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Dino
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DEMOCRAZIA ALL'ASTA
l'editoriale di Marco Travaglio
25 aprile 2024
Vito Bardi ha rivinto in Basilicata con 153.088 voti, cioè con gli elettori di Prato se andassero tutti alle urne. Un po’ poco, come test nazionale. Ma una bella prova dei paradossi del sistema politico e mediatico. Dopo le ultime retate in Puglia, Piemonte e Sicilia sui voti comprati, era tutto un coro contro il trasformismo di “cacicchi e capibastone” (copyright Schlein). Poi, in Basilicata, per far rivincere il pessimo Bardi è bastato il trasformismo del cacicco Marcello Pittella, passato dal Pd ad Azione (che, come lui, aveva attaccato per cinque anni Bardi), e del duo Azione-Iv, passato dal centrosinistra al centrodestra con un totale di 38 mila voti: mille in meno del divario fra Bardi e lo sfidante Piero Marrese (Pd sostenuto da 5S e Avs). E il coro è subito cambiato: tutti a magnificare la fantomatica rinascita del “centro” nobilitando con afflati ideali l’Operazione Voltagabbana. La dynasty Pittella (fra l’altro monca, perché l’altro fratello Gianni è rimasto coerente) s’è messa all’asta, per vedere chi offriva di più e aveva più chance di vincere, poi ha usato i taxi di Calenda&Renzi per dirottare i voti da sinistra a destra. Tutto legittimo, intendiamoci. Ma non certo una lezione nazionale per battere le destre (come dicono Renzi e Calenda che, per batterle meglio, le han fatte vincere). A meno che, per battere le destre, non si debbano inseguire tutti i cacicchi che portano o millantano voti in cambio di favori. A partire da Cuffaro, che va in giro a vantarne 150-200 mila e li mette sul mercato, al migliore offerente. Sfumati – pare – i negoziati con la lista Renzi&Bonino, ora Totò tratta con FI e Schifani dice che quei voti li ha già presi alle Regionali e sarebbe assurdo rifiutarli alle Europee per “puzza sotto il naso” (un pregiudicato per favoreggiamento alla mafia profuma di Chanel n. 5).
I 5Stelle, disorganizzati sui territori e forti solo dei voti d’opinione, sono andati – come sempre alle Regionali – malissimo. E si dà la colpa a loro se ha vinto Bardi: potevano appoggiare Chiorazzo, l’altro cacicco Pd amico di Andreotti e Gianni Letta in conflitto d’interessi con le coop, anziché bocciarlo, e spartirsi la torta della possibile vittoria. In effetti Chiorazzo ha fatto il pieno di preferenze (7.300), battendo addirittura Pittella (7.200). Quello che gli strateghi del Risiko politico non calcolano è che i 5S si sono dissanguati già sostenendo lo sbiadito e anonimo Marrese: se avessero digerito pure Chiorazzo, avrebbero preso ancor meno del 7,6%. Questa è la lezione nazionale: o un’alleanza Pd-5S-Avs (modello Sardegna) con candidati puliti e credibili (come in Sardegna) per recuperare milioni di astenuti; o un’alleanza Pd-Centrini con capibastone, cacicchi e voltagabbana per rimestare fra i soliti voti all’asta.
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SALDI DI FINE STAGIONE
l'editoriale di Marco Travaglio
26 aprile 2024
In una famosa barzelletta, quattro chirurghi discutono dei pazienti più facili da operare. Il primo dice: “I matematici, perché hanno tutti gli organi numerati”. Il secondo preferisce gli elettricisti: “Tutti gli organi sono codificati in vari colori”. Il terzo sceglie i bibliotecari: “Hanno gli organi classificati in ordine alfabetico”. Il più anziano sorride: “Macché, i migliori sono i politici: non hanno cuore né cervello né spina dorsale, ma soprattutto la faccia e il c**o sono intercambiabili”. Siccome in Italia le barzellette sono profezie che prima o poi si avverano, ecco il geniale ddl Giachetti che piace alle destre, ad Azione&Iv e al Pd, per risolvere il sovraffollamento carcerario. Come? Aggiungendo un mese di sconto ai tre già previsti dalla “liberazione anticipata” per ogni anno di pena. Che si riduce magicamente di un terzo. Un anno diventa 8 mesi. Due anni, 16 mesi. Dieci anni, 6 e mezzo. Vent’anni, 13. E non basta: lo sconto è retroattivo al 1° gennaio 2016. Così chi è detenuto da allora (i criminali più matricolati) si ritrova tutto insieme un bonus extra di un mese ogni 12 (anzi, 9) espiati: 8 mesi in tutto. E, appena la porcata sarà legge, in 24 ore usciranno 5.080 criminali. Inclusi 777 condannati per reati gravissimi: mafia, terrorismo, strage, omicidio, tratta di esseri umani, schiavitù, stupro di gruppo e altre delizie. E senza nemmeno il fastidio di dare prova di ravvedimento e rieducazione: basta la regolare condotta di chi non commette violenze in carcere (tipica dei criminali più efferati, ai quali per farsi rispettare basta il nome).
È un indulto a tutti gli effetti, ma mascherato: sennò toccherebbe chiamarlo con il suo nome, trovare i due terzi in Parlamento e assumersene la responsabilità dinanzi agli elettori. Quelli che in campagna elettorale si bevono le promesse dei partiti suddetti sulla certezza della pena per poi ritrovarsi (salvo l’èra Bonafede) la certezza dell’impunità. In 78 anni di storia repubblicana amnistie, indulti, condoni e svuotacarceri si contano a decine: sempre varati per risolvere il sovraffollamento e sempre falliti in pochi mesi col ritorno ai numeri di prima, o a cifre più alte per l’effetto criminogeno delle indulgenze plenarie. Merito di politici senza cervello e col c**o al posto della faccia che considerano la popolazione carceraria una variabile indipendente dal numero dei delinquenti, dei delitti, dei posti-cella e dei reati puniti col carcere. Analfabeti che inventano reati sempre nuovi, incoraggiano i criminali a delinquere e moltiplicarsi con sconti, scappatoie e cattivi esempi, poi ogni tanto si svegliano e scoprono che ci sono troppi detenuti o poche galere per contenerli tutti. E, anziché ridurre gli ingressi o aumentare i posti, spalancano le celle. Come a scuola: chi disturba, fuori.
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LA NON CENSURA
l'editoriale di Marco Travaglio
27 aprile 2024
Ho parlato più volte di “censura” a proposito della mancata partecipazione di Antonio Scurati sabato 20 a Chesarà… (Rai3). Mi ero basato sull’unica versione disponibile: quella di Serena Bortone, di cui non avevo motivo di dubitare. Tantopiù che la Rai, dinanzi a un’accusa così grave, balbettava e si contraddiceva, mentre la Meloni e il suo gruppo di fuoco sparavano alzo zero su Scurati accusandolo volgarmente di “volere i soldi” e rivendicando di fatto la censura. Ora però, con tutte le carte in tavola, si può serenamente affermare che non è stata censura, ma il solito mix di servilismo e stupidità dei meloniani. Ecco i fatti.
Ai primi d’aprile la Bortone invita Scurati per il 20, in vista della Liberazione. Il programma offre 1.000 euro, l’agente di Scurati ne chiede 1.800. Il 15 l’accordo viene chiuso a 1.500 e l’Ufficio Contratti Rai lo autorizza. Il 19, alla vigilia, Scurati invia il monologo alla redazione che, senza che nessuno l’abbia chiesto, lo gira alla Direzione Approfondimenti di Paolo Corsini (FdI) e del suo vice Giovanni Alibrandi. Questi saltano sulle sedie: Scurati non sarà ospite per tutto il talk, ma leggerà un monologo di un paio di minuti che in sostanza dà della fascista alla premier. Chi la sente, Giorgia (peraltro ignara di tutto)? Ideona: Scurati leggerà il monologo, ma gratis, tanto parlerà poco e potrebbe essere in promozione per un libro di fumetti e una serie Sky tratti da una sua opera. Il contratto a titolo oneroso viene annullato per “motivi editoriali” in attesa della risposta. Che arriva alle 17.42: la produzione di Chesarà… manda via mail ad Alibrandi la lista degli ospiti. Accanto a Scurati c’è la sigla TG, titolo gratuito. I dirigenti ne deducono che Scurati ha accettato di partecipare gratis e danno l’ok al comunicato stampa che alle 19.09 annuncia gli ospiti dell’indomani, incluso Scurati sul 25 Aprile. Ma allo scrittore la Bortone&C. non han chiesto se sia d’accordo. Infatti in serata la Bortone cerca i dirigenti per segnalare il casino. Quelli non rispondono subito: per loro fa fede il TG della mail e rinviano la grana al mattino dopo. Ma sabato 20 alle 8.30 si trovano un post a dir poco omissivo della Bortone su Instagram: “Ho appreso ieri sera, con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita a ottenere spiegazioni plausibili”. Parte la rumba: censura, regime, fascismo. Ma Scurati ha ancora i biglietti del treno da e per Milano e l’hotel romano prenotati dalla Rai e autorizzati il venerdì mattina da Alibrandi, che li annullerà solo alle ore 13. Lo scrittore comprensibilmente decide di non partire. Ma i dirigenti Rai non hanno mai detto che non dovesse leggere il suo monologo. Sono così fessi da sembrare censori anche le rare volte in cui non lo sono.
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I PISTOLA FUMANTI
l'editoriale di Marco Travaglio
28 aprile 2024
Oltre a mandarci i migranti dall’Africa, a pilotare le fake news, a far vincere la Brexit, a far eleggere Trump, a far rinc*gli**ire Biden, a ispirare Dostoevskij e Cajkovskij prim’ancora di nascere, a dirigere occultamente il Fatto e tutte le altre cose brutte che accadono sull’orbe terracqueo da tre secoli a questa parte, ora Putin vuole “favorire l’astensionismo in Italia”. L’ha detto il sottosegretario Alfredo Mantovano, dunque dev’essere vero. Anche perché i suoi toni non ammettono dubbi: “Non si può escludere che ci siano ingerenze russe nella campagna elettorale per le Europee. In Spagna ci sono state, non per favorire una parte o l’altra, ma per delegittimare l’intero sistema. E può accadere anche in Italia”. Apperò: è quel che si dice la pistola fumante.
Non sappiamo in Spagna, ma in Italia il sistema lo delegittima e l’astensionismo lo fomenta la Meloni che, come Schlein e Tajani, si candida alle Europee già sapendo che al Parlamento europeo non metterà neppure piede. Promette di abolire le accise e abolisce lo sconto sulle accise. S’impegna a “tutelare i diritti del Superbonus e migliorare le agevolazioni edilizie”, poi dice che “il Superbonus è una tragedia contabile, la più grande truffa ai danni dello Stato”. Si tiene ministri imbarazzanti tipo Santanchè e poi fa la morale agli inquisiti (e pure ai non inquisiti) altrui. Promette legalità contro mafie e corruzione, poi fa approvare una ventina di leggi pro mafia e corruzione e prepara un indulto mascherato, ma solo dopo il voto per fregare meglio gli elettori. Offende i contribuenti onesti definendo le tasse “pizzo di Stato” e varando 18 condoni fiscali in due anni. Vaneggia di blocchi navali e piani Mattei, intanto gli sbarchi di migranti triplicano. Mette sul lastrico centinaia di migliaia di poveri, insultandoli pure come fanca**isti. Giura di abolire la Fornero, poi la riesuma riuscendo financo a peggiorarla. Predica il sovranismo e poi appalta la politica estera a Biden, Stoltenberg, Ursula e Zelensky e quella finanziaria agli euro-falchi. Strilla all’Ue “la pacchia è finita”, poi si genuflette all’Ue firmando un Patto di Stabilità tutto lacrime e sangue, infine si astiene sul medesimo. In privato, a due comici russi scambiati per ambasciatori del Catonga, dice che fra Ucraina e Russia urge “soluzione che sia accettabile per entrambe le parti”, ma in pubblico continua ad armare Kiev “fino alla vittoria”. Non spende una parola sul massacro di palestinesi a Gaza e si astiene all’Onu sulla tregua. Annuncia una tassa sugli extraprofitti bancari, poi torna indietro dopo una telefonata di Marina B.. Intanto piazza ai posti di comando i parenti suoi e dei suoi. Putin, lo sappiamo, è il diavolo in persona. Ma come spingitore di astensionisti, al confronto, è una pippa.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
l'editoriale di Marco Travaglio
29 aprile 2024
Il solito. “’Fassino provò in altri due casi a rubare dei profumi’. La lite con i vigilantes, poi lui avrebbe detto: ‘Non sapete chi sono io’” (Corriere della sera, 28.4). E loro: “Massì, è quello delle altre volte!”.
Le parole per dirlo. “Fassino esce dal duty free con lo Chanel in tasca. ‘Ma non volevo rubarlo’” (Repubblica, 25.4). Pensava a un prestito.
Distrazione. “È ora di salvare il soldato Fassino dalla gogna cialtronesca dei giornali” (Tiziana Maiolo, Dubbio, 27.4). “Anche a me Fassino pare convincente e infatti la sua distrazione, molto divertente, ha messo tutti di buonumore… Non mi pare che ci sia spazio per il ghigno del malumore e le cattiverie dei malpensanti”, “L’accanimento miserabile ci spinge ad abbracciare Fassino… A tanti è capitato qualcosa di simile… Lo scandalo non è la ‘distrazione’ di Fassino ma la cattiveria di chi gode a tormentarlo” (Francesco Merlo, Repubblica, 25 e 28.4). “La serva è ladra, la padrona è cleptomane” (Trilussa).
Meditazioni.“Elly Schlein mi ha chiesto di candidarmi. Ho accettato dopo una riflessione molto lunga” (Stefano Bonaccini, Pd, presidente uscente dell’Emilia-Romagna, 20.4). Quindici secondi netti.
Il più censurato. “Per presentare il mio nuovo libro mi hanno invitato tre trasmissioni Rai, che subito dopo hanno bloccato la mia partecipazione, dicendo che volevano ma non potevano. Allora ho chiamato il direttore generale Giampaolo Rossi, uomo di Meloni. Un colloquio cordiale” (Roberto Saviano, Corriere della sera, 22.4). Giacomo Matteotti che telefona a Italo Balbo.
Dante 2.0. “La famiglia continua a essere l’associazione a delinquere più pericolosa che c’è” (Emma Dante, Stampa, 28.4). Ma solo dopo aver visto uno spettacolo di Emma Dante.
Previsioni del tempo. “La fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia” (Giorgia Meloni, FdI, presidente del Consiglio, 25.4). Un po’ come la fine dell’inverno che pone le basi per la primavera.
Melonari. “Le scelte politiche della presidente del Consiglio… una serie di azioni e decisioni tese a indebolire l’indipendenza dei mezzi di informazione, ovvero la libertà di espressione” (Maurizio Molinari, direttore Repubblica, 28.4). Quella di chi censura l’intervista a Ghali su Gaza e manda al macero 100 mila copie di Repubblica per far sparire un articolo che teme sgradito al padrone Elkann.
Uomo di spirito. “Tajani: ‘Lo spirito di Berlusconi per un 25 aprile di libertà’” (Messaggero, 24.4). Il Berlusconi che definì Mussolini “grande statista” o il Berlusconi che disse che “Mussolini mandava gli oppositori a fare vacanza al confino”?
Sala&tabacchi. “Il premierato snatura la Costituzione. Milano è la barriera morale contro cui si infrangerà” (Beppe Sala, sindaco di Milano, 25.4). Costruita con appalti senza gara.
Cattivi bidelli. “Ieri il Fatto – un’altra versione della disfatta della sinistra – intervistava Tarquinio” (Adriano Sofri, Foglio, 25.4). In effetti sul Fatto non scrive nessun omicida.
Cosetto. “Vannacci ha lo stesso senso dello Stato di Salvini” (Guido Crosetto, FdI, ministro della Difesa, Foglio, 26.4). Parla del suo vicepremier o di un omonimo?
Agenzia Stica**i. “Il governo meloniano ha emesso un francobollo dedicato a Giovanni Gentile… Quel francobollo io non lo compro” (Massimo Giannini, Venerdì-Repubblica, 26.4). È un bel problema: e adesso come facciamo?
Trascinatori di folle. “La strategia di Conte non paga, visti i loro risultati” (Roberto Speranza, ex Leu, ora Pd, Stampa, 25.4). Disse l’ex leader di un partitino del 2%.
Spalleggiatori. “Emiliano può agire come sta facendo perché si sente spalleggiato da Conte con la pattuglia dei 5S” (Stefano Folli, Repubblica, 25.4). Infatti Conte, per spalleggiarlo meglio, è uscito dalla giunta Emiliano con la pattuglia dei 5S, mentre il Pd, per osteggiarlo meglio, è rimasto.
Il titolo della settimana/1. “Calenda e Conte regalano la Basilicata alla destra” (Unità, 23.4). Se perde il candidato Pd, è colpa di chi stava con lui come di chi stava con la destra.
Il titolo della settimana/2. “Macron alla Sorbona: ‘Sta a noi salvare l’Europa in pericolo’” (Corriere della sera, 26.4). No, il pericolo siete voi.
Il titolo della settimana/3. “Macron cita i rapporti di Letta e Draghi” (Repubblica, 26.4). “Macron ha ripreso da Renzi l’idea di un ‘pass culturale’ per l’integrazione” (Stampa, 26.4). Per dire com’è ridotto.
Il titolo della settimana/4. “Il simbolo della bandiera ucraina: l’unico 25 aprile possibile è giallo e blu con le bande orizzontali” (Sergio Talamo, Riformista, 25.4). E con le svastiche del battaglione Azov.
Il titolo della settimana/5. “Ricostruire l’Ucraina è un obiettivo della Ue. Ma ora servono armi” (Domani, 24.4). Prima bisogna finire di distruggerla.
Il titolo della settimana/6. “Navalny, è ancora giallo” (Giornale, 28.4). Un caso di itterizia?
Il titolo della settimana/7. “Parla Minoli: ‘Meloni deve allargare’” (Foglio, 27.4). A lui.
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GIORGIA DETTA GIORGIA
l'editoriale di Marco Travaglio
30 aprile 2024
Memore del caso del forzista Deodato Scanderebech, che regalava un normografo col suo nome e cognome temendo che gli eventuali elettori sbagliassero a scriverli, Giorgia Meloni ha voluto agevolare i suoi seguaci. Che lei reputa talmente svegli da entrare nel panico quando, soli e indifesi nella cabina elettorale, devono scrivere un nome strambo come Giorgia e un cognome complicatissimo come Meloni e, sudando copiosamente, imprecano contro la matita copiativa: “Ma ‘sta benedetta donna non ce l’avrà un soprannome?”. Così ha pensato di agevolarli, precisando in lista che lei è “Giorgia Meloni detta Giorgia” (anche se pretende di essere chiamata “Signor Presidente del Consiglio”, appellativo più confacente a un Giorgio). È un’astuta forma di camuffamento che adotta fin dall’infanzia, quando giocava a nascondino e un amichetto la scopriva: “Abbello, io nun so’ Giorgia: io so’ Giorgia”. Tecnica utilissima anche oggi ogni volta che fa l’opposto di ciò che aveva promesso, cioè sempre: “Abbelli, quella era Giorgia, io so’ Giorgia”. La rivelazione ha subito colto di sorpresa i suoi fan, convinti che, chiamandosi Giorgia, la Meloni fosse detta Ludmilla, Genoveffa, Clarabella o altri nomignoli tipici delle Giorge. Ma li ha anche rassicurati: chi, non ritenendosi in grado di scrivere Giorgia, già meditava di astenersi, correrà a pie’ fermo alle urne sapendo di poter scrivere comodamente Giorgia. Ora si spera che nessun’altra lista presenti candidati o candidate detti o dette Giorgia, sennò è un casino. Ma sarà divertente vedere la faccia degli elettori quando scopriranno che Giorgia detta Giorgia s’è fatta eleggere al Parlamento europeo per non metterci piede, sennò dovrebbe rinunciare a fare la premier e la deputata. Cioè: han fatto una fatica bestia a scrivere Giorgia sulla scheda senza sapere che stavano eleggendo qualcun altro (sicuramente maschio) che nessuno conosce, ma di certo non si chiama Giorgia e non è neppure detto Giorgia. Per evitare di sp*****arsi, infatti, nessun altro premier dell’Ue si candida al Parlamento europeo. Come nessun deputato nazionale negli altri 26 Paesi. Qui invece lo fanno Giorgia detta Giorgia, Elly Schlein, Antonio Tajani (quello che “sarebbe un errore candidare i leader all’Ue”) e Carlo Calenda (quello che “chi si candida sapendo di non andare in Ue svilisce e prende in giro gli elettori”). Quindi, a parte Conte, Salvini, Bonelli e Fratoianni (Renzi si vedrà), nessuno sarà titolato a soprannominare pagliaccia Giorgia detta Giorgia e nessun giornalone segnalerà la truffa, visto che tifano tutti per i truffatori. Anzi, corre voce che Calenda stia pensando di precisare sulla scheda “Carlo detto Giorgia”: magari qualcuno per sbaglio lo vota.
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ROVESCIO INTERNAZIONALE
l'editoriale di Marco Travaglio
01 maggio 2024
Un anno fa la Corte penale internazionale (Cpi) spiccò un mandato di cattura per Putin, accusato di crimini di guerra per circa 19 mila bambini ucraini trasferiti in Russia: grande giubilo da Usa e Kiev, che però non riconoscono la Cpi per non dover ammettere i propri crimini. In sei mesi Netanyahu ha sterminato a Gaza circa 35 mila civili, di cui 15 mila bambini (su una popolazione di 2,5 milioni, contro i 10 mila civili morti in 26 mesi in Ucraina su 40 milioni di abitanti), ma per lui niente mandati di cattura. Anzi, si legge che la Cpi sarebbe pronta a spiccarne uno, ma potrebbe soprassedere se Bibi firmasse la tregua voluta da Usa e Uk. È l’ennesima prova che la Cpi è un organo politico travestito da tribunale, che processa solo chi fa comodo agli Usa. E il diritto internazionale è pura fiction per nascondere la legge del più forte. Gli Usa inviano altri 61 miliardi a Kiev, per un totale di 322 sborsati in due anni da Nato&Ue; e Blinken intima a Pechino di non aiutare la Russia. Resta da capire perché mai noi possiamo armare e finanziare un Paese in guerra (nei due anni di invasione russa e negli otto di aggressione ucraina al Donbass) e la Cina no. Ora l’Occidente studia nuove sanzioni contro l’Iran per la rappresaglia senza vittime su Israele, ma non sanziona Israele che per primo attaccò l’Iran bombardando la sua ambasciata a Damasco e uccidendo almeno 13 persone.
La ciliegina sulla torta del diritto internazionale divenuto rovescio è la reazione ipocrita alla decisione di Mosca di nazionalizzare temporaneamente le filiali russe dei marchi europei Bosch e Ariston (che peraltro ha sede legale in Olanda, tant’è che i russi ci sbeffeggiano: “Non sapevamo fosse un gruppo italiano…”). Anche qui sembra di stare nella fiaba del lupo e dell’agnello: i primi a infrangere il diritto internazionale sulla proprietà privata e l’inviolabilità degli asset degli Stati siamo stati noi occidentali con le sanzioni a Mosca del 2022. Oltre ai soliti embarghi commerciali, abbiamo bloccato e preso in ostaggio oltre 300 miliardi di dollari della Banca centrale russa – beni di Stato e di privati – che ora Usa, Uk, Canada, Giappone e mezza Ue vorrebbero pure espropriare per armare e ricostruire l’Ucraina. Lo scippo di Putin è un fallo di reazione alla nostra mega-rapina. Quattro secoli prima di Cristo, Alessandro Magno interrogò il famigerato pirata Diomede che, appena catturato, attendeva la condanna a morte: “Chi ti dà il diritto di navigare depredando cose non tue?”. E il pirata: “E a te, imperatore, chi dà il diritto di fare altrettanto, dalla Persia all’Egitto all’India? Poiché uso solo la mia barca, io sono chiamato pirata. Tu invece usi la tua flotta e sei chiamato imperatore”. Alessandro, touché, lo graziò.
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ORA TOCCA A NOI
l'editoriale di Marco Travaglio
03 maggio 2024
A furia di leggere sugli altri giornali ciò che scrivevamo due anni fa, le tentazioni sono tre: chiedere il copyright; congratularci con i colleghi per la prontezza di riflessi e suggerire loro di trasformare i loro quotidiani in riviste biennali; cambiare testata al Fatto in Come volevasi dimostrare. Dopo 26 mesi di balle sul default di Mosca, il golpe anti-Putin (peraltro morente o già morto), le armi Nato decisive per la “svolta” e la “sconfitta russa”, le controffensive ucraine primavera-estate, l’Armata Rotta in ritirata e le accuse di putinismo a chiunque dicesse le cose come stavano, ora tutti scoprono che la vera offensiva la fa Putin e ciò che manca a Zelensky sono gli uomini da mandare al macello: la guerra per procura non funziona; più armiamo l’Ucraina, più i russi la devastano; e il cessate il fuoco e il negoziato, inopinatamente scambiati dalla Nato e quindi da Zelensky per regali a Putin, sarebbero manna per gli ucraini, ma ora che i russi sfondano toccherà pregarli in ginocchio. Se si fosse dato retta al generale Milley (americano, non russo) e ai “pacifinti” nell’autunno ’22, mezzo milione di morti fa, oggi Nato&Kiev negozierebbero in piedi, anziché genuflesse dopo una tale disfatta. Ma Dio acceca chi vuole perdere. E infatti il leader più stupido d’Europa, Macron, persevera sull’ideona di inviare truppe Nato “se i russi dovessero sfondare le linee del fronte”: come se non le avessero già sfondate nel 2014 in Crimea e nel 2022 nel Donbass e negli oblast di Zhaporizhzhia e Kherson e ora non stessero prendendosi ciò che ancora gli serve (per annetterselo o magari per scambiarlo in un negoziato che conviene sempre più a noi e sempre meno a loro).
Mai come ora in Europa servono politici che dicano la verità e preparino subito quel tavolo che tutti sanno essere necessario e urgente per salvare il salvabile dell’Ucraina e risparmiarci la terza guerra mondiale. Ma dipende da noi. L’ultima chance l’avremo alle Europee, se bocceremo i partiti bellicisti che hanno sempre votato le armi a Kiev, l’aumento delle spese militari (anche coi fondi del Pnrr) e financo la risoluzione Ursula che vaneggia di “vittoria” contro la Russia con la riconquista di tutti i territori, Crimea inclusa: cioè FdI, Lega, FI, Pd, Azione, Iv, +Europa. Si sperava che la Schlein si scusasse con gli elettori per i tragici errori reiterati più e più volte dal Pd e promettesse di non ripeterli mai più. Poteva farlo presentando i candidati pacifisti Cristallo, Strada e Tarquinio. Invece, appena i tre parlano di pace a Kiev e a Gaza, vengono subissati di insulti e imbarazzi dai “riformisti” del Pd e la segretaria tace. Come se fossero tre foglie di fico, trompe-l’œil, figurine per coprire una linea bellicista immutabile persino dinanzi al più cocente fallimento sul campo.
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I POLLI OPPOSTI
l'editoriale di Marco Travaglio
05 maggio 2024
È un peccato che Meloni e Schlein si candidino a eurodeputate per finta. Altrimenti nello storico teleduello chez Vespa, previsto per la vigilia delle elezioni, potrebbero raccontarci cosa farebbero in Europa. Ma il tête-à-tête sarà comunque avvincente, viste le abissali differenze del nuovo bipolarismo FdI-Pd.
Schlein: “Hai rifiutato il salario minimo. Vergogna!”. Meloni: “Ahò, il primo a non volerlo fu Orlando, il ministro del Lavoro di Draghi che sta con te”. S: “Vabbè, però avete abolito il Reddito di cittadinanza. Vergogna!”. M: “Parli della misura votata da 5Stelle e Lega e bocciata dal Pd e da noi nel 2019?”. S: “Vabbè, però voi tagliate la spesa sanitaria. Vergogna!”. M: “Guarda che spendiamo un po’ più del governo Draghi col tuo ministro della Salute Speranza”. S: “Vabbè, però siete alleati ai razzisti xenofobi omofobi sovranisti populisti putiniani della Lega. Vergogna!”. M: “Ma nel governo Draghi gli alleati della Lega eravate voi, io stavo all’opposizione”. S: “Vabbè, ma sui migranti e i lager libici siete una vergogna!”. M: “Ce l’hai col Memorandum d’intesa del 2017 siglato dal vostro Minniti?”. S: “Vabbè, ma in Europa avete firmato il ritorno all’austerità con un Patto di Stabilità che ci costa 13 miliardi in più all’anno. Vergogna!”. M: “Il Patto di Stabilità del tuo Gentiloni, su cui ci siamo astenuti noi e voi?”.
S: “Vabbè, ma col premierato ci trascinate verso l’autoritarismo alla Orbán. Vergogna!”. M: “Ma l’abbiamo copiato dall’Ulivo nella Bicamerale del 1997 e gli abbiamo levato pure qualche potere”. S: “Vabbè, ma la vostra legge elettorale col premio di maggioranza trasforma un partito minoritario nel padrone del Parlamento. Vergogna!”. M: “Ci ispiriamo all’Italicum del governo Renzi, dove sedevano i tuoi amici Franceschini, Orlando, Gentiloni, Delrio, Madia e Lorenzin”. S: “Vabbè, ma l’autonomia differenziata spacca il Paese e affama il Sud. Vergogna!”. M: “Ma se la voleva pure il tuo presidente e candidato Bonaccini!”. S: “Vabbè, ma voi state imbavagliando i giornalisti giudiziari. Vergogna!”. M: “Stiamo applicando la Cartabia del governo Draghi sulla presunzione d’innocenza votata da voi, non da noi”. S: “Vabbè, ma sulla giustizia fate leggi che impediscono di indagare sui potenti. Vergogna!”. M: “E allora perché vi astenete invece di votare contro?”. S: “Vabbè, ma avete trasformato la Rai in TeleMeloni. Vergogna!”. M: “Qui dobbiamo ringraziare il Pd, che nel 2015 passò la Rai dal Parlamento al governo. C’avete fatto un regalo da niente!”. S: “Vabbè, ma la guerra, il riarmo…”. M: “Ma se sulle armi votiamo sempre insieme in Italia e in Europa! Anzi, sai che te dico? A ’sto punto, famo che te sei Elly Schlein detta Giorgia e io so’ Giorgia Meloni detta Elly. Così je famo pijà ’n colpo a tutti!”.
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MA MI FACCIA IL PIACERE
l'editoriale di Marco Travaglio
06 maggio 2024
Manicomio. “Zelensky: ‘Putin è pazzo. Dio è nostro alleato’” (Repubblica.it, 5.5). Quindi siete in tre.
Celo, manca. “Io sono fiero di aver studiato. Non chiamatemi Carlo: Dott. Cottarelli mi sta bene. Una laurea c’é l’ho” (Carlo Cottarelli, X, 30.4). Si vede che è andato a squola.
Dagli amici la guardi Iddio. “Io e Ilaria Salis? Siamo due fuorilegge” (Mimmo Lucano, candidato Avs, manifesto, 2.5). Ma quindi è colpevole anche lei?
Cum grano Salis. “Incaprettato in cella dalla polizia di Miami. Le immagini choc dello studente italiano. La manovra che soffocò Floyd e i 13 minuti di violenza” (Corriere della sera, 5.5). Ma quindi Orbàn adesso governa anche il faro delle democrazie?
Fra colleghi. “Zelensky manda i sacerdoti a sparare nelle trincee. Clown esentati, i religiosi no” (Verità, 27.4). Il classico conflitto d’interessi.
Superballus. “Aveva ragione Draghi: quel bonus sarà la rovina” (Unità, 3.5). Dev’essere per questo che l’ha confermato nel 2021 e nel 2022.
Aggressore e aggredito. “Fassino: ‘Contro di me un’aggressione mediatica’” (Stampa, 27.4). Ogni volta che passa dal duty free di Fiumicino, viene aggredito da un profumo Chanel.
Faccetta nera. “Niger, militari russi nella base degli Usa. Biden senza strategia sta perdendo l’Africa” (Repubblica, 4.5). Ma perché, è sua?
Libera stampa. “La missione europea anticensura: ‘Emergenza per i media italiani’” (Repubblica, 5.5). Sarà accolta dal direttore che ha mandato al macero 100 mila copie di Repubblica per far sparire un articolo che credeva sgradito al padrone Elkann.
Le centurie di Parsadamus. “Per Putin l’Ucraina è come la Grecia per Mussolini, l’inizio della débacle del regime” (Vittorio Emanuele Parsi, 18.3.2022). “I russi hanno avuto perdite clamorose… non riescono a far volare niente perché appena ci provano gli ucraini glielo tirano giù… Un insuccesso clamoroso” (Parsi, 30.9.22). “La Russia sta perdendo sul campo di battaglia e sul fronte diplomatico” (Parsi, 18.11.22). “L’esercito russo non riesce a conseguire gli obiettivi che vuole nonostante la brutalità che impiega, a fronte dell’esercito ucraino” (Parsi, 2.12.22). “Ho la sensazione che la Russia sia molto meno in grado di sostenere uno sforzo prolungato di questo tipo… Il difensore ha un sostanziale vantaggio rispetto all’aggressore… Se c’è un Paese che non può vincere questa guerra è la Russia” (Parsi, Libero, 24.7.23).
“La lentezza e l’insufficienza europea, ma anche la lentezza ‘contingente’ americana, rischia di portare l’Ucraina a perdere la guerra o a dover lottare in condizioni disperate” (Parsi, Foglio, 4.5.2024). Una prece.
Com’è umano lui/1. “Formigoni: ‘Mi hanno fatto molte offerte, ma ho deciso di non candidarmi’” (Stampa, 3.5). Più che altro ha deciso la sua interdizione dai pubblici uffici.
Com’è umano lui/2. “Formigoni: ‘Un film sul miracolo che ha cambiato Milano e una scuola di politica. Voglio aiutare a formare la nuova classe dirigente” (Libero, 1.5). Brigadiere, come vede, si lavicchia!
Chi può e chi non può. “Schlein: ‘La Rai non è più servizio pubblico” (Domani, 4.5). Ha smesso di esserlo nell’istante esatto in cui il Pd ha dovuto smettere di lottizzarla.
Vostro onore. “Olimpiadi, il codice d’onore di Kiev: ‘Mai stringere la mano a un russo’” (Stampa, 4.5). E il codice di disonore quale sarebbe?
Ha stato Enrico. “Berlinguer, la ‘questione morale’ e l’inizio del populismo. Nel 1981 anticipa il ripudio della politica e la slavina populista che travolgerà anche gli eredi del Pci” (Paolo Macry, Riformista, 30.4). Come no: il populismo e l’antipolitica non sono colpa di chi arraffa, ma di chi lo denuncia.
Voce del verbo. “Sgarbi corre con FdI” (Verità, 1.5). Più che altro, scappa.
Valori. “Laura Castelli: ‘I 5Stelle non erano più casa mia. Con Cateno De Luca ho ritrovato i miei valori’” (Stampa, 5.5). Bollati.
Il titolo della settimana/1. “Se Renzi sceglie il patto con Macron” (Stefano Folli, Repubblica, 3.5). Non se ne accorge nessuno.
Il titolo della settimana/2. “In Europa si decide la nostra sicurezza, dovremo difenderci da Putin e da Trump” (Riformista, 3.5). Fico: una guerra mondiale contro la Russia e un’altra contro gli Stati Uniti, wow!
Il titolo della settimana/3. “Pascale e le foto rubate con Turci: ‘Una persona vicina ai sovranisti voleva allontanarmi da Silvio’” (Corriere della sera, 1.5). I famosi paparazzi sovranisti, da non confondere con quelli riformisti.
Il titolo della settimana/4. “Schlein e Conte a Portella della Ginestra. Così il nuovo Pd prova a staccare il M5S” (Daniela Preziosi, Domani, 1.5). Cos’era, una gara podistica?
Il titolo della settimana/5. “Caso Ariston, Mosca non si ferma. Picierno: ‘E’ un’aggressione, l’Europa sia unita’” (Corriere della sera, 30.4). “Ariston, lo schiaffo russo” (Messaggero, 30.4). “Caso Ariston, intervengono Europa e G7” (Libero, 1.5). “Roma-Mosca, braccio di ferro sul caso Ariston” (Stampa, 3.5). E niente, mi sa che Putin vuole fregarci pure Amadeus.
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È GIÀ SUCCESSO TUTTO
l'editoriale di Marco Travaglio
07 maggio 2024
Asinistra è tutto un ripetere che il governo Meloni fa rimpiangere B., si stava meglio con lui, nemmeno lui aveva osato tanto. Su Repubblica, Paolo Garimberti parla dello sciopero alla Rai perché la destra la lottizza al posto della sinistra e riesce a dire che i Melones la vogliono “al loro servizio”, mentre B. con la sua “saggezza o furbizia” garantiva “una parvenza, non soltanto formale, di pluralismo al servizio pubblico”. Forse perché nel 2009 Garimberti divenne presidente Rai in quota Pd con i voti di tutti i partiti, in maggioranza berlusconiani: una Rai così pluralista che aveva Masi dg, Minzolini al Tg1 e mise in fuga Santoro dopo due anni di guerra aperta ad Annozero. Roberto Saviano dice che i censurati da B. stavano meglio dei censurati dalla Meloni perché allora il mercato editoriale era più florido (infatti Mondadori lo lanciò con Gomorra). Ma è e l’opposto: la Rai di B. cacciò Biagi, Luttazzi, Santoro, Freccero, Sabina Guzzanti e tanti altri, che non trovarono posto in altre tv perché Rai, Mediaset e La7 erano berlusconiane, mentre oggi La7 e Nove fanno incetta di star in fuga dalla Rai (che, al momento, non ha cacciato nessuno). L’ex pm Armando Spataro parla di norme sulla giustizia che “finiscono persino col far rimpiangere l’era berlusconiana”: forse s’è scordato che sono tutte copiate da B., a parte il fatto che la premier è incensurata, non ha aziende, non è miliardaria, non ha mai finanziato la mafia né frodato il fisco né truffato orfane né corrotto giudici e politici né falsificato bilanci né varato 80 leggi ad personam né definito i giudici “cancro da estirpare”, “come le Br” e “la banda della Uno Bianca”, “matti, antropologicamente diversi dalla razza umana”. L’attacco all’azione penale obbligatoria, anch’esso targato B., è partito con la schiforma Cartabia che gran parte delle toghe progressiste incredibilmente osannarono. E la boiata dell’Alta Corte per sottrarre al Csm i giudizi disciplinari è un’ideona di Violante datata 2011 e sposata nel 2021 da un ddl del Pd. Che infatti a B. non fece mai vera opposizione, fra Bicamerali, dialoghi veltroniani e inciuci renziani: 30 anni di larghe intese, anche sul precariato, l’attacco alla Costituzione, i bavagli, le censure, il premierato e l’autonomia differenziata.
Opporsi alle porcate meloniane è sacrosanto, ma a patto di conservare un po’ di memoria e di pudore: solo chi li ha persi può rimpiangere B.. Che è stato il peggio del peggio e nessuno, per quanto si sforzi, riuscirà mai a eguagliarlo, tantomeno a superarlo. Perciò il continuo “al lupo al lupo” sul ritorno del fascismo suona fesso e cade in un misto di fastidio e indifferenza. Dopo il fascismo l’Italia ha conosciuto un solo regime autoritario: quello pluto-mediatico di B.. Tutto il resto è noia.
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TOTI E LE MALEFEMMINE
l'editoriale di Marco Travaglio
08 maggio 2024
Ora che Giovanni Toti s’è guadagnato il meritato terzo mandato (quello di cattura), l’unico stupore è che fosse rimasto a piede libero così a lungo. Mancava solo lui nella foto di gruppo degli ex-allievi della scuola berlusconiana di furto con scasso e/o mafiosità finiti in manette: Previti, Formigoni, Galan, Brancher, Verdini, Dell’Utri, Cuffaro, Cosentino, Matacena, D’Alì (altro che rimpiangere B.). Chiunque in questi nove anni abbia frequentato, anche di sfuggita, la sua Liguria, il sistema di potere che gli girava intorno l’ha respirato nell’aria. Il Fatto ha pubblicato decine di inchieste sul Sistema Liguria, che si è retto e ha prosperato anche grazie al silenzio più o meno prezzolato della stampa nazionale e locale e al consociativismo del principale partito di cosiddetta opposizione: il Pd. A parte i 5Stelle, l’unico esponente del centrosinistra che l’ha denunciato (anche in Procura) è Ferruccio Sansa, che prima di candidarsi contro Toti scriveva per noi dopo aver provato invano a farlo su vari giornaloni. Intanto i ras “progressisti” liguri lo deridevano come un “Don Chisciotte” solitario e velleitario.
La nuova questione morale partita dalla Puglia e proseguita a Torino e in Sicilia fa ora tappa in Liguria. Il comune denominatore, al di là del folklore delle fiches da casinò e delle escort da casino, sono i voti comprati (anche mafiosi); le mazzette elettorali di imprenditori che un tempo dovevano svenarsi per comprarsi i politici e adesso allungano loro mancette da straccioni; e il trasversalismo che tutto copre. E si esprime in due forme diverse: al Sud (vedi Puglia e Sicilia) trasformisti e voltagabbana si mettono all’asta migrando da destra a sinistra o viceversa per stare sempre con chi comanda, senza mai incontrare un buttafuori che li cacci sull’uscio; al Nord (vedi Piemonte e Liguria) il consociativismo centrodestra-centrosinistra garantisce i comuni affari e malaffari secondo la regola “una mano lava l’altra”, senza neppure la fatica dei traslochi. Mollata FI, Toti si era piazzato nella morta gora del “centro” per alzare il suo prezzo e far pesare meglio i voti raccattati come ora sappiamo. Un “centro” sempre osannato dai media come paradiso dei “moderati” e “riformisti” per nascondere la mangiatoia dei voti comprati e clientelari che lo alimentano artificialmente. Una mangiatoia che molti cittadini, anzi sudditi conoscono benissimo per averne ricevuto le briciole o perché sperano di assaporarle, il che spiega il successo nel voto locale di questi centrini senza capo né coda. Ora naturalmente il centrodestra, mentre cavalca le retate sul Pd in Puglia, strilla alla “giustizia a orologeria”. Ma qui l’unico rilievo che si può muovere all’orologio dei magistrati è quello di portare qualche anno di ritardo.
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DIO NON ESISTE
l'editoriale di Marco Travaglio
09 maggio 2024
Per 15 mesi abbiamo sperato che Elly Schlein cambiasse nel Pd qualcosa oltre al segretario, criticandola perché non lo faceva. Ora, dimenticando per un attimo l’incredibile candidatura finta alle Europee, merita solo applausi per aver firmato il referendum Cgil contro il Jobs Act. Mossa che comprensibilmente terremota il partito, perché vi ha lo stesso effetto che avrebbe sulla Chiesa un’enciclica del Papa dal titolo: “Dio non esiste”. Da quando nacque con Veltroni, peggiorò con Napolitano e Letta, s’infettò con Renzi e defunse con ri-Letta al seguito della fantomatica Agenda Draghi, il Pd ha sempre venerato la trimurti Lavoro precario-Sussidi alle imprese-Paghe da fame: dalla legge Treu al Jobs Act, dall’abolizione dell’articolo 18 ai voucher di Gentiloni, dai no al Reddito di cittadinanza e al dl Dignità del Conte-1 alla restaurazione draghiana che smantellò il dl Dignità, attaccò il Rdc e levò il salario minimo dal Pnrr contiano. Lo chiamavano “riformismo”, parolaccia che nasconde il più ciclopico fallimento della storia e che la gente perbene ha imparato a neutralizzare dotandosi di mutande di ghisa e da camminare rasente al muro. Infatti la setta degli adoratori superstiti della Trimurti, accampati fra Azione e Iv, veleggia fra il 5 e il 6% ni sondaggi.
Il guaio, per la Schlein, è che il 99% del Pd, anche quello che sta con lei, dieci anni fa votò il Jobs Act senza fare un plissé. Il che spiega, con tutte le altre scelte demenziali, perché i dem non si schiodano dal 19-20% e hanno ancora i 5Stelle alle calcagna: perché il M5S diceva 10-15 anni fa ciò che il Pd dice solo ora (su Rdc, dl Dignità, salario minimo, Jobs Act, spesa militare) o dirà domani. A proposito di domani: ora che persino il Corriere, con un ottimo commento di Massimo Nava, invita tutti (in primis il Corriere) a non “zittire come filorusse le voci critiche” su Kiev, a smetterla di “riempire di armi l’Ucraina prolungandone l’agonia” e a scoprire “un po’ di realismo che tenga conto dei rapporti di forza” (Orsini, è lei?), forse prima o poi il Pd smetterà di votare con le destre per la guerra a oltranza fino all’ultimo ucraino (salvo ammettere di aver candidato Tarquinio, Strada e Cristallo come foglie di fico). Poi forse la pianterà di astenersi sulle schiforme della giustizia, di fare inceneritori e opere inutili da Calce&Martello e di negare ai giudici le prove contro Renzi&C. Se poi prendesse a prestito dai 5Stelle le regole che vietano di candidare voltagabbana e poltronari con sei, sette, dieci mandati, Elly si libererebbe gratis di tutti i famosi cacicchi ed eviterebbe pure scandali tipo Puglia, Sicilia e Piemonte. Ma soprattutto scioglierebbe il famoso nodo del rapporto con Conte: a quel punto 5Stelle e Pd sarebbero la stessa cosa e potrebbero tranquillamente fondersi.
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FAMO CASINO DAY
l'editoriale di Marco Travaglio
10 maggio 2024
Ormai non c’è più festa nazionale che non venga usata da questo o quel partito per farsi propaganda, confidando nelle telecamere in piazza e nella smemoratezza storica generale. Accade dal 2022 col 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, dove si imbucano le delegazioni ucraina e palestinese, che storicamente c’entrano come i cavoli a merenda. L’Ucraina nel 1941 accolse i nazisti come liberatori in funzione anti-sovietica e nei tre anni di controllo hitleriano sterminò un milione di ebrei e deportò gli altri due in Germania, fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa. Negli stessi anni la dirigenza palestinese intorno al Gran Muftì di Gerusalemme, devoto fan e alleato di Hitler e Mussolini, reclutava SS musulmane e progettava stermini di ebrei, mentre la Brigata ebraica combatteva i nazifascisti. Le colpe dei padri non ricadono sui figli, e neppure i meriti, ma ci sarà un motivo se il 25 Aprile non lo festeggiamo coi tedeschi (mentre dovremmo farlo con gli americani, gli inglesi e i russi). Anche il Primo Maggio, col governo Meloni, è diventato tutt’altro che la Festa dei Lavoratori: una passerella per approvare i “decreti 1° Maggio”, che non fanno nulla per i lavoratori, ma infilano le solite mance nelle tasche dei padroni, mentre a chi lavora si nega pure il salario minimo e a chi cerca lavoro si ruba il reddito di cittadinanza.
Ora tocca al 2 Giugno, Festa della Repubblica nell’anniversario del referendum del 1946 che abolì la monarchia perché, dopo i meriti acquisiti con l’Unità d’Italia, si era macchiata della ventennale complicità col fascismo. Il Pd annuncia che la trasformerà in una manifestazione contro il premierato meloniano. Che è una boiata pazzesca e va contrastata con ogni mezzo lecito. Ma non il 2 Giugno, che c’entra col premierato quanto la Sagra della porchetta ad Ariccia e la Fiera del bue grasso a Carrù. A parte il fatto che l’aveva già proposta l’Ulivo nella Bicamerale del 1997, l’elezione diretta del premier non ripristina la Monarchia né altera la forma repubblicana dello Stato. Usa la procedura prevista dalla Costituzione per stravolgere gli equilibri fra governo, Parlamento, capo dello Stato e poteri di controllo. Ma il 2 Giugno è anche la festa dei presidenzialisti, come di tutti quelli che scelsero Repubblica contro Monarchia (che, se avesse vinto, dopo il più che degno Umberto II, ci avrebbe regalato sul trono Vittorio Emanuele IV e ora Emanuele Filiberto). Perciò dovrebbe accomunare tutti i partiti repubblicani, da destra a sinistra, esclusi solo i monarchici, che invece festeggiano a buon diritto il 25 Aprile perché sedettero nel Cln e contribuirono alla Liberazione. Ma questi politici dove l’hanno studiata la Storia: su Tiramolla?
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PIZZINI ARETINI
l'editoriale di Marco Travaglio.
11 maggio 2024
L’altro giorno abbiamo letto il solito pezzo fantasy del Foglio, “Un Loft in Rai per il Fatto quotidiano” e ci siamo domandati chi sarebbe stato così fesso da crederci. La risposta è arrivata a stretto giro: Maria Elena Boschi che, per via dell’occhio acuto, è vicepresidente della Vigilanza. E, in un’amorevole intervista di Giovanna Vitale su Repubblica (manca solo la domanda “Ma come fa a essere così brava?”), riesce addirittura a superare i suoi classici standard di sagacia. 1) Scopre che la Rai acquista anche format esterni (gli amici Lucio Presta, Simona Ercolani &C. le nascondono proprio tutto), anzi uno solo: La confessione di Peter Gomez, prodotta dalla nostra Loft e andata in onda su Rai3 per meno di due mesi in 7 puntate dai costi irrisori (fra l’altro nel 2024, mentre la tapina parla del bilancio 2023). 2) “I conti della società Seif, proprietaria del Fatto quotidiano, si reggono sui programmi venduti da Loft. Non lo dico io: è scritto nell’ultimo bilancio”. Quindi la poverina non sa leggere o non capisce ciò che legge: nell’ultimo bilancio i ricavi Seif si reggono sui contenuti media (tra cui Loft) per l’8,59% e sui prodotti editoriali (Fatto, sito e libri PaperFirst) per l’80,71%. 3) “Loft potrebbe far cassa grazie alla Rai e salvare il giornale… e Travaglio… dal possibile fallimento… con soldi dei contribuenti”. Il che detto, da una delle massime esperte mondiali di fallimenti (dal Pd renziano alla Banca Etruria mirabilmente amministrata da suo padre alla sua schiforma costituzionale, molto apprezzata in Niger), è uno spottone alla solidità dei nostri conti, peraltro migliorati del 45% dal 2022 al ‘23.
4) Lubrificata dalla ficcante domanda “È la ragione per cui Travaglio insiste col dire che non c’è alcuna occupazione militare della Rai, che la destra sta facendo quello che ha fatto la sinistra?”, la ex lobbista di Etruria sostiene che io sarei in “conflitto d’interessi” perché il Fatto “non esprime mai una critica verso la Rai dell’era Meloni”, anzi “Travaglio usa i guanti di velluto, arriva proprio a difenderla”. A parte la rubrica Cinegiornale Luce sulle marchette dei tg Rai e le centinaia di commenti di Padellaro, Valentini, Lerner, Crapis, Delbecchi giù giù fino al sottoscritto che ha appena definito i vertici meloniani “mix di servilismo e stupidità”, “così fessi da sembrare censori anche le rare volte in cui non lo sono”. Il che conferma che la nota aretina non sa leggere o non capisce ciò che legge, o entrambe le cose. Però è dotata di notevole humour: sennò non accuserebbe gli altri di lottizzare la Rai, avendola i renziani occupata al 100% nel 2014-‘19 e seguitando a occuparla in tante caselle chiave, dalla presidenza della Soldi al Tg3 di Moiro Orfeo, ora che non li vota più nessuno.
E non accuserebbe uno dei rari giornali di opposizione di non opporsi abbastanza mentre lei e tutta Iv si alleano con le destre in mezza Italia, votano le loro peggiori porcate e si astengono sul premierato. È spiritosa almeno quanto Repubblica, che grida un giorno sì e l’altro pure alle censure altrui avendo un direttore appena sfiduciato per aver mandato al macero 100 mila copie nottetempo per far sparire un articolo che pensava sgradito al padrone. 5) “Loft pare stia trattando con la Rai per la vendita di altri programmi”. E qui, dobbiamo confessarlo, la signora in giallo di Laterina ci ha sgamati. Dopo aver rifiutato per anni qualsiasi proposta di condurre tg e programmi Rai per via della lottizzazione, abbiamo appena rotto gli indugi, concordando coi vertici Rai un palinsesto tutto Fatto, dall’alba al tramonto: roba da far impallidire TeleRenzi e TeleDraghi, dove Pd&Iv piazzavano i meglio fichi del gruppo Espresso & Gedi, uscieri inclusi, come presidenti, direttori, conduttori, rubrichisti e ospiti fissi. Io dirigerò il Tg1 e vi trasferirò la nostra squadra di inchiestisti, perché la Meloni ha molto apprezzato i nostri scoop sui suoi Sgarbi, Santanchè, Lollobrigida, Crosetto, Corsini e la sua nuova villa con piscina. Gomez andrà al Tg2, per rilanciarli da par suo. La Lucarelli guiderà il Tg3: i vertici Rai hanno adorato i suoi colpacci su Montesano a Ballando e sulle marchette sanremesi alle sneakers di Travolta. Molti i talk show: Maddalena Oliva su gender e diritti delle donne; Silvia Truzzi su premierato e autonomia; Montanari e Lerner sul ritorno del fascismo e i migranti perseguitati; Basile, Fini, Mini, Orsini e Spinelli sulla geopolitica e i disastri meloniani da Kiev a Gaza; Lillo e Barbacetto sulle schiforme giudiziarie con Caselli, Davigo ed Esposito; la Ranieri sull’egemonia culturale della destra. Sommi rileverà Porta a Porta da Vespa, ormai inviso ai Melones per l’aggressività del suo giornalismo investigativo. Natangelo, venerato da Giorgia e soprattutto da Arianna e Lollo per le vignette sul lettone, avrà un programma di satira con Mannelli, Vauro e Disegni. Scanzi andrà in prima serata con lo spettacolo La Sciagura. Inutile precisasre chi saranno il presidente e l’ad di TeleFattoMeloni: Antonio Padellaro e Cinzia Monteverdi.
Molti lettori ci scrivono di non farci intimidire dai pizzini boschiani, e vogliamo rassicurarli: non ci sono riusciti B., Previti, Dell’Utri&C., figurarsi questa. Altri ci invitano a querelarla e ne faremmo volentieri a meno, visto che i renziani votano regolarmente l’impunità agli altri e gli altri la votano a loro. Ma a nessuno è consentito di mentire sui bilanci di un gruppo quotato in Borsa. Quindi ci vedremo nell’habitat che più le è congeniale: il tribunale.
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