o girare un videomonologo (è lo stesso): non per dire “Non sono ricattabile”, ma “Sono ricattata dai libici che, se non faccio cose sporchissime tipo salvare i loro aguzzini, ci inondano di migranti: quindi la vicenda è un segreto di Stato”. Meglio se l’avesse fatto in Parlamento, ma non si usa più.

Invece la Meloni e gli scudi umani hanno iniziato a inventare scuse, alibi e complotti che già non stanno in piedi da soli, ma visti tutti insieme si contraddicono e si elidono. Colpa della Cpi che non ha arrestato Almasri in Germania. No, colpa dei giudici romani che l’hanno scarcerato. Anzi, non hanno inviato le carte a Nordio. Anzi, le hanno inviate in ritardo. Anzi, le hanno inviate in tempo ma – dice Tajani – erano “40 pagine in inglese” (anziché nell’idioma preferito di Nordio: il trevigiano). Anzi, ha deciso il governo perché “Almasri era pericoloso per la Nazione” e l’abbiamo rispedito nella sua, di Nazione, l’unica in cui è pericoloso (nella nostra, in carcere, non lo sarebbe per nessuno: i delinquenti si arrestano proprio per evitare che delinquano). Anzi, ipotizza Delmastro: “Se gli 007 tedeschi avessero tramato contro l’Italia per bloccarne l’ascesa” (sic, ndr) sarebbe gravissimo: serve un chiarimento immediato!”, sennò dichiariamo guerra alla Germania. Senza contare i complotti di Li Gotti e Lo Voi, uomini di destra ergo comunisti, e dei retrostanti Prodi e Conte che non li hanno mai visti. Mancano gli hacker russi, ma solo perché la Cpi ha chiesto l’arresto pure di Putin. Ora, lo diciamo per le eventuali facce di Vespa e degli altri scudi umani, bisognerebbe sincronizzare le cazzate. Sennò si finisce come chi giurava che B. non aveva “mai pagato una donna”, finché lui ammise: “Pagavo Ruby perché non si prostituisse”. Oppure andare sul classico: siccome “Almasri” vuol dire “l’egiziano” e Ruby è marocchina, potrebbero sostenere che il vero nipote di Mubarak è lui. Magari qualcuno che se la beve lo trovano.

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HA STATO CONTE

l'editoriale di Marco Travaglio

02 febbraio 2025

Problema: come nascondere lo scandalo di un governo che libera un torturatore ricercato dalla Cpi e dice di averlo fatto perché è un criminale pericoloso, dopo aver sempre detto che i delinquenti pericolosi vanno arrestati buttando via la chiave per evitare che continuino a delinquere? Soluzione: si segue la linea Ferragni sventolando al posto delle corna le idee politiche del pm Lo Voi e dell’avvocato Li Gotti per non parlare delle loro azioni (una denuncia legittima e un atto dovuto). Problema: come trasformare Li Gotti e Lo Voi, uomini di destra, per giunta incensurati, in due comunisti sfegatati? Soluzione: si cercano scudi umani che non hanno una faccia e dunque non temono di perderla, e li si sguinzaglia nei media. Così Li Gotti, ex militante del Msi e di An, poi dipietrista e sottosegretario nel Prodi-2, diventa un amico di Prodi, anche se non l’ha mai frequentato (i sottosegretari non partecipano ai Cdm). E Lo Voi, da sempre esponente e dirigente della corrente destrorsa MI, diventa una toga rossa anche se le correnti di sinistra l’han sempre osteggiato in ogni nomina. Infatti divenne procuratore di Palermo e di Roma coi voti al Csm dei laici e dei togati di destra.

Si poteva andare sul sicuro urlando “Ha stato Putin”, o “la Wagner”, o “gli hacker russi”, che si portano su tutto. Ma poi si doveva spiegare come mai la Cpi vuole arrestare pure Putin. Meglio un altro classico del complottismo, non solo meloniano, ma trasversale: “Ha stato Conte”. Funziona sempre benissimo. Frana a Ischia? Colpa del condono edilizio di Conte, che naturalmente non ha mai fatto condoni edilizi. Il governo non ha soldi per la Finanziaria perché ha firmato il Patto di stabilità che ci fa partire ogni anno da -13 miliardi? Colpa di Conte che ha fatto il Superbonus (volàno del boom post-Covid, applaudito e sostenuto per quattro anni dalle destre). Il governo non riesce a spendere i 209 miliardi del Pnrr? Colpa di Conte che ha strappato troppi soldi dall’Europa: doveva battere i pugni per non ottenere neppure un euro. Il Messaggero lo tirò in ballo persino su una strage di quattro donne a Roma: “Il killer aveva il reddito di cittadinanza”. Rep svelò un “record di ladri acrobati grazie alle impalcature del Superbonus”. Poi Conte fu linciato persino per due giorni di ferie a Cortina e perché d’inverno indossa financo un maglione dolcevita. Possibile che non c’entri anche col caso Almasri? Certo che c’entra: quel gran genio di Fazzolari l’ha sgamato l’altroieri: nel 2021 pensò di nominare Lo Voi alla Cpi. Il classico processo alle intenzioni, peraltro presunte visto che non lo nominò. L’unica nomina Lo Voi la ebbe nel 2010 a Eurojust grazie al governo B.. Dov’era ministra la Meloni. Quindi non si scappa: ha stato Conte.

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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

03 febbraio 2025

Compro una vocale. “Arianna celebra Giorgia: ha l’anello di Frodo’” (Repubblica, 2.2). La Santanchè quello di Frode.

Trova le differenze. “Il Presidente del Consiglio Conte e i Ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza hanno ricevuto una notifica riguardante un avviso ex art. 6, comma 2, legge cost. n. 1/1989 da parte della Procura di Roma. L’avviso riguarda la trasmissione al Collegio di cui all’art. 7 della citata legge cost. n. 1/1989 degli atti di un procedimento penale iscritto per i delitti di cui agli artt. 110, 438, 452 e 589, 323, 283, 294 c.p., che origina da varie denunce da parte di soggetti terzi provenienti da varie parti d’Italia che riguardano la gestione dell’emergenza Covid. La trasmissione da parte della Procura al Collegio – si legge in una nota di Palazzo Chigi che ne ha dato annuncio – in base alle previsioni di legge, è un atto dovuto” (Ansa, 13.8.2020). E niente, nessun gombloddo.

Salvami l’ano. “Salva Milano, Sala alza il tiro: ‘O il Pd lo vota o sarà crisi’” (Giornale, 30.1). Ma magari.

Soccorso Sofri. “Solo chi l’ha visto da vicino può capire cosa significa fare i conti con il dottor Ligotti” (Adriano Sofri, Foglio, 30.1). Significa che, se hai fatto assassinare il commissario Calabresi dopo averlo linciato per anni con false accuse e il dottor Ligotti assiste la famiglia della vittima, prima o poi ti condannano.

Disegnino. “Caso Almasri: non è un complotto, è un disegno” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 30.1). A forma di bufala.

Torneo di lingue. “Mattarella, il presidente che ha addomesticato i barbari dell’antipolitica” (Alessandro de Angelis, Stampa, 29.1). “Mattarella, la spinta gentile del Colle” (Antonio Polito, Corriere della sera, 30.1). “10 anni, un record di permanenza. L’idea di uno Stato-comunità e la sintonia con gli italiani” (Marzio Breda, Corriere della sera, 30.1). “10 anni di Mattarella. La consacrazione come statista pop” (Messaggero, 31.1). “Mattarella fa dieci anni, Meloni rovina la festa” (Massimo Giannini, Repubblica.it, 31.1). “Il segreto di Mattarella: garante timido e discreto, piace anche a chi non vota” (Stampa, 31.1). “La pazienza di Mattarella” (Marcello Sorgi, Stampa, 2.2). “I nuovi eroi di Mattarella” (Repubblica, 2.2). Ma alla fine si vince un premio?

Elettronordio. “Il day after del Guardasigilli ‘elettrizzato dalle critiche’: ‘Sono ancora più determinato’” (Corriere della sera, 27.1). I soliti grappini?

Spingitori di migranti. “Il ricatto bielorusso. Lukashenko ha trasformato i migranti in arma politica per destabilizzare l’Ue. Tusk: ‘Affrontiamo la guerra ibrida che colpisce l’intera Europa. Russia e Bielorussia non hanno intenzione di fermarsi” (Stampa, 27.1). Siccome Tusk fa parte dei “buoni” e perseguita i migranti come fanno i “cattivi”, hanno stato Putin e Lukashenko.

Meglio nazi che russi. “Il vero lato oscuro dell’Afd resta il sostegno politico alla Russia” (Bill Emmott, Stampa, 1.2). Ah, ecco, non il fatto che sono neonazisti.

Stranezze. “Il conflitto sulla giustizia riparte dove 33 anni fa iniziò Mani Pulite. La richiesta d’arresto per l’archistar Stefano Boeri non è la replica di Tangentopoli, ma solo perché non si parla di tangenti” (Tiziana Maiolo, Dubbio, 29.1). In effetti è bizzarro: 33 anni dopo ci sono ancora dei magistrati che perseguono reati.

Amichettismo penale. “C’è una dismisura, un accanimento, una troppità che sovverte la gerarchia dei delitti e delle pene: la richiesta di arresti domiciliari per gli architetti Boeri e Zucchi, come se fossero dei pericolosi delinquenti” (Francesco Merlo, Repubblica, 1.2). In effetti è bizzarro: ci sono dei magistrati che chiedono l’arresto di due architetti che piacciono a Merlo senza chiedere il permesso a Merlo, come se la legge fosse uguale per tutti.

Berlusconismo sportivo. “Sinner, il campione infallibile che smonta le vittorie a orologeria” (Gabriele Romagnoli, Repubblica, 27.1). La famosa orologeria dei test antidoping.

L’esperta. “Ilaria Salis, eurodeputata Avs, nominata membro della Commissione Casa sulla crisi degli alloggi al Parlamento europeo” (Giornale, 31.1). È uno scherzo?

Il titolo della settimana/1. “Rose Villain in gara al festival di Sanremo: ‘Non temo l’Ariston, ma Trump e i diritti negati in Italia’” (Corriere della sera, 27.1). Oh no, e adesso come facciamo?

Il titolo della settimana/2. “Donald ora è come Putin” (Alain Friedman, Stampa, 27.1). “Il flirt tra Putin e Trump” (Domani, 27.1). “Trump attacca i partner e non sfiora Putin” (Ian Bremmer, Corriere della sera, 2.2). Signor colonnello, accade una cosa incredibile: gli americani si sono alleati coi russi!

Il titolo della settimana/3. “Italiani in rivolta contro le toghe” (Giornale, 2.2). Disse Sallusti un po’ confuso da Roccaraso.

Il titolo della settimana/4. “Il caso Arcuri è morale, non penale” (rag. Cerasa, Foglio, 1.2). In effetti il linciaggio che ha subìto è immorale.

Il titolo della settimana/5. “Bettino Craxi, Democrazia Cristiana: un po’ di nostalgia è giustificata?” (Luciano Fontana, direttore Corriere della sera, 27.1). No.

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LA DRÔLE DE GUERRE

l'editoriale di Marco Travaglio

04 febbraio 2025

Fra le varie minchiate che si sentono in questi giorni, svetta il disco rotto sulla “guerra dei 30 anni fra magistratura e politica”. Che non è mai esistita: esiste la parte criminale della politica che abusa del suo potere per violare le leggi e aggredisce la parte legalitaria della magistratura che esercita il potere di farle rispettare. Il paradosso è che ora l’assalto parte da una premier che, non essendo una criminale, non ha processi: solo una denuncia per un atto di governo. Eppure la ridicola frottola della “guerra”, un tempo confinata sulla carta straccia berlusconiana, ora troneggia sul Corriere a firma del suo direttore: “Giudici e politici: ma quando finirà la ‘guerra dei 30 anni’?”. Si parla d’indagini e processi come fenomeni atmosferici (tipo la pioggia che arriva quando meno te l’aspetti). O, peggio, come “vendette” architettate da una Spectre che pilota i 9 mila magistrati centellinando e cronometrando iscrizioni, avvisi, arresti, rinvii a giudizio e sentenze contro i “riformatori”. Ma basta interpellare un cronista giudiziario qualsiasi (il Corriere qualcuno dovrebbe ancora averlo) per sapere che – a parte le denunce sporte da cittadini, che non dipendono dalle Procure – le indagini nascono da comportamenti gravi o comunque sospetti: le “notizie di reato”, che vengono scoperte quasi sempre per puro caso.

Mani Pulite partì dalle mazzette a Chiesa scoperte da Di Pietro grazie agli articoli di un cronista del Giorno querelato dal manager. Tangentopoli cadde pezzo a pezzo perché imprenditori e politici a caccia di attenuanti facevano a gara a denunciarsi a vicenda per le mazzette che gli uni pagavano e gli altri chiedevano, su su fino alla maxitangente Enimont da 150 miliardi che decapitò il pentapartito. I 21 miliardi di B. sui conti svizzeri di Craxi dopo la legge Mammì li svelò Tradati, prestanome di Bettino. Le mazzette F*******t alla GdF, oggetto del primo invito a comparire a B., le confessarono alcuni finanzieri corrotti anche da altre aziende. La corruzione berlusconiana dei giudici romani la raccontò la Ariosto ai finanzieri che la sentivano su un libretto al portatore di B. usato dal fidanzato Dotti per pagare un pezzo di antiquariato. La mazzetta di B. a Mills la svelò quest’ultimo in una lettera al commercialista. Il caso Ruby emerse quando il premier B. chiamò la Questura per far rilasciare la minorenne marocchina contro il parere della giudice minorile. E il caso Santanchè affiorò quando alcuni dipendenti raccontarono di aver lavorato mentre risultavano in cassa Covid. Che dovevano fare i pm con questa montagna di notizie di reato: mangiarsele? La “guerra dei 30 anni” finirà quando i politici rispetteranno il Codice penale e la Costituzione.
O, in alternativa, li aboliranno.

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SALVAMI L'ANO

l'editoriale di Marco Travaglio

05 febbraio 2025

Mentre le destre di Frodo&Frode rilanciano la vecchia, laida, berlusconiana giustizia di classe da Marchese del Grillo, servirebbe un’opposizione compatta su un’idea opposta di Giustizia: quella della Costituzione. Invece abbiamo il Pd. Il suo tesoriere campano, fedelissimo di De Luca (per la serie “via cacicchi e capibastone”), viene arrestato per aver riciclato i proventi di un’associazione a delinquere che dava falsi permessi di soggiorno a migranti irregolari: se non esistesse, la Meloni lo fabbricherebbe identico. Poi c’è Sala, sindaco-cementificatore della metropoli più inquinata d’Italia, che intima al Pd di votare anche in Senato (alla Camera l’ha già fatto con destre&renziani) il condono edilizio graziosamente detto Salva Milano (o Salvami l’ano) per sbloccare i cantieri abusivi sequestrati dai giudici: una legge ad personas che legalizzi ex post i grattacieli e i palazzi fuorilegge dell’èra Pisapia-Sala e un colpo di spugna per dirigenti e palazzinari inquisiti. Il marchese Sala non ne fa mistero: “Io non chiedo al Parlamento un salvacondotto, ma di dare un’interpretazione legislativa e dire se avevamo ragione noi”, sennò “sarebbe in discussione l’operato mio e di Pisapia”. Quindi è proprio un salvacondotto: il Parlamento vota le leggi urbanistiche, i giudici indagano chi le viola, ma Sala non può esser “messo in discussione”, ergo il Parlamento deve mettere ai voti i processi cambiando le regole in corso: se il marchese non vuole sottoporsi alle leggi, le leggi devono sottoporsi al marchese.
Figurarsi con che faccia chi vota questa porcheria potrà dare lezioni ai marchesi&marchese di destra. Purtroppo l’idea eversiva che chi fa le leggi non sia tenuto a rispettarle ed esistano cittadini più uguali degli altri, come i maiali di Orwell, non è esclusiva della destra. Siamo reduci dal giubileo craxiano con epicedi trasversali, su su fino a Mattarella, a un ex premier corrotto pregiudicato latitante. E ora parte la “scuola di politica per under 35” fondata da Dario Nardella, eurodeputato Pd, che vanta nel Collegio docenti gli irrinunciabili Sala, Gentiloni e Elisabetta Belloni (che ormai si porta su tutto), ma anche i forzisti Tajani, Pichetto Fratin e Bertolaso (tutto vero). E nel Comitato scientifico un luminare del calibro di Gianni Letta, definito da Repubblica “padre nobile di Forza Italia”: forse perché negli anni 80, da direttore del Tempo, incassava fondi neri Iri; nei 90, da lobbista F*******t, pagava mazzette al partito della legge Mammì (reo confesso e salvato dall’amnistia per 70 milioni al Psdi); e nei 2000, da sottosegretario di B., spalancava Palazzo Chigi al pregiudicato piduista Bisignani. Ora insegna la vera politica ai futuri dem: così il Pd di domani sarà persino peggio di quello di oggi.

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IL BALLO DELLE BALLE

l'editoriale di Marco Travaglio

06 febbraio 2025

Oltreché come governanti, questi destri sono pessimi anche come bugiardi. Perché una bugia venga creduta, almeno dai più boccaloni, bisogna che tutti raccontino solo quella. Se ne inventano altre incompatibili, non funziona. È ciò che sta avvenendo da quando il governo ha fatto liberare e riconsegnare alla Libia il torturatore Almasri che la polizia e i giudici italiani avevano arrestato su mandato della Cpi. Eppure, per evitare la figuraccia, non c’era nemmeno bisogno di mentire. Bastava dire la verità: il governo è ricattato da autorità e clan libici che, se non li assecondiamo, ci inondano di migranti. Invece la Meloni s’è fissata di non essere ricattabile. Così inizia il ballo delle balle, che però si elidono a vicenda. Il 21 gennaio Nordio dice di aver ricevuto la richiesta d’arresto della Cpi e la sta valutando. Ma ha perso due giorni: tempo scaduto, Almasri esce e torna in Libia sul volo di Stato. Il 22 Tajani parla di “errori” dei giudici italiani. FdI dice che “il governo è estraneo al rilascio” e la Cpi ha chiesto l’arresto “solo quando Almasri ha lasciato la Germania per giungere in Italia”. Il 23 Tajani cambia idea: “L’Aia non è la bocca della verità, si possono avere opinioni diverse. Siamo un Paese sovrano e facciamo la nostra politica”. Quindi ha deciso il governo. Ma Piantedosi rivela in Senato che, mentre Nordio leggeva le carte, lui aveva già capito tutto, espellendo Almasri per la sua “pericolosità sociale”. Però si scorda di avvisare FdI, che continua a dare la colpa ai giudici di Roma (dovevano tener dentro Almasri) e dell’Aia (dovevano arrestarlo in Germania).

Il 27 il sen. Balboni (FdI) incolpa la “polizia giudiziaria” che “non ha avvertito Nordio e gli atti sono arrivati il 21, dopo la scarcerazione disposta dalla Corte d’appello” (che però aveva avvisato Nordio il 19). Il 28 la Meloni viene avvertita dal pm Lo Voi della denuncia di Li Gotti al Tribunale dei ministri e dice che ha deciso il governo per la “sicurezza della nazione”. Il 29 Donzelli (FdI) la smentisce: “Non è il governo che ha scarcerato Almasri: è la Corte d’appello. Nordio non poteva far altro perché la Cpi non gli ha inviato le carte”: quelle che Piantedosi dice di aver ricevuto. Il 30 Tajani ammette che le ha avute pure Nordio: purtroppo “erano 40 pagine in inglese da tradurre, non è così semplice”. Ieri Nordio dice alla Camera che la richiesta della Cpi era “in inglese e non tradotta, con allegati in arabo”, ma era pure “incoerente”, contro “le regole del diritto”, cioè “nulla”. Quindi, anche se in inglese e in arabo, l’aveva letta e pure capita, al punto di assolvere il boia: che c’entrano l’inglese e l’arabo? Purtroppo s’è scordato di coordinare le balle con Piantedosi, che Almasri lo condanna come “pericoloso”: i suoi interpreti conoscono l’inglese e l’arabo, quelli di Nordio solo il trevigiano.

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I SOMARI DELL’IMPUNITÀ

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07 febbraio 2025

La destra rivuole l’immunità parlamentare. Ma è così somara da non avere la più pallida idea di cosa fosse: pensa che fino alla riforma del ’93, gli eletti fossero immuni da ogni indagine penale. Come se i Padri costituenti avessero scritto all’art. 3 che “tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge” e all’art. 68 che un migliaio sono più uguali degli altri con licenza di delinquere. Balla totale: l’unica guarentigia automatica era la stessa vigente oggi: i parlamentari non si processano per “le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Sui reati comuni, invece, serviva l’“autorizzazione a procedere della Camera” di appartenenza, che poteva negarla in caso di persecuzione politica. Se un pm riceveva una notizia di reato su un eletto, lo indagava e poi aveva 30 giorni per raccogliere gli elementi di accusa e girarli al Parlamento. Se questo votava Sì, l’eletto veniva processato come ogni cittadino. Se votava No, il processo moriva lì. Ma le carte erano pubbliche, così i cittadini potevano punire i partiti che davano l’impunità a un criminale della Casta spacciandolo per un perseguitato politico. Nei primi anni della Repubblica le autorizzazioni erano quasi sempre concesse. Poi iniziarono gli abusi. Fino allo sconcio del voto salva-Craxi del 1993, che scatenò proteste e screditò la classe politica al punto che essa stessa cancellò quello che aveva trasformato in privilegio medievale. L’autorizzazione a procedere restò per le opinioni e i voti, oltreché per gli arresti, i sequestri, le perquisizioni e le intercettazioni di parlamentari.

I Costituenti avevano voluto l’immunità con lo spirito opposto di chi ora vuole riesumarla: tutelare le opposizioni da una magistratura appena uscita dal fascismo, formattata a una cultura compiacente nei confronti del governo, incline a prendersela con esponenti delle minoranze per atti politici borderline contro il potere: picchettaggi, proteste di piazza, occupazioni di terre, blocchi stradali e ferroviari. Ora la destra rivuole l’immunità per blindare se stessa a colpi di maggioranza, autorizzando solo le indagini sugli oppositori. Infatti attacca la Cpi che osa chiedere l’arresto di Almasri e il pm di Roma che si permette di indagare Meloni e altri tre membri del governo (peraltro per reati ministeriali tuttora soggetti all’autorizzazione a procedere, che viene quasi sempre negata); e intanto sventola contro le minoranze l’inchiesta sul tesoriere campano del Pd. Le indagini sul governo sono congiure, quelle sull’opposizione sono vangelo. Ma i ciucci non sanno che, anche tornando al vecchio art. 68, i politici sospettati di reati verrebbero indagati e le prove finirebbero in Parlamento e sui giornali. E i partiti, tentando di salvarli, finirebbero sp*****ati: come se non lo fossero già abbastanza.

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TRUMP E JURASSIC PARK

l'editoriale di Marco Travaglio

08 febbraio 2025

In due settimane Trump è riuscito a far odiare l’America da tutto l’orbe terracqueo a suon di sparate, minacce, ultimatum e dazi. Un caos planetario, una gigantesca nuvola di fumo che ha avvolto la Terra: solo quando si diraderà capiremo se e quale logica ci sia in questa follia. Un solo dato appare evidente: l’approccio affaristico, addirittura immobiliaristico (vedi Gazaland) alle crisi internazionali è una novità assoluta che spazza via quello ideologico-moralistico tenuto fin qui dagli Usa con l’imperialismo via via camuffato da guerra agli imperi del male, lotta al terrorismo, esportazione della democrazia e altre esche per gonzi. Ma mentre Trump dà di matto o fa il matto (questo lo vedremo) stravolgendo il mondo dall’oggi al domani, chi dovrebbe reagire è fermo all’età della pietra. Basta leggere l’ultimo giurassico discorso di Mattarella, che paragona la Russia al Terzo Reich, Putin a Hitler, il Donbass all’Europa invasa dai nazisti e dunque i negoziati Mosca-Kiev alla Conferenza di Monaco del 1938 che portò alla guerra mondiale. E scopre d’un tratto l’urgenza di essere “protagonisti” e non “vassalli” degli Usa (ma va? alla buon’ora!) e di affidarsi all’Onu e ai suoi derivati. Ma dimentica che nel 1999 un governo vicepresieduto da un tal Mattarella s’infischiò dell’Onu e partecipò ai bombardamenti Nato su Belgrado, prima rottura della legalità internazionale che poi sfociò nel riconoscimento del Kosovo per smembrare la Serbia contro una risoluzione Onu: un precedente poi cavalcato da Putin per fare lo stesso in Crimea e in Donbass.

A questo si stanno riducendo le classi dirigenti europee: a screditare i nascenti negoziati russo-ucraini e a regalarne il merito a Trump, Orbán &C. Invece continuano a obbedire a Trump sui terreni che più dovrebbero vederci ribelli: il riarmo e le sanzioni che ci costringono a comprare ancor più armi e più gas dagli Usa. Mentre la Meloni insegue il 2% di spese militari, gli eurodementi già pensano al 3-4 per compiacere The Donald che ci chiede il 5% (mentre gli Usa sono al 3,4%). E non si trova nessuno – neppure la Schlein, quella che “si deve parlare di temi concreti” – che metta in dubbio la follia bellicista e antisociale che gonfia le vele ai neonazisti in tutta Europa. La Russia, diversamente da noi, è in guerra, eppure stanzia per la difesa 400 miliardi di dollari l’anno: un terzo meno dell’Ue, che con l’1,9% di Pil ne spende 530. Perché mai dovremmo svenarci ancor di più, se non per ingrassare i produttori Usa? E che aspetta l’Ue a levare i limiti al gas russo e a intensificare i rapporti commerciali con la Cina contro i dazi? Trump, come i precedessori, fa gli interessi degli americani. Qui siamo sempre in attesa di qualcuno che faccia gli interessi di noi europei.

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IL BALURDÙN

l'editoriale di Marco Travaglio

09 febbraio 2025

Sarà che il potere dà alla testa e logora anche chi ce l’ha, ma prima o poi arriva il momento balurdùn. Che, in alcuni dialetti del Nord, significa stordimento, capogiro, perdita di lucidità. Di solito è dovuto a troppa sicurezza di sé, troppo consenso, troppa adulazione, troppa compiacenza dei collaboratori che dovrebbero fungere da freno inibitore contro i rischi di ùbrise delirio di onnipotenza, spesso misti a mania di persecuzione e sindrome di accerchiamento. A B. capitò dopo la perdita della madre e della prostata, quando si tuffò nei bunga bunga con decine di ragazze a botta, anche prostitute, anche minorenni. A Renzi quando i sondaggi sul referendum volsero al No e pensò di spaventare gli italiani con la minaccia di lasciare la politica, che i più vissero come una speranza. Salvini stravinse le Europee 2019 raddoppiando i voti in un anno ed entrò in modalità Papeete rovesciando il Conte1 per votare subito e governare con “pieni poteri”: da allora non ne azzeccò più una. Neppure Conte fu immune dal balurdùn: fu quando, in vetta ai sondaggi dopo il successo dei 209 miliardi di Pnrr, annunciò la nuova stretta per la seconda ondata Covid con una serie di “non consentiremo” che rompevano la sua comunicazione morbida e inclusiva. Draghi entrò in fase Marchese del Grillo quasi subito, con i diktat sul Green Pass spacciato per scudo spaziale contro i contagi attivi e passivi in barba alla scienza; poi tracimò con l’incredibile autocandidatura e autopromozione al Quirinale e si schiantò contro il Parlamento.

Ora tocca alla Meloni. Fino alla liberazione di Cecilia Sala dettava l’agenda e nascondeva i disastri del governo dietro la sua parlantina e la sua immagine. Ogni cosa che sfiorava diventava oro. Poi Re Mida è diventato Re m**da. Ha perso il tocco magico. Anziché imporre i suoi temi, insegue i ceffoni che le danno la realtà e le opposizioni per gli errori suoi e dei suoi. Anziché “metterci la faccia”, si nasconde e lascia la vetrina alla sua improbabile classe dirigente. A volte è solo colpa sua, come su Almasri, Santanchè e i migranti. A volte c’è pure la sfiga: il Pil e l’occupazione giù, il gas su, i treni fermi, l’indagine al Tribunale dei ministri, gli strani smottamenti nei Servizi, Trump che scredita se stesso e gli amici in tutto il mondo, il libro di Giacomo Salvini che riapre vecchie ferite con la Lega. La Giorgia di qualche mese fa avrebbe chiuso il caso Almasri in mezzo minuto: “L’abbiamo liberato perché la Libia ci ricatta sui migranti e sugli italiani che lavorano lì per Eni&C. Di più non posso dire: è segreto di Stato”. E l’avrebbe volto a suo vantaggio. Invece ha spedito Totò e Peppino a coprirsi e coprirla di ridicolo in Parlamento. È presto per dire se sia iniziato il declino. Ma la luna di miele è un lontano ricordo.

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l''editoriale di Marco Travaglio

10 febbraio 2025

‘O Merlo ’nnammurato. “Era ora. Bentornato a Renzi che sa scaldare il sangue dell’opposizione… E benvenuta alla Schlein nel calore dello scontro… Speriamo di vederli ancora sputare stoppa incendiaria, con Schlein che punta l’indice e Renzi che rotea gli occhi” (Francesco Merlo, Repubblica, 8.2). Ma che ci fa lei alle donne? Lei con quegli occhi mi spoglia: spogliatoio!

Orgasmo da Rotterdam. “Grinta, battute e toni più duri: la svolta di Schlein. Piena di una grinta inattesa, rinunciando a quel suo sorriso ipnotico… con una lingua politica dura, comprensibile a tutti ed eccitante per la popolazione dem, ma anche piena di un gusto antico… per affidare al web una battuta sulla Meloni destinata a restare nella storia di questa legislatura” (Fabrizio Roncone, Corriere della sera, 8.2). Anche noi, pur non appartenendo alla “popolazione dem”, siamo ancora tutti un fremito.

Miseria e nobiltà. “Gianni Letta, il padre nobile di Forza Italia” (Repubblica, 4.2). Poi ci sono quelli ignobili.

Minzion d’onore. “Il direttore del Fatto, con la sua sola testa, fa anche pipì” (Andrea Marcenaro, Foglio, 6.2). Ma infatti: passa a trovarmi, mi serve giusto un water.

La trappola. “Si avvicina la spartizione dell’Ucraina: la trappola del voto minaccia Zelensky” (Anna Zafesova, Stampa, 3.2). “Kuleba: ‘Il voto è inutile’” (Repubblica, 4.2). In effetti quest’idea di far decidere agli elettori chi governa è un’inutile trappola. Però si potrebbe fare come in Romania: se vince quello sbagliato, si annullano le elezioni e si rivota a oltranza finché vince quello giusto.

Famoso. “Conte è stato pure pubblicamente ringraziato dall’allora presidente Trump con il famoso tweet ‘Grazie Giuseppi’” (Alessandro Sallusti, Giornale, 6.2). Talmente famoso che Sallusti non lo conosce. Diceva: “Le cose sembrano andare bene per il primo ministro della Repubblica italiana altamente rispettato, Giuseppi Conte. Ha rappresentato in modo potente l’Italia al G7. Ama tanto il suo Paese e lavora bene con gli Usa. Un uomo pieno di talento che si spera resti primo ministro”. E nessun grazie.

Insulti sanguinosi. “Jannik Sinner, il fango di Marco Travaglio: ‘Berlusconismo sportivo’” (Libero, 3.2). Quindi anche per Libero “Berlusconi” è un insulto. Benvenuti fra noi.

Senti chi straparla. “I servizi segreti denunciano la Procura di Roma… C’è la mano di Mantovano che vuole regolare i conti con Lo Voi” (Matteo Renzi, senatore Iv, Repubblica, 9.2). Mica come quel tale che ha denunciato i pm fiorentini mezza dozzina di volte.

Sono soddisfazioni. “Perché è meglio essere soldata che soldatessa” (Vera Gheno, Domani, 7.2). Specialmente se ti ammazzano al fronte.

Trust di cervelli. “Nordio davanti ai penalisti: ‘La riforma della giustizia l’ho scritta con Macaluso’” (Unità, 8.2). Dopo un tot di spritz, parte la seduta spiritica.

Svolte storiche. “Il centro in fermento può insidiare la maggioranza. +Europa e Azione a congresso, il Psdi sonda la base. Hallissey, in asse con Magi, può essere la novità. Spunta il questionario dei socialisti. E si avvicina la nascita del nuovo partito libdem” (Aldo Torchiaro, Riformista, 6.2). Ecco perché la Meloni è sparita: sta già tremando.

Idee chiare. “L’Ue è pronta a una ‘guerra commerciale’ contro la Cina, avverte Ursula von der Leyen” (Euronews, 6.5.24). “L’Ue pronta a una guerra commerciale con la Cina sui dispositivi medici” (Eunews, 14.1.25). “Dazi, l’Ue apre a Pechino. Von der Leyen: ‘È l’ora di essere audaci. C’è spazio per impegnarci in modi costruttivo con la Cina sul commercio’” (Stampa, 5.2). Siamo in buone mani.

Terzo mandato. “Mai più un altro Mattarella: il vero progetto della destra” (Gianfranco Pasquino, Domani, 5.2). Peccato, così giovane: potevano rieleggerlo per la terza volta.

Poche pretese. “Zelensky apre a trattative con Putin: ‘Ma senza Nato vogliamo l’atomica’” (Repubblica, 5.2). E una fettina di c**o panata no?

Il titolo della settimana/1. “Mattarella unico argine alla sete di potere di Musk e Putin” (Dubbio, 7.2). Infatti è da una settimana che dormono con un occhio aperto.

Il titolo della settimana/2. “Lasciamo ai bambini una pace stabile e un mondo democratico” (Mario Draghi, Stampa, 4.2). C’è chi per molto meno chiama il Telefono Azzurro.

Il titolo della settimana/3. “Salva Milano, Pd con le spalle al muro” (Giornale, 5.2). Muro abusivo, naturalmente.

Il titolo della settimana/4. “È finita la pax americana?” (Marta Dassù, Repubblica, 3.2). Eh sì, purtroppo la pace dei bombardamenti in Serbia, in Libia e in Siria e delle invasioni in Afghanistan e in Iraq è finita. E non torna più.

Il titolo della settimana/5. “Kiev manda al fronte i robot e preserva i soldati” (Domani, 3.2). Più che altro li ha finiti.

Il titolo della settimana/6. “Dopo Moratti altri big denunciano: ‘Anche noi vittime del falso Crosetto’” (Repubblica, 9.2). Come se non bastasse quello vero.
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l'editoriale di Marco Travaglio

11 Febbraio 2025

Ieri, per la prima volta in vita nostra, abbiamo provato un moto di umana pietà per Daniela Santanchè. Combatterla quando era proterva e arrogante, riverita da tutta la destra che le permetteva di dire e fare tutto e il contrario di tutto, insultare avversari e alleati, giornalisti e passanti, era cosa buona e giusta. Ma vederla lì, sola e abbandonata dai cosiddetti amici ai banchi del governo, circondata dal nulla (cioè dai ministri minori Ciriani e Musumeci e dai sottosegretari minori Gemmato e Gava), in balia delle opposizioni che le urlavano di tutto nell’assenza di leghisti e forzisti e nel silenzio di una dozzina di peones FdI presenti, dava l’idea dello stato terminale della sua parabola politica. La Meloni non le rivolge la parola e non ne spende una in suo favore da settimane, com esser difesi da Salvini è peggio di una condanna a morte. I processi avanzano e, se arriverà pure il rinvio a giudizio per truffa allo Stato sulla cassa Covid in aggiunta a quella per falso in bilancio (che sarà mai: fa curriculum), verrà trascinata alla porta a viva forza.

La vera domanda è perché, sapendo benissimo di avere il vuoto intorno e la sorte segnata, si esponga ancora a un simile stillicidio. Dimettendosi subito, eviterebbe di trasformare in un gigante Gennaro Sangiuliano che se ne andò all’istante per molto meno, anzi per quasi nulla. E consumerebbe una vendetta preventiva contro chi l’ha scaricata creando un pericoloso precedente (almeno a destra): se lascia il governo una ministra rinviata a giudizio, come può restarvi il sottosegretario meloniano Delmastro, la cui sentenza per rivelazione di segreti è attesa fra una settimana e l’interessato ha già detto che resterà al suo posto anche in caso di condanna? Renderebbe persino un buon servigio alla politica, costringendo FdI e le altre destre a fissare finalmente, una volta per tutte, la soglia minima di decenza oltre la quale persino i nipotini di B. devono sloggiare. Magari per dare una risposta a quel 71% di italiani (e a quel 58% di elettori FdI) che, secondo l’ultimo sondaggio di Youtrend, la vogliono subito a casa. Sono gli elettori che lei stessa ha abituato così nell’ultima dozzina d’anni, quando è riuscita (spesso in tandem con la Meloni) a chiedere la testa di ben 89 politici – tutti di centrosinistra tranne uno: l’allora ministro montiano Terzi di Sant’Agata, ora in FdI come lei – per condotte infinitamente più lievi delle sue: quasi mai per indagini penali, quasi sempre per una parola di troppo, un tweet un po’ acceso, una scelta politica, una presunta bugia. Si è fermata sul più bello, al numero 90: proprio quando toccava a lei.

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VIVA L'AMERICA!

l'editoriale di Marco Travaglio

12 febbraio 2025

Nella commedia Viva l’Italia di Massimiliano Bruno, Michele Placido è un politico corrotto colpito da un morbo che gli inibisce le bugie e le ipocrisie e gli fa dire solo la verità. È quel che accade su scala planetaria ora che Trump inizia a svelare, senza trucco né maquillage, il vero volto degli Usa. Che hanno sempre badato al loro tornaconto, fregandosene di perdite di tempo tipo democrazia, diritto internazionale, principi umanitari, autodeterminazione dei popoli, solidarietà fra alleati. Come i loro nemici di turno. Ma sinora erano riusciti a nascondere i ca**i loro dietro alti valori morali, grazie alla propaganda ben pagata dei loro servi sparsi per il mondo. Trump, con la brutalità di un castigo divino veterotestamentario, annuncia che il re è nudo. E i trombettieri atlantisti non sanno cosa mettersi. Il caso Kiev, se non avessimo mandato al macello centinaia di migliaia di ucraini e in rovina l’economia europea per una guerra persa, sarebbe perfetto per una farsa di Baron Cohen.

Tre anni a ripetere che armavamo l’Ucraina per difendere la Democrazia dall’Autocrazia, l’Impero del Bene dall’Impero del Male; e ora Trump dice che l’Ucraina “potrebbe diventare Russia”. Ma, se vuole altre armi, deve sganciare 500 miliardi in terre rare, sennò lui che ci guadagna? E deve chiedere le armi all’Ue, che dovrà acquistarle dagli Usa. Come il gas che, dopo le sanzioni a Mosca, compriamo dagli States a prezzo quadruplo e dobbiamo pure rigassificarlo. Qualche gonzo dirà: Trump odia l’Europa, mentre Biden&C. l’amavano. Balle. Ciò che ne pensavano i predecessori di Trump lo urlò la loro inviata Victoria Nuland nel 2014 mentre organizzava la rivolta a Kiev per rovesciare il legittimo presidente Yanukovich: “Fuck the Eu!” (l’Ue si fotta!). I loro piani di guerra alla Russia, concepiti dagli anni 90 per stravincere la guerra fredda e smembrare la prima potenza nucleare e il più grande Paese al mondo, passavano dal massacro dell’Ue per staccarla dal mercato russo (e cinese) e riportarla all’ovile. Con l’aggiunta dei dazi, iniziati ben prima di Trump. Solo che gli euro-allocchi erano accecati dall’idiozia degli “interessi euro-atlantici”, da tempo antitetici. Infatti, ora che Trump parla chiaro, le cancellerie Ue diventano anti-americane fuori tempo massimo. Ieri allestivano vertici di pace sull’Ucraina senza la Russia: ora leggono sui giornali che Trump e Putin si accordano senza di loro e piatiscono un biglietto omaggio. Zelensky, comico sempre più tragico, deve inseguire Trump come un barboncino. E gli ucraini rimpiangono la neutralità di Yanukovich, due volte eletto e cacciato per conto terzi, costretti come sono a scegliere se farsi rapinare dalla Russia o dagli Usa. Più probabile da entrambi.

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MELONI VIOLA LA SUA LEGGE

l’editoriale di Marco Travaglio

13 febbraio 2025

Questo articolo è una notizia di reato: Giorgia Meloni ha violato una legge del governo Meloni, commettendo un reato procedibile d’ufficio, senza bisogno di denunce. Reato non ministeriale perché slegato dall’esercizio delle funzioni. Dunque il procuratore Francesco Lo Voi deve iscriverla nel registro degli indagati e affidare l’inchiesta non al Tribunale dei ministri, ma a un suo sostituto. Il reato è la violazione della legge 21.2.’24 n. 15 “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Ue” (che naturalmente non l’ha mai chiesta). Cioè la “legge Bavaglio” Nordio-Cartabia: “divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. Martedì i pm e il gip di Palermo hanno fatto arrestare dall’Arma 181 persone per mafia, con un’ordinanza piena di intercettazioni. La Meloni s’è complimentata sui social con i carabinieri, scordandosi di farlo con le toghe che li hanno attivati e prendendosi il merito come se li avesse mandati il governo (“conferma l’impegno incessante dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata”). E ha citato testualmente un’intercettazione dall’ordinanza del gip. Quella in cui uno dei presunti innocenti finiti in galera prima del processo, in base alla barbarie medievale della custodia cautelare sempre denunciata dal ministro Nordio e dal centrodestra tutto, dice: “L’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare”. Poi la Meloni ha commentato: “Le intercettazioni lo dicono chiaramente… La criminalità organizzata è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà”.

Purtroppo, in base alla legge del suo governo, la Meloni poteva solo parafrasare o riassumere l’intercettazione con parole sue, ma non citarla fra virgolette, fino al termine delle indagini, che sono in pieno corso (gli arresti risalgono a due giorni fa). Impossibile che non lo sapesse: la legge non ammette ignoranza, tantomeno da chi l’ha fatta. In ogni caso, nella conferenza stampa del 9 gennaio, quando il presidente della Fnsi le ha contestato il Bavaglio, la Meloni l’ha scaricato sul Parlamento e l’ha definito “una norma di equilibrio tra diritto di informare e diritto alla difesa del cittadino”. Forse pensava che valesse solo per le intercettazioni dei politici di destra e per i giornalisti sgraditi che le pubblicano: invece vale per tutte e per tutti. Ora la Procura di Roma, in base all’obbligatorietà dell’azione penale, deve indagare la premier per aver violato una legge del suo governo. E la premier deve pagare l’oblazione, o farsi processare, o cancellare la legge del suo governo. Ma non solo per se stessa: per tutti.

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PACIFINTI E PACIVERI

l’editoriale di Marco Travaglio

14 febbraio 2025

Non esiste discarica o inceneritore tanto capiente per smaltire tre anni di pattume atlantista sull’Ucraina. L’aggressore e l’aggredito, la democrazia e la dittatura, l’Impero del Bene e quello del Male, il conflitto non provocato, le armi fino alla vittoria sulla Russia, Mosca in default per le sanzioni, la pace o i condizionatori accesi, Putin morente e isolato dal mondo e prossimo al golpe, il nuovo Hitler che vuole invaderci tutti, i nuovi Chamberlain che vogliono la resa, gli eroi dell’Azov con le svastiche, le liste dei putiniani fino al Papa e a Dostoevskij, i pacifinti, non si tratta con il nemico, i negoziati solo quando vuole Kiev e i russi si ritirano, l’Armata Rotta che combatte con le pale del 1869, la controffensiva di primavera che riprende il Donbass e pure la Crimea, i confini del 1991, l’Ucraina nella Nato, il Piano Draghi per l’economia di guerra, gli attacchi a Orbán e Scholz che osano parlare con Putin, i missili in Russia, le truppe di Macron, il geniale blitz a Kursk, il piano della vittoria di Zelensky in 10 punti, la pace giusta: tutto nel cesso. Sono bastate tre settimane scarse di Trump alla Casa Bianca per cancellare con un paio di telefonate e di grugniti una delle più vergognose pagine di viltà, servilismo e disinformatia della storia moderna. E per dire la verità che tutti conoscono fin dal primo giorno, ma pochissimi osavano dire: la guerra non sarebbe mai dovuta cominciare, se l’Ucraina avesse rispettato gli accordi di Minsk; sarebbe potuta finire dopo un mese con l’intesa di Istanbul, se Johnson&Nato non l’avessero sabotata; e soprattutto era persa in partenza, visto che la Nato non inviava truppe, ma armi per combattere per procura.

Ora il fronte atlantoide sommerso dal suo stesso ridicolo si divide: c’è chi piagnucola perché Trump e Putin si sono scordati di invitare l’Ue, come se quell’accozzaglia di 27 buoni a nulla divisi su tutto potesse dare un qualsiasi contributo dopo tre anni trascorsi a predicare guerra e riarmo e a boicottare la via diplomatica senza un piano B; e c’è chi implora l’Ue di accodarsi a Trump con la stessa disinvoltura con cui prima riveriva Rimbambiden sulla linea opposta. Tipo Sambuca Molinari alias Nando Mericoni che, anziché scusarsi per i tre anni di propaganda sul Bene e il Male, raccomanda su Repubblica all’Ue di “lavorare con Trump”, “consolidare il legame atlantico” e “tenere compatta la Nato” (di cui Trump s’infischia almeno quanto dell’Ue): cioè di dire e fare il contrario di ciò che dice e fa dal 2022. In fondo la pace separata Trump-Putin è solo “un cambio di dinamica”: che sarà mai. C’è chi l’America First, se non nel passaporto, ce l’ha nel sangue e nel cuore. L’importante è lustrare scarpe americane sempre e comunque, a prescindere dal titolare dei piedi.

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BEGLI AMICI

l'editoriale di Marco Travaglio

15 febbraio 2025

Fra le vedove di guerra che strillano come prefiche e lacrimano come salici perché in Ucraina si rischia la pace, svettano per comicità Vittorio Emanuele Parsi, che è un po’ il Nostradamus dei nostri tempi, e per illogicità Paolo Mieli, noto storico. Parsi – quello che “Putin non mangia il panettone”, “la Russia è isolata nel mondo” e “vince l’Ucraina” – spiega a Trump quali sono gli “interessi americani” perché lui li conosce bene, mentre il presidente americano è “poco informato”: infatti “Putin porta a casa tutto quello che vuole”. Sfugge all’informatissimo Parsi (insegna addirittura all’università) che Putin, se porta a casa qualcosa, è perché ce l’ha già e l’ha pure annesso in tre anni di guerra che, per l’informatissimo Parsi, la Nato avrebbe vinto a mani basse e invece purtroppo ha perso a rotta di collo. Mieli ce l’ha con l’Ue e Biden perché non sono stati abbastanza guerrafondai: “Hanno gareggiato nel consegnare in ritardo gli aiuti all’Ucraina, hanno sempre cercato pretesti per non pagare la quota dovuta” (dovuta in base a non si sa quale norma, visto che Kiev non è né Ue né Nato). Siccome Ue e Nato hanno scucito all’Ucraina circa 320 miliardi di dollari in tre anni, sarebbe interessante sapere quanti avrebbero dovuto buttarne per sconfiggere la prima potenza nucleare: 500, mille, 10 mila?

Se questi storici studiassero almeno la cronaca, saprebbero che la fase di massimo e puntualissimo riarmo ucraino fu la famosa controffensiva primavera-estate 2023, spacciata dai Parsi e dai giornaloni come risolutiva per liberare i territori occupati (metà Italia) e finita con più conquiste dei russi sulla difensiva che degli ucraini all’offensiva. Al prezzo di 100 mila morti e mutilati ucraini in sette mesi. Dopo la disfatta, Ue e Usa iniziarono a centellinare gli aiuti perché avevano le casse e gli arsenali vuoti. Ma la guerra era già strapersa, come peraltro lo era dal primo giorno, vista l’indisponibilità di Usa, Nato e Ue a inviare truppe e scatenare la guerra mondiale atomica. Fra l’altro uno storico dovrebbe sapere che Trump non ha inventato nulla: quella di usare, spremere fino al midollo, mandare al macello e poi scaricare l’“alleato” di turno è una vecchia usanza degli Usa. Per informazioni, rivolgersi a Vietnam, Balcani, Afghanistan, Iraq, curdi, Libia e “primavere arabe”: prima spinti alla guerra, poi lasciati soli a seppellire i morti, a raccogliere i cocci e a pagare il conto. Ora tocca agli ucraini e alla Ue. In attesa del prossimo gonzo che ci casca.

Ps. Paragonando la Russia al Terzo Reich e scordandosi i 28 milioni di morti sacrificati dall’Urss per sconfiggere il Terzo Reich, Mattarella è riuscito nella mission impossible di far passare dalla parte della ragione la portavoce russa Zacharova. Geniale.

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