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Dino

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(N)EURODELIRI.

l'editoriale di Marco Travaglio

16 febbraio 2025

Il problema non è se l’Ue sarà invitata ai negoziati per l’Ucraina: alla fine uno sgabello, magari dietro la porta delle cucine come quello di Peter Sellers in Hollywood Party, salterà fuori. La vera domanda è cosa ci andrà a fare, visto che da tre anni bandisce e sabota ogni negoziato. Eppure, fino all’invasione russa, Francia e Germania avevano fatto di tutto per scongiurarla. Nel 2008, a Monaco, Merkel e Sarkozy si opposero all’ingresso di Kiev nella Nato: l’invitato Putin li ringraziò, mentre Condoleezza Rice scoppiò in lacrime in piena crisi isterica. Due anni dopo, la rielezione del presidente neutralista Yanukovich – cacciato nel 2004 dal golpe bianco di piazza Maidan pilotato da Usa e Uk – confermò la bontà della loro scelta. Ma nel 2014 Yanukovich fu di nuovo rovesciato dal secondo golpetto yankee di piazza Maidan al grido “Fuck Eu!” e iniziò la guerra civile fra Kiev e le regioni russofone di Donbass e Crimea. E subito Merkel e Hollande patrocinarono gli accordi di Minsk 1 e 2: cessate il fuoco e ritorno del Donbass all’Ucraina in cambio dell’autonomia speciale. Impegni traditi da Poroshenko e Zelensky, che puntarono dritto alla Nato facendo precipitare la situazione. Eppure fino al 24 febbraio 2022, mentre Biden annunciava ogni giorno l’invasione russa perché non vedeva l’ora, Macron e Scholz le provarono tutte per placare l’ira di Putin: sminando il terreno dalla Nato e insistendo su Minsk. Ma Zelensky, ostaggio di nazionalisti e nazisti, rifiutò. E i russi entrarono.

Da allora l’Ue ha avuto mille occasioni per riscoprire il suo ruolo naturale di mediatore anziché regalarlo a Erdogan, Bennett, Francesco, Xi, Orbán e Trump. Poteva sostenere l’intesa russo-ucraina a Istanbul nell’aprile ’22: invece si accodò ai sabotatori Johnson&C. Poteva spingere Zelensky a trattare nell’ottobre ’22, dopo la prima controffensiva ucraina: invece lo spinse a “combattere fino alla vittoria” e a vietarsi per decreto di negoziare con Mosca. Poteva far suo l’appello del generale Usa Mark Milley nel novembre ’22 a usare lo stallo per trattare: invece lo ignorò e si svenò per la controffensiva ucraina del ’23, che non ottenne nulla, a parte altre 100 mila vittime. Poteva appoggiare Orbán e Scholz, che riaprirono i canali con Putin prima dell’arrivo di Trump: invece li scomunicò. E affidò la sua politica estera a Kaja Kallas, fanatica russofoba che viene dall’Estonia (1,3 milioni di abitanti) e ora vaneggia di inviare truppe a Kiev, seguitare ad armare Zelensky anche senza guerra e aumentare le spese militari mentre Trump vuol dimezzare le sue. Mettiamo che, per carità cristiana, qualcuno le tenga libero uno strapuntino: sarebbe la prima volta nella storia che, a un tavolo di pace, uno si alza e dice che preferisce la guerra.

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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

17 febbraio 2025

Innocente a sua insaputa. “La scelta. Sinner patteggia con Wada 3 mesi. È riconosciuto che non voleva doparsi. Accetta di essere responsabile per lo staff” (Corriere della sera, 16.2). “Il pareggio era rimasto l’unica soluzione” (Stampa, 16.2). “Sinner patteggia 3 mesi. Ma è lui la vera vittima” (Giornale, 16.2). “Sinner colpevole di innocenza” (Repubblica, 16.2). Toti, è lei?

Condannato dunque assolto. “Definitiva la condanna di Mimmo Lucano a 18 mesi per falso” (Ansa, 12.2). “Lucano, anche la Cassazione sbugiarda i giudici di Locri” (Unità, 13.2). “La Cassazione smonta il processo all’accoglienza. Si conclude bene l’odissea del sindaco. Il modello Riace non era un crimine” (manifesto, 13.2). “Lucano, caso chiuso. L’accoglienza non era una truffa” (Dubbio, 13.2). “Lasciate stare l’Albania e chiamate Lucano” (Unità, 14.2). “Riace è stata assolta, ma la destra non riesce a farsene una ragione” (Dubbio, 14.2). Quale parola vi sfugge di “falso in atto pubblico”?

Piano con le parole. “Santanchè tiene duro: ‘Non lascio. Ma dopo questa esperienza tornerò a fare l’imprenditrice” (Giornale, 11.1). Più che una promessa, una minaccia.

Il ruggito dei conigli. “Da Berlino a Parigi rivolta contro Vance: ‘Basta ingerenze nella nostra politica’” (Repubblica, 16.2). Se ne accorgono dopo appena 80 anni: ammazza che riflessi pronti.

Historia bidella vitae. “Occhetto: ‘E’ Mosca a essere blasfema. Mattarella ha ragione, la storia non mente’” (Repubblica, 16.2). Almeno per chi non l’ha studiata.

Agenzia delle Uscite. “Ruffini chiama Forza Italia” (Fatto, 15.2). L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate vuole allearsi col partito di un frodatore fiscale: cos’è il genio?

Rispetto. “Rispetto alla Meloni, Berlusconi è stato un campione di pluralismo nell’informazione” (Matteo Renzi, senatore Iv, Corriere della sera, 14.2). Un po’ come la Meloni rispetto a Renzi.

Nostradamus. “Quello che sta trattando Trump è di fatto una resa… Putin sta portando a casa tutto quello che vuole” (Vittorio Emanuele Parsi, Dubbio, 14.2). Ma Putin non voleva invadere tutta l’Ucraina e poi tutta l’Europa?

L’ultima giapponese. “Zelensky scommette sul collasso russo. L’economia di Mosca comincia a scricchiolare” (Anna Zafesova, Stampa, 16.2). Ciao core.

Novità. “La nuova diplomazia è la legge del più forte” (Domenico Quirico, Stampa, 13.2). Invece la vecchia cos’era?

C’è sempre una prima volta. “Rutte: ‘L’Europa combatta per trattare’” (Stampa, 16.2). Dopo aver combattuto per tre anni per non trattare.

Vedovi inconsolabili. “Vendere l’anima”, (Paolo Mieli, Corriere della sera, 14.2). “L’ora più buia dell’Ucraina. Trump legittima l’aggressione russa” (Lorenzo Cremonesi, Corriere, 14.2). “La Nato è finita?” (Stefano Stefanini, Stampa, 14.2). “Una Yalta da brividi, e senza l’Europa”, “Il disonore che si vede a occhio nudo” (Giuliano Ferrara, Foglio, 14 e 15.2). “Il tradimento dell’Occidente”, “La doccia fredda su Kyiv”, “Xi Jinping al tavolo”, “Se l’Occidente non saprà resistere sarà un’altra Monaco 1938”, “Sostenere Kyiv, anche senza Trump” (Foglio, 14 e 15.2). “Trump spiazza con il repulisti che ricorda una purga staliniana” (Paolo Guzzanti, Riformista, 14.2). “Trump sancisce che le guerre di aggressione convengono” (Mattia Ferraresi, Domani, 14.2). “I tre imperi sbagliano a sottovalutare l’Ue” (Mario Giro, Domani, 15.2). . “L’Europa deve dare prova di forza di fronte ai dittatori-bulli Trump e Putin” (Bill Emmott, Stampa, 15.2). “Trump non può riabilitare lo Zar” (Alessandro Sallusti, Giornale, 15.2). “Pace giusta e pace imperiale” (Ezio Mauro, Repubblica, 16.2). “L’America manda al macero la nostra idea di Occidente” (Andrea Malaguti, Stampa, 16.2). “Il tifo sbagliato (e letale)” (Antonio Polito, Corriere, 16.2). “L’America rinnega se stessa” (Ernesto Galli della Loggia, Corriere, 16.12). In fondo, la stanno prendendo bene.

Prodoff. “’Prodi era vicino alla rete del Kgb’. La voce ritorna nelle carte inglesi” (Giornale, 14.2). Nome in codice Mortadellov.

Fuffaro. “I dem ancora parte civile al processo Bibbiano. Furfaro (forse) ci ripensa. Il deputato del Pd promette: parlerò con il governatore della possibilità di rivedere la nostra posizione” (Dubbio, 12.2). Quando ne fanno una giusta, se ne pentono subito.

Il titolo della settimana/1. “La Nato rischia grosso in Romania” (Foglio, 11.2). Potrebbe addirittura diventare presidente il candidato più votato.

Il titolo della settimana/2. “Spunta l’ipotesi di agenti russi dietro la truffa del finto Crosetto” (Aldo Torchiaro, Riformista, 11.2). Ma è ovvio: ha stato il vero Putin.

Il titolo della settimana/3. “Stasera Cristicchi vincerà il Festival di Sanremo” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 14.2). Stasera di quale anno?

Il titolo della settimana/4. “Piero Fassino: ‘Invocare meno Europa è demagogia’” (Stampa, 10.2). E poi l’Europa è piena di aeroporti con tanti bei duty free.




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MAKE EU GREAT AGAIN

l'editoriale di Marco Travaglio

18 febbraio 2025

Il summit chez Macron con gli altri sette nani più tre è stato un successo storico per l’Europa e ha oscurato preventivamente i negoziati di Trump e Putin a Riad per la pace in Ucraina.

Macron. “Ciao a tutti, sono Emmanuel e non mi buco da due anni: da quando dissi che non dovevamo umiliare Putin”. Von der Leyen: “Ci hanno rimasti soli, quei due cornuti. Ma dobbiamo reagire rendendogli pan per focaccia”. Meloni. “’A cosa, ’a cometechiami, ma statte zitta ché voi tedeschi nun c’avete più manco er pane, artro che ’a focaccia. A rega’, io l’avevo detto che ’a guera era persa e serviva ’na via d’uscita accettabbile p’entrambe le parti. Nun m’avete voluto ascolta’”. Scholz. “Scusa, quando l’avresti detto? Noi non abbiamo sentito niente. Anzi, quando ho sondato Putin, mi avete massacrato”. Meloni. “Ma se je l’ho detto ai due comici russi! Nun v’hanno avertiti? Io so’ così, so’ spontanea: quanno c’ho ’na cosa dentro, ’a dico ar primo che càpita. Se poi nun volete sentì, è ’n probblema vostro”.

Von der Leyen. “Siamo tutti d’accordo di fare qualcosa. Ma cosa?”. Tusk. “Io un’idea ce l’avrei. Siccome Trump vuole che spendiamo il 5% di Pil per le armi, noi spendiamo il 10 e lo spiazziamo”. Scholz. “Bravo fesso, così i nazisti mi vanno al 90% e con tutte quelle armi magari gli torna il vizietto e ti invadono pure la Polonia”. Von der Leyen. “Io quoto la proposta Kallas: truppe Ue a Kiev contro il nuovo Hitler. Così, se Zelensky firma la pace a Riad, lo costringiamo a tornare in guerra: io gliela buco quella pace!”. Starmer. “Con me sfondate una porta aperta: noi i soldati in Ucraina non dobbiamo neppure mandarli perché li abbiamo già lì da undici anni. Da vivi li chiamiamo ‘addestratori’ e da morti ‘contractor’. Pure Emmanuel era d’accordo, no?”. Macron. “Ma sei di coccio: non mi drogo più. E poi, se diciamo solo ‘guerra’, mi sa che al vertice di pace non ci fanno entrare”. Sánchez. “Dite alla Kallas, e pure a Mattarella, di studiare storia: se non era per i russi, ancora marciavamo al passo dell’oca”. Rutte. “Signori, mettetevi nei miei panni. Ho avuto la Nato leccando il c**o a Biden e ora Trump mi ha messo il grembiule e la crestina di pizzo. Propongo un comunicato di cinque parole: “Ave, Donald, morituri te salutant’. Che dite, può andare?”. Macron. “Mai! Non sarebbe dignitoso. Meglio: ‘Ave Donald, morituri te salutant, tiè!’. Così gli facciamo vedere chi siamo”. Rutte. “Seee, e se quello poi si offende? Io aggiungerei: ‘Senza nulla a pretendere’. Magari un posto nella tenda me lo trova. Porto il formaggio a cubetti”. Meloni. “’A Ru’, vedi che Putin porta er caviale e ’a vodka e te sfonna. Lassa perde, date retta: stamosene a casetta nostra, poi a cose fatte chiamo Elon, che quarcosa me racconta sempre”.

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RIFLESSI PRONTISSIMI

l'editoriale di Marco Travaglio

19 febbraio 2025

Delle tre l’una: o il presidente Mattarella s’è reso conto di averla fatta grossa, paragonando al Terzo Reich la Russia che combatté e sconfisse il Terzo Reich mentre l’Italia stava con il Terzo Reich; o ha finalmente saputo che l’Ucraina ha perso la guerra e noi con lei, anche se ora resta da avvertire la cosiddetta Ue; oppure ha cambiato ghostwriter. Fatto sta che ieri ha corretto il tiro, con una giaculatoria più consona al suo stile felpato: “Auspico che la Russia torni a svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto della sovranità di ogni Stato, della carta dell’Onu e del diritto internazionale”. Sante parole, se non fosse che nel 1999 un governo da lui vicepresieduto bombardò per 78 giorni Belgrado con la Nato e contro l’Onu, il diritto internazionale e la sovranità di uno Stato: la Serbia alleata di Mosca. Undici settimane di massacri, dai 1.200 ai 2.500 morti quasi tutti civili, fiumi di profughi, distrutta l’ambasciata cinese, polverizzati ospedali, scuole, zone residenziali, treni passeggeri, convogli di fuggiaschi, autobus, mercati, ponti affollati e gli studi della tv RTS (uccisi 16 fra registi, giornalisti e tecnici). Ma la Nato non la chiamò guerra, bensì “ingerenza umanitaria”. Quella brusca rottura della pace europea dopo 44 anni spalancò la strada a un’altra gravissima lesione del diritto: lo smembramento della Serbia col riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo contro la risoluzione dell’Onu n. 1244, che vi confermava la sovranità di Belgrado.
La scena si ripeté con le guerre illegali della Nato in Afghanistan (“lotta al terrorismo”), in Iraq (“esportazione della democrazia”) e in Libia (“sostegno alle primavere arabe”). Condanne internazionali? Mandati di cattura della Cpi? Paragoni col Terzo Reich? Nulla. Putin prese buona nota e al momento opportuno ci imitò: l’annessione della Crimea e il sostegno al Donbass (i Kosovo ucraini), poi l’invasione (pardòn, “operazione militare speciale”). Chi ora sventola il diritto internazionale dovrebbe spiegare a Putin, ma soprattutto ai russi, perché vale solo per loro. E Mattarella dovrebbe precisare esattamente quando ha scoperto che Mosca lo violava, visto che fra il 2014 e il 2022 fu proprio lui a insignire delle massime onorificenze della Repubblica Italiana ben 30 ministri, funzionari e oligarchi putiniani, alcuni già sanzionati per la Crimea. Il tutto anni dopo le guerre russe in Cecenia e in Georgia e i bombardamenti in Siria. Ora è una fortuna che a rispondere al paragone col Terzo Reich sia stata la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova e non quello di Putin, Dmitry Peskov, sul cui petto Mattarella nel 2017 aveva appuntato la stella di Commendatore della Repubblica a Mosca. Sennò sai che imbarazzo, per entrambi.

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ATLANTISTI ANTIAMERICANI

l'editoriale di Marco Travaglio

20 febbraio 2025

In questi tre anni, l’Ue aveva due opzioni: vincere la guerra o preparare la pace. Invece la guerra l’ha persa e la pace non l’ha preparata. E ora dà la colpa a Trump, arrivato a cose fatte a gestire la sconfitta di chi c’era prima, come già nel 2017 in Afghanistan, cercando di convincere chi la guerra la sta vincendo a fermarsi prima che la stravinca. Ma Zelensky, che aveva alzato bandiera bianca dando per perse le quattro regioni perse e implorando Putin di sedersi al tavolo, ha di nuovo cambiato idea (o qualcuno gliel’ha fatta cambiare) ed è tornato in modalità “piano per la vittoria”: non cederà nulla di ciò che ha perso, anzi detta condizioni a chi ha vinto. Certo, era meglio un negoziato paritario Russia-Ucraina con un arbitro imparziale. Ma quel treno passò a Istanbul nel marzo-aprile 2022 chez Erdogan, mezzo milione di morti fa, e lui ne scese a un passo dall’intesa su amorevole consiglio di Johnson&C.: peggio per lui, anzi per il suo popolo, che ora subirà condizioni molto più pesanti. Lui dice giustamente che non si fa la pace Russia-Ucraina senza Ucraina: peccato che l’estate scorsa lui e la Nato avessero apparecchiato in Svizzera un negoziato Russia-Ucraina senza Russia: logica conseguenza del suo decreto dell’ottobre 2022 che gli vieta di trattare con Putin (a proposito: quando lo abolisce?). L’Ue gli ha sempre tenuto bordone e ora fa la faccia da funerale perché si rischia la pace. I leader – ma solo i più falliti – si riuniscono a Parigi come gli alcolisti anonimi per decidere le truppe da inviare a Kiev nel dopoguerra che Trump prepara senza e contro di loro: come se Mosca potesse accettare truppe Nato nell’Ucraina fuori dalla Nato.

Fortuna che, nel caos generale, la Schlein ha le idee chiare: “Meloni dica se sta con l’Ue o con Trump”. Quindi almeno lei ha capito dove sta l’Ue: però s’è scordata di dircelo, e soprattutto di dirlo all’Ue. Le ultime volontà dell’Ue sono scolpite nella risoluzione di un mese fa, quella che equipara il nazismo e il comunismo: “Piena vittoria militare dell’Ucraina” e “cambiamento democratico in Russia e in altri paesi autoritari come la Bielorussia”. Se questo è il contributo realistico che vuol dare al negoziato di pace, si capisce perché non sia stata invitata. Ma, a illuminare ancor meglio lo scenario, c’è Mario Draghi, che “sferza”, anzi “striglia”, anzi “sveglia”, anzi “scuote” l’Ue: “Non si può dire no a tutto, fate qualcosa”. No a tutto cosa? E qualcosa cosa? Ah saperlo. Era quasi meglio “Volete la pace o i condizionatori accesi?”. Anche perché le persone normodotate hanno scelto sia la pace sia i condizionatori accesi. Però non disperiamo: con tutti questi atlantisti diventati antiamericani dalla sera alla mattina, non resta che dichiarare guerra non solo alla Russia, ma pure all’America.

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L’ANGOLO DEL BUONUMORE

l'editoriale di Marco Travaglio

21 febbraio 2025

Si pensava che i trombettieri della vittoria ucraina e della sconfitta russa, dopo tre anni di minchiate sfuse, si prendessero una pausa per far riposare le lingue in attesa di qualcun altro da leccare. Invece restano in cattedra a spiegarci come va il mondo, visto che finora l’hanno capito così bene. Non avendo una faccia perché l’hanno persa più volte, si inerpicano sugli specchi della logica con grave sprezzo del ridicolo per sostenere le tesi più ardite. Tipo che il presidente Usa è putiniano (mancava solo lui, nella lista): “Trump marionetta di Putin” (Domani), “vicinanza ideologica” (Rep), “Donald e Vladimir, una voce sola” (Giornale), “Trump fa Putin Great Again” (Foglio), “Compagni di merende” (Riformista). O che, ora che arriva la tregua, l’Ue deve “inviare truppe a Kiev” (Nathalie Tocci, Stampa). O che l’Europa deve fare fronte comune contro gli Usa, il che sarebbe pure giusto, se non lo dicesse chi finora predicava l’azzerbinamento in nome di un fantomatico “euroatlantismo”. Manca poco che gli atlantisti scendano in piazza a bruciare la bandiera americana al grido di “Yankee go home!”.

Completa l’angolo del buonumore Francesco Verderami, noto stratega del Corriere che il 29.5.’22 vaticinava: “700 milioni al giorno per la guerra dello Zar. La Russia ha già esaurito il 70% della forza militare”, citando imprecisati “centri di analisi occidentali in possesso della Nato e dei Paesi che ne fanno parte” (me l’ha detto mio cuggino). Ora se la prende con i “terrapiattisti d’Italia”, escludendo per modestia se stesso ed eleggendo a loro “leader” Conte. Il quale “crede che la Terra sia piatta” e “riabbraccia gli amici ritrovati Trump e Putin”. Tutto perché ha constatato che perfino il presidente Usa “ammette che la Russia non poteva essere sconfitta militarmente”: ciò che i rari normodotati dicono da tre anni, beccandosi insulti à gogo. Segue una serie di scemenze da Guinness in poche righe: Conte “si scoprì pacifista quando passò all’opposizione” dopo la sfiducia a Draghi (falso: bloccò Draghi già nel febbraio 2022 sul riarmo al 2% del Pil); “autorizzò i colloqui segreti del ministro della Giustizia Usa coi nostri Servizi” (com’è noto i servizi segreti fanno i loro colloqui in diretta tv); “consentì alle truppe russe di scorazzare (sic, ndr) sul suolo italiano ai tempi del Covid” (erano medici e infermieri militari che portarono mascherine e respiratori e aiutarono l’ospedale da campo degli alpini a Bergamo, autorizzati dal ministro Guerini, che li fece scortare e li ringraziò pubblicamente; e il Copasir smentì i sospetti di spionaggio: “Missione esclusivamente in ambito sanitario con il compito di sanificare ospedali e Rsa”). In attesa di capire chi siano questi terrapiattisti, ce la spassiamo con i guerrapiattisti.

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DELMASTRO GATTO MALDESTRO

l'editoriale di Marco Travaglio

22 febbraio 2025

Chi grida ogni due per tre all’allarme fascismo in Italia dovrebbe studiarsi il caso del sottosegretario Delmastro, condannato in primo grado per rivelazione di segreti. E si tranquillizzerebbe all’istante: ove mai qualcuno dei nostri sgovernanti sognasse di ripristinare il fascismo, non ce la potrebbe mai fare per manifesta incapacità. Il 12 gennaio 2023 i deputati del Pd Orlando, Serracchiani, Verini e Lai visitano il carcere di Sassari per incontrare Alfredo Cospito, il terrorista condannato perché gambizzò un manager e tentò una strage con una bomba, nel pieno della battaglia per fargli revocare il 41-bis. Poi trapela sui giornali una relazione del Gom (polizia penitenziaria) che li immortala a colloquio anche con tre boss mafiosi. Verini ammette un semplice “saluto”. Ma c’è ben altro. Cospito rifiutò di parlare con i deputati: “Io non ho niente da dirvi se prima non parlate con gli altri detenuti”. E quelli obbedirono. Il casalese Francesco Di Maio disse a Orlando che, con lui ministro, al 41-bis si stava meglio, e illustrò le sue proposte per modificare il carcere duro. Poi il Quartetto Dem si spostò davanti alle celle dei mafiosi siciliani Pino Cammarata e Pietro Rampulla (l’artificiere neofascista della strage di Capaci), conversò anche con loro sullo stesso tema, infine tornò da Cospito.

Se l’avesse fatto la destra, apriti cielo. Per il governo, la relazione è un rigore a porta vuota per mettere in ginocchio il Pd. Ma appena finisce in mano al geniale Delmastro diventa un autogol. Il sottosegretario la mostra all’amico Donzelli, che la spiattella con citazioni testuali alla Camera. Essendo segreta, Delmastro finisce indagato. Così nessuno parla più dell’inaudita leggerezza dei deputati Pd che ascoltano le proposte dei boss mafiosi per riformare il 41-bis e poi tentano di nasconderlo. E tutti parlano del segreto violato. La Procura chiede di archiviare, ma il Gip rinvia a giudizio Delmastro con l’imputazione coatta. Stessa scena in Tribunale: il pm chiede l’assoluzione e i giudici condannano a 8 mesi. Fisiologia pura: nel 50 e rotti per cento dei casi i giudici decidono diversamente dalle richieste dei pm o dalle sentenze di grado inferiore. Meloni e Nordio potrebbero, anzi dovrebbero prendere atto della sentenza, augurare al collega l’assoluzione in appello e spiegare che i fatti non meritano le dimissioni. Invece scatenano la canea sulle toghe rosse, che stavolta non si annidano più in Procura (quella del famigerato Lo Voi, che ha sempre difeso Delmastro), ma in Tribunale. E le accusano di aver disatteso le richieste del pm, invocando la separazione delle carriere: finora la giustificavano con l’appiattimento dei giudici sui pm, ora strillano contro i giudici che osano non appiattirsi sui pm. Più che un Cln, serve un Tso.

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DIFENDIAMO ZELENSKY

l'editoriale di Marco Travaglio

23 febbraio 2025

“Comico scadente e dittatore senza elezioni”, “Ha fatto sparire metà dei fondi”. “Leviamogli la paghetta”. “La guerra è colpa sua”. “Ai negoziati non serve perché non sa trattare”. “Si nutre dei cadaveri dei suoi soldati”. “Esiliamolo in Francia”. L’avevamo previsto dal primo giorno: il sostegno a Zelensky sarebbe finito allo scadere degli sporchi interessi Usa, poi sarebbe toccato a noi “pacifinti putiniani” difendere il presidente ucraino scaricato da tutti. Ora – basta leggere quel che dicono Trump, Musk&C. e non dicono più i nani europei – il momento è arrivato. Quindi lo diciamo papale papale: Zelensky non è il primo, ma l’ultimo colpevole di questa guerra insensata che non doveva iniziare e poteva finire due mesi dopo l’invasione russa a condizioni molto più vantaggiose per Kiev di quelle che subirà ora. Certo, non è un presidente democratico: è il leader di una delle democrature dell’Est Europa, dalla Russia all’Ungheria, che salvano l’apparenza con le elezioni, ma nella sostanza perpetuano oligarchie corrotte difficilmente scalabili e scalzabili. Ha messo fuorilegge gli 11 partiti di opposizione, ha imposto un solo canale tv governativo, s’è tenuto milizie nazionaliste e neonaziste, ha lasciato che i suoi Servizi praticassero il terrorismo anche contro gli alleati. S’è lasciato ricattare dagli squadroni della morte finanziati e armati dalla Nato, gli stessi che avevano trasformato Maidan 2014 in un golpe sanguinoso per piazzare l’oligarca corrotto Poroshenko al posto del presidente neutralista Yanukovic; e sotto le loro minacce e la spinta Usa-Uk ha tradito gli accordi di Minsk, negando al Donbass la tregua e l’autonomia. Fino a gennaio ’22, quando Macron e Scholz tentarono invano di strappargli il sì a Minsk e il no alla Nato per scongiurare l’invasione.

Ma fece tutto ciò perché Biden, in linea con Clinton, Bush e Obama, aveva scelto Kiev come testa d’ariete per provocare la Russia, attirarla in guerra, batterla, smembrarla e stravincere la Guerra fredda. Biden lo illuse sulla Nato e sulla vittoria militare (senza le truppe) contro la prima potenza nucleare. E l’Ue, prima ostile a quel folle piano, iniziò a pendere dalle labbra di Rimbambiden grazie al quartetto Ursula-Macron-Scholz-Draghi (e poi Meloni). Che non mosse un dito quando Johnson sabotò i negoziati di Istanbul a un passo dalla firma, convincendo Zelensky che la scelta migliore fosse “combattere fino alla vittoria”. E quando lui vietò per decreto i negoziati. Ora che la guerra è persa e la Nato è sparita dall’orizzonte, prendersela con l’anello più debole è troppo comodo e vile. La vergogna di questa tragedia annunciata ricade su chi ha illuso e ingannato Kiev a suon di menzogne. Non sul poveretto che se le è bevute tutte.

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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

24 febbraio 2025

Vuccumprà? “Santanché apre la Borsa del turismo in fiera a Bari” (Ansa, 21.2). Tutto vero.

Le grandi riforme. “Delmastro condannato a 8 mesi: ‘Pm per l’assoluzione, ma nel collegio era forte la presenza di giudici di sinistra” (Corriere della sera, 21.2). “Delmastro condannato contro il parere dei pm” (Giornale, 21.2). “Meloni: ‘Sentenza politica, serve la riforma. Nordio: ‘Urgente cambiare la Giustizia’” (Stampa, 21.2). Presto, riunifichiamo le carriere!

Draghi fa cose. “Draghi scuote l’Unione” (Corriere della sera, 19.2). “Draghi sferza l’Europa”, “Draghi striglia l’Unione” (Repubblica, 19.2). “Draghi striglia l’Ue” (Giornale, 19.2). “La sveglia di Draghi all’Europa” (Sole 24 ore, 19.2). A proposito: volete la pace o il condizionatore d’aria acceso?

Yankee go home!“Dobbiamo affrontare questa dura realtà: Trump dev’essere fermato” (Enrico Letta, 18.2). “Vance ci ha dichiarato guerra, facciamogli capire che sbaglia. Il nemico numero 2 dell’Europa, dopo Putin, è l’Amministrazione Usa” (Stefano Stefanini, Stampa, 17.2). “Occidente, le illusioni pericolose. Trump e Vance occupano la casa comune… I grandi media denunciano, stigmatizzano, protestano: ma non danno l’impressione di cogliere l’enormità dei fatti e la gravità del momento… Abbiamo paura di aprire la porta e andare a vedere. Restiamo nelle nostre stanze, illudendoci di essere al sicuro. Per quanto?” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 17.2). Forza, atlantisti, è ora di dichiarare guerra all’America.

Esclusi i presenti. “Il rapporto choc di Nordio: 100 arresti ingiusti al mese” (Giornale, 18.2). E non ci sono più i suoi.

Scelte bizzarre. “Ci vorrebbe un amico. Sinner per allenarsi sceglie un ex tennista” (Repubblica, 17.2). Strano, pensavo un ex idraulico.

Import-export. “Gli Stati Uniti di Trump sembrano aver perso la storica vocazione a difendere i diritti e a cercare di esportare la democrazia la democrazia” (Vittorio Sabadin, Messaggero, 17.2). Oh no, e adesso come facciamo?

L’anti-hacker hackerato. “Parla Frattasi, capo della cybersicurezza: ‘Anch’io bersaglio degli hacker russi’” (Corriere della sera, 19.2). Quindi tranquilli, siamo in buone mani.

Perseguitati. “Saviano: ‘La destra sta con i suoi anche se condannati. A sinistra ti mollano, vedi il caso Lucano” (Stampa, 22.2). L’hanno solo fatto eleggere al Parlamento europeo a 15 mila euro al mese.

Sinceri democratici. “Rosato: ‘Ora un proporzionale che escluda gli anti-Ue” (Dubbio, 19.2). Li arrestiamo prima o annulliamo i loro voti dopo?

Slurp-satira. “Dove si vota per Marina Berlusconi?” (Luca Bizzarri, X, 17.2). Al solito posto: quello dove prima ti pagava lo stipendio.

Vestivamo alla Marinara. “Alfieri (Pd): ‘Per governare non basta dire no armi. Marina B.? Su alcuni temi battaglie comuni”, “Calenda: ‘Seguire l’agenda di Marina B. con dieci svolte, non solo di governo’” (Foglio, 18.2). “La lezione della Cavaliera ai cattivisti di destra” (Stampa, 18.2). “Marina Berlusconi agita Forza Italia: ‘Ha raccolto l’eredità del padre’. Il plauso dei centristi Iv. Cicchitto: ‘Le sue parole aiutano partito e governo a evitare derive pericolose’” (Repubblica, 18.2). “Mulé: ‘Le parole di Marina sono un predellino intellettuale’” (Foglio, 19.2). “Marina B., la politica che serve” (Alessandra Mussolini, Riformista, 19.2). “La lezione di Marina B. alla politica italiana” (Dino Giarrusso, Identità, 19.2). “Perché il manifesto di Marina è piaciuto molto anche ai macroniani” (Sandro Gozi, eurodeputato, Foglio, 20.2). Ma andé a ciapà i ratt.

I guardiani del faro. “Meloni rompe il silenzio ma evita Kiev e adesso non parla più di ‘pace giusta’” (Stampa, 21.2). “Con Trump raggiungeremo una pace giusta” (Giorgia Meloni, premier FdI, 22.2). I cultori della cazzata sono accontentati: continua a dirla.

Il titolo della settimana/1. “L’Europa in tilt, il gelo di Meloni” (Stampa, 18.2). Da non confondere con il dolce siciliano.

Il titolo della settimana/2. “Ricordarsi sempre chi è l’aggredito e chi l’aggressore. Non solo in Ucraina” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 18.2). Giusto, anche in Serbia, in Libia, in Afghanistan e in Iraq.

Il titolo della settimana/3. “Ricette per un’Italia che guarda al futuro. Il volume di Roberto Garofoli e Bernardo Mattarella analizza, dati alla mano, le fragilità del sistema Paese. Una debolezza a cui porre rimedio” (Claudio Tito, Repubblica, 18.2). Gnamm!

Il titolo della settimana/4. “Zelensky a Trump: l’Ucraina non è in svendita” (Sole 24 ore, 20.2). È in omaggio.

Il titolo della settimana/5. “Facciamo l’esercito con chi ci sta” (Serena Sileoni, Stampa, 19.2). Proviamo con Papua Nuova Guinea.

Il titolo della settimana/6. “Perché ‘pace’ è diventata una parola sinistra” (Giuliano Ferrara, Foglio, 17.2). Ma infatti. Molto meglio “guerra”.

Il titolo della settimana/7. “Russi ancora contro Mattarella. Farnesina pronta a difenderlo” (Repubblica, 18.2). Ora Tajani li spiezza in due.

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