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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

03 marzo 2025

Dimmi quantico quantico quantico. “In Ue serve un salto quantico verso il federalismo e lo stop all’unanimità” (Elly Schlein, segretaria Pd, 27.2). Con scappellamento un po’ dove capita.

Che bei vedovi/1. “C’era una volta la culla della democrazia che ora ha tradito la civiltà occidentale” (Riformista, 22.2). Signor colonnello, accade una cosa incredibile: gli americani si sono trasferiti a Oriente!

Che bei vedovi/2. “La nuova America e il cambio di regime” (Ezio Mauro, Repubblica, 2.3). “Il mondo in bilico orfano dell’Alleanza Atlantica” (Stefano Stefanini, Stampa, 2.3). “Quando c’era un’altra America” (Federico Fubini, Corriere della Sera, 2.3). “Qualche domanda agli amici americani…Diteci che non è vero” (Beppe Severgnini, ibidem). “Ma questa non è la nostra America” (Ernesto Galli della Loggia, Corriere della Sera, 1.3). È solo quella degli americani, cioè quella vera.

Che bei vedovi/3. “L’America non c’è più” (Massimo Giannini, Repubblica, 1.3). Peccato, proprio ora che si vedeva a occhio nudo.

Che bei nazi. “Con gli irriducibili dell’ex Azov: ‘Una pace così non la vogliamo’. Nella base della III Brigata d’Assalto, dove i negoziati sono ‘una truffa’” (Stampa, 28.2). I nazisti buoni che combattono il nuovo Hitler cattivo.

Che bella scelta. “Meloni scelga tra noi e l’estrema destra Usa” (Paolo Gentiloni, Pd, Stampa, 2.3). Comunque vada, sarà un disastro.

Gastone. “Altolà di Gentiloni sull’alleanza con M5S” (Libero, 26.2). “Noi distanti da Conte” (Lorenzo Guerini, deputato Pd, Repubblica, 25.2). “La piazza di Conte? No a provocazioni” (Stefano Bonaccini, eurodeputato Pd, Corriere della sera, 28.2). Questo Conte ha proprio tutte le fortune.

Servizi asociali. “Avete visto il filmato di Trump su Gaza che sembra Dubai, con grattacieli e hotel? Sembra follia, ma dove si investe c’è lavoro e speranza. E la vita acquista un senso. E la violenza non è l’unica via. Forse, non è così folle!” (Giovanni Toti, X, 26.2). Sta scontando la pena ai servizi socialmente inutili.

Yankee go home! “Per noi Trump non sarà mai un alleato” (Schlein, 27.2). “Un conflitto tra Europa e Usa non è più uno scenario da fantascienza” (Stefanini, Stampa, 28.2). “L’America è brutale, debole con Putin e forte con Kiev e la Groenlandia. Non pieghiamoci, difendiamoci” (Bernard- Henri Lévy, Stampa, 2.3). Dài, è la volta buona che usciamo dalla Nato e dichiariamo guerra agli Stati Uniti.

People go home! “Arrestato Georgescu… Il pericolo per la sicurezza e l’opacità totale. Ci vorrebbe più luce da parte delle autorità per mostrare quanto può essere pericolosa una Romania che esegue gli ordini di Putin” (Foglio, 27.2). Si rischia addirittura che le elezioni le vinca chi ha più voti.

La Vespa cocchiera. “Bruno Vespa, lectio su Kiev: ‘Pace giusta o sarà il caos’. Il direttore Rai, in veste di storico, inaugura l’Anno Accademico alla Link di Roma: ‘Mattarella dice bene: Putin come Hitler’. I negoziati possono generare mostri” (Riformista, 27.2). Pare che abbia chiesto all’amico Zelensky di alzare l’età massima della leva a 90 anni.

Omofobia democratica. “La l**b**a Weidel” (Stampa, 24.2). Oddio, evidenziare in un titolo l’orientamento sessuale di una donna non sarà mica una forma di discriminazione? O per l’estrema destra si può?

Imboscate. “Meloni blinda Delmastro, ma nessuno ricorda cosa dicevano di Bibbiano, Tempa Rossa e Banca Etruria” (Maria Elena Boschi, deputata Iv, Unità, 22.2). E avevano pure ragione.

Le colpe dei padri. “Un docufilm su un ragazzino nella guerra di Gaza. Ma era il figlio di un capo di Hamas… Abdullah il suo nome. Tredici anni. Telegenico. Perfetto per il pubblico europeo…. Spacciare un ragazzino palestinese come uno qualunque quando è il figlio di un capo di Hamas è troppo anche per la Bbc” (Giulio Meotti, Foglio, 25.2). Giusto: che ci fa ancora vivo?

Tributi. “Il pregiudicato Davigo fa ancora il giudice (tributario). Il paradosso del moralizzatore” (Foglio, 25.2). Dissero i fan del frodatore fiscale.

Coraggio antifa. “Salò chiude con Mussolini: cittadinanza revocata, solo in venti a protestare. Consiglieri scortati in aula” (Repubblica, 27.2). Ora che aspetta Rieti a espellere Vespasiano?

Il titolo della settimana/1. “Nuova pressione su Putin. Adottate nuove sanzioni europee e britanniche, c’è ancora margine” (Foglio, 25.2). Fico, possiamo darci qualche altra martellata sulle palle.

Il titolo della settimana/2. “Starmer incalza Trump: la pace eviti il ritorno di Putin” (Corriere della Sera, 28.2). Ma perché, è andato via?

Il titolo della settimana/3.
“Meloni apre al dialogo: sorteggio per il Csm e paletti su quote rose” (Repubblica, 28.2). Niente rose, ma opere di bene.

Il titolo della settimana/4. “Pd: ‘Con Kiev fino alla fine’” (Foglio, 27.2). Ma la fine di Kiev o del Pd?

Il titolo della settimana/5. “Una piazza per l’Europa” (Michele Serra, Repubblica, 28.2). “Valanga di sì alla piazza per l’Europa” (ibidem, 1.3). Come si conviene per gli illustri trapassati.

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Editoriale Marco Travaglio

Droga, che fare? - 4 Marzo 2025

Anzitutto una rettifica: la comunità di recupero per tossicodipendenti che s’è riunita a Londra sotto le insegne dell’Europa era tutto fuorché europea. C’erano Turchia e Canada, che non sono in Europa. C’era la Gran Bretagna padrona di casa, uscita dall’Ue con la Brexit. C’erano Norvegia e Ucraina, che non sono nella Ue. Di cui mancavano 16 membri su 27: Austria, Belgio, Bulgaria, Estonia, Irlanda, Grecia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Un mischione coronato dai presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Von der Leyen e Costa, e dal segretario della Nato Rutte (altro intruso). La lista degli invitati doveva garantire la massima coesione, come nel precedente vertice non-europeo all’Eliseo, con Macron e altri sette nani. Invece anche stavolta ciascuno è andato per conto suo, senza neppure poter dare la colpa al cattivo Orbán. Alla fine, un frullato cacofonico e contraddittorio di “cessate il fuoco in Ucraina”, “piano di pace”, “truppe” e “missili antiaerei”, “riarmo europeo”: tutte espressioni vuote che, appena un leader le annunciava, gli altri si affrettavano a smentirle. Se ne deduce che la non-Europa vuole la pace, ma anche la guerra. Cioè non sa cosa vuole, ma sa cosa non vuole: che la pace la faccia Trump. Ma non ha uno straccio di idea su come impedirgli di farla o, peggio, anticiparlo promuovendo un negoziato russo-ucraino in proprio.

Stiamo parlando di un gruppo di tossici assuefatti al Fentanyl del bellicismo (copyright Daniela Ranieri) che non riescono a disintossicarsi da tre anni di guerrapiattismo: infatti, dopo aver regalato la parola pace a Trump, a Orbán e ai nazi tedeschi, tremano come foglie all’idea che scoppi la pace e non riescono a parlare che di truppe, missili, bombe, riarmo. Trump, con Putin e Xi, sta spostando l’asse dello scontro fra potenze dal piano militare a quello commerciale. Che fra l’altro sarebbe il più congeniale all’Europa, ove mai esistesse. Ma gli eurotossici continuano a vivere nella loro vecchia e diroccata caserma, senza neppure accorgersi di avere le casse e gli arsenali vuoti. E a preparare future guerre che combatteranno da soli contro nemici-fantasma. Intanto continuano a imbottire di Fentanyl il povero Zelensky, anziché aiutarlo a disintossicarsi con robuste dosi di verità e realismo come hanno tentato di fare l’altro giorno Trump e Vance alla Casa Bianca, magari con modi e toni meno brutali. Un’opposizione degna di questo nome dovrebbe unirsi per spingere il governo a dissociarsi dalla piazza di spaccio che si fa chiamare Europa, dicendo sì a negoziati immediati e no ad armi e riarmi assortiti. Così la Meloni potrebbe persino ritrovarsi a rispettare, senza volerlo, la Costituzione.




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C’È CHI DICE NO

l'editoriale di Marco Travaglio

05 marzo 2025

Qualcosa si muove, finalmente, nella morta gora italiana. Mentre gli euro-pusher del bellicismo si oppongono alla pace in Ucraina che chiamano “resa” perché rifiutano di arrendersi alla realtà, i 5Stelle e Avs non sono più soli nel rifiuto del pensiero unico armato. La Schlein pigola qualcosa di sensato contro gli Eurobomb di Ursula: vedremo se il Pd sarà coerente quando si tratterà di votare l’ennesima sbobba militarista al Parlamento europeo, dove la sua delegazione si presenterà un po’ dimagrita per il nuovo round dello scandalo Qatar. Salvini annuncia piazze contro il riarmo: basterebbe che iniziasse a votare in Consiglio dei ministri contro la linea ursulina di Meloni&Tajani. I quali a loro volta escludono almeno l’invio di truppe a Kiev: con questi chiari di luna è già qualcosa. Intanto, come volevasi dimostrare, Zelensky è già sulla via di Canossa: è bastato che Trump, come aveva promesso agli elettori e allo stesso presidente ucraino, gli chiudesse il rubinetto delle armi, perché si dicesse pronto a tornare alla Casa Bianca con la coda fra le gambe per firmare qualunque cosa.

La triste realtà del campo, che da tre anni si chiama sempre e solo sconfitta dell’Ucraina e della retrostante Nato, fa faticosamente breccia nella cortina della propaganda. Ma, più il negoziato sembra avvicinarsi e l’ora dell’apocalisse allontanarsi, più aumenta il rischio che un colpo di coda delle vedove di guerra mandi la situazione fuori controllo. Non potendo più contare sugli Usa, almeno per quattro anni, il Deep State neocon e la lobby armata si sono buttati a pesce sulle burocrazie europee. Che, come insegnano gli scandali Qatar e Big Pharma, sono sempre in vendita al miglior offerente. L’osceno piano ReArm Europe della Von der Leyen è fatto apposta per soddisfare gli appetiti famelici di queste sanguisughe che ingrassano da decenni su guerre studiate e provocate a tavolino, ma spacciate per giuste e ammantate di sacri principi e alti valori. Ma, per passare nel Consiglio europeo di domani, avrà bisogno dell’unanimità (regola benedetta, che infatti le Sturmtruppen vorrebbero abolire per decidere tutto da sole). L’Italia, se vuol giocare un ruolo in questa fase cruciale, dovrebbe votare no, anche per rubare finalmente l’esclusiva della diplomazia, del negoziato e della pace a gente come Orbán. Le vere opposizioni dovrebbero unirsi per chiedere alla Meloni di porre il veto per fermare quella follia. Il Pd dovrebbe annunciare l’uscita dalla maggioranza europea che finora ha sostenuto la banda Ursula. E Salvini dovrebbe far pesare i suoi voti in Consiglio dei ministri, disposto anche a mettere in discussione il governo. In questa battaglia vitale, anzi mortale, le chiacchiere stanno a zero. Contano solo i fatti.

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BRANCAMIELONE

l'editoriale di Marco Travaglio

06 marzo 2025

Già duramente provati dal boicottaggio di X per mano di Sandro Ruotolo e altri trascinatori di folle, Donald Trump e la sua banda hanno subito il colpo di grazia. È stato l’altroieri, quando Paolo Mieli ha annunciato a Otto e mezzo il suo primo pacchetto di sanzioni contro la Casa Bianca dopo il “pestaggio di Zelensky” e “il ritiro dell’aiuto militare all’Ucraina”: “Non andrò mai più al ricevimento dell’ambasciata americana per il 14 luglio” (che poi sarebbe il 4, ma fa niente). Perché lui è “contro contro contro l’America di Trump che fa a gara con la Russia di Putin”. Nel frattempo Zelensky è tornato a Canossa, pronto a ingoiare tregua, pace, minerali, vegetali e animali “sotto la forte guida di Trump”. Ma Mieli non bada a simili inezie: “Zelensky può dire ciò che vuole”. Lui non se la beve e lo sa lui cosa conviene a Kiev: infatti ai cocktail all’ambasciata non ci va più. Finché gli Usa sterminavano centinaia di migliaia di innocenti fra Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia, armavano Israele per spianare Gaza e sponsorizzavano golpe fascisti in giro per il mondo, non s’è mai perso un ricevimento in via Veneto: cin cin, in alto i cuori! Ma ora che non vogliono più fare guerre e provano a chiudere quella in Ucraina, dovranno farlo senza di lui. Così Trump impara. E, per fargli ancora più male, sapete dove va? Alla marcetta pro Europa di Michele Serra, purché “l’Europa sia armata e prenda il posto lasciato libero da Trump”, cioè sia “l’Europa della Von der Leyen: un’altra non c’è”. Tiè, Donald: prendi e porta a casa.

Ma c’è di più. Dagli studi di La7 Mieli ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e ha assunto il comando delle truppe in partenza per Kiev: “Che facciamo, le solite chiacchiere sull’esercito europeo?”. Non sia mai: “Noi diciamo: ci siamo noi volonterosi! La parte che non fa più Trump la facciamo noi! Mettiamo la pistola sul tavolo della pace accanto a quelle di Zelensky e Putin (Trump non è previsto, ndr). E se la Russia non rispetta i confini combattiamo!”. Annalisa Terranova del Secolo d’Italia tentava di placare le fregole del novello Brancaleone con obiezioni di puro buon senso, tipo che servirebbero anni per trovare e spendere 800 miliardi di Eurobomb e il negoziato è ora, ma soprattutto che questa roba non c’entra nulla con l’esercito europeo (che prima richiederebbe uno Stato europeo). Ma veniva travolta dai giovanili ardori mieliani: “Basta chiacchiere, dobbiamo riequilibrarci con la Russia che bombarda l’Ucraina da tre anni”. Quindi non parte per il fronte a mani nude, eh no: si porta 7-8 mila testate nucleari, sennò non c’è partita. Come la ferale notizia sia stata accolta alla Casa Bianca e al Cremlino, è presto per dirlo. Ma pare che da due giorni Trump e Putin dormano con la luce accesa.

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LO FAMO STRANO

l'editoriale di Marco Travaglio

07 marzo 2025

Se non l’avessimo sperimentata per 14 anni a suon di governi tecnici e trame quirinalizie, oggi dovremmo piangere per la post-democrazia che dilaga in Europa. Ma continua a raccontarsi e a raccontarci la fiaba della democrazia che combatte l’autocrazia dei Putin e dei Trump. Un bel mattino la baronessa Von der Leyen si sveglia e annuncia un piano da 800 miliardi per riarmare non l’Europa (che non è uno Stato e non ha un esercito: solo una Commissione senza poteri in politica estera), ma i 27 Stati membri, esonerandoli dai vincoli che impediscono di spendere in welfare, sanità e scuola, ma non in armi per fare la guerra a non si sa bene chi. Il tutto all’insaputa dei 27 Stati, che non le hanno mai chiesto il piano. Decenza vorrebbe che ne discutessero i 27 Parlamenti, ma non si può. Il nostro, per dire, non ha la più pallida idea di cosa pensi il governo: legge sui giornali che la Meloni ha telefonato a tizio e caio e litiga col vicepremier Salvini e il ministro Giorgetti, i quali litigano col vicepremier Tajani. Per evitare brutte sorprese, la Von der Bomben taglia fuori anche il Parlamento europeo, presieduto da una simpatica signora maltese, tale Metsola, che non fiata per non disturbare. Però il piano Eurobomb piace parecchio a una tizia estone, una certa Kallas, “alta rappresentante della politica estera” di un’Europa senza politica estera, perché la madre, la nonna e la bisnonna furono deportate in Urss 84 anni fa e lei se l’è legata al dito.
A quel punto salta su Macron, che non riesce a governare la Francia e sforna governi bimestrali nati morti, ma s’è fissato di dirigere l’Europa: le annuncia che verrà presto invasa da Putin non si sa bene perché; le offre prêt-à-porter il suo “ombrello atomico” (290 testate contro le 7 mila russe) che però la Costituzione riserva alla sola Francia; e vaneggia di truppe europee da spedire in Ucraina per fare il peacekeeping in un Paese tuttora in guerra, anche perché lui è in prima fila a sabotare i negoziati; ma si guarda bene dall’interessarne il Parlamento, dove lo odiano sia la destra sia la sinistra. Completa il quadro l’aspirante cancelliere tedesco Merz, uscito primo dalle elezioni, che vuol cambiare la Costituzione per aumentare il debito e finanziare il riarmo, ma il Parlamento uscito dalle elezioni non gli garantisce i due terzi, quindi riconvoca quello vecchio. Tanto vale tutto. In Romania, frattanto, a furia di annullare elezioni e arrestare Georgescu per evitare che vinca, il candidato anti-Nato e anti-Ue è balzato nei sondaggi al 45%. Quindi bisognerà annullare anche le prossime elezioni, o arrestarlo di nuovo, o votare a oltranza finché perde, o varare una legge elettorale che fa vincere chi arriva ultimo. Che s’ha da fare per salvare la democrazia dall’autocrazia.

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GRAZIE DEI FIOR

l'editoriale di Marco Travaglio

08 marzo 2025

L’unica cosa onesta del pornografico piano di riarmo da 800 miliardi è il nome che gli ha dato la Von der Leyen: ReArm Europe. Del resto era difficile immaginarne un altro: il riarmo si chiama riarmo (in inglese rearm). Ma vallo a spiegare alla Meloni, che al Consiglio europeo ha chiesto di cambiargli il nome: “Riarmo non è la parola adatta: il 74% degli italiani vuole investimenti nella sanità, non nelle armi”. Giusto: quindi avrebbe dovuto bocciare il piano, non chiedere di chiamarlo in un altro modo. Uno può pure ribattezzarlo “Grazie dei fior” (Thanks for the flowers) o “Fiori rosa fiori di pesco” (Pink flowers peach blossoms), ma poi gli 800 miliardi vanno sempre alle armi. Quindi la polemica semantica ha un solo movente: fregare gli italiani e buttare tutti quei soldi in armi senza farglielo sapere. ReArm Europe non è il nome adatto perché lo capiscono tutti. E magari votano chi si oppone e non chi approva. Il guaio delle monache ursuline è che hanno grossi problemi a spiegare perché l’Europa, già alla canna del gas per le autosanzioni, dovrebbe darsi il colpo di grazia. La storiella della Russia che sta per invadere l’Europa non attacca. Anche perché chi la racconta ha passato tre anni a ripetere che la Russia era in default, Putin aveva pochi giorni di vita, la sua “Armata Rotta” stava perdendo la guerra, combatteva con le pale (“ma non pale qualsiasi: pale del 1869”, Open) e con le dita, aveva finito i soldati, le divise, i calzini, le munizioni, i razzi, i missili ed era ridotta a rubare i microchip dei carri armati dai freezer e dai tiralatte delle puerpere.
L’altra sera, a Otto e mezzo, Beppe Severgnini esibiva il broncetto dell’invaso e si spellava le mani per gli Eurobomb, ma contemporaneamente sosteneva che “stiamo sopravvalutando la Russia”. Il che, per l’autore del celebre assioma “Se non ci fosse la Nato, le armate di Putin sarebbero già arrivate a Lisbona” (24.3.2022), non è niente male. La prima regola della propaganda è scegliere una balla e insistere solo su quella: se ne racconti due che si elidono a vicenda, la gente non si beve né l’una né l’altra. Se la Russia è fallita tre anni fa e ha perso la guerra contro l’esercito ucraino, come farebbe a invadere l’Europa contro i 32 eserciti della Nato? Perché mai dovremmo spendere 800 miliardi per difenderci da quelle pippe lesse? E, se le quattro regioni ucraine occupate (più la Crimea) sono la prova della sconfitta della Russia, in che senso Trump che intende lasciargliele vuole la “resa” di Zelensky e la “vittoria” di Putin (parlandone da vivo)? Si dirà: ma Macron assicura che Putin vuole invadere l’Europa. Già, ma tre anni fa diceva: “Stiamo attenti a non umiliare Putin”, prima che Putin umiliasse lui. Quando arriva l’ambulanza?

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IL DIRITTO DEI SOMARI

l'editoriale di Marco Travaglio

09 marzo 2025

Da due giorni la politica e la stampa al seguito discutono di una sentenza che non è una sentenza (ma un’ordinanza), di un mega-risarcimento inesistente a un esercito di migranti clandestini (che se va bene sono uno, non clandestino e non risarcito), di fantomatiche toghe rosse che condannano il governo a dirottare cifre astronomiche dai veri bisogni dei cittadini onesti (la somma, per ora solo ipotetica, va dai 960 ai 1600 euro). Se il movente di quest’arma di distrazione di massa non fosse lampante – distogliere l’attenzione dall’euro-riarmo che ruba ai cittadini onesti 800 miliardi per comprare armi da guerra – ci sarebbe da promuovere una class action per chiedere i danni al governo e all’intera stampa (con un’eccezione che non citiamo per pudore) per abuso della credulità popolare. Il caso è semplicissimo. Nel 2018 la nave Diciotti della Marina militare soccorre 190 migranti dopo che Malta, chiamata a intervenire nelle sue acque, se n’è fregata. Il ministro Salvini, visto che il suo premier Conte ha appena strappato al Consiglio Ue l’impegno volontario dei 27 Stati membri a ripartirsi i migranti che approdano in Italia, fa subito sbarcare malati e minori non accompagnati. Per gli altri, attende che l’Ue faccia il suo, poi dopo 10 giorni autorizza lo sbarco a Catania. Molti sono eritrei in fuga dalla dittatura, dunque hanno diritto all’asilo. Ma non lo chiedono in Italia: preferiscono invocarlo in altri Paesi e lo ottengono.

Salvini viene indagato per sequestro di persona, ma il Senato nega l’autorizzazione a procedere perché il suo era un “atto politico” insindacabile. Quaranta eritrei fanno causa civile allo Stato. Il Tribunale di Roma nel 2019 e la Corte d’appello nel 2024 danno loro torto. Tutti i denuncianti si arrendono, tranne uno, che vive a Londra e ricorre in Cassazione. Questa giovedì emette a Sezioni Unite un’ordinanza che annulla la sentenza d’appello e gli riconosce il diritto al risarcimento del danno per l’“illegittima restrizione” sulla nave, non si sa se solo per i quattro giorni in alto mare o anche per i sei nel porto di Catania. E restituisce gli atti alla Corte d’appello per una nuova eventuale sentenza, che potrà arrivare solo se entro sei mesi il ricorrente riassumerà il giudizio per un risarcimento che ha quantificato in 160 euro al giorno. Se lo farà e la Corte seguirà la Cassazione, avrà 960 euro (calcolando solo i 6 giorni in porto) o 1600 (contando anche i 4 in mare aperto), più le spese legali. E nessuno degli altri 190 migranti rimasti sulla Diciotti potrà sfruttare la sua sentenza: la prescrizione scatta dopo cinque anni e qui ne sono passati otto. Il diritto afferma che “la legge non ammette ignoranza”. Ma noi viviamo nel rovescio, dove l’ignoranza non ammette legge.

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

10 marzo 2025

Gene De Lapalisse. “L’unica certezza, al momento, è che Gene Hackman sia deceduto prima del ritrovamento del suo cadavere” (Mattino, 1.3). E corre voce che, un quarto d’ora prima di morire, fosse ancora vivo.

Oooohhh Stenlioooo! “Finalmente l’Europa adesso è credibile” (Alan Friedman, Stampa, 9.3). Parola dell’autorevole Ollio.

Poveri ucraini. “Prima linea Donbass. Il presidente Zelensky mi riceve in un seminterrato protetto” (Bernard-Henri Lévy, Stampa, 9.3). Di solito, quando arriva BHL, è per l’estrema unzione.

If. “Se l’Ue deve guardarsi da Russia e America” (Bill Emmott, Stampa, 8.3). Ma infatti: dichiariamo guerra a tutte e due.

Sempre lucido. “Mattarella a Hiroshima, nuovo affondo sulla Russia: ‘Fa una narrativa nucleare pericolosa’” (Stampa, 9.3). “Mattarella: ‘Mai più un olocausto come Hiroshima’” (Verità, 9.3). Voleva anche aggiungere chi sganciò le atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ce l’aveva sulla punta della lingua, ma vattelo a ricordare.

Salto quantico. “Schlein sul piano di riarmo: ‘Pd plurale, nella maggioranza tre posizioni diverse’” (Corriere della sera, 6.3). Il Pd invece ne ha una dozzina, quindi la maggioranza è singolare.

I Von der Reichlin. “Aumentare il nostro impegno militare servirà a garantire più sicurezza sociale” (Pietro Reichlin, Stampa, 8.3). “L’economia di guerra alla prova. Il finanziamento a debito delle spese militari è preferibile a un massiccio aumento delle tasse” (Lucrezia Reichlin, Corriere della sera, 9.3). Povero Alfredo, non meritava: però le colpe dei figli non ricadono sui padri.

Sempre l’ultimo a sapere. “Se gli Usa si avvicinano troppo alla Russia” (Ferdinando Adornato, Messaggero, 5.3). E senza dire niente ad Adornato.

(L)agalla. “Il sindaco di Palermo Lagalla aderisce all’appello di Michele Serra a favore dell’Europa: ‘Io, uomo di centrodestra, condivido la difesa di valori comuni’” (Repubblica, 3.3). Sono soddisfazioni.

Tempismo perfetto. “Sala scende in campo” (rag. Claudio Cerasa, quattro pagine di intervista al sindaco di Milano, Foglio, 3.3). “Corruzione, arrestato il ras dell’urbanistica: ‘Abbiamo scritto noi la legge Salva-Milano’” (Stampa, 5.3). E pazienza, dài, è andata così.

Trascinatrici di folle/1. “Furlan lascia il Pd per Iv, panico tra i riformisti. Guerini: ‘Riflettiamo’” (manifesto, 8.3). In effetti sarebbe una bella perdita, se qualcuno sapesse chi c***o è.

Trascinatrici di folle/2. “Emma Bonino: ‘Conte chiarisca se sta con Salvini o contro’” (Stampa, 3.3). Se no?

Bei tempi. “I cento giorni per la libertà: a Tbilisi i tulipani della protesta. Le speranze gelate dallo stop dei fondi americani a ong e media di opposizione” (Repubblica, 7.3). Quei bei golpe di una volta non tornano più.

Centristi siriani. “Gli alawiti uccisi in Siria mettono in dubbio la moderazione di Sharaa” (Foglio, 8.3). Strano, il Terzo Polo degli ex AlQaeda&Isis sembrava così liberaldemocratico.

L’alternativa. “I 5S di Conte continuano a chiedere il disarmo dell’Ucraina. L’opposto delle tesi dell’Ue che vanno tutte nel senso del riarmo… Come si può alimentare un’ipotesi di alternativa alla destra su queste basi?” (Stefano Folli, Repubblica, 4.3). Semplice: votando sempre sulla guerra con la destra, come fa il Pd.

Ossimori. “Oltre 30 mila detenuti dovrebbero stare fuori” (Foglio, 4.3). Sennò che detenuti sarebbero?

Lingue esauste. “Così regolarmente alziamo lo sguardo verso il Quirinale. Ormai, una specie di tic. E lassù? Che dice, che pensa il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella? Formidabile custode della nostra Costituzione… ha vigilato su questo Paese e sulle sue tremende debolezze… È è stato abilissimo a trovare soluzioni alle crisi… Autorevole, rigoroso, giusto… era, a resta, la nostra unica certezza. Purissima fortuna, averlo lassù, al Quirinale” (Fabrizio Roncone, Sette-Corriere della sera, 7.3). Ok, ogni tanto però prendi fiato.

Il titolo della settimana/1. “Kiev non ha bisogno solo dell’invio di armi. Ora l’emergenza è anche la salute mentale” (Riformista, 6.3). Di chi le invia.

Il titolo della settimana/2. “Macron: ‘Offriremo agli alleati il nostro scudo nucleare’” (Repubblica, 6.3). Grazie, Manu, come se avessimo accettato.

Il titolo della settimana/3. “Con l’Ucraina, l’Europa ha tutte le carte per diventare una potenza militare globale” (Foglio, 5.3). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/4. “La pace sì, ma deve essere giusta” (Venanzio Postiglione, Corriere della sera, 5.3). Ok, mo’ me lo segno.

Il titolo della settimana/5. “Il narcisismo di Trump e i giornalisti ammaestrati” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 5.3). Ma chi, quelli del Corriere?

Il titolo della settimana/6. “Se Trump intende spartirsi il mondo con Russia e Cina, lo dica” (rag. Cerasa, Foglio, 4.3). Sennò dovrà vedersela col rag. Cerasa. E saranno ca**i.

Il titolo della settimana/7. “Come riconoscere un utile idiota del putinismo: istruzioni per l’uso” (rag. Cerasa, Foglio, 7.3). Firmato: l’idiota inutile.

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Dino

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CI VORREBBE UN AMICO

l'editoriale di Marco Travaglio

11 marzo 2025

Ormai è un classico: i giornaloni scrivono oggi ciò che il Fatto scriveva uno, due, tre anni fa. Ricordate la geniale invasione ucraina nella regione russa di Kursk? Era il 6.8.2024 e il Fatto la definì subito l’ennesimo suicidio assistito di Kiev fondato sull’illusione che i russi avrebbero precipitosamente spostato a Kursk le loro truppe dal Donbass: viceversa i russi, che hanno soldati a bizzeffe in casa, avrebbero lentamente ma inesorabilmente accerchiato i 15 mila invasori senza indebolire il fronte ucraino, sguarnito invece dagli ucraini privi di riserve e falcidiati dalle diserzioni. Mini parlò di “follia Nato” e Orsini scrisse: “Per ogni passo avanti, l’Ucraina farà due passi indietro”. Furono subissati di insulti dalla stampa atlantista in estasi perché “La guerra arriva in Russia” (Rep), “Mosca non ferma l’avanzata di Kiev” (Corriere), “La pace di Kyiv passa per Kursk” (Foglio). Sul Giornale Minzolini paragonò Zelensky a Scipione l’Africano. Tutti così eccitati da bersi la bufala di uno scambio alla pari fra i mille kmq di Russia invasi dagli ucraini e i 120 mila kmq di Ucraina occupati dai russi. Poi si scoprì che il comandante ucraino Zaluzhny s’era opposto alla missione suicida e, siccome era troppo autonomo e popolare, Zelensky l’aveva cacciato e sostituito col generale Syrsky, detto il Macellaio dai suoi soldati per l’indifferenza totale alle perdite umane inutili. Il blitz di Kursk l’aveva deciso da solo con Zelensky e i servizi inglesi, senza neppure avvertire gli 007 ucraini né gli Usa, che protestarono. Invece l’Ue seguitò a drogare Kiev con la propaganda della “vittoria sulla Russia” e dell’“irreversibile” adesione alla Nato.

E ora che – com’era prevedibile e previsto – Zelensky e Syrsky sono riusciti a perdere anche quel che restava del Donbass e pure Kursk, Rep titola: “L’agonia dei soldati di Kiev nella disfatta del Kursk: ‘Salvateli, fate qualcosa’”. Ma, di grazia, chi dovrebbe salvarli? Le eurotruppe di Macron, Starmer e altri Napoleoncini, inviandole direttamente in Russia? Gli unici che possono farlo sono il nuovo Scipione e il suo Macellaio, ordinando la ritirata prima della mattanza. E accettando un negoziato di pace che prenda atto della guerra persa. Cioè a condizioni più pesanti di quelle che avrebbero potuto spuntare a Istanbul nell’aprile ’22. Se davvero l’Ue fosse amica di Kiev, avrebbe dovuto spingerla a farlo allora. E, a maggior ragione, dovrebbe spingerla oggi, ammettendo di avere sbagliato tutto e fatto morire inutilmente centinaia di migliaia di soldati e ringraziando Trump che rianima il negoziato sempre sabotato da Bruxelles. Invece continua a sabotarlo. Casomai non fosse ancora abbastanza chiaro che in Europa gli unici amici degli ucraini erano e sono i “putiniani”.

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LE RANE IN PARADISO

l'editoriale di Marco Travaglio

12 marzo 2025

Provate a chiedere a ChatGpt, cioè all’intelligenza artificiale, come si è evoluta in questi tre anni la percezione europea del conflitto in Ucraina. La risposta dovrebbero leggerla tutti i deficienti naturali che governano o sostengono la cosiddetta Europa, incapaci di uscire dal tunnel della droga bellicista. Eccola: “L’Europa è passata da un’iniziale posizione di prudenza a un dibattito sempre più aperto su misure sempre più offensive che in precedenza sarebbero state considerate impensabili”. Un’escalation infinita a tappe: ecco le principali.

1. No al coinvolgimento militare diretto: solo aiuti umanitari e civili all’Ucraina, accoglienza ai profughi e sanzioni alla Russia.

2. Aiuti militari, ma solo con armi leggere e difensive (droni, missili anticarro Javelin americani e sistemi di difesa aerea portatili), per aiutare l’Ucraina a difendersi dall’invasore russo fino alla conclusione dei negoziati in corso a Istanbul.

3. Armi pesanti e offensive come gli Himars e i carri armati Leopard 2 e Abrams, ma anche gli ordigni all’uranio impoverito e le bombe a grappolo, per aiutare l’Ucraina, che ha abbandonato i negoziati di Istanbul, a sconfiggere militarmente la Russia.

4. Cacciabombardieri F-16 e missili a lungo raggio come gli Storm Shadow britannici e gli Atacms americani, ma solo per attaccare le truppe russe in territorio ucraino.

5. Missili a lungo raggio anche per attaccare le basi russe in territorio russo, ma solo quelle a ridosso del confine ucraino da cui partono gli attacchi all’Ucraina.

6. Missili a lungo raggio anche per attaccare obiettivi russi militari e civili in tutto il territorio russo, anche in estrema profondità.

7. Invio di truppe in Ucraina proposto dal presidente francese Macron, dal governo polacco e da quelli baltici, ma ultimamente anche da quello britannico del premier Starmer.

8. Riarmo degli Stati europei per 800 miliardi con debiti svincolati dal Patto di Stabilità. E nucleare europeo in funzione di deterrenza anti-russa con un coordinamento più stretto fra le potenze atomiche europee (Francia e Regno Unito) e quelle che aspirano a diventarlo (Germania, Polonia e Repubbliche baltiche), o addirittura col riarmo anche nucleare di tutta la Ue sul modello Nato.

Viene in mente la metafora della rana nella pentola: se la getti subito nell’acqua bollente, quella salta fuori all’istante; se invece la butti in acqua fredda e alzi pian piano la temperatura, la rana si adatta gradualmente al calore e, quando l’acqua si fa rovente, non ha più la forza di salvarsi schizzando fuori. E muore lessata.

Ah, dimenticavo: la rana siamo noi.

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SEX BOMB

l'editoriale di Marco Travaglio

13 marzo 2025

Casomai qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio, da ieri è ufficiale: la cosiddetta Europa, che mosse i primi passi 60 anni fa partendo da un’intesa commerciale per evitare future guerre fratricide dopo averne scatenate due mondiali in un quarto di secolo, dichiara guerra alla pace proprio mentre a Gedda si tenta di chiudere il conflitto in Ucraina. E la dichiarazione di guerra alla pace va addirittura oltre l’osceno piano ReArm Europe (anzi, chiamiamolo Sex Bomb) da 800 miliardi imposto da Von der Leyen&lobby delle armi a un Parlamento silenziato ed espropriato del diritto di voto con un trucchetto da magliari. La risoluzione che lo ingoia a scatola chiusa ha ottenuto il Sì di 480 eurodeputati su 677 (tra cui FdI, FI e 10 Pd), il No di 130 (fra cui Lega e 5Stelle) e l’astensione di 67 (fra cui gli altri 11 Pd). Ma la seconda, sull’Ucraina, è – se possibile – ancora peggiore. Leggiamo e inorridiamo: l’Ue accusa gli Usa di un “apparente cambio di posizione” sulla guerra per essersi financo “riappacificata con la Russia” e chiede di “aumentare in modo significativo il sostegno militare a Kiev” e le sanzioni a Mosca per aiutare l’Ucraina a rifiutare il negoziato di pace proposto da Trump, che l’Europa in assetto di guerra ripudia. Cioè: mentre Zelensky sposa finalmente la tregua e il mondo attende trepidante la risposta di Putin, l’Ue si propone esplicitamente di sabotarla per spingere gli ucraini a continuare a farsi ammazzare per nulla, visto che il loro presidente ammette l’impossibilità di recuperare i territori perduti. Poi li illude che entreranno presto non più nella Nato, ma nell’Ue: traguardo remoto, visti i costi esorbitanti sia per Kiev sia per i 27.

Questa vergogna ha ottenuto 442 Sì, 98 No e 126 astensioni. Fra gli ignavi c’è tutto FdI, mentre FI e Pd han votato addirittura Sì (solo il capogruppo Zingaretti ha detto No e Strada e Tarquinio si sono incredibilmente astenuti). Ancora No da Lega e 5Stelle. Un pensiero commosso di saluto va a Elly Schlein, che per una volta ne aveva azzeccata una – il No al riarmo – e infatti è stata sconfessata non da mezzo partito, ma da tutto: nessuno dei 21 eurodeputati ha votato No come lei chiedeva (10 Sì e 11 astenuti). E non su una questione marginale, ma su un passaggio storico: la scelta fra un’Europa di pace e cooperazione e un’Europa in assetto di guerra. Spiace dirlo, ma dopo una sconfessione così plateale non si vede come la Schlein – che stavolta ha ragione da vendere – possa restare alla guida del Pd che la ripudia all’unanimità. Non s’è mai visto un partito in cui il leader e la Direzione nazionale dicono una cosa e tutti gli altri fanno l’opposto. A questo punto, delle due l’una: o la Schlein espelle tutti e 21 i suoi eurodeputati, oppure fa domanda di iscrizione ai 5Stelle.

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TESTE DI TAVOLO

l'editoriale di Marco Travaglio

14 marzo 2025

C’è un solo modo per capire il tavolo negoziale sull’Ucraina: ignorare le parole dei protagonisti e cercare di infilarsi nelle loro teste per intuire ciò che pensano. Trump ha una testa da affarista imbroglione, convinto che per ottenere risultati serva un caos di minacce, ricatti, detti e contraddetti. Ma, al suo secondo e ultimo mandato, vuole passare alla storia come pacificatore del mondo in fiamme e salvatore dell’impero Usa al tramonto. Perse tutte le guerre degli ultimi 70 anni, ha spostato lo scontro dal piano militare a quello commerciale: la Russia gli serve come partner per staccarla dalla Cina e dividere l’Europa (peraltro già spappolata di suo); l’Ucraina è un inutile impaccio, ma un’ottima riserva di materie prime. Putin è un’ex spia del Kgb e un satrapo feroce, ma anche un politico vecchio stampo che, diversamente da Trump, misura le parole e di solito fa quello che dice. Prima di invadere l’Ucraina, avvertì per 15 anni che non le avrebbe consentito l’annessione alla Nato e il tradimento degli accordi di Minsk per un Donbass pacificato e autonomo, considerandoli due minacce esistenziali per la Russia; e a invocare una conferenza tipo Helsinki per la sicurezza di tutti, amici della Nato e della Russia.

La dottrina militare russa non cambia a ogni stormir di fronda, come quella Usa e Nato: è tutta scritta e muta di rado. Progetti di invasione dei Baltici, della Polonia o dell’intera Europa non ne risultano: è ridicolo evocarli come pericoli imminenti o certezze per giustificare il riarmo dei 27, che fra l’altro a Mosca non fa né caldo né freddo (la sua deterrenza è in 6-7 mila testate nucleari e 2 milioni di soldati). Il quadro potrebbe cambiare se Baltici, Polonia e Germania si dotassero di arsenali nucleari ritenuti minacce esistenziali da Mosca. Ma Putin ha sempre cercato il buon vicinato con l’Europa e i grandi del mondo: fino al 2022 lo ebbe e ora Trump glielo ridà. La sua risposta sulla tregua ucraina era prevedibile: bastava studiare i negoziati di Istanbul del marzo-aprile 2022, sabotati dagli oltranzisti Nato. Il capo negoziatore ucraino David Arakhamia, fedelissimo di Zelensky, raccontò: “I russi erano pronti a porre fine alla guerra se avessimo accettato la neutralità: noi avremmo dovuto promettere di non aderire alla Nato. Questa era la cosa più importante per loro, il punto chiave. Tutto il resto era solo retorica: la denazificazione, la popolazione di lingua russa e altri blablabla”. Ma il 9 aprile “Johnson venne a Kiev e disse che non avremmo dovuto firmare nulla con i russi: solo combattere e basta”. Tre anni dopo, si torna alla casella di partenza, ma con centinaia di migliaia di morti in più. Infatti entrare nelle teste dei leader europei è inutile: per mancanza di leader, ma soprattutto di teste.

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