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Dino

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

14 ottobre 2024

Trova l’intruso. “Non ti rispondo per affetto. Celentano-Teocoli: la vicenda dei due amici è una lezione di come difendersi in questo mondo iperconnesso” (Roberto Saviano, Corriere della sera, 11.10). Cioè: Teocoli chiama Celentano e gli risponde Saviano.

Talpe. “Stadio della Roma, si torna a scavare” (Messaggero, 11.10). Ma quindi lo stanno cercando?

E grazie al Marrazzo. “Piero Marrazzo: ‘La mia vita travolta dallo scandalo. Con una prostituta donna, l’impatto sarebbe stato minore’” (Corriere della sera, 12.10). E pure se ci fossi andato senza l’auto blu col lampeggiante.

Tremate, tremate. “Giorgetti: ‘Imprese e persone non hanno nulla da temere’” (Sole 24 ore, 12.10). Nuove tasse e tagli solo sui marziani.

L’amuleto. “Credo che le prospettive di pace e sicurezza siano certo più garantite da una guida democratica della Casa Bianca” (Piero Fassino, deputato Pd, Riformista, 12.10). Quindi per Trump è fatta.

Ha stato lui. “Ravetto, il furto della trousse e lo sfogo social: ‘Hai i miei trucchi, ti venga l’allergia’” (Corriere della sera, 10.10). Ecco perché Fassino ha tutti quegli sfoghi cutanei.

Dubbi amletici. “Con Lega e FdI non siamo anime affini. Forza Italia riscopra i suoi veri valori. Dicono che sono di sinistra, non è vero” (Francesca Pascale, Stampa, 7.10). In effetti c’è gente che non ci dorme la notte.

A botta sicura. “La senatrice Iv accusa La Russa: ‘Mi ha chiesto di passare a destra’” (Repubblica, 11.10). “Renzi: avvicinati per avere i nostri voti” (Corriere della sera, 11.10). Chissà come mai si rivolgono proprio ai renziani.

Incassese. “Cassese contro gli aventinisti: ‘Marini ha qualifiche giuste per la Corte’” (Riformista, 9.10). “La continuità di governo. In carica da due anni. Prevalgono gli elementi di coerenza con il passato: alcuni da apprezzare (politica estera), altri da criticare” (Sabino Cassese, Corriere della sera, 10.10). Poveretto, come s’offre.

Fazzolate. “Fazzolari: ‘Se vince Trump, sosterrà Kyiv’” (Foglio, 10.10). “Fazzolari: ‘Trump non scaricherà l’Ucraina’” (Messaggero, 10.10). Me l’ha detto mio cuggino.

Slurp. “Dal rap con J-Ax al Pride con Annalisa: l’X Factor di Elly sul fronte del palco” (Repubblica, 11.10). “Il rap, la Playstation, il sogno di fare la regista. Il favoloso mondo di Elly. Dall’armocromia alle serie tv” (Corriere della sera, 12.10). Ma andè a ciapa’ i ratt.

L’habitué. “Renzi litiga con Giuli su Ales: ‘Dia i numeri o andiamo in Procura’” (Stampa, 11.10). Dove peraltro è di casa.

Giuristi per caso. “I pm che nascosero le prove a favore dell’imputato. Potranno farlo ancora” (Piero Sansonetti, Unità, 9.10). Solo che oggi li condannano, mentre con la separazione delle carriere avranno una medaglia.

Sempre più Chiara. “Che si scriva sempre per una seconda persona singolare, come osservava Cardarelli, e che la scrittura sia una forma di restituzione e sia oggetto transizionale, per assommare nel concetto di Winnicott anche gli esseri umani che si fanno macchina da scrivere di un altro, è cosa nota, ma qui Rosi Braidotti raccontando l’incontro tra un maestro e la mamma – il maestro chiede alla mamma se scriva ancora, la mamma risponde indicando la bambina che ora è la bambina a scrivere – racconta che la seconda persona singolare e ciò che ci rende macchine da scrivere è la madre. Si è madri che si abbiano figli o no perché è madre ciò che ti dice che bisogna ricordare” (Chiara Valerio, Robinson-Repubblica, 13.10). Giuli, è lei?

Carcere diffuso. “‘Costruiremo nuove carceri’: ma sul serio?! Un’edilizia che punta solo a tenere le persone detenute separate dalla collettività” (Riformista, 12.10). Ma infatti è strano: di solito le carceri servono a tenere i detenuti in mezzo alla gente, per dar loro nuove possibilità.

Il titolo della settimana/1. “Il tour europeo di Zelensky: ‘La guerra deve finire nel 2025’” (Sole 24 ore, 11.10). A che ora?

Il titolo della settimana/2. “L’ira di Vespa: la Rai snobba i 30 anni di ‘Porta a Porta’” (Giornale, 7.10). Si vergognano persino loro.

I titoli della settimana/3. “Il gelo della premier con Giorgetti: ‘Così perdiamo consensi’” (Repubblica, 10.10). “L’asse della premier col ministro leghista” (Corriere della sera, 10.10). “Meloni boccia Giorgetti su tasse e catasto” (Domani, 10.10). Scegliete voi l’ipotesi che preferite.

Il titolo della settimana/4. “Giorgia isolata? Oggi vede Zelensky” (Verità, 10.10). Ah, beh, allora.

I titoli della settimana/5. “Cala il sipario sul caso Bibbiano. Assolto l’ex sindaco: ‘Finisce un incubo’” (Messaggero, 1210). “Bibbiano, assolto anche l’ex sindaco. Il Pd: ‘Nessun sistema, chiedete scusa’” (Repubblica, 12.10). E, già che ci siete, scusatevi pure con B., assolto in tre processi per falso in bilancio perché se l’era depenalizzato lui.

Il titolo della settimana/6. “Giuliano Amato: ‘Non si può lottizzare la Corte costituzionale” (Repubblica, 13.10). Lui, com’è noto, ce lo portò la cicogna.

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Editoriale di Marco Travaglio - 15 Ottobre 2024

IL PIANO SÒLA

È come la P2! No, il caso Sifar! No, il Piano Solo! No, Gladio! È tutto un complotto, un dossieraggio, uno spionaggio, un ricatto! Vogliono rovesciare il governo, non a caso i bersagli sono tutti di destra! “Sono la più dossierata d’Italia” (Meloni). Caccia ai mandanti, ai burattinai, a chi c’è dietro, al cui prodest”, alla “manina straniera” (Foti). Ha stato Putin, e chi se no? Anzi no, ha stato “il martellamento decennale del populismo e della demagogia anti-casta”, cioè i famigerati grillini (Messaggero). Non lo diciamo a questi giallisti della mutua, totalmente impermeabili alla storia, alla verità e alla lingua italiana. Ma ai lettori interessati a capirci qualcosa: al momento, che si sappia, non c’è nessun dossier. C’è un finanziere dell’Antimafia indagato perché, oltre a compiere il suo dovere di entrare nelle banche dati per segnalare alle autorità le operazioni finanziarie sospette di riciclaggio, compieva decine di migliaia di accessi abusivi e passava notizie ai giornali (che, almeno quando le pubblicano, sono il miglior antidoto ai ricatti: chi ricatta non divulga, ma tiene lì). Per conto di chi e perché, nessuno lo sa; e, sempre a oggi, nessuno lo accusa di aver ricattato (o preso soldi da) qualcuno. Poi c’è un giovane hacker della Garbatella che, temendo di essere indagato, fa le cose in grande e si impossessa dei server del ministeri della Giustizia e dell’Interno, della GdF e di 5 Procure ficcanasando per anni nei fascicoli segreti, ma anche lì non risultano dossier né ricatti né passaggi di notizie o di denaro. Infine c’è un funzionario impiccione di Banca Intesa che da Bitonto si diverte a controllare i conti dei correntisti Vip di ogni colore e professione (vivi e morti) appena ne legge i nomi sui giornali: niente dossier né ricatti né scoop sui media né soldi da immaginari mandanti.

La Meloni si vanta: “La mia vita è stata passata allo scanner e non s’è trovato niente”. E fa bene: per trovare qualcosa su altri politici non c’è bisogno dello scanner, basta un selfie. Ma quando fa un frittomisto dei tre casi e li spiega con fantomatici “gruppi di pressione” che vogliono abbattere il suo governo dovrebbe guardare i dati e le date. L’hacker non si interessava a lei. Il bancario s’interessava a lei perché era famosa, ma anche ai suoi oppositori famosi, e l’unica sbirciata che diede al suo conto è del 17 luglio 2022 (governo Draghi). Striano invece non se l’è mai filata: fece accessi su altri del centrodestra, ma anni o mesi prima che andassero al governo. L’unico premier in carica ad aver subìto controlli sulla compagna Olivia Paladino, sul di lei padre e la di lei sorella, sull’amico avvocato Alpa e sull’ex collega di studio Di Donna, è Giuseppe Conte: cioè il solo “dossierato” che non blatera di dossier.

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GENTILONA

l'editoriale di Marco Travaglio

16 ottobre 2024

Non so come gli studiosi della psiche umana chiamino lo strano fenomeno che attanaglia Giorgia Meloni. Non il vittimismo aggressivo, né la mania di persecuzione, né la sindrome di accerchiamento, né la “proiezione” che la porta a imputare alle opposizioni parole e toni troppo forti contro di lei, che in piena pandemia diede leggiadramente a Conte del “criminale”. Parliamo dell’inclinazione ad attribuire a se stessa cose mai fatte. Tipo ieri, quando in Senato ha chiesto alle opposizioni di votare per Fitto commissario europeo, come lei crede di aver fatto nel 2019 con Gentiloni: “Mi auguro che tutte le forze politiche italiane si facciano parte attiva presso le proprie famiglie politiche europee affinché questo risultato per la nostra Nazione sia raggiunto rapidamente senza inciampi. Ci sono momenti in cui l’interesse nazionale deve prevalere su quello di parte. È quello che noi abbiamo fatto nella scorsa legislatura sulla nomina di Gentiloni, quando proprio Fitto – in rappresentanza di FdI – si espresse a favore del candidato italiano e conseguentemente il gruppo di Ecr votò in suo favore”. Non si sa dove si sia sognata la circostanza, che negli atti non trova riscontri, ma solo smentite.

A meno che non si riferisca al suo post del 9 settembre 2019, prodigo di elogi per Gentiloni: “Un politico che gli italiani hanno bocciato, hanno mandato a casa e che il M5S ha fatto rientrare dalla finestra grazie al patto della poltrona con il Pd. Gentiloni è l’uomo perfetto per non cambiare nulla in Europa, difendere gli interessi della finanza speculativa e rafforzare l’egemonia franco-tedesca”. E chiamò addirittura la gente in piazza. Cinque giorni prima anche Fitto, che allora sedeva proprio nel Parlamento europeo, aveva espresso tutta la sua fiducia e la sua stima al commissario italiano: la sua nomina – dichiarò magnanimo – costituiva un autentico “sovvertimento di ogni legittimità democratica. Chi perde governa, nomina ministri e commissari europei sonoramente bocciati dai cittadini”. Un viatico beneaugurante che non poté non agevolare l’iter di nomina di Gentiloni, dimostrando la granitica e patriottica compattezza dei rappresentanti della Nazione italica, a prescindere dalle appartenenze. Patriottismo che emerse in tutto il suo fulgore anche al momento del voto del Parlamento europeo sulla nuova Commissione: il gruppo conservatore Ecr – il cui coordinatore, il belga Johan van Overtveldt, aveva votato in commissione pro Gentiloni – si spaccò: una parte disse Sì alla squadra di Ursula e un’altra No. E a dire No furono proprio i conservatori italiani di FdI. Casomai gli specialisti non avessero ancora dato un nome a questo strano fenomeno, ne avremmo da suggerire uno: paraculaggine.

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LEGALIZZARE LA MAFIA

l'editoriale di Marco Travaglio

17 Ottobre 2024

Con la stessa logica degli sfigati che abbattono o imbrattano le statue dei grandi, da Colombo a Montanelli, i delinquenti tentano di infangare i più famosi pm antimafia e anticorruzione. E sempre più spesso trovano sponde nella politica e nella magistratura più mediocri e frustrate, cui non par vero di guadagnarsi un quarto d’ora di celebrità col tiro al bersaglio ora su Davigo e De Pasquale, ora su Natoli, Scarpinato e De Raho, colpevoli di aver combattuto le mafie e di essere rimasti vivi. Intendiamoci: se avessero fatto qualcosa di male o d’illecito, sarebbe doveroso indagarli, intercettarli, arrestarli e condannarli. Ma non hanno fatto letteralmente nulla.

De Raho era procuratore nazionale antimafia quando il finanziere Striano iniziò a fare accessi abusivi alle banche dati, poi proseguiti sotto Melillo: nessuno addebita ai due capi le condotte infedeli di uno dei circa 300 dipendenti della Dna. Natoli viene sentito a Caltanissetta nell’inchiesta acchiappa-fantasmi su un movente tragicomico delle stragi del 1992: quello di fermare il dossier del Ros “Mafia e appalti” (cioè: Cosa Nostra scatenò la guerra mondiale allo Stato per una banale storia di tangenti). Gli domandano perché chiese di archiviare un’indagine simile e di distruggerne le bobine e i brogliacci. Lui ricorda che era la prassi e fa notare che la grafia non è la sua: “Sarà di un cancelliere”. Lo indagano per calunnia del cancelliere (che non ha mai nominato). E in quell’indagine per calunnia aggravata dalla connessione con un fatto che, se anche fosse reato, sarebbe prescritto da 25 anni, lo intercettano col trojan. Lui, nel tentativo di ricordare cosa accadde 33 anni fa, parla di vari ex colleghi fra cui Scarpinato, ora senatore M5S e membro dell’Antimafia, indirettamente intercettato pure lui. Prim’ancora di chiudere le indagini, anziché chiedere la distruzione delle conversazioni irrilevanti, i pm le girano all’Antimafia. E qualcuno ne fa uscire il contenuto sulla Verità. Reati? Scandali? Macché: due ex-pm che raccolgono i ricordi per l’audizione di Natoli in Antimafia e parlano liberamente come vecchi amici. Intanto si scoprono altri 62 ordini-fotocopia di distruzione di brogliacci della stessa Procura di Palermo: Natoli ha detto la verità e non c’è motivo di indagarlo. Intanto però le destre più indecenti del mondo, che per 30 anni hanno infarcito governo e Parlamento di mafiosi e l’Antimafia di loro avvocati, inclusi quelli del partito fondato da un finanziatore e da un concorrente esterno di Cosa Nostra, studiano una legge per buttar fuori Scarpinato e De Raho dalla commissione per “conflitto d’interessi”. Che peraltro ci sta tutto: il loro interesse è combattere la mafia, quello degli altri è combattere l’antimafia.

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C'È A CHI PIACE

l'editoriale di Marco Travaglio

18 ottobre 2024

Sul wagon-lit, anzi sul “wagon-qui”, Totò-Antonio Scannagatti e l’onorevole Cosimo Trombetta hanno un problema. È entrata Isa Barzizza e i letti nella cuccetta sono solo due. Ma Totò ha un’idea: “C’è a chi piace e a chi non piace. A me piace”. Questa: nella prima parte della notte lui e la signorina dormiranno nel letto di sopra, mentre viceversa nella seconda si sposteranno in quello di sotto, e l’onorevole sempre da solo nell’altro. Passando dalla commedia alla tragedia, anche Volodymyr Zelensky ha un problema: la guerra è persa, i russi continuano ad avanzare nel Donetsk, ma anche verso Dnipro e Kharkiv, mentre gli ucraini continuano ad arretrare e a morire. E della geniale invasione di un fazzoletto di terra russa nell’oblast di Kursk, che doveva costringere Mosca a trasferire le sue truppe dal campo di battaglia principale, nessuno si ricorda più, a parte i 10 mila soldati ucraini lasciati lì alla mercé dei nemici, che lentamente li hanno circondati in 50 mila e li attaccano con bombe plananti in attesa che pioggia, fango, neve e gelo facciano il resto. Ma ora Zelensky ha un’idea: il “Piano della vittoria”, che suona benissimo, tantopiù che mira a “porre fine alla guerra entro il prossimo anno” (dice così ogni anno). E l’ha messa giù in 10 punti, di cui 3 segreti. Ma stranamente, quando li ha esposti a Biden, alla Nato e alla Ue, gli hanno risposto: “Tutto qui?”. Allora ha illustrato il Piano al Parlamento ucraino e si è detto da solo che è molto bello. C’è a chi piace e a chi non piace: a lui piace. E ha ragione: è bellissimo.

Funziona così: la Nato autorizza gli ucraini a bombardare la Russia in profondità con le sue armi, rafforza la difesa ucraina con altre vagonate di armi e miliardi (purtroppo finiti), dispiega sul suolo ucraino un pacchetto deterrente strategico ma (bontà sua) non nucleare e soprattutto abbatte tutti i missili russi nei cieli ucraini (e perché no, anche in quelli russi) come fanno l’Iron Dome israeliano e le due portaerei Usa con quelli dell’Iran e di Hezbollah. In cambio l’Ucraina – ma solo nel dopoguerra – entra nella Nato e rimpiazza parte delle truppe Usa in Europa con le sue. Intanto, ça va sans dire, a un suo segnale convenuto, i russi scappano, o si arrendono, o si ritirano, talmente terrorizzati dal Piano della Vittoria da dimenticarsi di avere pronte 6 mila testate nucleari in caso di intervento Nato. E così, come per miracolo, Kiev si riprende la Crimea e le altre quattro regioni perdute senza più sparare un colpo. Strano che nessuno ci avesse ancora pensato. Restano da svelare i tre punti segreti, ma pare che Zelensky vi abbia annotato tre obiettivi ancor più realistici: il palazzo del Cremlino come regalo di Natale, l’annessione della Russia all’Ucraina e il suo fidanzamento con Taylor Swift. C’è a chi piace.

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IL GRANDE VUOTO

l'editoriale di Marco Travaglio

19 ottobre 2024

È vuoto il bilancio del governo Meloni alla vigilia del suo secondo compleanno: nulla di significativo che la gente possa ricordare per averle migliorato la vita.

Sono vuote le casse dello Stato tra un condono (anzi, venti) e una retromarcia sulla tassa agli extraprofitti, mentre l’economia sommersa più quella illegale crescono più del Pil e superano i 200 miliardi (nel 2022, figurarsi oggi).

È vuota la manovra finanziaria più miserevole e truffalda del nuovo millennio, che non mette nuove tasse perché aumenta quelle vecchie e riporta la spesa sanitaria ai livelli miserevoli del 2007.

È vuota la piazza palermitana di Salvini e dei suoi camerieri (fra cui alcuni cosiddetti ministri) per delibare la psico-arringa della Bongiorno e protestare contro i “giudici comunisti” nella beata indifferenza della città, ma pure del resto del mondo.

È vuoto il mitologico Centro italiano di trattenimento per migranti in Albania, mezzo ancora da fare, che dovrebbe contenerne 800, ma finora ne ha visti 16, traghettati a costi esorbitanti su una nave italiana prima di scoprire che due non possono stare lì perché minorenni, due non possono stare lì perché vulnerabili e gli altri 12 non possono stare lì perché provenienti da Paesi non sicuri (Egitto e Bangladesh), quindi tornano tutti in Italia, sempre a spese nostre. E magari qualche medico, qualche infermiere e qualche malato si domanderà perché questi geni abbiano buttato 800 milioni per la tragicomica campagna d’Albania: la stessa cifra dell’aumento del Fondo sanitario per il 2025, che avrebbe potuto essere il doppio.

È vuoto lo share del programma su Rai2 dell’ex Iena Nino Monteleone, il noto sfollagente che doveva sbaragliare la fantomatica egemonia culturale della sinistra per la modica cifra di 350mila e rotti euro l’anno solo per lui: s’intitola L’altra Italia perché si rivolge a quella dove il segnale non prende o, se prende, si guarda altro. Infatti la prima puntata l’ha vista l’1,8% dei telespettatori (gli amici e i famigliari), la seconda l’1,5% (hanno smesso anche gli amici), la terza lo 0,99 con picchi dello 0,70 (hanno smesso pure i famigliari). Risultati ben al di sotto del monoscopio e anche della media-zapping – che garantisce comunque ai primi sei canali del telecomando un comodo 2% – spiegabili soltanto con la distruzione generalizzata del secondo pulsante per evitare brutti incontri.

Sono vuote le bocche e le zucche dei ministri e dei sottosegretari, che passano il tempo fra cazzate (quando si capisce ciò che dicono) e superc***ole (quando, per fortuna, non si capisce).

È tutto un grande buco col vuoto intorno. Aspetta soltanto che qualcuno lo riempia.

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I PAGLIACCI EVERSIVI

l'editoriale di Marco Travaglio

20 ottobre 2024

Dopo 30 anni di berlusconismo con o senza B., è probabile che i clown della cosiddetta destra siano davvero convinti delle castronerie eversive che dicono. Se un giudice dà loro torto su qualunque tema dello scibile umano, vuol dire che è comunista, fa politica, “esonda” (Mezzolitro Nordio) e complotta con la Schlein (capace di cose serie come i complotti: come no). Segue il solito armamentario di slogan berlusconiani prêt-à-porter, tipo che “i magistrati hanno solo vinto un concorso” (e che dovevano fare: perderlo?) e, “se vogliono fare politica, devono farsi eleggere” (infatti fanno indagini e sentenze, riservate per legge a chi non si fa eleggere). Il povero Tajani spiega il diritto, ma soprattutto il rovescio, ai giudici di Roma che hanno bocciato il trattenimento dei 16 migranti in Albania: “La separazione dei poteri è uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto”. Già, ma lui non sa cosa sia: separazione dei poteri significa che quello giudiziario è indipendente dal legislativo e dall’esecutivo, non che è ai loro ordini. Il tapino vuole pure regalare a Elly “l’opera omnia di Montesquieu”, che lui o non ha letto o non ha capito. Poi c’è il Corriere che, come ai bei tempi di B., spaccia l’aggressione sovversiva dei melones alla magistratura per uno “scontro governo-toghe”. Come titolare sulla donna di San Severo uccisa dal marito a pistolettate “Scontro fra coniugi”.

La verità è che la campagna d’Albania, oltre a costare un occhio e servire a nulla, era già nata illegale. E lo è ancor di più dopo la sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre, che ha ristretto il concetto di “Paese sicuro” per i rimpatri. Sentenza vincolante per tutta la Ue, che nessun decreto Nordio potrà ribaltare o aggirare, a meno di uscire dall’Ue (ma neanche: la magistratura inglese ha respinto varie volte le deportazioni di migranti in Ruanda decise dal governo Sunak). Dal 4 ottobre i giudici di tutta Italia ed Europa non fanno che bocciare i trattenimenti di migranti per rispedirli in Paesi esclusi dalla (minuscola) lista di quelli “sicuri”. Strano che i giuristi per caso del governo non lo sapessero: sennò si sarebbero risparmiati il tragicomico viaggio di andata e ritorno dei famosi 16 in Albania. E ora, anziché annunciare inutili decreti votati al fiasco, smantellerebbero i due centri di raccolta albanesi, destinati a restare semideserti.

P.s. Giulia Bongiorno, al processo Open Arms, racconta che l’Ong nell’agosto 2019 non voleva far sbarcare i migranti, ma “far cadere Salvini. E Salvini è caduto”. Qualcuno – magari Salvini – dovrebbe informarla che il suo leader e cliente non cadde: sfiduciò il governo Conte per “andare alle elezioni anticipate a settembre” e governare con “pieni poteri”. L’ennesimo autocomplotto.

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MA MI FACCIA IL PIACERE

l'editoriale di Marco Travaglio

21 Ottobre 2024

Scoperte archeologiche. “L’Agenda Draghi spiegata ai nostri figli” (volume allegato al Foglio, 12.10). Telefono Azzurro in tilt.

Mai ‘na Lagioia. “Non sono tra quelli che hanno deriso Giuli per il discorso alle commissioni Cultura di Camera e Senato… L’IA generativa (come in Blade Runner) deposita un unicorno di carta davanti ai nostri usci ma noi anneghiamo in un sogno dentro un sogno di settant’anni” (Nicola Lagioia, Repubblica, 14.10). Mi sa che erano compagni di banco.

Non manca più nessuno. “Non si capisce perché, secondo qualche giudice, qui in Italia possono arrivare cani e porci” (Matteo Salvini, Lega, 19.10). In aggiunta a quelli che fanno il vicepremier e il ministro dei Trasporti.

Chiagni e Foti. “Spioni? Forse una manina straniera. Quello sui conti bancari violati è il più grosso scandalo della storia repubblicana. Strano che non ci sia solidarietà dall’estero” (Tommaso Foti, capogruppo FdI alla Camera, Verità, 14.10). Che ci faceva Putin dietro lo sportello di Banca Intesa a Bitonto?

Che bel vedovo. “Il no di Schlein alle larghe intese” (Stefano Folli, Repubblica, 15.10). Dài, su, piccino, non fare così: vedrai che andrà tutto bene.

Ultimissime da Ventotene. “Roberto Saviano: ‘Vado alla Buchmesse per resistere all’Italia della democratura’” (Repubblica, 15.10). Mecojoni.

Lo vedi che è reciproco? “Conoscere Berlusconi mi è costato molto” (Kharima el Marough in arte Ruby, Stampa, 14.10). A lui solo 7 milioni di euro.

Il mondo al contrario. “Green pass, un giudice smentisce la Consulta” (Verità, 15.10). Praticamente Totò contro Maciste.

Tutta salute. “Termovalorizzatore: ritorno al futuro”, “Roma, ecco il termovalorizzatore: la svolta sull’emergenza rifiuti” (Repubblica, 15.10). “Roma, dal termovalorizzatore risparmi per 40 milioni l’anno. Gualtieri: vantaggi economici e ambientali” (Sole 24 ore, 15.10). “W il termovalorizzatore” (Foglio, 15.10). “Ecco il termovalorizzatore. La svolta. Un maxi-investimento da più di un miliardo. E il Comune risparmia. Zero polveri e metalli riciclati: le due facce dell’anima green” (Messaggero, 15.10). Tutti lì sotto a farsi l’aerosol.

Non hai vinto, ritenta. “Dal Giubileo ai trasporti: la road map di Gualtieri per un nuovo mandato” (Messaggero, 16.10). Non si lascia a metà una catastrofe.

Agenzia Stica**i. “Il matrimonio di una principessa italiana: Lavinia Boncompagni Ludovisi e Raimondo Alliata di Villafranca sposi a Roma. L’abito da sposa, la tiara di famiglia e tutti i dettagli della cerimonia” (Repubblica.it, 15.10). Ma è Repubblica o Monarchia?

That’s ammore! “Maria Elena Boschi scende dal palco, beve un bicchiere d’acqua, si volta. Smorfietta, occhioni, l’aria un po’ scandalizzata: ‘Cerca me?’. Sì, lei. ‘Ma io non ho niente da dire. Io l’ho solo organizzata questa convention’… Gli esercizi di modestia, a volte, sono inutili. Nel volgere di una settimana, l’on. Boschi – 32 anni, da Laterina (Arezzo), avvocato – ha conquistato prime pagine, salotti tivù, Berlusconi (del Cavaliere parleremo, tra poco, direttamente con lei)…” (Fabrizio Roncone, Corriere della sera, 3.11.13). “Così, di colpo, col suo garbo efferato, con quel sorriso ipnotico, Maria Elena Boschi – regina del piccolo esercito di Italia Viva – rifila una micidiale randellata a Conte… È francamente spettacolare – per sintesi, durezza, perfidia – l’intervento con cui lo sistema… Sa come si fa, la politica… È stata giovane e ambiziosa, cinica e molto sfrontata… meravigliosamente secchiona… ha studiato, imparato… c’è una certa classe… Temuta, riverita… molto invidiata. Me la ricordo seguita da una corte di adulatori, tutti chini, le tenevano lo strascico…” (Roncone, Sette-Corriere, 18.10.24). Dài, su, almeno uno le è rimasto.

Babbioni a Bibbiano/1. “Il sindaco Carletti non è stato graziato. Ecco perché la sua innocenza è chiara” (Dubbio, 16.10). Perchè Nordio gli ha ha depenalizzato il reato.

Babbioni a Bibbiano/2. “Renzi parla delle accuse franate: ‘Su Bibbiano difesi da solo l’onore dem dall’assalto 5S. E Meloni ora si scusi’” (Dubbio, 15.10). “Cara Schlein, ora parlaci di Bibbiano e ridai dignità alla tua comunità infangata” (Dubbio, 18.10). Ora che Nordio ha depenalizzato il reato.

Il titolo della settimana/1. “Migranti in Albania. Rivoluzione Meloni”, “I primi 16 migranti in Albania: ‘Sbarchi già calati del 62%’. Piantedosi: ‘Risparmi sull’accoglienza’. Von der Leyen: ‘Bella lezione per l’Ue’” (Giornale, 15.10). Ma a questi chi glieli scrive i testi?

Il titolo della settimana/2. “Le guerre che Israele combatte anche per noi” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 18.10). Parla per te.

Il titolo della settimana/3. “Meloni a Beirut: ‘Esiste una linea rossa, Israele non la oltrepassi’” (Messaggero, 19.10). Non più di 50mila morti ammazzati all’anno, sennò si esagera.

Il titolo della settimana/4. “Latorre: Noi fuori da Berlino? Brutto segnale, ma la postura italiana sull’Ucraina è chiara’” (Riformista, 19.10). Sempre a novanta.

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DIRITTO MELONICO

l'editoriale di Marco Travaglio

22 ottobre 2024

C’è grossa confusione nei rapporti politica-magistratura. Ci sono financo giudici italiani che applicano la Costituzione italiana e le sentenze delle Corti europee senza chiedere permesso al governo, in spregio al Diritto Melonico. Merita dunque un plauso la proposta del presidente del Senato Ignazio La Russa di riscrivere la Costituzione per “chiarire meglio” il “confine tra le funzioni della giustizia e della politica”. Della Grande Riforma circola una bozza che il Fatto è in grado di anticipare.

Art. 1. Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, a eccezione di quelli elencati nell’allegato 1 (o “allegato Nordio”).

Art. 2. Nelle aule di giustizia, in presenza di imputati rientranti nell’allegato Nordio, la scritta “La legge è uguale per tutti” sarà sostituita da “La legge è uguale per gli altri”. Il principio si applica anche a infrazioni amministrative come il divieto di sosta, l’eccesso di velocità, la guida in stato di ebbrezza e il calpestamento delle aiuole.

Art. 3. Onde evitare spiacevoli fraintendimenti, è proibita la diffusione del famigerato La fattoria degli animali di George Orwell, che attribuisce ai maiali l’enunciazione del principio fondamentale della nuova Carta: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri”.

Art. 4. La Corte costituzionale giudica sulla legittimità delle leggi, salvo quelle firmate da soggetti di cui all’allegato Nordio: se una di queste ultime risulta incostituzionale, è sbagliata la Costituzione, non la legge.

Art. 5. I pubblici ministeri e i giudici che incappino in soggetti citati dall’allegato Nordio, dunque politicizzati, e pretendano di indagarli o giudicarli, dovranno prima farsi eleggere, così da dimostrare di essere effettivamente politicizzati.

Art. 6. La magistratura è autonoma e indipendente da ogni altro potere fuorché da quelli legislativo ed esecutivo nel caso in cui siano esercitati da appartenenti all’allegato Nordio.

Art. 7. Le carriere (e i relativi Csm) dei magistrati requirenti e giudicanti sono rigorosamente separate. Quelle di politici e/o imprenditori-finanziatori di cui all’allegato Nordio, invece, sono obbligatoriamente unificate.

Art. 8. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle senza disciplina né onore. I due obblighi sono invece vincolanti per i cittadini cui non sono affidate funzioni pubbliche, con particolare riferimento ai partecipanti a rave party e proteste pacifiche.

Art. 9. I gradi di giudizio sono tre. Per i cittadini normali: Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione. Per i soggetti di cui all’allegato Nordio: delitto, depenalizzazione e rielezione.

Art. 10. Viva Silvio, viva la gnocca.

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Editoriale di Marco Travaglio - 23 Ottobre 2024

NON HA PIÙ STATO PUTIN

Avete presente l’Ucraina, prima fallita e poi distrutta grazie all’astuta alleanza con l’Occidente, alla guerra civile contro i russofoni del Donbass e all’invasione russa? Ora tocca alla Moldavia. È il Paese più povero d’Europa (davanti a Kiev) per la scarsità di risorse, per i governi corrotti e incapaci e per il passaggio dal collettivismo sovietico all’economia di mercato (dal “poco a tutti” al “niente a molti e tutto a pochi”: i soliti oligarchi). La presidente Maia Sandu e il governo due anni fa hanno ottenuto la candidatura a entrare nell’Ue. E domenica si è votato per il nuovo presidente e per un referendum consultivo sull’Ue. I sondaggi filogovernativi davano i Sì al 55-60%. E il sistema mediatico europeo suonava la grancassa dei bravi moldavi che non vedono l’ora di iscriversi al club più sfigato del mondo in odio alla Russia (che non c’entra nulla perché la Moldavia è neutrale dall’indipendenza nel 1990, tranne la Transnistria russofona, anch’essa indipendente da 24 anni senza che nessuno la riconosca: mica è il Kosovo). Poi i moldavi hanno votato e, sorpresa!, la prima proiezione dava il No al 58% e il Sì al 42. A quel punto la Sandu e l’euro-orchestrina han cominciato a strillare ai brogli. Indovinate di chi? Ma di Putin, naturalmente. Guai se le urne contraddicono gli oracoli: in caso di discrepanze, prevalgono i sondaggi, mica i voti. Sandu: “Putin ha comprato 300 mila voti, frodi mai viste, prove inconfutabili”. Bruxelles: “Interferenze e strategie ibride russe senza precedenti”. Poi sono arrivati i voti degli espatriati dalle ambasciate e dai consolati europei, dove ovviamente i brogli non si usano. E, come per miracolo, i Sì sono balzati al 50,3% contro il 49,7 dei No. Quindi il grande sogno euroatlantico affratella metà dei moldavi più lo 0,3%. Un trionfo.

Brogli, rubli, fake news, infiltrati e hacker putiniani spariscono in un battibaleno: siccome il Sì prevale per ben 12mila voti, vincono l’Europa e la democrazia. Fra l’altro questi brogli putiniani, apparsi domenica notte e scomparsi lunedì mattina, erano curiosamente selettivi: truccavano solo le schede referendarie, ma trascuravano quelle presidenziali. Infatti, mentre il Sì all’Ue è rimasto in forse fino all’ultimo, la vittoria della presidente filo-Ue non è mai stata in discussione: i pirla russi hanno tolto voti all’Europa, ma si sono scordati di levarli a quella che ci vuole entrare. Così la Sandu ha preso il 42% e andrà al ballottaggio con l’ex procuratore socialista Alexandr Stoianoglo, che vuole mantenere la neutralità, ergo è “filo-russo”. Prossimo test: la Georgia. E anche lì dipende: se vincono i cattivi, ha stato Putin; se vincono i buoni, trionfa la democrazia. Cioè quel sistema che lascia liberi i popoli di scegliere quello che decidiamo noi.

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Editoriale di Marco Travaglio - 24 Ottobre 2024

SCAPPATI DI CASA

C’erano una volta gli “scappati di casa”: i famigerati “grillini” che, siccome nessuno aveva il loro numero di telefono per raccomandarsi né riusciva a ricattarli perché non rubavano, furono classificati in blocco come dilettanti allo sbaraglio, incapaci di intendere e volere, forieri di disastri che avrebbero rovinato l’Italia. Appena arrivati, scontavano anche loro una buona dose di dilettantismo, improvvisazione, inclinazione alla gaffe. Ma all’appuntamento col governo si rivelarono l’opposto di com’erano dipinti. Merito di Luigi Di Maio, che ora s’è perso nel Golfo (Persico, non di Napoli), ma nel 2018 reclutò un gruppo di esperti da università, centri di ricerca, istituzioni e professioni, disponibili ad assumere ruoli di governo. Li presentò in una convention a Roma una settimana prima delle elezioni. C’era Conte che poi, per gli equilibri M5S-Lega, diventò premier al posto suo. C’erano il generale Costa, i professori Tridico, Fioramonti, Coltorti, Bonisoli, Trenta, Del Re. Alcuni ministri e sottosegretari vennero da lì, altri dal Movimento. “È finita l’èra del vaffa”, annunciò Grillo. E quella kermesse mostrò agli italiani che gli “scappati di casa” erano pronti a governare. Lo fecero, chi bene e chi così così, ma nessuno combinò i disastri dei famosi “professionisti della politica” berlusconiani, renziani, salviniani e ora meloniani fra un Lollo, un Nordio, un Genny e un Giuli. Nemmeno il “bibitaro” Di Maio, che mai aveva venduto bibite e si rivelò un ottimo ministro del Lavoro e dello Sviluppo (degli Esteri molto meno, ma non per incompetenza: per turbo-atlantismo acritico). Nemmeno il vituperato Toninelli che – gaffe a parte – ai Trasporti sfidò il Partito Unico del Cemento e sottopose ad analisi costi-benefici le grandi opere, per finire quelle utili e tentare di archiviare quelle inutili e dannose, dal Tav Torino-Lione al Ponte sullo Stretto. Nemmeno la lapidata Raggi che oggi, visti i risultati di quelli “bravi” tornati in Campidoglio, è sempre più rimpianta.

Ieri Renzi ha twittato: “La classe dirigente di Giorgia Meloni è tecnicamente impresentabile”. Difficile dargli torto, ma è il pulpito che fa ridere. Giusto dieci anni fa il Rignanese irrompeva a Palazzo Chigi portandosi dietro una corte dei miracoli e dei miracolati in cui svettava la vigilessa Antonella Manzione, già capo dei vigili a Pietrasanta e poi a Firenze, promossa nientemeno che a capo dell’Ufficio legislativo, mentre il fratello Domenico faceva il sottosegretario. E poi sistemata nel 2016 al Consiglio di Stato, anche se non aveva l’età prevista dalla legge. Nel 2019 le due ministre renziane Bellanova e Bonetti la arruolarono l’una come consulente e l’altra come consigliere giuridico. Chi è senza impresentabili scagli la prima pietra.

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Editoriale di Marco Travaglio - 25 Ottobre 2024

CHE BEL GIUDICE

Attesa con la suspense che un tempo si riservava alla Pizia di Delfi, Marina Berlusconi ha emesso ben due oracoli. 1) “Ho apprezzato molto il governo per la messa in sicurezza dei conti”. 2) “Certi giudici non sono nemici di Giorgia Meloni o di Silvio Berlusconi, ma di tutto il paese”. Come tutti gli oracoli, anche questi vanno decrittati e tradotti in italiano. 1) Quando la Marina mercantile dice “la messa in sicurezza dei conti”, parla di quelli di Mediolanum, scampata alla tassa sugli extraprofitti grazie alla strenua resistenza del partigiano Tajani e alla tempra di pastafrolla della Meloni. 2) Quando dice “certi giudici” si riferisce a quelli incorruttibili e quando dice “paese” intende Arcore o Segrate. Fino al 1996, quando esplose lo scandalo Mondadori, si pensava che l’unico giudice amato da B. e famiglia fosse Santi Licheri, quello di Forum. Poi, grazie a Stefania Ariosto, venne fuori una lista di giudici a libro paga della F*******t, che si vendevano le sentenze un tanto al chilo. Il più amato era Vittorio Metta della Corte d’appello di Roma, che in pochi mesi tra il 1990 e il 1991 incassò almeno 400 milioni di lire in contanti dagli avvocati Previti, Pacifico e Acampora in cambio di due sentenze favorevoli a due loro clienti (poi andò a lavorare nello studio Previti). La prima costrinse l’Imi, cioè lo Stato, a sborsare quasi mille miliardi di lire non dovuti alla Sir del petroliere Nino Rovelli. La seconda soffiò il primo gruppo editoriale italiano – la Mondadori – al legittimo proprietario Carlo De Benedetti per girarlo a quello illegittimo: la F*******t di B., che poi ne affidò la presidenza alla figlia Marina. La quale tuttoggi presiede la refurtiva, dopo aver pagato all’Ingegnere derubato un risarcimento fissato dalla Cassazione in 540.141.059,32 euro.

Perciò è molto attenta a non prendersela con tutti i giudici, altrimenti la famiglia Metta potrebbe aversene a male: ce l’ha solo con “certi giudici”, quelli che non si fanno corrompere in contanti come Metta, o estero su estero in Svizzera come diversi altri. In un Paese almeno decente, i deliri di questa spudorata verrebbero accolti da indifferenza mista a pernacchie. In Italia, ad ascoltare la Marina mercantile mentre inaugurava il Mondadori Bookstore di Roma, c’erano nugoli di giornalisti, che hanno evitato di ricordarle da dove viene la sua azienda e chi erano e quanto prendevano i giudici amici del paese. E c’era mezzo governo: i ministri Nordio, Casellati e Musumeci, viceministri, sottosegretari, leader e capigruppo, fieri di sedere accanto a Dell’Utri, pregiudicato per mafia, e a Gianni Letta, prescritto per finanziamento illecito. Mancavano i giudici buoni, prematuramente scomparsi. Bei tempi quando, per distinguerli dai cattivi, bastava l’Iban.

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Editoriale di Marco Travaglio
26 ottobre 2024

OMINICCHI E LENTICCHIE

Al ministero della Cultura dev’esserci un virus che fa impazzire tutti. Per decenni, di quel dicastero, s’è parlato poco o nulla. Vi si sono alternati ministri di vari colori (inclusi quelli di centrodestra nei tre governi B., per oltre nove anni) e nessuno s’è mai accorto di egemonie culturali di destra o di sinistra: si badava a sistemare amici, come avevano fatto per quasi mezzo secolo la Dc&C., che alla cultura preferivano le banche. Poi sono arrivati i melones e ci hanno raccontato, ma soprattutto si sono raccontati, che dopo 70 anni di comunismo (peraltro mai visti: il più a sinistra era Franceschini) si cambiava egemonia. E ci han mandato Sangiuliano, che è scivolato sulla Boccia di banana e, levandogli il “San” e l’“ano”, è sbucato Giuli. Se dovessimo spiegare a uno straniero, o a un italiano che ha altro da fare, cosa diavolo succede, preferiremmo arrenderci. Mission impossible. Giuli s’è portato dietro dal museo Maxxi il capo di gabinetto Francesco Spano, di area Pd e gay dichiarato con tanto di marito (anche lui consulente per pochi spicci al Maxxi, ma dai tempi della Melandri). E dalle migliori accademie di FdI, quelle che lavorano giorno e notte alla nuova egemonia culturale, s’è levato un solo grido di battaglia: “A fr***ooo!”. Sistemare sorelle e cognati è cosa buona e giusta. Ma nominare un “pederasta”, capace o incapace che sia, questo no. Qui la storia s’ingarbuglia e non si capisce più nulla, se non che Report annuncia un “nuovo caso Boccia” al Mic e tutti i giornali di destra iniziano a tifare Ranucci (c’è sempre una prima volta) contro Spano, mentre nelle chat di FdI si insinua che costui abbia una storia con un meloniano. Spano si dimette, Giuli minaccia di seguirlo, la Meloni lo trattiene e la sorella di Giuli (sì, c’è anche una sorella di Giuli, all’ufficio stampa di FdI alla Camera) litiga pubblicamente con Mollicone, noto per l’epica battaglia contro Peppa Pig – celebre agit prop del gender – e dunque presidente della commissione Cultura. Anche Fazzolari fa qualcosa, ma boh. E si tira in ballo pure Arianna Meloni, che però c’entra sempre e si porta su tutto. La sorella Giorgia, sempre spiritosa, dice che “c’è un po’ di nervosismo nel partito”. Alla faccia.

In tutto questo, nessuno capisce di cosa si sta parlando, chi ha fatto cosa, perché tizio si dimette e caio vuole seguirlo. Se non che fratelli, sorelle e cognati d’Italia fanno, come sempre, tutto da soli: la magistratura nemica del popolo non c’entra, e tantomeno la feroce opposizione e la terribile stampa spiona. Se ci fossero mega-torte da spartire o maxi-scandali da coprire, uno capirebbe: ma qui c’è solo la fame atavica di un termitaio di ominicchi e ominicchie che si sbranano per un piatto di lenticchie. Che poi è la cifra di questo governo: il nulla.




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Editoriale di Marco Travaglio - 27 Ottobre 2024

FACCE DA NATO

Mentre Putin riceve il segretario generale dell’Onu Guterres e i leader dei Brics, che si moltiplicano e raggiungono ormai quasi metà della popolazione mondiale e il 35% del Pil globale, tornano alla mente 32 mesi di oracoli dei migliori esperti atlantisti: Putin morente e sul punto di essere deposto, la Russia sola al mondo, schifata anche dagli alleati e prossima alla disfatta contro l’invincibile armata di Kiev e dei 40 Paesi dell’Asse del Bene (i 32 Nato e i loro amici). Chiunque osasse rispondere con i dati impietosi delle forze in campo e delle battaglie al fronte, con i numeri dei Paesi che all’Onu non condannavano l’invasione russa, con le analisi storiche e geopolitiche sul complesso fronte eurorientale, con le evidenze delle guerre e delle paci (tutt’altro che “giuste”) del passato, finiva ipso facto nelle liste dei “putiniani”. Guai ad auspicare negoziati, compromessi territoriali, cessate il fuoco per il bene degli ucraini aggrediti e devastati: la risposta era sempre “vuoi la resa di Kiev”, “ti paga Putin”. Giornalisti come Innaro espulsi dalla sede Rai di Mosca, professori come Orsini cacciati dal loro giornale, isolati dalla loro università e privati del contratto Rai già firmato, Elena Basile trattata da falsa ambasciatrice e vera millantatrice, storici, analisti e intellettuali non allineati al non-pensiero unico della propaganda che crede alle balle che racconta bollati per tre anni con il marchio d’infamia del rublo.

Sui social spopola un collage di profezie del prof. Vittorio Emanuele Parsi, che riassume tutto il meglio di quel peggio in una sola persona: “Più si va avanti, più la Russia rimane isolata… Più passa il tempo e più la Cina vede i suoi interessi divaricarsi da quelli russi perché la Cina sa che nel futuro c’è la Cina, ci sono gli Usa, c’è la Ue e non c’è la Russia… Putin ha il mondo contro di lui… Persino i cinesi… addirittura Kim ha detto che non intende mandare armi alla Russia… Putin non è eterno, secondo me non mangerà il panettone nel 2023… Allearsi con la Russia è strategicamente un fallimento per i Paesi che possono avere una tentazione anti-occidentale… I russi non possono sostenere ancora sei mesi di conflitto”. Ne avesse azzeccata mezza. Per carità, nessuno pretende che chi ha sbagliato tutto lo riconosca e si scusi (solo Rampini ha avuto l’onestà intellettuale di ammettere i suoi errori, e rispetto agli altri ne aveva commessi pochi): basta intendersi sul concetto di “esperto”, smettere di considerare tale chi non ne indovina una neppure per sbaglio, lasciare la propaganda ai propagandisti e affidare l’analisi ai veri analisti. Anche perché tutti sanno come andrà a finire in Ucraina, ma pochi osano dirlo perché devono salvare la faccia. Vogliamo rassicurarli: la faccia può perderla solo chi ne ha una.

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Editoriale di Marco Travaglio - 28 Ottobre 2024

MA MI FACCIA IL PIACERE

L’avvocatissimo. “Verona, indagato agente Polfer che ha ucciso Diarra Mouss. Eccesso colposo di legittima difesa l’ipotesi della Procura. Gasparri: “A disposizione per difenderlo” (Repubblica, 21.10). Così l’ergastolo non glielo leva nessuno.

Cartellino giallo. “Israele ha commesso un fallo di reazione. Gaza è stata una reazione eccessiva” (Carlo De Benedetti, Corriere della sera, 26.10). Bricconcelli.

Superballus. “Pronti a tutelare i diritti del Superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie” (Giorgia Meloni, leader FdI, 20.9.22). “Senza il Superbonus avrei dato 20mila euro a pensionato” (Giorgia Meloni, premier FdI, 23.10.24). Non ci sono parole per commentare: solo parolacce.

La pistola fumante. “Scarpinato sbugiardato dalle carte. Consigliava all’ex collega Natoli: ‘Non devi essere emotivo’” (Verità, 2310). Roba forte.

La ricreazione. “Vorrei andare in Antimafia a parlare di Scarpinato” (Michele Santoro, Unità, 26.10). Per l’angolo del buonumore.

Sala&Tabacchi. “Presidenza dell’Anci, l’ira di Sala: ‘Non si decida nel salotto di Bettini’” (Repubblica, 23.10). Meglio in un grattacielo abusivo di Milano.

Decide lui. “Meloni fa propaganda, ma ora i magistrati la smettano con le chat” (Matteo Renzi, Iv, Corriere della sera, 22.10). Se no?

Le centurie di Georgiadamus. “La Georgia non ne può più dell’uomo solo in politica (il fondatore di Sogno Georgiano, Ivanishvili, ndr)” (Micol Flamminii, Foglio, 26.10). “In Georgia si tifa per l’EuropaDomani, 21.10). Purtroppo i georgiani non lo sapevano e ha rivinto Ivanishvili.

Non vale. “Georgia, vince il filorusso Ivanishvili. Insorgono gli europeisti: ‘È un golpe’” (Repubblica, 27.10). Facciamo come in Ucraina negli ultimi vent’anni: si rivota a oltranza finché non vince quello giusto.

Il caro estintore. “Il de profundis di Grillo sul Movimento: ‘Rivendico il diritto alla sua estinzione’” (Repubblica, 27.10). Sai che novità: con il “grillino Draghi” gli era quasi riuscita.

Magno sempre. “Il ministro degli Esteri polacco… Sikorski non ha avuto dubbi: l’Italia è uno dei paesi europei più esposti alle infiltrazioni del Cremlino. Chissà, forse sapeva che lo stava ascoltando Marco Travaglio” (Foglio, 26.10). Il quale a sua volta sapeva che Sikorski è pagato da decenni dagli americani.

Il semiasse. “L’offensiva dell’asse del caos. Cina, Russia, Ira e Corea del Nord sono il quadrilatero anti-Occidentale. Alzano i toni e vogliono governare il mondo” (Federico Rampini, Corriere della sera, 26.10). Mica come l’asse della pace Usa- Israele.

Casachi? “Tra Conte e Grillo ne resterà uno solo, ma di elettore” (Davide Casaleggio, 24.10). Uno in più di quelli che ha il Casaleggio minor.

Nato per mentire. “Inchino a Putin, Guterres in difesa. Il numero uno dell’Onu criticato dall’Ucraina” (Giornale, 25.10). “Due pesi e due misure: se il segretario avesse stretto la mano insanguinata di Netanyahu?” (Dubbio, 26.10). “Così l’Onu è finita ai margini” (Paolo Valentino, Corriere della sera, 25.10). “L’atroce normalizzazione di Putin dell’ossequioso Guterres” Paola Peduzzi, Foglio, 25.10). Mi sa che confondono l’Onu con la Nato.

Dici a noi? “Blinken: è ora di porre fine alla guerra a Gaza” (Sole 24 ore, 24.10). Continuando ad armare Israele.

La Pizia di Delfi. “Trump? Mi lascia perplessa” (Marina Berlusconi, presidente Mondadori, 24.10). E stica**i non ce lo vogliamo aggiungere?

L’esperto. “La Gronda poteva evitare il crollo del ponte Morandi” (Antonio Tajani, FI, vicepremier e ministro degli Esteri, 26.10). Me l’ha detto mio cugino.

Sentimentaaal. “Un Movimento di furbetti e nullità. Mancano le basi. Beppe è un romantico, negli anni si è caricato il peso della gestione dei blog e cause” (Jacopo Fo, Repubblica, 26.10). Dovevi vederlo con che occhioni languidi guardava quei 300mila euro l’anno.

L’estremo oltraggio. “Perché non possiamo non dirci degasperiani” (Pierferdinando Casini, Messaggero, 26.10). Povero De Gasperi, non meritava.

Il titolo della settimana/1. “Francesco Paolo Figliuolo: ‘Come ricostruirò la Romagna. E non possiamo lasciare il Libano” (Giornale, 26.10). Mi sa che vuole annetterla al Libano.

Il titolo della settimana/2. “Hamas è sconfitto” (Flamminii, Foglio, 23.10). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/3.
“Il ministro Tescaroli. Il nuovo procuratore di Prato risponde a un’interrogazione parlamentare al posto di Nordio” (Foglio, 26.10). Ma magari.

Il titolo della settimana/4. “Servirebbe Malraux per la destra al potere” (Gaetano Quagliariello, Giornale, 23.10). Prima però servirebbe qualcuno che sappia chi minchia è Malraux.

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