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Dino

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ODO GELLI FAR FESTA

l'editoriale di Marco Travaglio

17 gennaio 2025

Il bello di questi manigoldi che ci sgovernano è che confessano spontaneamente senza che nessuno non dico li torturi o li intercetti, ma gli faccia neppure una domanda. Ieri alla Camera hanno approvato in prima lettura (su quattro) la schiforma costituzionale che separa le carriere e i Csm dei giudici e dei pm, con i voti delle tre destre, di +Europa e di Azione (Iv dell’“unico vero oppositore” s’è astenuta). E hanno subito esultato per avere “realizzato il sogno di Berlusconi”: cioè di un pregiudicato per frode fiscale che, nei ritagli di tempo fra una mazzetta e un falso in bilancio, stringeva patti con Cosa Nostra e la finanziava in comode rate semestrali. Non bastando un aeroporto, un francobollo, qualche statua e strada qua e là (soprattutto tangenziali), ora gli dedicano la nuova Costituzione. E dicono di farlo per rafforzare “la terzietà del giudice”, valore particolarmente caro al defunto delinquente. Che, per garantirsi dei giudici davvero imparziali, se li faceva comprare da Previti con sentenze incorporate: secondi o primi, più che terzi. Manca poco prima che ricevano il giusto riconoscimento-risarcimento postumo anche gli altri due padri nobili della schiforma, anch’essi pregiudicati: Bettino Craxi (sulle cui gesta esce un’agiografia al giorno a 25 anni dalla morte in latitanza) e Licio Gelli. Che poi è il vero precursore dei nostri padri ricostituenti, avendo avuto l’idea di separare le carriere togate nel lontano 1978, nel Piano di rinascita democratica. Solo che se ne vergognava a tal punto da tenerlo nascosto. Fu poi ritrovato nel doppiofondo della valigia della figlia durante un controllo in aeroporto. Ora invece questi se ne vantano in pieno Parlamento.

Un bel traguardo per Giorgia Meloni, che si diede giovanissima alla politica in onore di Paolo Borsellino. Che, se fosse stata in vigore la schiforma, mai avrebbe potuto diventare procuratore di Marsala e poi aggiunto a Palermo, essendo partito dalla funzione giudicante come pretore, giudice civile e giudice istruttore penale. Idem Giovanni Falcone e tanti altri fra i migliori magistrati della storia d’Italia. Ma anche fra i peggiori: come Nordio, passato anche lui da giudice a pm, che infatti nel 1992 firmò un documento dell’Anm contro la separazione delle carriere in cantiere nella Bicamerale De Mita. E ora firma la boiata che allora combatteva, con una coerenza pari a quella del sottosegretario e magistrato Alfredo Mantovano, anche lui in passato molto critico sulla separazione delle carriere: nel 1998 la definiva “non necessaria”, “in contrasto con la tradizione e la cultura giuridica italiana” e portatrice non di giudici più terzi, ma di “più poteri ai pm”. Come passa il tempo. Da Borsellino a Craxi, Berlusconi e Gelli, è un attimo.

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Dino

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CAPPELLINI E CAPPELLATE

l'editoriale di Marco Travaglio

18 gennaio 2025

Se ogni tanto leggiamo Stefano Cappellini è solo perché ha il pregio di riassumere tutti i tic più cretini della presunta “sinistra”, che poi è l’assicurazione sulla vita della cosiddetta “destra”. L’altro giorno il genio di Repubblica ha partorito i seguenti pensierini: “Trump e la favola del tycoon pacifista importata dai populisti di casa nostra”, “Conte si è rallegrato per ragioni che sono esattamente contrarie a tutte le linee guida di Trump, il quale ha appena minacciato di occupare militarmente il canale di Panama e la Groenlandia, di scatenare ‘un inferno a Gaza’… e ha evocato una possibile annessione del Canada, forse pacifica, magari un dpcm simil-contiano” (battutona), “Conte non è solo in questa follia sul Trump arcobaleno, sollecitata dal suo guru Travaglio”. Naturalmente nessuno ha mai detto che Trump è un pacifista arcobaleno: semmai che nel primo mandato non fece guerre, anzi ne chiuse due; che è un affarista pragmatico e ritiene le guerre un inutile dispendio di soldi, soldati, energie e un intralcio al business; che fra l’invasata intenzionata a perpetuare il conflitto perso in Ucraina e il manigoldo fautore di un negoziato di compromesso con Putin che metta fine all’inutile strage di ucraini, era meno peggio il secondo. Ma è inutile spiegare queste banalità a Cappellini, che è una sorta di Fassino minore.

Il pover’uomo aveva appena finito di scrivere le sue scempiaggini, quando gli è caduta in testa la tregua Israele-Hamas a Gaza, attribuita a Trump anche da Lucio Caracciolo (che scrive pure lui su Rep ma sa di cosa parla). Anche lì nessuno spirito missionario pro Pal: Trump vuole accordarsi con l’Arabia Saudita per stabilizzare l’area e isolare vieppiù l’Iran. Ergo non gli conviene che Netanyahu continui a massacrare i palestinesi e annetta Gaza facendo apparire i sauditi come traditori collaborazionisti. Infatti il suo rude inviato Witkoff, in cinque ore di colloquio burrascoso, ha costretto Bibi a ingoiare la fragile tregua proposta da Biden e Blinken un anno fa, ma sempre respinta. Bibi aspettava Trump, che ora è arrivato e può fare a meno di lui, mentre Bibi non può fare a meno di Trump. E, nella sua visione imperiale ma multipolare (poche potenze con le loro zone d’influenza), Trump non contempla alleati alla pari: solo sudditi. Voi capite il dramma di Cappellini, che contava i giorni per le invasioni trumpiane di Panama, Groenlandia e Canada, e si ritrova solo soletto con la tregua trumpiana: “L’inviato di Trump è stato coinvolto in tutti i colloqui. Anzi, è andato a parlare con Netanyahu per chiarire che Trump voleva l’accordo e se fosse saltato era pronto a bloccare gli armamenti allo Stato ebraico”. Lo dice Conte? Travaglio? No, Repubblica. L’hanno rimasto solo, ’sti quattro cornuti.

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