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Dino

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I VERI PUTINIANI

l'editoriale di Marco Travaglio

18 marzo2025

Magari la telefonata Trump-Putin andrà malissimo, il negoziato di Gedda fallirà e la guerra in Ucraina continuerà a oltranza. Ma poniamo il caso che invece si arrivi a una tregua e poi a una pace stabile, fondata su un nuovo ordine mondiale che rispetti le esigenze di sicurezza di tutti e delle rispettive aree d’influenza. Cioè che si torni a rispettare le linee rosse di ciascuno e non solo degli , com’è avvenuto da quando – caduti il muro di Berlino, l’Urss e il Patto di Varsavia – gli americani si sentirono gli unici gendarmi del mondo. È o non è una prospettiva auspicabile da tutti, dopo tre anni passati nel terrore che un missile o un drone vagante cada nel posto sbagliato e faccia scattare l’articolo 5 del Trattato Atlantico della Nato, cioè la terza guerra mondiale, la prima tutta nucleare? Dovrebbe augurarsela non solo chi lo fa da sempre: i famosi “pacifinti” e “putiniani”, che pagano tuttora il fio di averle azzeccate tutte con insulti, diffamazioni e calunnie. Ma anche i guerrafondai che dipingono Putin e Trump come i nuovi Hitler: se a Mosca e a Washington ci sono due Führer, a noi europei che stiamo in mezzo conviene che quelli si parlino e si accordino, o che si bombardino?

E invece no. Mentre tutte le persone normali sperano che la telefonata Trump-Putin porti buone notizie, le classi dirigenti, intellettuali e giornalistiche europee si augurano che fallisca. Sono tutte in lutto perché si rischia la pace e fanno di tutto per sabotarla con risoluzioni e piani di riarmo che parlano solo di guerra: se questa dovesse disgraziatamente finire, ne preparano subito un’altra. Inventano invasioni russe in Ue senza senso né movente, fingono che la Nato sia stata abolita, parlano di riarmo come se l’Europa fosse disarmata (invece spende in armi il 38% più della Russia e pullula di testate atomiche americane, francesi e inglesi). E quella svalvolata della Kallas, nell’ora X del negoziato, vuole inviare altri 40 miliardi di armi a Zelensky per spingerlo a non trattare e a continuare a combattere. Cioè a perdere altri uomini e altri territori. Il tutto a nome nostro, anche se nessuno dei cittadini europei che nel giugno scorso ha votato per cambiare l’Ue ha mai pensato di affidare il proprio destino a una estone russofoba per motivi famigliari. I “pacifinti” pro-negoziato sono sempre caricaturati come anime belle con i fiorellini al posto dei cannoni: invece sono i veri realisti e i veri amici degli ucraini, che da oltre due anni passano da una disfatta all’altra perché hanno contro il fattore tempo. Resta da capire quale alternativa proponga chi teme e sabota il negoziato: a parte continuare a finanziare il suicidio assistito dell’Ucraina e dell’Europa. Cioè a fare il gioco di Putin fingendo di attaccarlo. I veri putiniani sono loro.

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Dino

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GUARDONI E CORNUTI

l'editoriale di Marco Travaglio

19 marzo 2025

Cosa facevano ieri i nostri governi – quello europeo e quello italiano – mentre Trump e Putin discutevano come chiudere la guerra in Ucraina? Parlavano d’altro, perché non contano nulla e non hanno una posizione su niente. Guardoni e cornuti, sempre gli ultimi a sapere le cose. Mentre i protagonisti parlano di pace, i governi europei parlano di guerra. Ieri, durante la telefonata fra Casa Bianca e Cremlino, la Von der Leyen diceva: “L’Europa, se vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra”. Viva la faccia. Che la Commissione Ue tifi e remi contro la pace l’avevamo capito da un pezzo. Il folle piano Rearm Europe serve a “preparare la guerra” alla Russia su tre presupposti falsi: che Mosca stia per invaderci, che la Nato sia stata abolita e che le guerre si evitino preparandole (invece chi le prepara puntualmente le ottiene). Infatti l’altra dioscura Kallas vuole inviare altri 40 miliardi di armi a un Paese che fra poco potrebbe firmare il cessate il fuoco, quindi dovrebbe deporre le armi e restituire quelle ricevute, non riceverne altre. È l’ultimo, disperato tentativo di convincere Zelensky a non firmare nulla, seguitando a illuderlo che la realtà non esiste e continuando a combattere recupererà i territori che lui stesso dà per persi, anziché perderne di nuovi insieme a migliaia di altre vite, e aderirà pure all’Ue e alla Nato (all’insaputa di Trump).

Ma, se la linea europea fosse questa, avrebbe almeno il pregio della chiarezza. Invece no. I principali governi europei preparano truppe di “volenterosi” da inviare in Ucraina quando sarà scoppiata la pace per presidiare oltre 2 mila km di fronte. Cioè: da un lato sabotano il negoziato, da cui essendo bellicisti sono giustamente esclusi, sperando che fallisca; e dall’altro dettano condizioni per il dopo-negoziato, sperando che riesca, ma facendo i conti senza gli osti che lo apparecchiano. Le eventuali truppe di peacekeeping e di sicurezza in Ucraina saranno uno degli oggetti del negoziato (come in quello di Istanbul a marzo-aprile 2022), e nessuno può deciderle prima, tantomeno se non sta al tavolo. Ma è altamente improbabile che, dopo tre anni di guerra, la Russia accetti ai suoi confini truppe Nato (Francia, Regno Unito, Polonia e altri 27 Paesi) ai suoi confini, visto che decise l’invasione proprio per evitarlo. È ovvio che quel compito dovrà spettare a Paesi rimasti neutrali nel conflitto, dalla Turchia all’India, da Israele all’Arabia, dal Brasile ad altri Brics: quindi di che parlano Macron, Starmer, Tusk e altri euromitomani (con l’eccezione, una volta tanto lodevole, della Meloni)? Questa è purtroppo, oggi, l’Europa. Un’altra non c’è. Quando finalmente la seppelliremo, sarà sempre troppo tardi. L’unica manifestazione sensata sull’Europa è un corteo funebre.

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MICHELE LA TRIPPA

Editoriale di Marco Travaglio

20 marzo 2025

Finora non ho scritto della manifestazione europeista di Michele Serra e di Repubblica per due motivi. 1) Non ho capito bene per cosa o contro cosa l’avessero convocata: infatti non l’avevano capito neppure i partecipanti, ciascuno dei quali era lì per un obiettivo opposto a quello del vicino. Come se, quando facevamo i Girotondi, non avessimo chiarito che eravamo contro le leggi ad personam e l’editto bulgaro di B. e ci fossimo ritrovati in piazza il Caimano Fan Club. 2) Ogni giornale in crisi è libero di inventarsi le iniziative promozionali che preferisce (magari evitando di arruolare post mortem gl’incolpevoli Spinelli, Colorni e Rossi). Purché se le organizzi in proprio e se le paghi di tasca sua. Poi lunedì Serra ha scritto: “Ringrazio il Comune di Roma che ha organizzato tutto”. E l’ha pure pagato con 270 mila euro di fondi pubblici (non solo per le normali spese di pulizia e polizia, ma per tutto il cucuzzaro), senza aver votato delibere in proposito. Ma come: non era una piazza “spontanea”, autoconvocata “dal basso” per riunire migliaia di persone ansiose di dire sì ma anche no alla Ue che riarma con 800 miliardi i 27 eserciti nazionali? E allora perché la sfilata sul palco delle firme di Rep e in piazza di Schlein, Gentiloni, Calenda, Boschi &C. l’ha pagata Pantalone? Ernesto Nathan, il sindaco mazziniano d’inizio ’900, tagliò i fondi comunali per nutrire i gatti randagi e nacque il detto “Non c’è trippa per gatti”. Ora, con Gualtieri, la trippa è tornata. Ma solo per Serra&C. Roba da far impallidire Cetto La Qualunque.

Non sappiamo se la Corte dei Conti e la Procura avranno qualcosa da dire su questo abuso di risorse pubbliche che puzza tanto di peculato. Ma sappiamo cosa direbbero Rep&Pd se un sindaco di destra finanziasse uno spottone a Giornale, Libero e Verità; o se Virginia Raggi (decine di volte indagata e/o imputata e sempre assolta) avesse fatto lo stesso per una sfilata grillina. E pare che non sia neppure un caso isolato, ma un format: altri due sindaci del Pd, il bolognese Lepore e la fiorentina Funaro, annunciano una nuova tappa del Rep Tour a Bologna il 5 aprile (stesso giorno della manifestazione degli alleati 5Stelle, ma sarà solo un caso). Anche lì paga Pantalone? Se, come dicono, “ce lo chiedono i cittadini”, promuovano una raccolta fondi privati o li chiedano al gruppo Gedi, che nel solo 2023 ha incassato 6,7 milioni dallo Stato. Per fortuna, grazie ai suoi lettori e abbonati in continua crescita, il Fatto non ha bisogno di certi mezzucci. Ma quasi quasi ne approfittiamo anche noi. Siccome l’Europa è già presa, pensavamo a una bella piazza per l’Oceania. Anche quella è un continente, no? Quindi speriamo che i sindaci del Pd non vogliano discriminarla: attendiamo il bonifico.

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VIA ALLE TELEFONATE

Editoriale di Marco Travaglio

21 marzo 2025

Già non era male la norma che impone al giudice di avvisare l’arrestando cinque giorni prima, dandogli modo di minacciare i testimoni, far sparire le prove e scappare. Ma ora il limite di 45 giorni per le intercettazioni – esclusi solo i reati di mafia e terrorismo e, per tutti gli altri, i casi di “elementi specifici e concreti” – è il passo decisivo verso una giustizia alla De Coubertin, dove l’importante è partecipare e viene finalmente garantita la par condicio fra guardie e ladri: siccome le guardie possono intercettare i ladri e purtroppo non viceversa, lealtà sportiva vuole che i delinquenti sappiano in anticipo per quanti giorni vengono ascoltati e quando sono liberi di parlare indisturbati. Se, per dire, un onesto imprenditore del crimine che si guadagna il pane con i sequestri di persona decide di rapire un bambino per chiedere il riscatto, è profondamente ingiusto che le forze dell’ordine controllino sine die i telefoni dei famigliari per risalire al sequestratore, localizzarlo, arrestarlo e liberare l’ostaggio: come fa, pover’uomo, ad avviare la trattativa? D’ora in poi saprà che deve starsene muto e fermo per un mese e mezzo col bimbo in catene, evitando l’insorgere di “elementi specifici e concreti” di novità. Poi al 46esimo giorno saprà che è tutto spento e potrà finalmente concludere l’affare lontano da orecchi indiscreti. È più sportivo.
Lo stesso vale per quei poveri cristi che sbarcano il lunario ammazzando, truffando, molestando, stuprando, truffando, rapinando, stalkerando, schiavizzando, compravendendo il prossimo, o scambiando tangenti, falsificando bilanci, svuotando aziende, mandandole in bancarotta e fregando dipendenti, clienti, azionisti e fornitori: un mese e mezzo di silenzio e di inerzia passa in fretta, poi però bisogna agire, mica si può star lì a pettinare le bambole tutta la vita. Quindi, al giorno numero 46, via alle telefonate! I 5 Stelle, con l’ex pm Cafiero de Raho, hanno dato battaglia. Ma anche i partiti del cosiddetto centrosinistra avrebbero avuto gioco facile a spiegare ai cittadini e alle forze dell’ordine che votano a destra questa nuova mirabile trovata del governo di destra: purtroppo avevano da fare a Ventotene e dintorni. Invece le truppe dei famosi “veri oppositori” Calenda e Renzi non hanno partecipato al voto. E meno male: se l’avessero fatto, avrebbero votato Sì, come sempre sulla (in)giustizia. Ora non resta che attendere i frutti della grande riforma, e cioè le migliaia di delitti impuniti in cerca d’autore e le migliaia di vittime senza giustizia in cerca di verità. Se poi qualche criminale, avvisato in anticipo delle intercettazioni che scadono e dell’arresto in arrivo, si farà ancora beccare, se lo sarà meritato: ma potrà sempre invocare l’infermità mentale.

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COME TUTTO COMINCIÒ

Editoriale di Marco Travaglio

22 marzo 2025

Ultimissime dal repartino psichiatrico “Europa”. La Von der Leyen annuncia il riarmo da 800 miliardi dei 27 Stati membri: il Rearm Europe. Ma la Meloni obietta che chiamare “riarmo” il riarmo fa capire a tutti che è un riarmo. Quindi lo ribattezzano Readiness (“Prontezza”). Intanto la Kallas intima ai 27 di scucire altri 40 miliardi in armi per l’Ucraina, che sta per firmare la tregua. Così magari cambia idea e continua a combattere e a perdere uomini e territori. Quasi tutti le rispondono che non hanno nemmeno gli occhi per piangere, ma lei non fa una piega: “Vabbè, facciamo 5 miliardi”. Come dal salumiere. Buon peso: che faccio, lascio? Macron fa distribuire un opuscolo di istruzioni per sopravvivere alla guerra. Stiamo parlando del dissociato mentale che nel febbraio 2022 intimava a Zelensky di dire addio alla Nato e rispettare gli accordi di Minsk sul Donbass autonomo e pacificato; il 7.5 e il 2.6.22 raccomandava di “non umiliare Putin” e “negoziare anziché processarlo all’Aja”; l’8.12 voleva “garanzie di sicurezza per la Russia”; il 6.4.23 sposava la mediazione cinese; il 26.2.24 auspicava “truppe Nato a Kiev” e da allora delira di soldati e ombrelli nucleari. Ma nessuno gli chiamò mai un’ambulanza.

Un giorno, se qualcuno sopravvivrà (grazie all’opuscolo di Macron) alla guerra che l’Europa prepara alacremente, gli storici ne cercheranno le cause. E scopriranno che 30 anni fa alcuni squilibrati americani detti “neocon” progettarono di stravincere la guerra fredda con una guerra calda alla Russia, usando l’Ucraina come teste d’ariete. Fecero annunciare da Clinton, Bush jr., Obama e Biden che Kiev sarebbe entrata nella Nato. Promossero rivolte per cacciare due volte il presidente eletto Yanukovich, che voleva la neutralità nell’interesse del suo popolo. Armarono milizie fascio-naziste per perseguitare i russofoni in rivolta contro i golpe bianchi. Sabotarono gli accordi di Minsk promossi da Francia e Germania (ancora autonome). E, dopo 8 anni di guerra civile, ottennero l’invasione per battere finalmente la Russia. Solo che persero la guerra insieme a un’Ue ridotta a protesi della Nato. Centinaia di migliaia di morti per difendere dalla Russia i russofoni di Donbass e Crimea che volevano stare con la Russia. Trump ereditò la sconfitta e patteggiò con Putin. Anche Zelensky ammise che era impossibile recuperare, ma fu spinto a combattere, cioè a perdere, ancora. Poi Ursula pronunciò la fatidica frase: “Prepariamo la guerra per ottenere la pace”. E ottenne la guerra.

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ONTA SU ONTA

Editoriale di Marco Travaglio

23 marzo 2025

Tra le tante notizie incomprensibili di questi tempi tragicomici, una svetta su tutte: la decisione di Fulvio Martusciello, coordinatore di Forza Italia in Campania e capodelegazione al Parlamento europeo, di ritirare la sua candidatura a presidente della Regione. Il motivo è che il suo nome è emerso, malgrado non risulti indagato, nell’inchiesta su presunti regali e mazzette dal colosso cinese Huawei per l’affare del 5G. E che la sua assistente Lucia Luciana Simeone è stata arrestata per ipotetiche tangenti da 46 mila euro. “Ho costruito in questi anni – ha spiegato Martusciello – un partito al di sopra di ogni sospetto e in una fase in cui è giusto che ogni contesto venga chiarito senza interferenze ritengo doveroso contribuire a preservare FI da ogni possibile elemento di attacco o strumentalizzazione”. Sul partito “al di sopra di ogni sospetto” ci sarebbe magari qualcosina da eccepire, vista la sfilza di forzisti campani arrestati e/o indagati, anche per storie di camorra, come Giggino ’a Purpetta Cesaro, alcuni poi condannati in via definitiva come Nicola Cosentino (10 anni come referente del clan dei Casalesi). Senza dimenticare il fondatore Silvio B., che proprio a Napoli si comprò il senatore Sergio De Gregorio e fu condannato e poi salvato dalla prescrizione. Ma proprio questo è il punto. Da 31 anni esatti in FI l’avviso di garanzia fa curriculum, il rinvio a giudizio è uno status symbol, l’arresto è una medaglia al valore, la condanna una causa di beatificazione. Se uno è indagato e poi assolto, è la prova che i pm lo perseguitavano. Se invece è condannato, è la prova che i giudici lo perseguitano.
Ora, consolidato il teorema del complotto perfetto, non si vede come, all’improvviso, l’arresto di un’assistente possa stroncare una candidatura. Qui si rompe una lunga tradizione e si getta una luce sinistra su tanti valorosi pregiudicati venerati nel calendario azzurro e nel martirologio “garantista”. Non si era detto che, quando tocca un berlusconiano (e, per estensione, di tutto il centrodestra), la giustizia è accanimento a orologeria, persecuzione politica, congiura di toghe rosse, invasione di campo e gogna mediatica? Non si era detto che, per ipotizzare eventualmente dimissioni o altri passi indietro, bisogna attendere la sentenza definitiva della Cassazione e poi, quando arriva, se è di condanna, si passa direttamente a dedicare al pregiudicato l’aeroporto di Linate e il francobollo commemorativo? E, se è di prescrizione, la si gabella per assoluzione? Qui si rischia di gettare nel più cupo sconforto un’intera comunità. A meno che Martusciello non si affretti a confessare alla base disorientata la vera onta infamante che lo spinge a ritirarsi col capo cosparso di cenere: non essere indagato.

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Editoriale
di Marco Travaglio - 24 Marzo 2025

MA MI FACCIA IL PIACERE

Dal Vangelo secondo Caino. “Anche il Vangelo ci spinge all’autodifesa” (Mario Deaglio, Stampa, 21.3). Porgi l’altra bomba.

Bancomatt. “Arriva la nuova banca delle armi: ‘Forniamo capitali a basso costo e aiutiamo gli Stati a proteggersi’” (Riformista, 21.3). C’è pure il Bancomat per ritirare i proiettili.

Autotraining. “Tajani: ‘La politica estera compete a me’” (Repubblica, 23.3). Se lo ripete tutti i giorni, sennò non ci crede neanche lui.

Il Migliore. “Draghi: ‘La sicurezza europea messa in discussione da Trump’” (Corriere della sera, 19.3). Quel pirla di Donald ha scelto sia la pace sia il condizionatore d’aria acceso.

Senti chi parla. “La premier ha questa caratteristica: le sue idee cambiano in base al suo interesse personale” (Matteo Renzi, senatore Iv, La7, 21.3). Pare che la Meloni avesse promesso di ritirarsi dalla politica se avesse perso il referendum nel 2016 e sia ancora lì.

Mein Trump. “Trump usa tecniche di comunicazione simili a quelle scelte da Hitler” (Stefano Massini, Stampa, 21.3). Altre cazzate?

Import-export. “L’Ucraina ora si ‘candida’ a rifornire il Continente. Ma sul futuro degli arsenali pesano le divisioni dei Paesi” (Corriere della sera, 20.3). Cioè Zelensky ci rivende le armi che gli abbiamo regalato?

Pronta cassa. “Zelensky si appella all’Europa: servono subito cinque miliardi” (Corriere della sera, 21.3). Solo?

Pina Fantozzi. “Pina Picierno: ‘Un altro Pd è possibile’” (intervista di tre pagine al Foglio, 17.3). Ecco, brava, fanne un altro.

Slurp/1. “Draghi intelligenza naturale. L’ex premier torna al Senato e incanta” (Carmelo Caruso, Foglio, 18.3). Peccato che sia già sposato.

Slurp/2. “Ironia di Draghi ai parlamentari: ‘Guardate l’orologio quindi vado’. Così l’ex premier chiude l’audizione dopo 2 ore e mezza” (Ansa, 18.3). Quando ti diverti, il tempo si ferma.

Slurp/3. “Benigni è il ‘poeta d’Italia’, il nostro bene rifugio, la dignità e la sapienza della risata italiana” (Francesco Merlo, Repubblica, 22.3). Però ha anche dei pregi.

Tre uomini in barca. “Pd, un flash mob a Ventotene: ‘La premier venga con noi’” (Repubblica, 21.3). Pensa se la Meloni accettava.

Basta un Ni. “Contro la logica binaria. La giusta astensione del Pd. Il riarmo europeo non va ridotto a una sfida tra sì e no” (Nadia Urbinati, Domani, 18.3). Brava: meglio l’ignavia.

Ha stato Trump. “Una guerra che Putin ha voluto con l’orrido bugiardo Trump” (Natalia Aspesi, Venerdì-Repubblica, 21.3). L’orrido bugiardo che il 24 febbraio 2022 governava gli Usa al posto dello splendido sincero Biden.

Ha stato Putin. “Heathrow in tilt, migliaia a terra. C’è chi evoca il sabotaggio russo” (Repubblica, 22.3). “Heathrow brucia. Sospetti sulla Russia” (Libero, 22.3). “Nella peggiore delle ipotesi è… un attentato. Spie russe. Intimidazione. Tutti lo pensano, molti lo sussurrano, i giornali più compassati (Guardian, Times, Telegraph) riportano per il momento solo la notizia che sta indagando l’antiterrorismo. I tabloid, quelli più letti e che più leggono la pancia del popolo (vedi il Daily Mail) parlano di ‘Putin fingerprint’ e si domandano: c’è lo zampino di Putin dietro il grande incendio che ha causato il caos nel cieli britannici e del mondo? (Stampa, 22.3). “Fumo di Londra. Heathrow in fiamme. L’odore di bruciato arriva anche da Mosca” (Riformista, 22.3). “L’antiterrorismo e la pista russa. Dall’invasione ucraina molti episodi tra attentati, roghi, tentati omicidi” (Giornale, 22.3). Per non parlare di quando si è sabotato i gasdotti North Stream da solo.

Ha stato la pace. “Sì. I danni del pacifismo sono seri” (Francesco Merlo, Repubblica, 21.3). Giusto: spariamogli.

Pupo e Pupone. “Totti, l’evento a Mosca è un caso. L’appello di +Europa: ‘Ripensaci’” (Corriere della sera, 17.3). “Totti, cartellino rosso. Polemiche anche su Pupo che si esibirà in Russia” (Stampa, 17.3) Dài, su, ritirategli il passaporto.

Il titolo della settimana/1. “Enrico Letta: ‘Integrare i mercati Ue per smettere di essere una colonia Usa’” (Sole 24 ore, 18.3). Parola di colono.

Il titolo della settimana/2. “Possibile che nessun giornalista chieda a Gratteri dei morti ammazzati a Napoli?” (Dubbio, 22.3). Ma infatti: li ammazza tutti lui.

Il titolo della settimana/3. “Prosegue la cura Milei” (Foglio, 22.3). Intanto il paziente è morto.

I titoli della settimana/4.
“L’esperto: ‘Il Pontefice è afono, riprenderà a parlare grazie a esercizi mirati’” (Corriere della sera, 23.3). “Il card. Fernandez: ‘Il Papa dovrà imparare di nuovo a parlare’” (Repubblica, 22.3). “Il Papa e l’ultima sfida: reimparare a parlare. ‘Ci farà una sorpresa’” (Messaggero, 22.3). Infatti ha subito parlato.

I titoli della settimana/4. “Il pontefice non sembra, al momento, in grado di tornare a Santa Marta” (Domani, 19.3). “Papa Francesco ritorna a Santa Marta” (Domani, 23.3). Vabbé pazienza.

I titoli della settimana/5. “Crosetto ci spiega perché l’Italia scommette sulla Nato in Ucraina” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 19.3). Ma non si era detto l’Ucraina nella Nato?

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SINDROME CINESE

Editoriale di Marco Travaglio

25 marzo 2025

Sembra ieri che Nato e Ue dichiaravano guerra alla Cina. Hacker e troll cinesi, come i russi, truccavano tutte le elezioni occidentali (“Elezioni, l’onda fake da Cina e Russia”, Corriere). E fabbricavano persino “fake news contro Kate Middleton” (Giornale). E poi ’sti cinesi, oltre a essere tutti uguali e a non morire mai, “stanno silenziosamente defraudando l’Italia delle sue tecnologie e delle sue aziende” (Rep). E che dire delle “bodycam destinate ai poliziotti” comprate “sotto il governo Conte” e del “filo con la Cina che allarma gli 007” (Corriere)? E di Pechino che “ci spia attraverso l’ambasciata e la rete diplomatica” (Libero), ma pure con le “telecamere di sicurezza cinesi” (Corriere)? E “i parlamentari italiani spiati dalla Cina e le interferenze che ancora non vediamo” (Foglio)? E le “ombre cinesi sul black-out dei cellulari in America” e “la mano di Pechino dietro le nuove droghe” (Libero)? E “gli occhi russo-cinesi sulle Svalbard”, le decisive isole nel Mar Glaciale Artico con ben 2.940 abitanti (Foglio)? Senza contare che la Cina ci controlla e ci pilota con Tik Tok, che va bandito da tutto l’orbe democratico. Il 29.6.22 Stoltenberg tuonò: “La Cina minaccia interessi, sicurezza e valori della Nato” e tutta Europa fece sì sì. Nel febbraio ’23 Biden denunciò un attentato alla sicurezza nazionale: un pallone aerostatico cinese giunto in Montana dal Pacifico. Pechino disse che era una sonda meteo dirottata dal vento. Ma gli Usa: “È attrezzata per attività di spionaggio”. Blinken annullò la visita a Pechino e fece abbattere quel pallone a elio da 12 dollari con un missile aria-aria da 400 mila dollari lanciato da un caccia F-22. Il mondo trattenne il fiato, poi il Pentagono dovette ammettere che era una sonda meteo e non aveva spiato una mazza.

Nel luglio ’24 la Nato ribadì che la Cina è il nostro “rivale strategico”. E l’Ue sempre a rimorchio. Su Rep Merlo stilò il “lungo l’elenco di italiani illustri sedotti dalla Cina, a cominciare da Grillo, Conte, D’Alema”. Infatti Conte, noto trumpiano filo-russo/cinese, aveva firmato la Via della Seta per non farci fregare anche quel mercato dai presunti amici. Poi la Meloni la stracciò d’intesa con quel gran genio della Belloni e si meritò il bacetto di Biden sul capino. Ma non bastava: “Bisogna liberare l’Africa dal controllo russo-cinese”, annunciò marziale Urso, pregustando nuovi posti al sole. Ora, contrordine. “Ursula rilancia: ‘Pronti a espandere l’intesa con Pechino’” (Rep). “I dazi di Trump aprono a Pechino le porte dell’Ue” (Stampa). “La tentazione dell’Europa di tornare a chiedere aiuto alla Cina” (Foglio). Gentile Xi Jinping, ha per caso conservato una fotocopia della Via della Seta? No, perché questi pagliacci cambiano più amici e nemici che calzini e mutande.

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TANK SHOW

Editoriale di Marco Travaglio -

26 marzo 2025

“C’è un’aria, un’aria, ma un’aria… che manca l’aria” cantava Gaber in un pezzo memorabile sulla cosiddetta informazione. È la solita arietta di pensiero unico e conformismo forzato, che ogni tanto torna. Come negli anni d’oro di B., nel triennio renziano e sotto i governi dei due Super Mario (Monti e Draghi). Talk show e giornali, anche quelli un tempo più aperti e plurali, somigliano sempre più a esercitazioni milirtari, con la differenza che almeno sulle piazze d’armi c’è il caporale di giornata che ordina l’alzabandiera, il presentat’arm, l’attenti, il riposo, l’avanti marsch. Qui resta nell’ombra, ben nascosto nei cda delle multinazionali delle armi e dei finti centri di ricerca più o meno prezzolati (e prezzolanti). Sono tre anni che i trombettieri di Big Arma provano a convincerci a dimenticare la Costituzione per arruolarci in guerra con un Paese non alleato a suon di soldi e armi, cosa mai fatta dal 1945 (salvo quando gli aggressori eravamo noi), distruggendo la nostra economia con le autosanzioni. E, ogni volta che ci provano, ottengono il risultato opposto: il no all’escalation aumenta. Anche perché si affidano a mentitori così scarsi che ogni balla che raccontano si smaschera da sola: Putin morente, la Russia in default e sola al mondo, l’“Armata Rotta” che non regge all’inverno (in Siberia è estate tutto l’anno), combatte con le pale, le dita, i microchip rubati dai tiralatte, senza divise né calzini né munizioni né missili, e se la dà a gambe dinanzi agli ucraini grazie alle nostre armi.

Si pensava che, dopo tre anni di cazzate, i cazzari andassero a nascondersi, o almeno seguissero un corso-base di propaganda. Invece no. Anziché all’ultimo banco o dietro la lavagna dei somari, sono sempre in cattedra a pontificare. Per ogni balla che scoppia, ne inventano subito un’altra che fa la stessa fine. Le ultime sono strepitose. 1) Il riarmo europeo per una difesa autonoma: come se esistesse uno Stato europeo con una politica estera e un esercito; come se l’Europa fosse disarmata e non spendesse in armi il 38% più della Russia; come se la Nato fosse stata abolita; e come se il piano Von der Leyen non fosse già stato sfanculato da 26 Stati membri su 27. 2) Le truppe dei “volonterosi” da inviare sul nuovo confine russo- ucraino dopo la tregua o la pace. Quindi sostengono i negoziati? No, li sabotano perché li fa Trump. Vogliono che la guerra continui, ma intanto si offendono perché non sono invitati. E si stupiscono se i sondaggi vanno sempre peggio (per loro): basta armi a Kiev, niente truppe, riarmo e qualunque altra cosa venga da lorsignori. Tanti soldi e cervelli buttati per la campagna di propaganda più fallimentare della storia. La realtà e la logica sono peggio della peperonata: tornano sempre su.

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SIAMO SALVI

Editoriale di Marco Travaglio

27 marzo 2025

Il nuovo idolo assoluto è il commissario europeo per la Parità, preparazione e gestione delle crisi, la belga Hadja Lahbib, che posta uno strepitoso video di istruzioni per sopravvivere alla terza guerra mondiale (lei la chiama simpaticamente “crisi”) auspicata e progettata dalla nostra nella Ue. Un capolavoro di comunicazione postmoderna. L’esordio è da piazzista di pentole: “Benvenuti a ‘Cosa c’è nella mia borsa – Edizione sopravvivenza’”. Segue un tutorial di consigli utilissimi. 1) “I miei occhiali per vedere cosa sta succedendo” (se sei miope, il fungo atomico mica lo noti). 2) “I miei documenti nella busta salva-acqua” (nel caso in cui, anziché con le atomiche e i missili ipersonici, Putin ci bombardi coi gavettoni). 3) “Non dimenticate la torcia, i fiammiferi e l’accendino” (volete la pace o la luce?). 4) “Una bottiglia d’acqua è vita” (contro le radiazioni, si raccomanda di bere molto, con buona pace di Lollobrigida). 5) “Ed ecco il mio amico speciale: il coltellino svizzero con 18 funzioni, non puoi non averlo” (i russi vanno all’assalto con le dita e le pale del 1869, noi rispondiamo con cavatappi e tagliaunghie).

6) “Ricordati le medicine, non si sa mai” (metti che, mentre le radiazioni ti sciolgono in una poltiglia verdastra, ti venga il raffreddore). 7) “Pòrtati qualcosa da mangiare: potresti avere molta fame” (la tipica sindrome da stomaco bucato, o liquefatto). 8) “Naturalmente un po’ di contanti: nel pieno di una crisi il cash è tutto, la carta di credito potrebbe ridursi a un pezzo di plastica” (a Hiroshima e Nagasaki non ci pensarono e creparono tutti). 9) “Non scordare il caricabatterie: il telefono spento è la fine” (una telefonata allunga la vita, anche se non sai chi chiamare perché sono tutti morti, tranne te che hai la borsa col kit). 10) “E le carte da gioco: un pizzico di distrazione non guasta” (il famoso tressette col morto, anzi coi morti). 11) “Una radio”, possibilmente “piccola” (sennò ti sgamano e te la requisiscono, vedi Fantozzi e la corazzata Potëmkin). Tutto nella “borsa di resilienza”: “Ecco tutto ciò che serve per sopravvivere nelle prime 72 ore di crisi”. Poi schiatti, però dài, sono soddisfazioni: “L’Ue ha pronta la strategia per essere certi che ogni cittadino sopravviva. Sii pronto e sarai salvo”. Il video è inframmezzato dalle risate della garrula giuliva, che si diverte un mondo. Però va ringraziata, perché ci mostra in che mani è l’Ue, ove non bastassero i deliri di Ursula, Kallas&C.; e con che propaganda tafazziana prepara e rassicura i cittadini in vista del lieto evento. Questa sì che è deterrenza: pare che Putin abbia già tentato il suicidio.

Ps. Adriano Sofri, sul Foglio, intima ai “gentili ospiti di Lilli Gruber” di “ribellarsi alle falsità di Travaglio” e isolarmi. Manco fossi un condannato per omicidio.

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LE FAVOLE DI PINOCCHIA

Editoriale di Marco Travaglio

28 marzo 2025

Prima che l’ennesimo euro-scandalo – gli incontri della lobby israeliana di estrema destra Idsf, mai registrata né autorizzata, con 19 eurodeputati, fra cui la pidina Pina Picierno – diventi la solita disputa burocratica su regole e regolette, è bene andare alla sostanza. Se la vestale del renzismo, del bellicismo e dell’atlantismo (ma solo, coerentemente, fino all’elezione di Trump), riceve i capi dell’Israel Defense and Security Forum con tanto di foto opportunity nel Parlamento europeo di cui è una dei 14 vicepresidenti, il problema politico non è se e come abbia registrato gli incontri. Né che siano avvenuti. Chi mai dovrebbe incontrare quella congrega di fanatici estremisti che teorizzano la colonizzazione illegale della Cisgiordania e reclutano mercenari per le guerre di Israele, se non la Picierno, che in quest’anno e mezzo, col giochino “E allora il 7 ottobre?”, è riuscita a non condannare mai nettamente ed esplicitamente il governo Netanyahu per lo sterminio di 50 mila (almeno) palestinesi a Gaza e a tacciare di antisemita filo-Hamas chiunque lo chiamasse col suo nome? Il problema politico è cosa ci faccia questa signora nel Pd. O, in alternativa, quale credibilità abbia il Pd quando tuona (di rado) o pigola (spesso) contro i crimini di Netanyahu&C. se poi si tiene le Picierno e altri sedicenti “riformisti” per mancanza di riforme. Un altro frequentatore dell’allegra brigata israeliana è il lituano Andrius Kubilius, commissario Ue per la Difesa, e anche lì nessuno stupore: è un altro tifoso del riarmo e non poteva non empatizzare. Ma almeno sta in un partito di destra catto-nazionalista. Non in uno di presunta “sinistra”.

Ma, in questa spettacolare farsa chiamata Europa, capita che la Commissione, cioè il governo, sia composta da Cdu, FdI, Liberali, Verdi e Pse. Infatti continua a sfornare auto-sanzioni alla Russia, ma non s’è mai sognata di discutere e men che meno votare sanzioni a Israele. Neppure per bloccare le forniture di armamenti che Netanyahu usa per radere al suolo la striscia di Gaza, attaccare la Cisgiordania aizzando e armando i coloni più violenti, il Libano, la Siria, l’Iran, lo Yemen e ogni tanto pure l’Iraq. Intanto la Picierno dichiarava con grave sprezzo del ridicolo che “l’Italia non vende armi a Paesi in guerra”. Stilava liste fantasy di putiniani. E riusciva a chiedere, restando seria, “alla Commissione e al Consiglio Ue l’inserimento di Ciro Cerullo, in arte Jorit, tra gli individui sottoposti a sanzioni” perché l’artista di strada napoletano aveva dipinto un murale su Mariupol e incontrato Putin a Mosca per portare messaggi di pace. Invece, per una che incontra i lobbisti delle guerre e delle stragi d’Israele, niente sanzioni. Anche perché dovrebbe sanzionarsi da sola.

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CRIMINALI VOLENTEROSI

Editoriale di Marco Travaglio

29 marzo 2025

Che al negoziato trumpiano Ucraina-Russia la cosiddetta Europa preferisca la guerra per procura fino all’ultimo ucraino l’hanno capito tutti. Infatti gli euro-guerrafondai e i loro trombettieri si nascondono dietro una neolingua da Ministero della Verità orwelliano (“La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”). Il piano di riarmo da 800 miliardi si chiama “Prontezza 2030” (cioè lentezza: però magari Putin, per invaderci, aspetta 5 anni finché siamo pronti). Gli interventisti Macron, Starmer&C. vogliono inviare truppe a Kiev per sabotare i negoziati e spingere Zelensky a non firmare né tregua né pace. Ma non possono ammettere di aver mentito fin qui ai loro popoli (“mai un solo uomo in battaglia per evitare la terza guerra mondiale”): sennò si capisce che stanno mettendo nel mirino di Putin l’intera Europa, mai finora nelle mire di Mosca. Quindi si son dati un nome civettuolo e rincuorante: “volenterosi”. E i soldati che intendono mandare a morire sul fronte ucraino (ovviamente i russi sparerebbero anche a loro) non si chiamano “truppe di guerra”, ma “forza di rassicurazione”, “missione di monitoraggio” e “rafforzamento dell’esercito ucraino” (che è già il primo d’Europa). Raccontano che partiranno solo dopo la tregua o la pace, per difendere gli ucraini da altri attacchi. Ma è chiaro che è una balla: i soldati sono fatti apposta perché la tregua e la pace non arrivino. Se arrivano, non sono certo i “volenterosi” a decidere chi fa il peacekeeping. È uno dei punti più controversi del negoziato: difficilmente i vincitori russi accetteranno di ritrovarsi gli eserciti Nato al confine, visto che hanno invaso l’Ucraina proprio per evitarlo.

Se Mosca firmerà una tregua e una pace – come sa chi ha studiato i negoziati di Istanbul del marzo-aprile 2022 e la dottrina militare russa, che non muta ogni due per tre come quella Nato – sarà solo in cambio di un’Ucraina neutrale e ampiamente smilitarizzata: quella che Nato, Ue, Usa e Kiev avevano promesso nei primi anni 90 a Eltsin, tradendo poi continuamente i patti con golpe bianchi ed espansioni a Est ben prima che arrivasse Putin. È un ricatto basato sulla legge del più forte? Sì, almeno per chi guarda solo l’ultimo fotogramma ignorando tutto il resto del film, cioè la storia degli ultimi 30 anni. Ma è l’unica condizione per chiudere la guerra. L’alternativa è farla proseguire con lo stesso esito disastroso (per gli ucraini e per l’economia europea) di questi tre anni. A meno di non pensare che i territori occupati (oltre il 20% del Paese), dati per persi pure da Zelensky, siano riconquistabili con 20-30 mila soldati inglesi, francesi, canadesi, australiani, polacchi e baltici. E allora chiamiamoli col loro nome: non “volenterosi”, ma “pazzi criminali”.

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PIAZZISTI&PIZZINI

Editoriale di Marco Travaglio

30 marzo 2025

Ieri il presidente Mattarella, sempre così allergico alla “guerra ibrida” e alle interferenze straniere in Italia, sarà sobbalzato sulla poltrona. In stereo, su Corriere e Stampa, due europapaveri – la presidente della Commissione Von der Leyen e il leader del Ppe Manfred Weber – hanno impartito ordini perentori di riarmo al governo e alla maggioranza. Due mega-pizzini con lusinghe alle nostre industrie militari e velate minacce ai dissenzienti: non è vero che il piano Ursula favorisca l’unico Paese che può permettersi di indebitarsi, cioè la Germania da cui casualmente provengono entrambi. Anzi: è tutta manna per l’Italia, che ha il record europeo di poveri assoluti e giovani senza lavoro né studio, il tasso di occupazione, i salari e il potere d’acquisto più bassi, il costo dell’energia più alto, la produzione in rosso da 23 mesi, dunque deve affrettarsi a fabbricare più armi per per spararsi nelle palle, che è il vero sport nazionale. Tra una balla e l’altra sulla “Europa progetto di pace”, il “kit di resilienza” magistralmente illustrato dalla commissaria Lahbib, l’Ucraina “porcospino d’acciaio completamente indigesto per qualsiasi invasore” (testuale), Putin che “ha fallito” perché ne ha occupato appena un quinto, l’Ue adorata dal 74% degli europei, la von der Leyen fa la piazzista di imprese&affari: “L’Italia trarrà grandi benefici… Avete giganti dell’aerospazio come Leonardo, imprese navali innovative come Fincantieri. Si tratta di investire in queste industrie, che creeranno buoni posti di lavoro… Leonardo ha annunciato una joint venture con Rheinmetall e beneficerà degli investimenti tedeschi”.

Rheinmetall è il colosso privato, casualmente tedesco, famoso per aver fornito cannoni e carrarmati all’Impero germanico nella Prima guerra mondiale e poi al Terzo Reich hitleriano nella Seconda grazie ai lavoratori forzati in prestito dai lager, poi purtroppo costretto a “diversificare” per il disarmo imposto alla Germania dai vincitori. Ma ora è tornato a produrre armi da fuoco, missili, tank, F-35 e altre delizie e vola in Borsa grazie al riarmo cosiddetto “europeo” lanciato dalla connazionale Ursula. Anche il tedesco Weber nega che il piano Ursula favorisca l’industria tedesca: “È un falso argomento” (infatti piace solo ai tedeschi). Segue pizzino a Salvini e Giorgetti che, non essendo tedeschi, osano dubitare: “Sono lieto che il mio amico Tajani segua l’eredità di De Gasperi” (sono due gocce d’acqua) e, “se i leghisti non capiscono che queste divisioni non fanno che danneggiarci (in quanto tedeschi, ndr), non hanno capito la portata storica di questa missione”. Nel timore che gli siano sfuggite, segnaliamo le due interviste al capo dello Stato perché metta a posto i due crucchi impiccioni come solo lui sa fare.

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