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Dino

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13 ottobre 2022

Dirimente

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Le masse stavano in pensiero: cosa dirà Lorenzo Guerini, ministro fortunatamente uscente della Difesa, detto Guerrini per via dell’elmetto e della sciaboletta, ora che torna in borghese? Fortuna che c’è il Corriere col retroscenista Verderami, già celebre come collezionista di sospiri della buonanima di Alfano e di Giorgetti, che ausculta le ultime volontà del Guerini e le condivide col grande pubblico: “Con un aggettivo, Guerini traccia la linea di confine sulla guerra e il ruolo dell’Italia: ‘Dirimente’”. Perbacco, che aggettivo. E sentite il resto del “convincimento”: “Quanto è successo resta elemento politico dirimente. Come dirimente è la postura da tenere sul conflitto, lì dove si sono manifestate invece gravi ambiguità”. Ohibò: posto che la postura dirimente è a 90 gradi, chi sarà mai il fellone delle gravi ambiguità? Ah saperlo. Verderami vorrebbe chiederglielo, ma parlare con Dirimente è impresa ardua.

Tutto ciò che sa di lui l’ha appreso da fonti top secret per dirimenti ragioni di sicurezza nazionale: “Raccontano che abbia apprezzato…”; “spiega ai compagni di partito…”; “dice a un collega di governo…”, anzi di “gabinetto Draghi” (appena i Migliori se ne vanno, finiscono subito nel cesso). O l’ha captato dalle dirimenti sensazioni degli “esponenti Pd che sono andati a trovarlo mentre rileggeva i dossier” e lì, senza che aprisse bocca (stava rileggendo i dossier), “hanno avvertito” che “rispetta opinioni e sensibilità diverse” (e questo rinfranca), ma “non accetta certi ragionamenti capziosi di pacifisti à la carte che criticano l’assenza di iniziative per fermare il conflitto” (e questo addolora). Per dire quante cose riesce a dire questo fenomeno senza fiatare, perché “il suo ruolo gli impedisce di replicare pubblicamente a quanti si improvvisano diplomatici”. Tipo lui che sta dove sta perché era consigliere comunale a Lodi e ora discetta di guerra mondiale: “Putin non ha mai manifestato una reale volontà di trovare un’intesa”, altrimenti gli avrebbe telefonato. E – prosegue Verderami – “il governo non è neppure certo che si terrà il faccia a faccia Biden-Putin al G20” (sennò i due avrebbero già chiesto a Dirimente se ha qualcosa in contrario). Ergo “le condizioni militari e diplomatiche hanno fatto dire al ministro della Difesa” un’altra frase storica, non sappiamo a chi: “La fase è delicata e la trattativa complessa”. Per dire il genio che stiamo perdendo. “Tra pochi giorni Guerini passerà all’opposizione, fiducioso che il futuro esecutivo terrà fede alla linea di confine ‘dirimente’”, tant’è che non si capisce perché la Meloni non lo lasci lì. Lui comunque “non farà mancare il suo contributo”. Ma alla sua maniera: non dirà una parola e il Corriere ci riempirà paginate intere, una più dirimente dell’altra.




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Il lato migliore

14 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Chi pensava di averle viste tutte non immaginava la scena sadomaso di ieri al Senato, con la staffetta per la seconda carica dello Stato fra una superstite dell’Olocausto ad Auschwitz, Liliana Segre, e un fascista dichiarato, Ignazio Benito Maria La Russa. Dico fascista, senza la vaselina dell’“ex” e del “post”, per non offendere il vecchio ‘Gnazio, che se ne avrebbe a male, essendo solito ringraziare chi gli dà del fascio (“adulatore!”). E organizzare visite guidate ai busti e cimeli del Duce che conserva orgoglioso in casa. Perciò ci ha un po’ deluso il discorso di insediamento, in cui tenta di accreditarsi a sinistra come statista e pacificatore super partes senza scontentare la destra, con le sgangheratezze maldestre tipiche del neofita: l’omaggio alla Segre per non nominare il fascismo, le citazioni di Pertini (mancava il solito Pasolini, che si porta su tutto) e di Violante (autore, nel 1996 alla Camera, di un discorso simile al suo dall’altro versante, ma più vergognoso perché aveva molto più da guadagnarci) per non dire niente fingendo di dire tutto, il ricordo dell’“ispettore Calabresi” (che era commissario) per dimenticare la strage nera di piazza Fontana che fu la causa scatenante di tutto, il saluto al defunto fratello democristiano per fare pari e patta con se stesso e l’altro appena beccato a salutare romanamente, la baggianata della “festa nazionale del Regno d’Italia” per non ricordare come e perché il Regno finì (fascismo, leggi razziali, guerra, armistizio e fuga a Brindisi).

Preferiamo ricordarlo com’era prima del goffo camuffamento: l’Ignazio La Rissa che menava le mani e litigava con tutti, l’amicone di don Salvatore Ligresti, il colonnello di An che offrì la Giustizia a Davigo, poi s’intruppò con B. e divenne avvocato di Previti (da presidente della giunta per le immunità, salvo rimettere il mandato prima di votare contro il suo arresto) e diffamatore della Ariosto (“pagata dai Servizi”), il ministro della Difesa che depenalizzò con Calderoli il reato di associazione paramilitare (e salvò i leghisti imputati a Verona per le Camicie Verdi con Calderoli, che l’aveva già scampata per l’immunità). E soprattutto l’occhiuto tutore della legge che, ai tempi del governo B. 2, fissò paletti ferrei per accogliere gli extracomunitari: “Possono restare solo se pagano le tasse e non sono stati rinviati a giudizio per reati da arresto”. In pratica tentò di spiegare agli stranieri che, per calpestare il suolo patrio, dovevano essere molto più onesti del premier italiano, rinviato a giudizio per vari reati da arresto fra cui la frode fiscale. Infatti ieri, per quanto rinco, quell’ ex premier ha avuto un lampo di memoria. E, appena l’ha visto, ha sparato un vaffanc**o random. Finirà che il fascismo di ‘Gnazio verrà ricordato come il suo lato migliore.




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15 ottobre 2022

Il ricattatore ricattato

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – I commenti all’harakiri di B. che si immola in Senato per Licia Ronzulli, ex caposala, direttrice del traffico ai bunga bunga e altre belle cose, dunque eurodeputata e ora senatrice, confermano che non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Sono 29 anni che B. si mostra per quello che è (un delinquente ricattato/ricattabile da complici e testimoni) e si comporta di conseguenza (paga chi sa tutto con soldi suoi o nostri e ricatta chi si mette di traverso, come Giorgia Meloni, che finalmente lo chiama col suo nome). Ma ancora tutti si domandano pensosi perché mai fa così. Marco Lillo rivela che giovedì il Tribunale di Palermo decide sulla sorveglianza speciale chiesta dai pm sul pregiudicato Dell’Utri per i rapporti con la mafia e i regaloni di Silviomat (60 milioni in vent’anni), dopo aver negato il sequestro dei beni perché non c’è prova di un ricatto (ma certe cose è inutile dirsele). Eppure nessuno riprende la notizia, per non dover trattare la storia di B. per quello che è e che persino Meloni ormai descrive: una storia criminale che non c’entra nulla con la politica e costringe il ricattato-ricattatore a bloccare il centrodestra e il governo non perché è rinc*gli**ito, ma perché non può fare altro.

Sennò Silviomat non si sarebbe fatto spennare, negli anni, da: Craxi (per i decreti salva-F*******t), finanzieri (per addomesticare le verifiche fiscali), Previti (paccate di milioni in Svizzera per comprare sentenze), Mills (600 mila euro per testimoniare il falso sui conti esteri), Ruby (5 milioni per “fare la pazza” sulle notti ad Arcore e lo zio d’Egitto), Olgettine (che al telefono parevano velociraptor: “Dobbiamo metterlo spalle al muro”, “battiamo cassa”, “deve sganciare”, “se riduce le cene gli rubiamo in casa”), Lele Mora (2,7 milioni, inclusa la percentuale per Fede), Tarantini (500 mila euro una tantum, più 20 mila mensili), De Gregorio (3 milioni per passare a FI), Lavitola (cifre da favola per tacere su escort e senatori comprati). Bei tempi quando le Papi Girl in fregola di cantare (“T. sta diventando pericolosa, s’è messa a dire delle cose pazzesche in giro”) si contentavano di una particina nelle fiction di Saccà, di un pied-à-terre a Campo dei Fiori o di un seggio sicuro. Ora la richiesta minima è un ministero. Lui non ne ha più per tutti e si difende come può. Lascia sul banco maxi-pizzini a favore di telecamera con scritto “Meloni supponente e arrogante… Comando io e basta… Ministeri FI… Ronzulli: Turismo, Affari europei, Rapporti col Parlamento, Anziani”. Come dire: fosse per me saresti già capa dello Stato, ma quella là non ci sente. Manca solo che spedisca ai giornali una foto tipo ostaggio dell’Isis col cartello appeso al collo: “Sono prigioniero, aiutatemi”. Da utilizzatore finale a utilizzato finale, è un attimo.




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Ricattata senza ricattatore

16 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

C’è solo una cosa più divertente della rissa a destra: il lavorio dei giornaloni per minimizzare la replica lancinante di Meloni a B.. In base alla proprietà transitiva, se lei dice a lui “Non sono ricattabile”, significa che lui ricatta lei. Ma, pur di non trattarlo da manigoldo, smentendo 29 anni di scemenze sul liberale centrista moderato europeista argine antipopulista e garante antisovranista, i finti tonti parlano d’altro: di quanto gode Putin per tal Fontana (che non sa neanche chi sia) alla Camera, del duo Fontana-La Russa che “radicalizza il Pd e alimenta ulteriormente l’estremismo M5S” (Franco testuale sul Corriere) e del “centro sparito” (Sorgi sulla Stampa). Non sappiamo quali armi di ricatto stia sfoderando B., oltre ai mega-pizzini e all’astensione di FI su La Russa. Ma sappiamo che ha sempre ricattato chiunque si mettesse di traverso sulla via degli affaracci suoi.

Nel dicembre ’94 Bossi sfiducia il governo B.-1. E si ritrova addosso quelli che Montanelli (che li ha assaggiati l’anno prima) chiama “i manganelli catodici” a reti F*******t e Rai unificate: insulti e minacce, mentre B. sforna sondaggi taroccati che danno la Lega “sotto il 5%”, “sotto il 3”, “all’1,8”, “all’1”, “sotto l’1” e recluta i suoi parlamentari per una “vera Lega” a guida Maroni. Ma c’è chi se l’è vista più brutta. Gianfranco Mascia fonda il Boicotta il Biscione e viene pestato e violentato da una squadraccia mai identificata. Edoardo Pizzotti, dirigente Publitalia, viene licenziato dopo aver rifiutato di coprire le attività illegali per nascondere le false fatture di Dell’Utri&C. e riceve telefonate minatorie e mute da Publitalia; poi è chiamato a testimoniare al processo Dell’Utri e due figuri l’avvicinano per strada: “Guarda che ti facciamo scoppiare la testa”. Contro Di Pietro, B. taglia e cuce una registrazione segreta dell’amico D’Adamo. Stefania Ariosto parla coi pm e riceve una testa di coniglio mozzata per Natale. Chiara Beria di Argentine pubblica sull’Espresso le foto di Ariosto con Previti, Squillante e B. e la sua casa in Versilia salta in aria. L’ex deputato Pri Vincenzo Garraffa dice un no di troppo a Dell’Utri e riceve la visita del boss Vincenzo Virga. Il giudice Raimondo Mesiano condanna F*******t a risarcire De Benedetti per lo scippo Mondadori e Canale5 lo lincia per i calzini turchesi. Dino Boffo critica su Avvenire le “cene eleganti” e il Giornale gli tira fuori una vecchia condanna per molestie e un falso dossier sulla sua omosessualità. Follini si dissocia da B. e quello lo minaccia: “Mi hai rotto il c***o”, “Se continui così, vedrai come ti tratteranno le mie tv”. Si sfila pure Fini e, oplà, ecco la casa di Montecarlo comprata dal cognato. Ora tocca a Meloni. Ma i veri problemi sono gli estremisti 5Stelle e la terribile scomparsa del centro.




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Ma mi faccia il piacere

17 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Johnny Lecchino. “’Travaglio e il Fatto ormai in campagna aperta per Putin e la sua guerra’. Un semplice tweet … innesca oggi l’intero editoriale Fatto a firma Travaglio. Guerra, governo, crisi gas, inflazione? No, conta di più un tweet che brucia. #soddisfazioni :)” (Gianni Riotta, Twitter, 9.10). L’intero editoriale dedicava a questo poveraccio appena tre righe. Ma a lui, per riconoscervisi, è bastato il titolo: “Scemi di guerra: il sequel”.

Libero docente. “Formigoni lascia i domiciliari: insegnerà alle suore straniere” (Corriere della sera, 12.10). Sorella, si lavicchia!

Un pesce di nome Zanda. “L’identità del Pd si è annacquata con il Conte 2” (Luigi Zanda, ex senatore Pd, Riformista, 11.10). Erano costretti a fare persino cose di sinistra.

Senti chi parla. “Giuliano Amato: ‘Astensionismo figlio del vuoto sotto i leader. La politica era partecipazione, ora c’è sfiducia nel sistema’” (Stampa, 13.10). E lui non c’entra nulla.

Senti chi pirla. “Forza Italia… l’unico partito liberale riconosciuto dal Parlamento europeo… rappresenta i valori dei partiti che ricostruirono l’Italia” (Paolo Guzzanti, Giornale, 15.10). I valori da lui stesso mirabilmente sintetizzati nel libro Mignottocrazia. La sera andavamo a ministre .

L’oracolo di Crema. “Quando la sinistra stringe al centro… vince. Quando diventa radicale, perde… Se Conte sfondasse, per il centrosinistra si annunciano tempi duri” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 16.10). Diversamente da Renzi e Letta che hanno stretto al centro e perso, rischierebbe persino di vincere.

Squadra che perde. “Cambiare segretario Pd è autoflagellazione, per me Letta dovrebbe andare avanti” (Luciano Violante, Stampa, 15.10). Non solo per te: anche per la Meloni.

Chi può e chi non può. “’Sì al maxi-piano di Confindustria’. Ora lo scostamento non è più tabù. Lega e sinistra: bene la proposta di Bonomi sul nuovo deficit contro i rincari”, “La settimana corta. Intesa San Paolo propone quattro giorni di lavoro, ma rimanendo in ufficio un’ora in più” (Stampa, 11.10). Se lo dice Conte è un populista, se lo dicono Bonomi e i banchieri sono dei geni.

Tanti auguri. “Oggi è il compleanno di Marco Travaglio. Come regalo, dato che so che ci teneva, il 13 ottobre ci sono in Parlamento sia Berlusconi che Renzi” (Matteo Renzi, senatore Iv, 13.10). Fortuna che almeno uno dei due s’è ritirato dalla politica nel 2016.

Il razzista buono. “La Russia è uno stato terrorista. I russi sono un popolo terrorista. Quelli che da noi ogni giorno chiedono agli ucraini (agli ucraini) di fermarsi sono volenterosi complici di Putin” (Christian Rocca, direttore Linkiesta, Twitter, 11.10). E poi c’è quella terrorista kamikaze di Darya Dugina che si fa esplodere nella sua auto.

Motore immobile. “Per il Pd la strategia migliore sarebbe stare fermo” (Giacomo Papi, Repubblica, 10.10). In effetti questo Letta si muove un po’ troppo, roba da capogiro.

Il laureato. “I pm di Firenze hanno mandato in carcere il fratello di un importante parlamentare di FdI. La misura sembra sproporzionata” (Renzi, 13.10). Purtroppo sono i gip che arrestano, non i pm: ma questo la laurea in Legge l’ha presa per corrispondenza o coi punti della Mira Lanza?

Aspesi e spera. “… l’avido Conte nei miei incubi lo vedo, quale lupo mannaro, spintonare la signora (Meloni) per affiancarla nel governo” (Natalia Aspesi, Venerdì di Repubblica, 14.10). Al prossimo incubo guarda meglio: quello è il tuo idolo Renzi.

Com’è umano lui. “Berlusconi ha fatto qualcosa di buono, e molto più di quanto gli venga riconosciuto, per esempio ha costituzionalizzato una forza secessionista e una postfascista inducendole al federalismo e a una destra repubblicana, e la sinistra non gliel’ha riconosciuto” (Mattia Feltri, Stampa, 14.10). Ci ha solo governato tre volte in dieci anni.

La benzinaia. “Che il terrorismo di stato russo in atto in Ucraina sia di monito a chi si riempie la bocca di ‘pace’, storpiando la parola più grande che c’è in una misera foglia di fico per malcelare bieca ideologia, cinismo e paura” (Nathalie Tocci, Cda Eni, Twitter, 10.10). C’è addirittura qualche panciafichista che vuole cinicamente la pace per paura di perdere il lavoro, chiudere l’azienda, finire brasato da una bomba atomica, anziché immolarsi per difendere dai russi il popolo del Donbass che è russo e vuole stare coi russi: donnicciole!

Il titolo della settimana/1. “Torna Berlusconi, fine della sopraffazione” (Piero Sansonetti, Riformista, 13.10). Interdizione, si chiama: in-ter-di-zio-ne.

Il titolo della settimana/2. “’La piazza della pace non è di Giuseppe Conte’. Parla Furfaro” (Foglio, 12.10). Beh, ubi Furfaro minor cessat.

Il titolo della settimana/3. “Philip Breedlove: ‘Se Putin usa l’atomica è perché ha perso’” (Stampa, 11.10). Ah beh allora: sono soddisfazioni.

Il titolo della settimana/4. “Ian Bremmer: ‘Ora nuova escalation. Mosca vuole coinvolgere la Nato nel conflitto’” (Stampa, 9.10). Con tutti gli sforzi che fa la Nato per tenersene fuori.




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PESI E MISURE

l'editoriale di Marco Travaglio

18 ottobre 2022

Siccome anche gli orologi fermi segnano l’ora esatta due volte al giorno, fa bene il Pd a denunciare le interferenze di Marina e Pier Silvio B. nelle trattative fra il padre e Giorgia Meloni: non si vede cosa c’entrino col governo la presidente F*******t e Mondadori e l’amministratore delegato Mediaset. Anzi, si vede benissimo, ma il fatto che sembri normale aggrava l’anomalia. Invece il Pd fa molto male a non nominare Fedele Confalonieri (presidente Mediaset) e Gianni Letta (ex dirigente e lobbista del Biscione da sempre), che s’impicciano nella politica da 40 anni e hanno sempre inciuciato col centrosinistra per evitare che risolvesse il conflitto d’interessi. Che, per quanto duri dal 1994, è tuttoggi una gravissima lesione della Costituzione: dell’art. 3 sull’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e dell’art. 97 sull’“imparzialità dell’amministrazione”.

Proprio la Costituzione dovrebbe essere la bussola di un’opposizione seria per giudicare la nuova maggioranza col giusto rigore, ma senza doppiopesismi. La destra ha tutto il diritto di eleggere a presidenti delle Camere due uomini di destra: l’idea che dovesse scegliere figure “super partes” e non “divisive” è una barzelletta. Basta pensare – sul fronte opposto – a Pertini, Ingrao, Iotti, Bertinotti, Boldrini, lo stesso Fico: può presiedere imparzialmente l’aula anche chi è portatore di idee forti e dunque divisive (solo i morti e le amebe non ne hanno). La Russa è un vecchio fascista che giurò fedeltà alla Costituzione antifascista per fare il ministro: ora dovrà evitare frasi e azioni nostalgiche, o dimettersi perché incompatibile con la seconda carica di uno Stato antifascista. Fontana è un catto-conservatore, anzi reazionario, ma questo rientra nella libertà di pensiero e di culto. È anche contro l’aborto come tutti i cattolici, ma anche alcuni laici (Pasolini, Bobbio), perché ritiene che l’embrione sia vita da subito, e pure questo è un suo diritto. Il limite che la Carta gli impone è di rispettare il diritto di chi la pensa diversamente di parlare e agire. Vale anche per le unioni gay e per i diritti Lgbtq, tutelati dai principi di eguaglianza e di libera espressione. Anche Meloni dovrà osservare questo discrimine: un conto è combattere la denatalità con politiche sociali per le famiglie e le madri single, anche aiutando chi non vuol abortire, un altro è vietare l’aborto. Quanto al Papa, bisognerebbe evocarlo con parsimonia, ma anzitutto mettersi d’accordo: non si può applaudire chi lo fa se si chiama Mattarella o Draghi e fischiarlo se si chiama La Russa o Fontana. Tanto prima o poi sarà il Papa a fischiare chi lo evoca e fa l’opposto di ciò che lui dice. Ma questo rischio, sulla guerra, lo corrono sia la destra sia il Pd sia Mattarella e Draghi.

IL Fatto Quotidiano
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L’alternativa del Nano

19 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Atre settimane dal voto dobbiamo già scegliere fra il peggio e il peggio: alla Giustizia preferiamo Casellati o Nordio, calcolando che la seconda ipotesi prevede l’on. avv. Sisto vicepresidente del Csm? Casellati sarebbe una Guardasigilli voluta da B. e abolirebbe la legge Severino (votata nel 2012 sia da lei sia da B.) perché glielo chiede B.. Nordio viceversa sarebbe un Guardasigilli non voluto da B. e abolirebbe la Severino perché pensa che sia un abominio escludere i pregiudicati dal Parlamento. L’una lo farebbe per convenienza, l’altro per convinzione, ma invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambierebbe. Se non per il fatto che, nel secondo caso, l’organo di autogoverno della magistratura sarebbe guidato dall’ex avvocato di B. nel processo di Bari per induzione a tacere del suo pappone Gianpi Tarantini sulle mignotte a domicilio. La scelta fra due opzioni che producono un risultato pessimo era nota come “L’alternativa del Diavolo” nel romanzo di Frederick Forsyth. Ora è “L’alternativa del Caimano”. E la dobbiamo agli elettori e agli eletti di destra che non riescono a trovare dei ministri normali; ma anche ai vertici del Pd che li hanno aiutati a vincere. Ci avevano raccontato che la destra ci avrebbe trascinati fra le braccia di Putin e Orbán, invece in politica estera non cambierà nulla. È sulla giustizia che riusciranno nell’ardua impresa di fare ancor peggio di Draghi&Cartabia.

Dobbiamo solo scegliere che faccia avrà il peggio. Quella della Serbelloni Casellati Vien Dal Mare (e pure dall’Aria: è madrina ad honorem del personale viaggiante), arciconvinta che B. pensasse davvero che l’egiziano Mubarak avesse una nipote marocchina? O quella dell’ex pm veneziano, che si scordò per quattro anni nel cassetto il fascicolo su D’Alema e Occhetto lasciandolo prescrivere perché aveva altro da fare (cosa?), e nel 2003, da magistrato, banchettò da “Fortunato al Pantheon” con Previti un mese prima che fosse condannato per corruzione di giudici perché “è simpatico e brillante e non è un mio imputato”? E B. ci aveva pure avvertiti con l’unico discorso serio che conosce: una barzelletta. “Gheddafi chiede a Berlusconi di inviare una delegazione in Libia e lui manda due sfigati: Cicchitto e Bondi. Questi cadono nelle mani dell’unica tribù ribelle e finiscono legati a un palo. Attorno a loro i guerrieri danzano urlando ‘bunga bunga’. Lo stregone domanda a Cicchitto: ‘Morire o bunga bunga?’. Cicchitto risponde: ‘Bunga bunga’. E tutti i guerrieri profittano di lui. A quel punto lo stregone si rivolge a Bondi: ‘Morire o bunga bunga’? Bondi, vista la fine che ha fatto Cicchitto, dice: ‘Morire’. E lo stregone: ‘Sì, bene morire, ma prima un po’ di bunga bunga’”. Ecco, gli sfigati siamo tutti noi.




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20 ottobre 2022

Meno male che Silvio c’è

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Il meglio delle ultime Berluscomiche è lo stupore dei commentatori e dei politici. Dopo aver appreso con gran sorpresa da Meloni che B. è un ricattatore, ora scoprono di punto in bianco che è pure amico di Putin. Ma vanno capiti, perché si erano appena riavuti da altre sorprendenti scoperte: B. non è né un liberale moderato europeista, né il garante contro il populismo-sovranismo degli alleati, anzi è peggio di loro; i putiniani non sono quelli delle liste diRep&Corriere – Conte, i pacifisti, Orsini e il Fatto– ma B. e gli altri eletti di FI che applaudono il suo peana a Putin; più che ai valori euroatlantici, B. è interessato ai suoi processi e alle sue tv; la destra, a Palazzo Chigi e ai vertici delle Camere, non mette gente di sinistra, ma una donna e due uomini di destra; il M5S non è morto, anzi Conte sta per guidare l’opposizione; il “terzo polo” è sesto e Ollio&Ollio già litigano; Draghi non ha cavato un ragno dal buco in Europa neppure sul tettuccio rialzabile al prezzo del gas; la dipartita del suo governo e della sua Agenda non scatena rivolte di piazza né ondate di suicidi; a Palazzo Chigi e al Mise, fra le foto dei premier e dei ministri, c’è da 76 anni quella di Mussolini che ricoprì entrambi le cariche; e altri fenomeni inimmaginabili.

Noi, lo confessiamo, non riusciamo a stupirci di nulla perché sapevamo tutto. Chissà che mestiere fanno, o dove hanno la testa, gli stupefatti. È dal 2001 che B. è il compare preferito di Putin. E da allora non ha fatto altro che lodarlo come uomo di pace, farci bisbocce nelle sue ville e nelle di lui dacie e asservirci vieppiù al gas russo: prima, durante e dopo l’assassinio Politkovskaja, l’invasione della Crimea, le mattanze in Cecenia, in Siria e in Ucraina. Il tutto fra gli applausi della stampa di destra e nell’indifferenza di quella “indipendente” (per non parlare di Rep che pubblicava le veline a pagamento del Cremlino nell’inserto Russia Today). Anche il Pd, che ora cade dal pero e si straccia le vesti (anche per le cose vere dette dal fuori di testa nel fuorionda sui rischi mortali che ci fa correre la Nato e sugli otto anni di massacri ucraini in Donbass), era molto distratto: infatti con B. governò tre volte (Monti 2011, Letta 2014, Draghi 2021). Ad agosto, mentre cacciava Conte dal campo largo per lesa draghità e filoputinismo, Letta disse che invece “con Forza Italia abbiamo lavorato bene”. Oggi è anche molto stupito perché Gasparri vuol cancellare la legge 194: ma la voleva cancellare anche quand’era alleato del Pd. Certo, dev’essere frustrante passare la vita a rimuovere la realtà, a costruirne una di fantasia a uso dei padroni italiani ed esteri, poi sbattere le corna contro i fatti veri, esclamare “ohibò, chi l’avrebbe mai detto” e sentirsi rispondere: “Guarda che lo dicevano tutti tranne te, pirla!”.

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21 ottobre 2022

Amnesy International

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Non si arresta l’ondata di stupore per la sensazionale scoperta che B. è pappa e ciccia con Putin. Ci aveva nascosto la liaison clandestina per 22 anni, evitando ogni contatto col satrapo russo e attaccandolo con parole di fuoco. Ma poi, quando sembrava averla sfangata, ha fatto coming out dinanzi a cento forzisti: il sistema ideale per blindare un segreto in cassaforte, salvo scriverlo a caratteri cubitali su un pizzino formato A3 in pieno Senato in una selva di telefonini e telecamere. Così la prima sorpresa per l’insospettato legame con Vlady si tramuta sui giornali in sincero sbalordimento. Gli osservatori più acuti, non potendo credere che davvero B. conosca Putin e tifi per lui, optano per spiegazioni etiliche (le 20 bottiglie di vodka) o psichiatriche: “Esternazioni fuori controllo”, “sproloqui”, “non si sa quanto inconsapevoli”, “forse ha perso il controllo” (Folli, Rep), “il Cav. psico-politico” (Foglio), “follie”, “mossa disperata di un leader autodistruttivo” (Domani). Altri, pur di non guardare la luna, si concentrano sul dito, anzi sulla “manina” della “talpa” che ha diffuso gli audio. Chi? Perché? “In FI è l’ora dei veleni: ‘Vogliono boicottare il governo. L’autolesionismo di chi rema contro il capo’” (Stampa). “Ultimo agguato al governo: gli audio rubati a Berlusconi” per “fermare Meloni” (Sallusti, Libero). “Agguato al governo” ma per “colpire Berlusconi” (Farina, Libero). Altri lacrimano inconsolabili perché B. non è più il bocciuolo di rosa di prima. Per Polito (Corriere) “dissipa il capitale di credibilità europea che si era conquistato negli anni” a suon di gaffe, leggi ad personam, mignotte, processi, condanne, prescrizioni, “diventando in Italia l’unico esponente del Partito popolare”, insomma il “centro di gravità di fronte ad alleati che non hanno il suo pedigree internazionale”. Folli si chiede “chi comanda in FI”, ma esclude che sia B., ormai “commissariato” dall’“ala ragionevole di Tajani” (testuale). Massimo Franco arriva financo a ventilare l’ipotesi estrema di “complessi rapporti personali con Putin”.

L’unica ipotesi scartata a priori è che B. abbia detto quelle cose perché le pensa (e perché in parte sono addirittura vere) e volesse farlo sapere a Putin perché quello sa qualcosa di lui, o perché sogna di volare a Mosca per mettere un cip sul negoziato che prima o poi partirà e prendersene il merito di mosca cocchiera. Ora però gli stupiti conservino un po’ di stupore per i prossimi audio “rubati” a B., uno più clamoroso dell’altro. 1) “Lo sapete che i miei capelli non sono miei?”. 2) “Credo che mi piacciano le minorenni”. 3) “Ho sempre sospettato che Ruby non fosse la nipote di Mubarak, ma non l’ho mai detto per non deludere la Casellati”.





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Il Governo dei Mediocri

22 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

L’unica novità del governo Meloni è Giorgia Meloni. È la prima premier donna d’Italia, non un maschio travestito, come insinua chi non ha ancora capito che la campagna elettorale è finita e ha vinto la destra. Una bella svolta, anzi una svolta bella: l’unica, però. La premier è stata abile a destreggiarsi nella gabbia di matti della coalizione, a dimostrare di non essere ricattabile da B. (né Giustizia né Mise), a non subire diktat neppure da Salvini (sennò lui sarebbe all’Interno e Giorgetti non sarebbe al Mef). Ma nulla ha potuto contro il suo vero tallone d’Achille, la mancanza di una classe dirigente all’altezza delle attese dei tanti elettori che l’hanno votata sperando in ben altro: un governo di forte cambiamento e discontinuità, guidato dall’unica leader rimasta sempre all’opposizione nell’ultimo decennio. E se ne ritrovano uno di manutenzione, in continuità con la restaurazione avviata da Draghi&C. dopo il cambiamento dei due governi Conte.

Trovare qualcosa di nuovo e di buono in questa squadra, o squadretta, è arduo, se si eccettuano un paio di nomi decorosi, come Schillaci alla Salute. Abituati a giudicare dai fatti, speriamo di essere smentiti. Ma gli 11 ministri (su 24, più Meloni) reduci dai governi B. sono un pessimo segnale. Idem per Salvini, di cui s’ignorava la competenza in Infrastrutture. E per Giorgetti, che conquista l’Economia per mancanza di alternative, ma sarà difficile spacciare per nuovo, visto che sedeva nei governi B. 2 e 3, ma anche in quelli più duramente osteggiati da Meloni: Conte 1 e Draghi. I conflitti di interessi non sono più quelli macroscopici di B., ma sopravvivono in scala alla Difesa con Crosetto, capo della lobby delle armi e consulente di Leonardo, al Lavoro con Calderone e al Turismo con Santanchè. Il guardasigilli Nordio, pur non indicato da B., la pensa come lui, ed è un’aggravante. Un velo pietoso su Casellati alle Riforme (si spera che anche lì non cavi un ragno dal buco), Locatelli persecutrice di mendicanti alla Disabilità, il prescritto Fitto al Pnrr e la sanfedista Roccella alla “Famiglia, Natalità e Pari opportunità”: il ministero dei cavoli a merenda, così ribattezzato con un maquillage che cambia i nomi per non cambiare le facce. Dopo i Migliori, che lasciano l’eredità peggiore, arrivano i Mediocri, tutti allineati all’establishment, che ora si spera ci risparmi almeno il mantra sul populismo e il sovranismo, ufficialmente estinti. È il prezzo altissimo pagato da Meloni per farsi accettare dai poteri che comandano in Italia: quelli stranieri. Altrimenti mai avrebbe giurato,già alla vigilia, fedeltà cieca e assoluta a Usa, Nato e Ucraina, cioè all’ottuso bellicismo draghiano, in tandem col neoministro degli Esteri Tajani. Il famoso sovranismo a sovranità limitata.




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Il pm che odia i pm

23 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Quando Napolitano depennò Gratteri dalla lista dei ministri di Renzi in base alla regola inventata sul momento per cui un magistrato non può fare il Guardasigilli, passò l’idea balzana che una toga in via Arenula favorirebbe i colleghi (manco fossero liberi professionisti anziché rappresentanti dello Stato). Ora, con Nordio, si palesa il conflitto d’interessi opposto: il pericolo che danneggi i colleghi. Nordio infatti è un raro esemplare di pm che detesta i pm, forse perché pensa che siano tutti come lui (e intendiamoci: se lo fossero avrebbe ragione a detestarli, ma per fortuna non lo sono). E, già che c’è, disprezza tutti i loro strumenti di lavoro, che poi erano i suoi: il Codice penale (“è firmato da Mussolini, va cambiato”), i reati (“depenalizziamo a partire dall’abuso d’ufficio”), le intercettazioni (“sono incostituzionali e vanno limitate per risparmiare: i mafiosi non parlano al telefono”), i pentiti (vuol cambiare la legge), la custodia cautelare (vuole abrogarla se c’è pericolo di reiterazione del reato), le indagini sui politici (vuole ripristinare l’immunità parlamentare per non farle più e cancellare la Severino per riportare i condannati in parlamento e negli enti locali) e sulle grandi aziende (“quella sull’Ilva è un’inchiesta metafisica”), l’appello (vuole abolire quello dei pm contro le assoluzioni, ma non quello degli avvocati contro le condanne), l’ergastolo (è per abrogarlo) e le pene in generale (è per l’amnistia), l’azione penale obbligatoria (la preferisce facoltativa e solo su denuncia delle forze di polizia, cioè del governo di turno).

Dulcis in fundo, smania per separare le carriere di giudici e pm, dimenticando di aver fatto sia il giudice sia il pm. Invece i magistrati possono unirsi a imputati e condannati: infatti lui cenava con Previti e flirta con B.. Però è “contrario ai magistrati in politica, anche da ex”: infatti è entrato in politica da ex, forse perché intendeva “esclusi i presenti”. Ora la sua “priorità assoluta è la lentezza dei processi”, a cui contribuì da par suo finché poté: si vantava di non restare in ufficio oltre le ore 14 e lasciò marcire nel cassetto per quattro anni fino alla prescrizione l’inchiesta su D’Alema e Occhetto, che credeva di aver trasmesso a Roma. L’ex pm che odia i pm è un fenomeno finora inedito che va studiato. È come se il ministro della Salute fosse un medico che detesta i medici e la medicina e si propone di abolire il bisturi, il termometro, l’anestesia, le trasfusioni, i trapianti, la Tac e tutti i medicinali in blocco. Viene in mente la storiella su Michael Jackson che, a furia di schiarirsi la pelle, diventa bianco, si guarda allo specchio ed esclama: “Sono bianco da un minuto e già ’sti negri mi stanno sulle palle”. Ecco: Nordio si sta sulle palle da solo e, fra l’altro, nessuno può dargli torto.




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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio.

24 ottobre 2022

Smemorgnini/1. “Siamo una nazione smemorata e talvolta irriconoscente. Della nostra ingratitudine, di conseguenza, ci scordiamo in fretta. Mario Draghi nel 2021 è arrivato per mettere insieme i cocci della politica… Cocci populisti, cocci di destra: sempre cocci sono. Draghi, in venti mesi, ha dovuto affrontare la pandemia” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 23.10). Smemorati e ingrati, Draghi e la pandemia: ahahahahah.

Smemorgnini/2. “Draghi ha ottenuto i fondi del Pnrr. Senza il lavoro meticoloso del suo governo, quei soldi non sarebbero arrivati. Chi sostiene il contrario è male informato o in malafede” (Severgnini, ibidem). Smemorati e ingrati, Draghi e i fondi del Pnrr: ahahahahah.

Non lo meritavamo. “Quando al governo arrivò Mario Draghi… tutti gli altri si sono genuflessi all’autorevolezza, alla competenza, al prestigio… Ma aspettavano solo il momento buono per liberarsene. Draghi era troppo per loro, troppo per averlo tra i piedi, e l’hanno fatto fuori con dissimulazioni verbali di rilievo ginnasiale, ed esecuzione accompagnata da un lutto sbrigativo. Per un Paese mezzo disastrato, una figura da baby gang. Ma non siamo i soli. A Bruxelles l’hanno accolto come un messia, dopo gli sfasciacarrozze precedenti… Il tempo di Draghi è finito, e mai è finito quello dei Draghi locopei” (Mattia Feltri, Stampa, 22.10). Dài, su, non fare così: poi passa.

Madre in Italy. “La Meloni chiede un’auto italiana” (Libero, 22.10). Cioè di un’azienda che ha sede fra Parigi, Londra e Amsterdam.

Logica stringente. “Spettacolo indegno del futuro Governo sulla politica estera con veline, audio e smentite. La posizione internazionale del Paese è cosa seria non un circo. I compromessi insostenibili si pagano caro. La prova che ha fatto bene Enrico Letta a evitare l’accordo con i Cinque Stelle” (Marianna Madia, deputata Pd, Twitter, 19.10). Siccome Letta non ha fatto l’accordo coi 5Stelle propiziando la vittoria della destra che ora dà uno spettacolo indegno, è tutta colpa dei 5Stelle. Fila, no?

Agli ordini. “Dalla destra mi aspetto ordine” (Alessandro Profumo, ad di Leonardo, Libero, 17.10). Ma soprattutto ordini.

Aspetta e spera. “Se aspetti me ministro, muori di vecchiaia alla stazione” (Guido Crosetto, 24 giorni prima di giurare come ministro Fdi della Difesa, Twitter, 27.9). Invece è morto dal ridere.

L’estremo sacrificio. “Ministro, ma non per sua volontà. Guido Crosetto l’ha ribadito fino alla nausea in campagna elettorale… e lo ribadisce ancora una volta… ‘Io non volevo fare il ministro perchè per me significa diminuire almeno del 95% le mie entrate’” (Stampa, 22.10). Io al momento non ho spicci, ma appena mi libero facciamo una colletta.

Ha stato Putin. “Tenuta sociale a rischio. E Mosca soffia sulla rabbia delle piazze” (Crosetto, Repubblica, 23.10). Ah, non è la gente che è incazzata per il caro bollette: è Putin che soffia.

Giorgia s’allarga. “Nell’èra di Meloni neanche l’assalto fascista alla Cgil è di matrice fascista. Le motivazioni della prima condanna per le violenze di un anno fa, guidata da Forza Nuova, non riconoscono la radice neofascista” (Domani, 18.10). Hai capito ‘sta Meloni: non solo presidente del Consiglio, ma pure del Tribunale di Roma.

Sommersi e Salvati. “La fine del Pd è una balla” (Michele Salvati, Foglio, 20.10). Però, se Salvati lo consiglia ancora un po’, si avvera.

Magari. “La Lega punta a sostituire il capo del Dap Renoldi” (Dubbio, 20.10). Dopo la Cartabia, chiunque può fare cose buone: persino la Lega.

Il factotum. “Il moderato Lupi con pochi voti s’è preso il centro della scena” (Daniela Preziosi, Domani, 20.10). Dev’essere per questo che non ha avuto nemmeno mezzo ministro: aveva già il centro della scena.

Il giogo sporco. “Liberiamo i pm dal ‘giogo’ dell’appello alle assoluzioni” (Alessandro Perrotta, avvocato, Il Dubbio, 19.10). Che gentile: allora, già che ci siamo, liberiamo pure gli avvocati dal “giogo” dell’appello alle condanne.

Il titolo della settimana/1. “Salvini giura, poi subito al lavoro” (Libero, 23.10). Un’esperienza inedita.

Il titolo della settimana/2. “È il governo di Giorgia” (Stampa, apertura di prima pagina, 22.10). Ma non mi dire.

Il titolo della settimana/3. “Draghi e le ultime ore a Palazzo Chigi: un periodo di vacanza? Chiederò a mia moglie” (Corriere della sera, 23.10). Nel caso, mandateci una cartolina.

Il titolo della settimana/4. “Il ricatto: così la destra vuole mettere all’angolo Berlusconi e i liberali” (Piero Sansonetti, Riformista, 18.10). Berlusconi e i liberali, ma anche il Sahara e gli ombrelli.

Il titolo della settimana/5. “Attento Pd, non gettare il riformismo con l’acqua sporca” (Fabrizio Cicchitto, Riformista, 18.10). Fai come me, confluisci nella P2.

Il titolo della settimana/6. “Giuliano Amato. Un giudice tra i carcerati” (Repubblica, 19.10). Per sentire aria di casa.

IL Fatto Quotidiano
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Cingoloni

25 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Proviamo, per quanto sia arduo, a metterci nei panni dei 7.300.628 italiani che un mese fa hanno votato Meloni per gli 11 anni di opposizione, dal governo Monti al governo Draghi. E negli ultimi 20 mesi hanno sentito lei e gli altri di FdI lanciare strali contro i Migliori e in particolare contro il peggiore: Roberto Cingolani. “Avere un ministro che annuncia l’aumento delle bollette, invece di provare a spiegarci come fa a fermarlo mentre la povertà avanza, le imprese chiudono e l’Italia rischia di trovarsi in ginocchio mi ha fatto molto riflettere… Cingolani dica che intende fare per fermare l’aumento”: era il 14.9.2021, la guerra in Ucraina era di là da venire e già Meloni se la prendeva col ministro della Transizione Ecologica per insufficienza di prove. Poi continuò a farlo dopo l’attacco russo e le auto-sanzioni Ue: “Il governo dia segni di esistenza e intervenga per fermare lo sciacallaggio denunciato anche dal ministro Cingolani: ogni giorno che passa è un danno enorme a famiglie e imprese, rimanere ancora fermi equivale a lasciare campo libero agli speculatori. Ci svegliamo?” (15.3.22). “Dopo Cingolani, anche Patuanelli denuncia la speculazione sul caro carburanti. Perché allora il governo, invece di mettere in campo misure irrisorie e inutili, non interviene per fermare il fenomeno e gli speculatori? A che gioco stanno giocando? Sveglia” (21.3). Cingolani non si svegliò, anzi seguitò a dormire, dicendo nei giorni pari che andava tutto bene (grazie a lui) e nei dispari a vaticinare metà inverno al gelo. Anche i fan dei Migliori l’han sempre considerato un disastro, contando i giorni per la sua dipartita ministeriale. Figurarsi gli oppositori, cioè i Fratelli d’Italia.

E ora, sorpresa! La prima nomina del primo consiglio dei ministri del governo Meloni è Cingolani “advisor per l’energia” e badante per spupazzare ai vertici Ue Gilberto Pichetto Fratin, spaesato ministro forzista dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Un classico della peggior politica italiota: affidare la soluzione dei problemi a chi li ha creati. Attila Cingolani ha sbagliato di almeno un anno (2024 anziché 2025) i calcoli sull’autarchia dal gas russo. Ha messo in conto rigassificatori fantasma. Ha pianificato l’inverno coi consigli della nonna anziché con seri progetti di risparmi e razionamenti. Ha fallito in Ue sul price cap e ha pure fatto schizzare il prezzo del gas al massimo storico girando 4 miliardi a Snam e Gse per comprarlo a qualsiasi cifra. Ha lasciato al palo le rinnovabili, delirando di nucleare, fossili, trivelle, financo carbone. E ora che speravamo di essercene liberati consiglierà a Meloni come continuare a sbagliare. Se fossimo elettori di FdI, scriveremmo a Palazzo Chigi: “Scusa, Giorgia, ma che abbiamo votato a fare?”.q




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26 ottobre2022

Con che facce

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Scusandoci con i merlettai che discettano sull’articolo “il” e si stupiscono se una premier di destra dice e fa cose di destra, proviamo a concentrarci su dettagliucci più trascurabili.

Caro-bollette. Non è una sorpresa dell’ultima ora: è iniziato un anno fa ed esploso con la guerra e le autosanzioni. Giorgia Meloni quando l’ha scoperto, visto che solo ora si dice costretta a rinviare le promesse di agosto e settembre? Perché, in 70 minuti di discorso, non dice nulla di preciso su cosa farà sulla prima emergenza? Cingolani non l’ha risolta, l’ha aggravata: sbagliava lei a fargli l’opposizione o sbaglia lei a volerlo suo consulente sull’energia?

Pace e tregua. Possibile che le sole citazioni della pace e della tregua nel discorso di Meloni siano riferite al condono fiscale per non chiamarlo col suo nome?

Povertà. Ha mai chiesto a un povero se condivide gli slogan, tipo “la povertà non è mancanza di soldi” e “il Reddito di cittadinanza è una sconfitta”? Se lo facesse, si sentirebbe rispondere che è una sconfitta solo per chi lo perde.

Clientelismo. Se Meloni accusa i 5Stelle di aver introdotto il Rdc (che esiste in tutta Europa) “per fare cassa elettorale” tra i poveri, come definirebbe chi promette e poi fa condoni fiscali (che esistono solo da noi) per fare cassa elettorale fra i delinquenti?

Libertà. L’Italia fu il primo paese Ue a subire la pandemia e dunque, col Conte2, a varare il lockdown. Ma lo fece presto e bene, infatti non ne varò altri, mentre quasi tutti gli altri ne vararono due o tre. Dunque l’attacco e le minacce di indagini sulle “misure più restrittive d’Europa” deve riferirsi al Green pass per lavorare e all’obbligo vaccinale per gli over 50, imposti da Draghi: allora per che cosa l’ha ringraziato?

Osare. È giusto ricordare “le donne che hanno osato”, da Iotti ad Anselmi, da Fallaci a Levi Montalcini, da Alpi a Cutuli. Ed è sbagliato domandarsi che diavolo ci azzecchino Casellati e Cartabia: per sostenere che Ruby è la nipote di Mubarak e concepire la schiforma dell’improcedibilità, ci è voluto un bel coraggio.

Mattei. Bello ricordare il partigiano che creò l’Eni. Ma ebbe contro gli atlantisti così cari a Meloni per il multilateralismo verso l’Est e il Sud del mondo. Ed era un alfiere dell’industria di Stato e dell’economia regolata: il “non disturbiamo chi vuol fare” non s’ispira a Mattei, ma a Guzzanti: “Nella Casa delle libertà facciamo un po’ come c***o ci pare”.

Borsellino. Bello citare anche lui, un po’ meno stare con B., Cuffaro, Dell’Utri, Schifani.

Merito. Mentre Meloni lo esaltava, le telecamere indugiavano sui ministri tutt’intorno a lei: un gerontocomio e un inno al demerito. Diceva Leo Longanesi: “Non mi spaventano le idee, ma le facce che le rappresentano”.





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Sabino il vucumprà

27 OTTOBRE 2022 - M. Travaglio

Speriamo che Giorgia Meloni sappia nuotare, vista la cascata di bava e saliva che la inonda e che affogherebbe pure Gregorio Paltrinieri. “Una fuoriclasse” (C. De Gregorio, Rep), “sano pragmatismo”, “principio di realtà”, “responsabilità”, “ortodossia” senza l’“armamentario ideologico del sovranismo” (Verderami, Corriere), “un bel discorso, si può dire?” (G. Tortora), “una bella sorpresa: il sovranismo col loden” (rag. Cerasa) e via leccando. Ma le auguriamo anche di saper distinguere chi la stima veramente da chi prima lusinga e poi passa alla cassa. Tipo Sabino Cassese, anzi Incassese, illustre piazzista di una nidiata di allievi, perlopiù consiglieri di Stato che, a suo avviso, devono diventare capigabinetto o capiufficio legislativo dei ministeri per diritto divino, in barba al conflitto d’interessi di chi scrive le leggi e le fa giudicare dai colleghi. L’emerito Sabino fa sempre così. Nel 2018 esaltò le “qualità personali” del neopremier Conte e, quando quello nominò suo segretario generale il consigliere di Stato Roberto Chieppa, esultò per “l’elemento di continuità” garantito “meglio del precedente governo”. Gli disse: “Sei meglio di Gentiloni”. Poi purtroppo Conte declinò i suoi amorevoli consigli sulle nomine e, quel che è peggio, licenziò il presidente della Consob Mario Nava, protegé di Cassese, la cui nomina era stata irregolare. Incassese iniziò a strillare alla lottizzazione, come lui chiama lo spoils system quando si nomina chi non vuole lui. Giorgio Meletti scrisse che Nava aveva appena archiviato e segretato un procedimento a carico di Tim, difesa dall’avvocato Cassese. Ma ovviamente era una combinazione. Com’era una coincidenza che Cassese sedesse nel Cda di Atlantia, ne fosse uscito con 700 mila euro e poi difendesse i Benetton da Conte che voleva cacciarli da Autostrade dopo la strage del ponte Morandi.

Da “meglio di Gentiloni”, Conte divenne “pirata”, “usurpatore” con “poteri illegali”, paragonato financo a “Orbán” per la proroga dello stato d’emergenza in pandemia, che invece si tramutò in capolavoro di democrazia le tre volte che lo prorogò Draghi (che, diversamente da Conte, aveva i ministeri pieni di Cassese Boy). Quando li firmava Conte, non gli stavano bene neppure i Dpcm: “Sono illegali, saranno bocciati dalla Consulta”. Poi purtroppo la Consulta li confermò, ma lui riuscì a dedurne che Conte aveva torto anche se aveva ragione. Ora il gioco dell’oca riparte dal via con Meloni. Cassese plaude al suo presidenzialismo e al suo discorso: “solido orizzonte ideale e robusta collocazione internazionale: l’orizzonte ideale è quello della Costituzione, di tipo liberale, democratico e antifascista” (testuale, La Stampa). Poi passerà alla cassa. Ehi, Giorgia, vu cumprà?




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